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Le disposizioni in materia processuale nella legge di stabilità per il 2012 - Judicium

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Fabio Valerini

Le disposizioni in materia processuale nella legge di stabilità per il 2012

Nel tardo pomeriggio di sabato scorso, 12 novembre 2011, la Camera dei deputati ha approvato, in via definitiva, e in tempi rapidissimi, i disegni di legge, già approvati dal Senato il giorno precedente, recanti Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (c.d. Legge di stabilità 2012), il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014, nonché la Nota di variazioni al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014. Come già eravamo stati abituati, da ultimo, nelle recenti Manovre finanziarie sempre di quest’anno, il legislatore ha ritenuto – in via di principio del tutto correttamente – che nel momento in cui si vogliono introdurre modifiche al “sistema Paese” quanto più possibile finalizzate a recuperare competitività, sviluppo e credibilità sui mercati internazionali, non è possibile dimenticare la disciplina del processo e, in particolare, di quello civile.

Quella che segue è soltanto una prima ricognizione - inquadramento delle principali disposizioni processuali introdotte dal nuovo provvedimento legislativo e, cioè, dalla legge 12 novembre 2011, n.

1831.

Spese processuali a favore delle pubbliche amministrazioni - Una delle prime disposizioni che modifica il codice di procedura civile (rectius: le disposizioni di attuazione) è rappresentata dal comma 42 dell’articolo 9 che introduce un articolo 152-bis delle disposizioni di attuazione rubricato Liquidazione delle spese processuali.

La norma in esame pone un criterio di liquidazione delle spese processuali che il giudice liquida a favore della pubblica amministrazione quando sia parte <vincitrice> del processo e, abbia, quindi, diritto alla liquidazione delle spese processuali sostenute per la difesa in giudizio.

Più in particolare, il nuovo articolo 152-bis disciplinerà l’ipotesi in cui la pubblica amministrazione si sia difesa in giudizio per mezzo di propri funzionari ai sensi dell’articolo 147bis cod. proc. civ.:

in quel caso “si applica la tariffa vigente per gli avvocati, con la riduzione del 20 per cento degli onorari di avvocato ivi previsti”.

Peraltro, la pubblica amministrazione provvedere alla riscossione di quanto liquidato dal giudice mediante iscrizione al ruolo ai sensi del d.P.R. 600/1973.

1 La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 novembre 2011, n. 265. Ai sensi dell’articolo 36 “salvo quanto previsto dall'articolo 33, commi 7, 9, 29, 31, 35 e 36, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 2012”.

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La disposizione – il cui ambito oggettivo di applicazione sembra limitato alle sole controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413 cod. proc. civ. – troverà applicazione “alle controversie insorte successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”2.

La posta elettronica certificata - Nell’esame delle disposizioni di carattere processuale relative al contenimento dei costi (ma anche di maggiore efficienza) merita particolare attenzione l’articolo 25 rubricato “Impiego della posta elettronica certificata nel processo civile”3.

A tal proposito non è certamente più una novità che il legislatore preveda, oltre alla disciplina del c.d. processo telematico, un numero sempre crescente di disposizioni nella quali è previsto il ricorso all’uso della posta elettronica ed in particolare di quella certificata.

Ciò che, viceversa, appare significativo è che in base alle modifiche apportate al codice di procedura civile non può più essere negato che la preferenza del legislatore è stata accordata al principio per il quale le comunicazioni e le notificazioni devono avvenire a mezzo della posta elettronica certificata anziché della classica raccomandata ovvero del telefax.

Una preferenza che trova giustificazione non soltanto per la riduzione dei costi ma anche, e, soprattutto, per la riduzione dei tempi di spedizione e per la maggiore sicurezza e certezza che le trasmissioni tramite posta elettronica certificata possono garantire rispetto ad un’ordinaria spedizione di una classica posta raccomandata oppure ad un invio tramite telefax4.

Oggi, però, negli atti di parte non sarà più sufficiente che il difensore indichi il proprio indirizzo di

2 A tal proposito è opportuno ricordare due aspetti relativi ai processi in cui si parte una pubblica amministrazione. Da un lato, infatti, la possibilità che le amministrazioni pubbliche possano avvalersi di propri funzionari per la costituzione in giudizio è più ampia delle controversie di lavoro di cui all’articolo 417 –bis cod. proc. civ. D’altro lato, poi, il d.l.

138/2011 (c.d. Manovra finanziaria bis) nel prevedere – nel testo modificato dall’articolo 10, comma 12 della legge di stabilità – che il compenso spettante al professionista e' pattuito per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale senza alcuna necessità di riferirsi alle tariffe professionali, prevede, però, anche che “quando il committente e' un ente pubblico […]si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia”.

3 In base al quinto comma dell’articolo 25 le disposizioni in materia di posta elettronica certificata “si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

4 A tal proposito non si può fare a meno di osservare come il più delle volte si assolutamente difficile per chi esegue la notificazione a mezzo del servizio postale avere <in tempo utile> la cartolina di ritorno dalla quale si può apprendere se, a chi e quando è stato notificato quell’atto e, soprattutto, attraverso la quale è possibile fornire la prova dell’avvenuta notificazione. Tanto questa difficoltà è diffusa che il codice del processo amministrativo (d.lgs. 104/2010) all’articolo 55, con riferimento al giudizio cautelare, ha previsto che “se la notificazione e' effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non e' ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste”.

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posta elettronica certificata5 dal momento che il nuovo articolo 125 cod. proc. civ. (come pure il nuovo secondo comma dell’articolo 366 cod. proc. civ.) prevede ora l’obbligo dell’avvocato di indicare negli atti l’indirizzo di posta elettronica certificata “comunicato al proprio ordine”6.

Ed ancora, quella preferenza per le modalità di comunicazione e notificazione a mezzo posta elettronica certificata è dimostrata dalla modifica dell’articolo 136 cod. proc. civ. che diviene la norma “manifesto” 7.

Una modifica in gran parte di carattere <formale>8, ma dal grande impatto sistematico perché indica chiaramente l’ordine di preferenza delle modalità di comunicazione.

Ed infatti, nel disciplinare le comunicazioni da parte del cancelliere il nuovo secondo comma dell’articolo 136 cod. proc. civ. prevede che “il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.

Soltanto ove la legge disponga altrimenti oppure non è possibile procedere con il ricorso alla posta elettronica certificata “il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica”9.

5 E’ opportuno ricordare che, a seguito delle modifiche apportate dal d.l. 98 del 2011, il comma 3-bis dell’articolo 13 del d.P.R. 115/2002 sanziona il difensore che non indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax (negli atti processuali civili e in quelli tributari) con l’aumento della metà del contributo unificato dovuto per quella causa. Stessa sanzione è pure prevista dal comma 6-bis per il processo amministrativo rispetto al quale si segnala la Circolare 18 ottobre 2011del Segretariato generale della Giustizia amministrativa (pubblicata su Diritto e giustizi@ del 21 ottobre 2011) in base alla quale l’originaria mancanza dell’indicazione della posta elettronica certificata è sanabile. Ed infatti, in quella Circolare si legge “trattandosi, comunque, di una previsione di natura sanzionatoria, deve ammettersi la possibilità che, anche su espresso invito della segreteria dell’ufficio giudiziario e, in questo caso nel termine all’uopo accordato, l’interessato possa sanare l’omissione, depositando in giudizio un atto che rechi l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica e del fax”. Provocatoriamente: poiché la disciplina è volta a sanzionare l’omissione di informazioni a loro volta strumentali ad un risparmio di attività e di costi, la sanzione (aumento del contributo) non dovrebbe scattare immediatamente? In fondo chi “paga” il tempo necessario agli uffici a comunicare la mancanza volta a consentire l’adeguamento degli atti alla previsione legale?

6 Peraltro, a norma dell’articolo 7-bis dell’articolo 16 d.l. 185/2008 come modificato dalla legge in esame “l’omessa pubblicazione dell’elenco riservato previsto dal comma 7, ovvero il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti dal medesimo comma, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente”.

7 Alla modifica dell’articolo 136 cod. proc. civ. segue l’abrogazione del quarto comma di quello stesso articolo oltre che dell’articolo 133, comma 3 e dell’articolo 134, comma 3 cod. proc. civ., dell’articolo 176, comma 2 limitatamente alle parole da <a mezzo telefax> sino a <voler ricevere la comunicazione>, dell’articolo 183, comma 10. Segue pure che, laddove possibile, il riferimento alle forme di comunicazione elettronica avvenga tramite rinvio allo stesso articolo 136 cod. proc. civ. come nell’ipotesi di cui al nuovo quarto comma dell’articolo 366 cod. proc.civ.

88 Modifica in gran parte <formale> perché l’articolo 136 cod. proc. civ. era già stato modificato nella parte in cui prevedeva la comunicazione elettronica del biglietto di cancelleria con la legge n. 263 del 2005 e con il d.l. n. 138 del 2011. Il nuovo testo, però, oltre ad indicare l’ordine di priorità di cui nel testo, precisa che le comunicazioni elettroniche devono avvenire con posta elettronica certificata e non soltanto posta elettronica come era consentito secondo il previgente testo.

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L’adeguamento alla posta elettronica certificata, anziché alla posta elettronica, è, infine, previsto dal terzo comma dell’articolo 250 cod. proc. civ. che, nel testo modificato, prevede che “l’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo posta elettronica certificata o a mezzo telefax”.

Infine, il comma 3 modifica la disciplina di cui alla legge n. 53 del 1994 prevedendo la possibilità per l’avvocato di eseguire personalmente le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata in alternativa alla posta raccomandata secondo le modalità ivi previste.

Il problema dell’arretrato giudiziario – Gli articoli 26 e 2710 della legge possono essere trattati congiuntamente in quanto sono accomunati da un fine comune rappresentato dalla volontà del legislatore di fronteggiare uno dei problemi più importanti della giustizia civile (ma non soltanto di quella) e, cioè, dall’arretrato pendente davanti agli uffici giudiziari in particolare in grado di appello e davanti alla Corte di cassazione.

L’eliminazione (ovvero, realisticamente, la progressiva riduzione dell’arretrato) rappresenta senz’altro il presupposto affinché il processo civile (e le varie modifiche che sono state, tempo per tempo, apportate in questa direzione) possa essere definito in tempi ragionevoli11.

La perenzione dei giudizi - Orbene, la prima misura pensata dal legislatore è di natura straordinaria ed è quella prevista dall’articolo 26 significativamente rubricato Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello.

Quali sono i processi “pendenti” oggetto della disciplina straordinaria in esame? Da un lato, i giudizi di cassazione “aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69”.

9 Indica lo stesso ordine di preferenza il nuovo sesto comma dell’articolo 518 cod. proc. civ. in materia di trasmissione del verbale di pignoramento ad opera dell’ufficiale giudiziario, gli articoli 73-bis e 173- quinquiesi disp. att. cod. proc.

civ.

10 A tal proposito osservo che l’articolo 28 comma 1 lettera a) – sul quale infra nel testo – realizza un pendant degli articoli 26 e 27 in quanto, la previsione di un aumento dei costi iniziali dei giudizi di impugnazione e di quelli pendenti davanti alla Corte di cassazione ha anche una funzione tendenzialmente dissuasiva della proposizione di impugnazioni dilatorie.

11 L’esistenza dell’arretrato che, comunque, deve essere definito è ben presente anche al legislatore quando ha introdotto e, a più riprese, disciplinato il c.d. calendario del processo e i c.d. ordini di priorità nella trattazione dei procedimenti:

sul punto, si vis, F. Valerini, Tempi del processo civile troppo lunghi, la recente legislazione prova a dare un'accelerata, in Diritto e giustizi@ del 22 ottobre 2011.

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D’altro lato, poi, i giudizi davanti alla Corte di appello pendenti (in quella sede) “da oltre due anni prima della data di entrata in vigore della presente legge”12.

In quei casi “la cancelleria avvisa le parti costituite dell’onere di presentare istanza di trattazione del procedimento con l’avvertimento delle conseguenze di cui al comma 2”.

Conseguenza consistente in ciò che quelle “impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha sottoscritto il mandato, dichiara la persistenza dell’interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla ricezione dell’avviso di cui al comma 1”13.

Ove, infine, quella dichiarazione di interesse non dovesse pervenire tempestivamente “il presidente del collegio dichiara l’estinzione con decreto”.

I tempi di definizione del giudizio di appello – Come abbiamo anticipato l’articolo 27 introduce alcune modifiche anche alla disciplina del giudizio di appello14.

La prima novità consiste in un meccanismo sanzionatorio per la parte che abbia abusato dei suoi poteri processuali presentando istanze inammissibili o manifestamente infondate.

Ed infatti, la presentazione di domande, istanze e, comunque, di richieste inammissibili ovvero manifestamente infondate non determina soltanto un pregiudizio nei confronti dell’altra parte che per effetto di quelle richieste è costretta a difendersi (e che è in ciò tutelata dalla disciplina delle spese processuali).

Quelle richieste producono anche un effetto di sistema perché impiegano gli uffici giudiziari ( giudici, cancellieri, calendario delle udienze) che ben avrebbero potuto essere utilmente utilizzati per la trattazione di giudizi “necessari”15.

12 Sebbene il primo comma dell’articolo 26 consenta un’interpretazione della norma come riferita a tutti i processi pendenti davanti alla Corte di appello indipendentemente dal grado (e, quindi, anche con riferimento a quei giudizi in primo ed unico grado di competenza della Corte di appello come, ad esempio quelli in materia antitrust) il comma 2 sembra, viceversa, limitare l’operatività della norma ai soli giudizi di impugnazione. Tale conclusione, oltre alla chiara lettera del comma 2, è coerente con la scelta – che appare altrettanto evidente – di incidere sui giudizi di impugnazione.

13 La disposizione in esame mi sembra abbia come primo effetto “pratico” quello di far sì che le cancellerie procedano ad una ricognizione dei procedimenti pendenti, individuino i presupposti di operatività dell’articolo 26 e procedano al relativo avviso alle parti. Disposizione analoga a quella in esame si trova nell’allegato 3 Norme transitorie al Codice del processo amministrativo il cui Titolo I è significativamente titolato “definizione dei ricorsi pendenti da più di cinque anni alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo”. Sul tema vedi, da ultimo, A. Cerreto, L’estinzione del processo per inattività, con particolare riferimento al giudizio amministrativo, in www.giustizia- amministrativa.it del 18 febbraio 2011.

14 Ai sensi del secondo comma dell’articolo 27 “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

15 Il meccanismo e la ratio sottostante sono analoghi alla giustificazione che sottende la previsione del ticket per le prestazioni del pronto soccorso rese ai codici bianchi: per un’applicazione particolare si veda l’articolo 13 del d.lgs.

28/2010 in materia di mediazione civile e commerciale.

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Ecco allora che, sulla scorta di previsioni simili già presenti nell’ordinamento processuale, il comma 1 dell’articolo 27 introduce un ultimo comma all’articolo 283 cod. proc. civ. in materia di provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello.

In base alla nuova disposizione “se l’istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000”16. L’ultimo inciso ha cura di precisare che “l’ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio” specialmente tutte le volte in cui la delibazione (necessariamente sommaria) del fumus boni iuris sia smentita dalla delibazione a cognizione piena ed esauriente del merito della controversia.

Sempre in tema di inibitoria, la lettera c) del comma 1 dell’articolo 27 modifica l’articolo 351 cod.

proc. civ. relativo ai provvedimenti sull’esecuzione provvisoria, da un lato, precisando che sull’istanza di cui all’articolo 283 il giudice provvede nella prima udienza con ordinanza “non impugnabile”.

D’altro lato, poi, introduce un ultimo comma sempre all’articolo 351 secondo il quale all’udienza prevista dal primo comma il giudice “ritiene la causa matura per la decisione, può provvedere ai sensi dell’articolo 281-sexies. Se per la decisione della sospensiva è stata fissata l’udienza di cui al terzo comma il giudice fissa apposita udienza per la decisione della causa nel rispetto dei termini a comparire”.

La possibilità per il giudice di provvedere secondo lo schema di cui all’articolo 281-sexies cod. proc.

civ. è stato, infine, introdotto anche nell’ultimo comma dell’articolo 352 cod. proc. civ. in base al quale “quando non provvede ai sensi dei commi che precedono, il giudice può decidere la causa ai sensi dell’articolo 281- sexies”.

Con riferimento al giudizio di appello, infine, occorre segnalare che la lettera b) dell’articolo 27 modifica l’articolo 350 cod. proc. civ. stabilendo che, ferma la collegialità della trattazione dell’appello davanti alla Corte di appello, “il presidente del collegio può delegare per l’assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti”.

Inappellabilità in alcuni giudizi previdenziali – Resta da dire, infine, della lettera f) dell’articolo

16 La lettera c) estende la previsione anche al rito del lavoro inserendo un comma del tenore analogo a quello in esame anche all’articolo 431 cod. proc. civ.

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27 che (ri)prevede un’ipotesi di inappellabilità di una “particolare” sentenza resa in un giudizio previdenziale17.

Come si ricorderà, il d.l. n. 98 del 2011 aveva introdotto l’articolo 445-bis in base al quale, a partire dal 1° gennaio 2012, tutte le controversie in materia di “invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità” dovranno essere procedute dall'espletamento di un accertamento tecnico obbligatorio davanti al Tribunale del

circondario dove l'attore ha la residenza.

Accertamento tecnico secondo il modello dell'art. 696-bis cod. proc. civ. e dell'accertamento peritale, che sarà finalizzato alla “verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la

pretesa fatta valere”.

Una volta terminate le operazioni di consulenza il giudice fisserà alle parti un termine perentorio

“non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio”.

Se non vi sarà contestazione, il giudice omologherà l'accertamento in base al quale l'ente previdenziale “subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, [provvederà] al pagamento delle relative prestazioni entro 120 giorni”.

Viceversa, ove la parte intenda contestare le conclusioni dovrà entro trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, depositare il ricorso introduttivo “specificando a pena di inammissibilità,

i motivi di contestazione”.

Orbene, la sentenza che definirà quel giudizio (e, quindi, il giudizio che origina, per così dire, dalla contestazione) torna ad essere inappellabile come era stato previsto in origine dal decreto legge.

Ed infatti, era stata legge di conversione ad aver eliminato l'originario settimo comma dell'art. 445- bis e, quindi, a sottoporre anche quelle sentenza al normale regime di impugnazione comprensivo dell’appello.

Disciplina del contributo unificato – Infine, l’articolo 28 introduce due disposizioni importanti in materia di spese di giustizia.

In primo luogo, viene modificato, in aumento, il contributo unificato dovuto relativamente ai giudizi di impugnazione. Ed infatti, la lettera a) del comma 1 dell’articolo 28 introduce all’articolo 13 del

17 Nelle riforme che ultimamente si sono succedute abbiamo sempre trovato disposizioni volte a modificare alcuni aspetti critici del processo previdenziale che avevano come effetto anche quello di gravare oltre il dovuto sugli enti previdenziali a causa di certe modalità di gestione di quel contenzioso specialmente quando presentava caratteri di serialità: per una prima informazione sulle novità introdotte in quel campo dal d.l. 98 del 2011 F. Valerini, Oltre al contributo unificato, prosegue la razionalizzazione del contenzioso previdenziale, in Diritto e giustizi@ del 20 luglio 2011.

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d.P.R. 115/2002 un comma 1-bis in base al quale “il contributo di cui al comma 1 è aumentato della metà per i giudizi di impugnazione ed è raddoppiato per i processi dinanzi alla Corte di cassazione”18.

In secondo luogo, poi, la lettera b) dell’articolo 28 modifica l’articolo 14 del d.P.R. 115/2002 che disciplina l’obbligo di pagamento del contributo unificato e, in particolare, quando la parte (qualunque essa sia) “modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo”.

Ebbene, se fino ad oggi quella parte era tenuta a versare un contributo integrativo soltanto nell’ipotesi che per effetto della sua attività fosse conseguito un “aumento di valore della causa”, oggi, viceversa, la disciplina distingue due ipotesi.

Se la modificazione della domanda, la proposizione di domanda riconvenzionale, la chiamata in causa del terzo è posta in essere dalla parte che per prima si è costituita in giudizio (e, quindi, tenuta al pagamento del contributo unificato19) l’integrazione del contributo unificato è dovuta soltanto se consegue un aumento di valore della causa.

Viceversa, “le altre parti” quando modificano la domanda o propongono domanda riconvenzionale, formulano una chiamata in causa oppure svolgono intervento autonomo “sono temute a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di un autonomo contributo unificato, determinato in base al valore della domanda proposta”.

Dal momento che le nuove disposizioni avranno come effetto quello di garantire un maggior gettito, il comma 2 prevede che quelle somme vengano riassegnate al Ministero della giustizia “per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari, con particolare riferimento ai servizi informatici e con esclusione delle spese di personale”.

18 La nuova misura del contributo unificato, ai sensi del comma 3 dell’articolo 28, “si applica anche alle controversie pendenti nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

19 Ciò non toglie, ovviamente, che essere tenuta al versamento dell’intero contributo unificato dovuto (in quel momento) non significa non poter ripetere quelle somme in caso di condanna della controparte alle spese processuali ovvero della metà di quelle somme nel caso di compensazione delle spese processuali. Farebbe eccezione – se ben intendo la formulazione della norma – il processo amministrativo dove l’articolo 13, comma 6-bis d. P.R. 115/2002 prevede che

“l’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio”. Senonché perché gravare la parte soccombente della sanzione che dovrebbe ricadere unicamente sulla parte (rectius: alla fine sul difensore della parte) che con la propria omissione ha determinato l’obbligo di pagare la sanzione?

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