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(1)REPUBBLICA ITALIANA CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA composta dai Magistrati: dott

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REPUBBLICA ITALIANA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

composta dai Magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua Presidente dott. Antonio Caruso Consigliere dott. Angelo Ferraro Consigliere

dott. Giancarlo Astegiano Primo Referendario dott. Gianluca Braghò Referendario

dott. Massimo Valero Referendario (relatore) dott. Alessandro Napoli Referendario

dott.ssa Laura De Rentiis Referendario

nella camera di consiglio del 15 marzo 2011

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la Legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, nonché con la deliberazione n. 229 in data 19 giugno 2008 del Consiglio di Presidenza;

Visto il Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota n. 2644 del 23 febbraio 2011 pervenuta a questa Sezione dal Sindaco del Comune di Cardano al Campo (VA);

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’odierna camera di consiglio per deliberare, tra le altre, sulla richiesta

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proveniente dal Comune di Cardano al Campo (VA);

Udito il relatore, dott. Massimo Valero;

PREMESSO IN FATTO

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Cardano al Campo (VA), dopo un ampio richiamo alla normativa in materia, chiede alla Sezione:

- se sia possibile in sede di prima applicazione per l’anno 2011, utilizzare parte dei proventi delle sanzioni del Codice della Strada per le finalità previste dall’art. 208, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 30.04.1992, n.285 (Nuovo codice della strada), come modificato dal d.l.

78/2010, convertito in legge 122/2010, ossia per misure di assistenza e previdenza del personale della polizia locale;

- se le misure di assistenza e previdenza del personale rientrano nel concetto di “trattamento ordinariamente spettante” e la loro adozione sia, pertanto, preclusa in sede di prima applicazione per l’anno 2011, non essendo state adottate negli anni precedenti, ai sensi dell’art.9, comma 1, del D.L. 78/2010;

- se tali spese siano comprese nelle spese di personale e siano, pertanto, rientranti nelle limitazioni di cui al D.L. 78/2010, convertito in legge 122/2010.

Condizioni di ammissibilità

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta di parere rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando

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peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall'ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L'esame e l'analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l'interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell'ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest'ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva ed oggettiva degli enti in relazione all'attivazione di queste particolari forme di collaborazione, è ormai consolidato l'orientamento che vede nel caso del Comune, il Sindaco o, nel caso di atti di normazione, il Consiglio comunale quale organo che può proporre la richiesta.

Inoltre, è acquisito ed incontestato che non essendo ancora insediato in Lombardia il Consiglio delle autonomie, previsto dall’art. 123 della Costituzione e dallo Statuto della Regione Lombardia, i Comuni e le Province possano, nel frattempo, chiedere direttamente i pareri alla Sezione regionale.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel co. 8, dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente co. 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co.

31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione

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di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di latri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia la Sezione osserva che la stessa, oltre a risolversi in un profilo giuridico di portata generale ed astratta, rientri nel perimetro della nozione di contabilità pubblica, concernendo l’interpretazione di norme di legge in materia di spese per il personale degli enti locali.

Per i suddetti motivi la presente richiesta di parere è conforme ai requisiti soggettivi ed oggettivi di ammissibilità e può essere esaminata nel merito.

MERITO

Occorre innanzitutto premettere che questa Sezione può esprimersi in questa sede unicamente richiamando i principi che vengono in considerazione nella fattispecie prospettata, ai quali gli organi dell’Ente, al fine di assumere le determinazioni di loro competenza, nell’ambito della loro discrezionalità, possono riferirsi.

L’art.208 del decreto legislativo 30.04.1992, n. 285, nuovo codice della strada, come modificato, da ultimo, dalla legge 29 luglio 2010, n.120, prevede:

al comma 1, che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice della strada sono devoluti alle regioni, province e comuni, quando le violazioni previste dal codice della strada sono devoluti alle regioni, province e comuni, quando le violazioni accertate da funzionari, ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni;

al comma 2, che una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1 è destinata:

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a) in misura non inferiore a un quarto della quota, a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, di messa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell’ente;

b) in misura non inferiore a un quarto della quota, al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell’articolo 12;

c) ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell’ente, all’installazione, all’ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all’articolo 36, a interventi per sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all’educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell’articolo 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e ad interventi a favore della mobilità ciclistica;

al comma 5, che gli enti di cui al secondo periodo del comma 1 determinano annualmente, con delibera della giunta, le quote da destinare alle finalità di cui al comma 4; resta facoltà dell’ente destinare in tutto o in parte la restante quota del 50 per cento dei proventi alle finalità di cui al citato comma 4.

L’art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall’art.14, comma 7, del Decreto legge 31.05.2010, n.78, convertito in Legge 30.07.2010, n. 122, in materia di patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali legge, prevede che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanzia pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonoma e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:

a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;

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b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;

c) contenimento delle dinamiche dei crescita della contrattazione integrativa tenuto conto anche delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.

L’art.9, comma 1, del decreto legge 31.05.2010, n.78, convertito in Legge 30.07.2010, n. 122 prevede che, per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n.196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall’articolo 8, comma 14. Il successivo comma 2-bis prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

In risposta ai quesiti posti dal Comune di Cardano al Campo questa Sezione richiama i principi già espressi in precedenti pareri relativi all’utilizzo dei proventi in discorso. In particolare, nel parere n. 303/2010 del 16/03/2010, questa Sezione ha evidenziato che tali proventi sono oggetto di amministrazione separata, a norma dell’art. 393 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), che impone agli enti locali di iscrivere nel proprio bilancio annuale un apposito capitolo di entrata e di uscita dei proventi ad essi spettanti a norma dell’art. 208 del codice della strada. Sotto il profilo della loro collocazione nel bilancio annuale dell’ente, questa Sezione ritiene che le spese destinate a forme previdenziali e assistenziali per le forze di polizia municipale, effettuate utilizzando i proventi

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delle sanzioni pecuniarie da violazioni del codice della strada, debbano essere iscritte all’intervento 01 (spese di personale). Trattasi, infatti, di somme che, sia pure per il perseguimento dello scopo principale di incrementare la sicurezza sulle strade, vengono destinate a personale dipendente dell’Ente, per compiti e mansioni espletate nell’ambito del rapporto di lavoro, in considerazione delle particolari condizioni di disagio cui potrebbe essere sottoposto.

Inoltre si osserva come le forme previdenziali e di assistenza anche nella codificazione SIOPE siano incluse nell’intervento 01 – spese di personale.

Tanto ritenuto ai fini della qualificazione della spesa in parola quale spesa per il personale, si ritiene, conseguentemente, che la stessa debba includersi nella base di calcolo utile alla verifica del rispetto del principio di riduzione programmatica della spesa di personale. Questa interpretazione appare conforme sia al generale obbligo di contenimento delle spese di personale, sia all’obbligo di riduzione dell'incidenza percentuale di tali spese rispetto al complesso delle spese correnti, con prioritaria attenzione per le dinamiche di crescita della spesa per la contrattazione integrativa.

E’ del tutto evidente che ove non si considerassero le spese oggetto del quesito, quali spese per il personale, si finirebbe per ridurre la portata della nuova previsione, dovendosi in ogni caso computare le stesse fra le spese correnti (in tal senso, oltre al parere richiamato, è il parere n.1/2009 della Sezione regionale di Controllo per il Piemonte).

Si ritiene, conseguentemente, che la spesa in questione debba includersi nella base di calcolo utile alla verifica del rispetto del principio di riduzione programmatica della spesa di personale.

Con il successivo parere n. 961/2010 del 20.10.2010, questa Sezione ha specificato che le risorse derivanti da violazioni al codice della strada non possono consentire in alcun caso deroghe alle ordinarie forme di retribuzione del personale, restando fermi i vincoli ed i limiti di finanza pubblica operanti in via generale. Il Comune deve, dunque, individuare le forme organizzative più idonee per raggiungere le finalità previste dalla legge, senza incentivazioni generalizzate e - comunque – nel puntuale rispetto dei limiti di fonte legale e contrattuale ai trattamenti economici accessori.

Con specifico riferimento alle limitazioni imposte dall’art. 2-bis del decreto legge 31.05.2010, n.78, convertito in Legge 30.07.2010, n. 122, la Sezione regionale di Controllo per il Piemonte, con parere n. 5/2011, che si condivide, ha ritenuto che non possano escludersi dal tetto di spesa in esame i proventi ex art. 208 del codice della strada destinati a finanziare il trattamento accessorio. Questa ricostruzione appare in primo luogo imposta dalla rigida previsione di cui al citato art. 9, comma 2 bis, del D.L. n. 78 del 2010 convertito con legge n. 122 del

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2010, che si inserisce nel contesto normativo di una manovra recante “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” ove, a tali fini, si impone il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, incluso l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale.

Analoghe considerazioni possono valere per le limitazioni contenute nell’art. 9, comma 1, del D.L. in discorso, non essendovi motivo per non ricomprendere le forme previdenziali e di assistenza tra il trattamento ordinariamente spettante al personale nel corso dell’anno.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

Il Relatore Il Presidente

(dott. Massimo Valero) (dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria il 16 marzo 2011 Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)

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