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Il dolore nel bambino con disabilità intellettiva profonda: luci e ombre

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Academic year: 2021

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Il dolore nel bambino con disabilità intellettiva profonda: luci e ombre

La gestione del dolore nel bambino con disabilità intellettiva (DI) rappresenta da sempre una grande sfida per il clinico: dalla sua individuazione al trattamento, il dolore di questi bambini si pre- senta con molte facce. In aiuto ci viene una bellissima revisione di Pediatrics, che sviscera tutti gli aspetti quotidiani, medici, fi- siologici, più o meno oscuri, della vita purtroppo spesso, ancora, troppo dolorosa di questi pazienti e delle loro famiglie [1]. Noi ve ne riportiamo gli aspetti più impattanti, con le loro luci e ombre:

rimarcando le acquisizioni già note, sottolineando le novità degli ultimi anni e infine ribadendo i concetti semplici, già noti, ma che spesso vengono troppo facilmente dimenticati. Quello del dolore resta un concetto alquanto esperienziale, difficilmente og- gettivabile: potremmo dire che il dolore è qualsiasi cosa l’indivi- duo definisca come tale. Si capisce dunque come, già dal princi- pio, si ponga l’enorme problema dell’autovalutazione e della comunicazione della sensazione dolorosa da parte di questi bam- bini non comunicanti. Tuttavia a oggi disponiamo di diverse sca- le osservazionali, utilizzabili in diversi contesti (quotidiano, post-operatorio…): anche se di fatto nessuna scala può essere raccomandata rispetto a un’altra (e l’importante è farne uso…), sottolineiamo, come fanno anche i colleghi americani, la adatta- bilità e facilità di personalizzazione della scala FLACC-r a cia- scun bambino [2]. Questa offre la possibilità di costruire degli item specifici, tagliati su misura per quel bambino, permettendo così una più facile individuazione di qualsiasi ‘scostamento’ da una condizione di tranquillità tramite il riconoscimento di com- portamenti dolorosi tipici. Richiamiamo l’attenzione infatti a quei comportamenti facilmente fuorvianti come il ‘freezing’ o il

“sorriso” da contrazione muscolare che in certi bambini possono rappresentare una manifestazione paradossa dell’espressione do- lorosa. Ancor di più, l’utilizzo delle scale deve abbattere le false credenze in merito alla presunta indifferenza allo stimolo dolo- roso oppure alla presenza di comportamenti ritenuti fisiologici di ‘neuroirritabilità’ come l’aumento del tono e del movimento.

Va tenuto poi a mente come la popolazione dei bambini con DI si presenti come una popolazione tutt’altro che omogenea nelle sue diagnosi e comorbilità. Quindi imparare a conoscere al ‘tem- po zero’ quel bambino, permette di intervenire realmente e pron- tamente con un’adeguata terapia antidolorifica nei tempi giusti.

Per di più, le scale osservazionali offrono una preziosa occasione di dialogo con i genitori: nella costruzione e nell’utilizzo di una scala, si ha la creazione di un linguaggio comune, condiviso tra il caregiver e il curante, potendo il primo appoggiarsi alla cono- scenza clinica del secondo e quest’ultimo avvalersi degli occhi che meglio sanno osservare quel bambino. E’ noto come, nell’in- certezza di una corretta interpretazione dello stato del bambino, il genitore si presenti come la figura chiave della comprensione

tra clinico e paziente [3-4]. L’importanza di questa alleanza emerge anche per quanto riguarda l’identificazione di momenti stressanti per il bambino, per esempio all’interno di un contesto non familiare come quello ospedaliero. Non disponendo di una scala atta alla registrazione dei comportamenti ansiosi, si potreb- be avvertire la necessità di disporre di un altro strumento osser- vazionale. Tuttavia le manifestazioni di distress sono spesso diffi- cilmente separabili da quelle dolorose e l’ansia stessa può trascinarsi un aumento della percezione del dolore stesso. In tal senso, riteniamo poco fruibile una scala osservazionale unica- mente per l’ansia e ci sentiamo di consigliare di ricorrere, ancora, all’aiuto del caregiver. Al di là delle varie eziologie della compro- missione cognitiva, troviamo cause comuni di dolori, campanel- li di allarme che devono suonarci in testa ogni qual volta notia- mo (o ci viene fatto notare) come il bambino non si trovi più in una situazione di relativo benessere. In tal senso, la review ame- ricana elenca dettagliatamente i tempi (acuto, cronico-ricorren- te) e i tipi di dolori, omettendo però condizioni piuttosto impat- tanti e più frequenti dal punto di vista epidemiologico. Pur specificando come buona parte dei dolori ricorrenti derivino dal tratto intestinale e in particolare da un’alterata percezione degli stimoli in tale distretto, non viene dato il giusto spazio a condi- zioni comunque correlate come la stipsi e i disturbi dello svuota- mento intestinale. Di fatto, sia l’impatto fecale sia il bolo alimen- tare rallentato possono distendere le pareti intestinali scatenando crisi dolorose, contribuendo all’aumento del reflusso gastro-eso- fageo (RGE), obbligando il bambino a un senso di sazietà preco- ce. Per dare qualche numero, la stipsi presenta un’incidenza che può arrivare (e superare) tranquillamente al 75% in questi bam- bini. Parallelamente a questa possono verificarsi reiterate infe- zioni delle vie urinarie, a lungo misconosciute, le quali a loro volta possono condurre alla formazione di calcoli infettivi di struvite, causa di forti coliche renali. L’idratazione e l’adeguato apporto di fibre si rivelano quindi fondamentali per contrastare l’impatto fecale, in un delicato equilibrio per cui l’utilizzo di for- mule ad alto contenuto di fibre può risultare in un più lento svuotamento gastro-intestinale. In questo senso i dolori addomi- nali possono essere causati da alterazioni del transito, troppo len- to o troppo veloce, con senso di distensione o mancato senso di sazietà, provocati da rallentato o accelerato svuotamento gastri- co. E’ noto infatti che formule essenziali (miscele di aminoacidi) causano svuotamento molto rapido, possono essere “salvavita” in reflusso già operato intrattabile, ma associarsi a dumping o irri- tabilità da mancata percezione di sazietà. Anche il posiziona- mento della PEG non è indenne da complicanze dolorose come infezioni e dermatiti peristomali mentre alcuni genitori di bam- bini sottoposti a intervento di funduplicatio secondo Nissen Commento a cura di Francesca Peri*, Egidio Barbi**

*Università degli Studi di Trieste, Scuola di Specializzazione in Pediatria

**IRCCS materno infantile Burlo Garofolo, Trieste

Questa rubrica propone Documenti sanitari, linee guida, linee di indirizzo o di intenti di interesse pediatrico commen- tati a cura dell’Associazione Culturale Pediatri.

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hanno riscontrato un’esacerbazione dei comportamenti dolorosi in seguito all’intervento. Va inoltre ricordato che un RGE ben controllato con inibitori di pompa protonica (terapia che può es- sere mantenuta anche per una decina di anni) difficilmente costi- tuirà la causa delle crisi di dolore [5]. Altra evenienza per nulla rara, grande assente nel testo americano, è quella delle fratture alla cui base vi è un’osteopenia presente nel 95% dei bambini non deambulanti con compromissione cognitiva. Il 20% di questi presenterà una frattura femorale nel corso della vita, con un ri- schio aumentato di fratture successive dopo la prima. Qualora il sospetto di frattura occulta fosse elevato, vale il tentativo ex iu- vantibus con Bifosfonati [6]. Va infine ricordato come non solo i bambini con DI spesso non ricevano un’adeguata analgesia post-operatoria, ma come soprattutto il dolore chirurgico, e spe- cialmente quello della chirurgia ortopedica, possa rappresentare il punto di innesco per lo sviluppo di un dolore di natura neuro- patica difficilmente controllabile. In questo gruppo di bambini, ancor più di quelli in grado di comunicare, l’inizio o l’incremento di uno stimolo doloroso, va pensata una terapia antidolorifica non esclusivamente ‘al bisogno’, ma calcolata sugli episodi di do- lore registrati dall’osservazione tramite l’ausilio delle scale. Va infatti considerato che, data la pluralità delle fonti dolorose, que- sti bambini si ritroveranno più spesso a rischio di soffrire di do- lori cronici piuttosto che acuti: da qui la necessità di progettare una terapia quasi ‘di fondo’ o più classicamente ‘di salvataggio’

per prevenire l’insorgenza delle crisi. Tutto ciò viene chiaramen- te ribadito nella review americana, con una positiva promozione dei FANS e del Paracetamolo per quanto riguarda il trattamento del dolore lieve-moderato. Per quanto riguarda gli effetti collate- rali, viene evidenziata la sola gastrotossicità (ricordiamo che buona parte di questi bambini sono in terapia con un antiacido), mentre nessuna menzione viene fatta per quanto riguarda i pos- sibili danni renale ed epatico, tossicità fortemente correlate alla disidratazione, evenienza tutt’altro che infrequente in questa po- polazione [7]. Sicuramente Ibuprofene e Paracetamolo costitui- scono le prime, più semplici, armi davanti a un dolore spesso costante, ma proprio nell’ottica di un possibile utilizzo in cronico, i rischi vanno prontamente arginati. Di fronte alla persistenza di comportamenti dolorosi, nella ricerca del trigger doloroso biso- gna pensare che può non esserci! Questo promemoria è fonda- mentale per ricordare che nei casi più gravi un dolore nocicettivo ricorrente o cronico può a un certo punto “sganciarsi” dalla sua noxa e trasformarsi in un dolore neuropatico a componente cen- trale in cui potrà trovare una possibile indicazione un trattamen- to neuromodulatorio con Gabapentin. Questo inibitore del rila- scio dei neurotrasmettitori eccitatori, si è dimostrato efficace nel ridurre i comportamenti dolorosi e ‘allentare’ la spasticità, mi- gliorare l’assunzione dei pasti e il sonno ponendo quindi il razio- nale per l’uso empirico in prima linea nel sospetto di dolori di natura neuropatica. Accorgimenti sono richiesti per quanto ri- guarda la dose iniziale e le successive a salire, con ulteriori aggiu- stamenti in relazione alla funzione renale. Una sottostima da puntualizzare presente nel testo americano è quella relativa agli episodi di dolore attribuiti alle procedure mediche (8%). Al di là delle percentuali, il contesto procedurale, fatto di tanti, svariati esami ripetuti e da ripetere per necessità, è spesso fonte di ansia per la tutta famiglia. L’ansia procedurale predispone il bambino a un’aumentata percezione dello stimolo doloroso in un circolo vi- zioso difficile da arrestare [8]. Sussiste qui lo spazio di manovra per tentare un approccio non farmacologico: i pochi studi pre-

senti ci permettono di trarre alcune considerazioni la cui ricadu- ta pratica consiste nel prediligere quei gesti e atti che derivano in primis dal contatto fisico, come la carezza, il riposizionamento e il massaggio. Anche la musicoterapia si è rivelata efficace nella riduzione del dolore post-operatorio. Un paio di lavori hanno testato la presenza di clown in corso di iniezione di tossina botu- linica con risultati poco soddisfacenti e fruibili, rinforzando l’ipotesi che in bambini con grave DI si debbano preferire le tec- niche meno articolate e più sensoriali [9-10]. Sempre in un con- testo procedurale, l’utilizzo di device come il Buzzy può portare invece una riduzione del dolore da venipuntura, unendo allo sti- molo vibratorio, molto gradito a questi bambini, quello del fred- do. Si sfrutta così la teoria del cancello andando a supplire a quel- la mancata inibizione ‘dall’alto’ dello stimolo doloroso [11].

Sicuramente questo delle tecniche di analgesia non farmacologi- ca, è un campo ancora da esplorare e inquadrare a fondo per pro- porre soluzioni non necessariamente perfette, ma complementa- ri agli altri interventi attuati dentro l’ospedale. Concludiamo spostando l’attenzione dai piccoli protagonisti di questa riflessio- ne integrata a chi se ne prende cura. Per farlo vi portiamo i nu- meri relativi ai destini delle mamme di questi bambini, numeri alquanto impressionanti, i quali vanno però a rappresentare una realtà che non può essere taciuta: di base queste mamme presen- tano un rischio doppio di morte rispetto alle mamme di bambini

‘sani’ [12]. Un rischio che nello specifico riguarda le morti per cancro (40% di rischio aumentato) ovvero per malattie car- dio-vascolari (150%) o ‘misadventures’ come incidenti stradali,

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omicidi e suicidi… 200%! Sono percentuali che aggravano una realtà di per sé già complessa, che però non possiamo ignorare.

Una verità che appesantisce ulteriormente un operato difficile, ma che vede in questo particolare continuum medico-genito- re-bambino l’occasione di un momento più alto del lavoro del pediatra.

1. Hauer J et al., ‘Pain Assessment and Treatment in Children With Si- gnificant Impairment of the Central Nervous System’, Pediatrics. 2017 Jun;139(6). pii: e20171002.

2. Malviya S. et al., ‘The revised FLACC observational pain tool: impro- ved reliability and validity for pain assessment in children with cognitive impairment’, Paediatr Anaesth. 2006 Mar;16(3):258-65.

3. Carter B, Arnott J, Simons J, Bray L, ‘Developing a Sense of Knowing and Acquiring the Skills to Manage Pain in Children with Profound Cognitive Impairments: Mothers’ Perspectives’, Pain Res Manag.

2017;2017:2514920. Epub 2017 Mar 26.

4. Carter B, Simons J, Bray L, Arnott J, ‘Navigating Uncertainty: Health Professionals’ Knowledge, Skill, and Confidence in Assessing and Ma- naging Pain in Children with Profound Cognitive Impairment’, Pain Res Manag. 2016;2016:8617182. Epub 2016 Dec 21.

5. Tedeschi A., ‘Il bambino neurologico: problematiche gastroenterolo- giche e nutrizionali’, Quaderni ACP n6/2015.

6. Henderson RC et al., ‘Bisphosphonates to treat osteopenia in children with quadriplegic cerebral palsy: a randomized, placebo-controlled cli- nical trial’, J Pediatr. 2002 Nov;141(5):644-51.

7. Poddighe D, Brambilla I, Licari A, Marseglia GL., ‘Ibuprofen for Pain Control in Children: New Value for an Old Molecule’, Pediatr Emerg Care. 2018 Jun 14.

8. Pascolo P et al., ‘Needle-related pain and distress management during needle-related procedures in children with and without intellectual di- sability’, Eur J Pediatr. 2018 Dec;177(12):1753-1760. Epub 2018 Sep 10.

9. Ben-Pazi H1 et al., ‘Clown-care reduces pain in children with ce- rebral palsy undergoing recurrent botulinum toxin injections- A quasi-randomized controlled crossover study’, PLoS One. 2017 Apr 17;12(4):e0175028. eCollection 2017.

10. Hansen LK et al., ‘Effect of a clown’s presence at botulinum toxin injections in children: a randomized, prospective study’, J Pain Res.

2011;4:297-300. Epub 2011 Sep 21.

11. Schreiber S. et al., ‘Analgesia by cooling vibration during venipun- cture in children with cognitive impairment’, Acta Paediatr. 2016 Ja- n;105(1):e12-6. Epub 2015 Nov 4.

12. Fairthorne J. et al., ‘Early mortality and primary causes of death in mothers of children with intellectual disability or autism spectrum disor- der: a retrospective cohort study’, PLoS One. 2014 Dec 23;9(12):e113430.

eCollection 2014.

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