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G I D M Rassegna

23, 127-143, 2003

Questa rassegna si propone di analizzare l’influenza dell’insulina sulla funzionalità piastrinica e sui processi della coagulazione e della fibrinolisi in condizioni di insulino-sensibilità e di insulino-resistenza.

Per ciò che concerne la funzionalità piastrinica, l’insulina esercita un ruolo anti-aggregante. Il principale meccanismo molecolare sotteso è l’attivazione della sintetasi costitutiva piastrinica dell’ossido nitrico mediata dalla fosfatidilinositol-3-chinasi, con incremento delle concentrazioni di ossido nitrico, e quindi, per attivazione della guanilato-ciclasi, del guanosin-monofosfato ciclico, nucleotide coinvolto nella rego- lazione inibitoria dei flussi del calcio. Sempre attraverso l’ossido nitrico, probabilmente con la mediazione del guanosin-monofosfato ciclico, l’insulina incrementa altresì le concentrazioni piastriniche dell’adeno- sin-monofosfato ciclico, altro nucleotide coinvolto nella regolazione inibitoria della funzionalità piastrini- ca tramite la modulazione dei flussi del calcio. Inoltre, l’insulina potenzia l’azione anti-aggregante delle sostanze che attivano l’adenilato-ciclasi con meccanismo recettoriale (come la prostaciclina e l’adenosina) e non recettoriale (come la forskolina). L’insulina aumenta inoltre il legame della prostaciclina ai suoi recet- tori specifici e riduce i recettori alfa2-adrenergici: anche attraverso queste azioni di membrana l’ormone esercita un effetto anti-aggregante, poiché favorisce l’azione inibitoria della prostaciclina e riduce quella stimolante degli agonisti alfa-adrenergici. Infine, l’ormone incrementa i flussi cellulari di magnesio, ione coinvolto nell’anti-aggregazione. L’effetto anti-aggregante piastrinico esercitato dall’insulina è ridotto negli stati di insulino-resistenza, e in particolare nell’obesità, nel diabete di tipo 2 con obesità e nell’iper- tensione arteriosa.

Per ciò che concerne le molecole coinvolte nella cascata coagulatoria, incerta è la loro modulazione diretta da parte dell’insulina, mentre è noto che le condizioni di insulino-resistenza rappresentano uno stato pre-trom- botico legato all’attivazione del fattore tissutale, del fattore VII, del fattore VIII e del fattore di von Willebrand e alle incrementate concentrazioni di fibrinogeno.

Per ciò che concerne le molecole coinvolte nella fibrinolisi, l’insulina promuove la sintesi dell’inibitore dell’atti- vatore tissutale del plasminogeno, esercitando un ruolo anti-fibrinolitico mediato dalla “mitogen-activated protein kinase” e preservato nelle condizioni di insulino-resistenza.

Gli studi presentati nella rassegna dimostrano che l’azione vascolare dell’insulina non si limita alla funzione endoteliale, ma coinvolge processi implicati nell’emostasi e nella fibrinolisi, e che negli stati di insulino-resi- stenza si osserva un’iperattivazione piastrinica e coagulatoria e una riduzione della fibrinolisi, eventi coinvolti nell’aumentato rischio atero-trombotico.

Parole chiave.Insulina, insulino-resistenza, piastrine, coagulazione, ossido nitrico.

Influence of insulin in the modulation of platelet function, coagulation and fibrinolysis.

Aim of this review is to clarify the influence exerted by insulin on platelets and on molecules involved in coagulation and fibrinolysis, both in insulin sensitive and in insulin resistant states.

As far as platelet function is considered, insulin plays an anti-aggregating role. The main molecular mechanism involved is the insulin-induced, phosphatidylinositol-3-kinase-mediated activation of platelet constitutive nitric oxide synthase, with the consequent increase of nitric oxide, and, owing to guanylate cyclase activation, of cyclic guanosine monophosphate, nucleotide deeply involved in the inhibition of calcium fluxes. Via nitric oxide, likely through cyclic guanosine monophosphate, insulin also increases platelet concentrations of cyclic adenosine mono- phosphate, another nucleotide involved in the inhibition of platelet function due to reduction of calcium fluxes.

I NFLUENZA DELL INSULINA NELLA MODULAZIONE DELLA FUNZIONALITÀ PIASTRINICA ,

DELLA COAGULAZIONE E DELLA FIBRINOLISI

M. Trovati, G. Anfossi

Struttura Complessa a Direzione Universitaria di Malattie Metaboliche e Diabetologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, Ospedale San Luigi Gonzaga, Orbassano, Torino

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Furthermore, insulin potentiates the anti-aggregating effect of substances activating adenylate cyclase with recep- tor-mediated mechanism (such as prostacyclin and adenosine) or directly at the catalytic subunit (such as forsko- lin). Insulin also increases platelet prostacyclin binding and down-regulates α2-adrenoceptors: thus, also via these membrane mechanisms, insulin inhibits platelet function, since it increases the anti-aggregating effect of pro- stacyclin and reduces the pro-aggregating effect of α-adrenergic agonists. Furthermore, insulin increases the intra- cellular concentrations of magnesium, which plays an anti-aggregating role. The platelet inhibitory effect exerted by insulin is reduced in the insulin resistant states, and in particular in obesity, in type 2 diabetes mellitus with obe- sity and in arterial hypertension.

As far as coagulation factors are concerned, a direct modulation by insulin has not been clearly demonstrated, whe- reas it has been observed that insulin resistant states show a thrombotic trend, due to activation of tissue factor, fac- tor VII, factor VIII, von Willebrand factor and to increased fibrinogen concentrations.

As far as fibrinolysis is concerned, insulin – via the mitogen-activated protein kinase pathway – increases the pla- sminogen activator inhibitor synthesis, thus playing an antifibrinolytic role, which is preserved in the conditions of insulin resistance.

The studies presented in this review show that the vascular action of insulin is not limited to the endothelial function, but is extended to the coagulation and fibrinolysis processes, and that the insulin resistance states present an increa- sed platelet and coagulation activation and a reduced fibrinolysis, playing a role in the increased athero-thrombotic risk.

Key words.Insulin, insulin-resistance, platelets, coagulation, nitric oxide.

Il diabete costituisce una condizione a elevato rischio atero-trombotico: in particolare, la contemporanea presenza di iperattivazione piastrinica, esaltata coagulazione e ridotta fibrinolisi, insieme a una costellazione di fattori di rischio cardiovascolare, giu- stifica l’impiego di una terapia anti-aggregante pia- strinica a vita per la maggior parte dei pazienti già in prevenzione primaria (1).

Tra le molteplici cause di queste alterazioni emocoa- gulative, un ruolo importante è stato attribuito alla carenza di insulina e alla resistenza all’insulina, che in diversa misura caratterizzano i differenti tipi e i diffe- renti stadi della malattia diabetica.

Questa rassegna ha lo scopo di presentare i principa- li risultati degli studi finora effettuati sui rapporti tra insulina, funzionalità piastrinica, molecole implicate nella coagulazione e nella fibrinolisi.

Insulina, insulino-resistenza e funzionalità piastrinica

Tra i molteplici fattori che contribuiscono a rendere le piastrine particolarmente suscettibili agli stimoli pro- aggreganti nel diabete, l’iperglicemia esercita un’in- fluenza importante, anche se solo in parte chiarita dal punto di vista fisiopatologico (2, 3). Non meno rile- vante è il ruolo del deficit insulinico e dell’insulino- resistenza (4, 5), alla cui comprensione il nostro grup-

po di ricerca ha fornito negli anni un qualche contri- buto. In realtà, il problema dei rapporti tra insulina e piastrine è stato da noi inizialmente affrontato per spiegare un’osservazione inattesa, effettuata nel corso di un esperimento di controllo disegnato per chiarire i meccanismi coinvolti nell’iperattivazione piastrinica indotta dall’ipoglicemia insulinica (6). Avevamo infat- ti osservato che l’ipoglicemia insulino-indotta deter- mina un incremento delle risposte piastriniche ex vivo a numerosi agonisti, e avevamo quindi desiderato chiarire quali degli ormoni modificati in corso di ipo- glicemia insulinica fossero patogeneticamente coin- volti nell’iperattivazione piastrinica (6). Per questa ragione, avevamo riprodotto in vitro le condizioni sperimentali che avevamo realizzato in vivo, incuban- do il plasma ricco di piastrine di soggetti sani con le stesse concentrazioni di insulina e di ormoni della controregolazione che avevamo misurato dopo il bolo insulinico: la risposta al nostro quesito iniziale venne immediatamente fornita dagli esperimenti effettuati mediante incubazione con adrenalina, iden- tificata come l’ormone responsabile dell’iperattivazio- ne piastrinica in corso di ipoglicemia (6). Con nostra grande sorpresa, peraltro, osservammo che l’insulina, incubata in vitro, riduceva le risposte aggreganti a tutti gli agonisti piastrinici in modo non specifico per alcuno di essi, come se l’ormone interferisse con un meccanismo di base coinvolto nella inibizione della aggregazione: fu così che nacque, quasi per caso, la prima descrizione in Letteratura dell’effetto anti-

Introduzione

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aggregante dell’insulina nelle piastrine umane (6).

Ovviamente un dato così inatteso ha stimolato l’ese- cuzione di ulteriori studi appositamente disegnati, ed effettuati negli anni successivi sia in vitro sia in vivo.

Essi ci hanno portato a identificare nelle piastrine: a) un bersaglio rilevante dell’attività insulinica, su cui l’ormone esercita azione anti-aggregante mediante l’incremento della sintesi dell’ossido nitrico (NO); b) un importante sito di insulino-resistenza in condizioni già caratterizzate da insulino-resistenza metabolica, quali l’obesità e il diabete di tipo 2 con obesità: que- ste osservazioni si sono inserite nell’ambito delle ricer- che volte a definire l’esistenza di una “insulino-resi- stenza vascolare” (4, 5). Di queste tappe realizzate nel corso degli anni nel nostro laboratorio faremo cenno in modo più organizzato nei paragrafi successivi, inse- rendole nell’ambito delle ricerche compiute in questo specifico campo in altri laboratori.

Il segnale insulinico nelle piastrine

La membrana piastrinica esprime recettori specifici per l’insulina, che presentano una densità per unità di superficie cellulare simile a quella descritta in cellule conosciute come bersagli classici dell’azione insulini- ca (7). I recettori insulinici delle piastrine presentano una configurazione completa, con una subunità beta in grado di essere autofosforilata dall’ormone stesso (8, 9), e di attivare la cascata di eventi intracellulari che costituisce la classica trasmissione del segnale insulinico. Le piastrine, quindi, sono bersaglio dell’a- zione insulinica, e possono diventare siti di insulino- resistenza: in particolare, è stato osservato che nel diabete di tipo 2 esiste una riduzione del numero e dell’affinità dei recettori piastrinici per l’insulina (10).

È infine interessante notare che tra gli effetti esercita- ti dall’insulina sulle piastrine – oggetto di questa ras- segna – non sembra annoverarsi un incremento del trasporto di glucosio, dato non sorprendente in quanto il trasporto dell’esoso nelle piastrine è regola- to dai gluco-trasportatori GLUT-3, che non sono insu- lino-sensibili (11).

Influenza dell’insulina sull’aggregazione piastrinica in condizioni di normale e ridotta sensibilità insulinica In studi compiuti nel nostro laboratorio, è stato osser- vato che le piastrine umane incubate con concentra- zioni di insulina comprese tra 40 e 320 µU/mL per brevi periodi di tempo (3-60 minuti) presentano una ridotta sensibilità alla azione pro-aggregante di numerosi agonisti (ADP, trombina, adrenalina, plate- let-activating factor, collagene, arachidonato di sodio), che agiscono con meccanismi differenti (12-

17). Risultati analoghi sono stati ottenuti in altri labo- ratori, dove è stato osservato che l’insulina riduce l’aggregazione piastrinica indotta da angiotensina II e trombina (18). Anche in esperimenti effettuati in vivo mediante la tecnica del clamp euglicemico-iperinsuli- nemico è stato osservato che l’insulina riduce le rispo- ste piastriniche agli agonisti ex vivo (12, 14, 19, 20);

l’insulina, inoltre, se somministrata in vivo in condi- zioni di euglicemia, riduce altresì le interazioni tra pia- strine e collagene, che tanta parte giocano nell’atti- vazione piastrinica (21).

Alcuni autori, peraltro, non hanno descritto effetti piastrinici dell’insulina in vitro (22-24) o hanno addi- rittura segnalato un modesto effetto pro-aggregante (25, 26). Quest’ultimo è certamente esercitato da concentrazioni altamente sopra-fisiologiche dell’or- mone (100 nmol/L), che mai vengono raggiunte né in patologia né in terapia (27, 28).

L’insulina è dunque considerata dalla maggior parte degli autori un ormone anti-aggregante a concentra- zioni fisiologiche o modestamente soprafisiologiche, pro-aggregante a concentrazioni molto superiori al range fisiologico o farmacologico.

La riduzione insulino-indotta dell’aggregabilità pia- strinica potrebbe esercitare un ruolo fisiologico, pre- venendo la formazione di trombi e il rilascio di media- tori vasoattivi e di sostanze mitogene-chemiotattiche e riducendo in tal modo la trombosi, l’ipertensione e l’aterogenesi. Inoltre, la fisiologica elevazione insuli- nemica in risposta ai pasti potrebbe essere rilevante nel ridurre il rischio atero-trombotico legato allo stato immediatamente post-prandiale. Inoltre, poiché le piastrine possono essere sito di insulino-resistenza, la perdita della fisiologica azione inibitoria dell’insulina sulla funzionalità piastrinica potrebbe giocare un ruolo nell’incrementato rischio cardiovascolare pre- sente nei soggetti insulino-resistenti (29, 30). Questa ipotesi è stata provata sperimentalmente: infatti, in condizioni di insulino-resistenza – quali l’obesità, il diabete di tipo 2 con obesità e l’ipertensione arterio- sa – gli effetti anti-aggreganti piastrinici dell’insulina osservati sia in vitro sia in vivo sono molto attenuati o addirittura persi (15, 18, 21). Si tratta di osservazioni di rilevanza clinica, che aprono interrogativi di tipo terapeutico: infatti, proprio nei pazienti che teorica- mente potrebbero maggiormente giovarsi degli effetti anti-aggreganti della terapia insulinica – come i pazienti insulino-resistenti obesi e/o ipertesi e/o affetti da diabete di tipo 2 – l’insulina non sembra in grado di riprodurre i benefici effetti osservati nei sog- getti insulino-sensibili.

Sono in corso nel nostro laboratorio studi volti a veri- ficare se la riduzione dell’insulino-resistenza “meta-

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Insulina e flussi del calcio nelle piastrine in condizioni di normale e ridotta sensibilità insulinica

Come già si è detto, l’insulina attenua l’azione pro- aggregante di numerosi agonisti, che attivano le pia- strine con differenti meccanismi d’azione recettoriale e post-recettoriale (6, 12, 18). Ciò significa che l’or- mone interferisce con meccanismi di base dell’aggre- gazione piastrinica e non esercita – o non esercita sol- tanto – interferenze a livello recettoriale.

È noto che un incremento nelle concentrazioni intra- cellulari di calcio – derivato dall’aumento dei flussi ionici dal compartimento extracellulare o dai deposi- ti intracellulari verso il citoplasma – costituisce un momento cruciale dell’attivazione piastrinica (31). Le sostanze anti-aggreganti possono esercitare i loro effetti riducendo questi flussi. È interessante a questo proposito notare che nelle piastrine umane gli incre- menti del calcio citosolico stimolati dall’angiotensina II sono ridotti in tempi brevissimi dall’incubazione con concentrazioni fisiologiche di insulina (18). La riduzione del calcio intracitoplasmatico è dunque il meccanismo fondamentale sotteso all’azione anti- aggregante piastrinica dell’insulina.

È altresì importante rilevare che nelle condizioni di insulino-resistenza (ipertensione arteriosa, obesità o diabete mellito di tipo 2), le piastrine presentano un incremento delle concentrazioni citoplasmatiche di calcio (18, 32, 33), e che le concentrazioni di calcio sono positivamente correlate con le concentrazioni insulinemiche, considerate marcatore di insulino-resi- stenza in quanto rispecchiano una aumentata sintesi beta-cellulare di natura compensatoria (34). Su que- sta base, è stato ipotizzato che le anomalie nella omeostasi calcica presenti negli stati di insulino-resi- stenza siano in parte attribuibili a una difettosa azio- ne insulinica. In particolare: 1) le piastrine di soggetti ipertesi presentano concentrazioni intracellulari di calcio più elevate delle piastrine di soggetti di con- trollo sia in condizioni basali sia dopo stimolazione con angiotensina II; 2) in presenza di ipertensione arteriosa, l’attenuazione insulino-indotta dell’incre- mento dei flussi di calcio determinato dall’angioten- sina II è ridotta; 3) l’iperinsulinemia – marcatore di insulino-resistenza – correla negativamente con la capacità dell’insulina di attenuare i flussi del calcio indotti dall’angiotensina II (18). Analoghi risultati sono stati osservati in soggetti affetti da diabete mel- lito di tipo 2 e da obesità: curiosamente, la correzio- ne delle anomalie dei flussi del calcio piastrinici

mediante farmaci calcio-antagonisti restaura altresì la sensibilità piastrinica all’insulina, suggerendo che l’in- cremento del calcio citosolico possa essere sia conse- guenza sia causa di insulino-resistenza cellulare (35).

Nel paragrafo concernente gli effetti anti-aggreganti dell’insulina, abbiamo sottolineato come questi effet- ti vengano persi nell’insulino-resistenza. Non stupisce quindi l’osservazione che, se viene somministrata insulina a soggetti insulino-resistenti, ipertesi e iperin- sulinemici, si osserva un incremento – e non una ridu- zione – del calcio citosolico piastrinico, suggerendo che l’insulino-resistenza implichi altresì una anomala regolazione insulino-indotta del metabolismo calcico (36), possibile spiegazione fisiopatologica della ridot- ta attività anti-aggregante che in questa condizione clinica si riscontra.

Insulina, nucleotidi ciclici e ossido nitrico nelle piastrine in condizioni di normale e ridotta sensibilità insulinica

Nei paragrafi precedenti abbiamo ricordato che l’in- sulina riduce l’azione anti-aggregante di agonisti dotati di differenti meccanismi, a dimostrazione del fatto che essa interferisce con un meccanismo base dell’anti-aggregazione, identificato nella riduzione dei flussi piastrinici del calcio. Ma quali sono le vie biochimiche mediante le quali l’insulina riduce i flussi del calcio e quali le vie del segnale insulinico intracel- lulare impiegate?

È noto che i due nucleotidi ciclici guanosin-monofo- sfato ciclico (cGMP) e adenosin-monofosfato ciclico (cAMP) costituiscono i più importanti sistemi inibito- ri della funzionalità piastrinica, basati sulla riduzione delle concentrazioni citosoliche del calcio per effetti su sistemi di trasporto ionico: in particolare, i due nucleotidi ciclici riducono la mobilizzazione del calcio dai depositi intrapiastrinici mediata dall’inositol-3- fosfato (IP3), fenomeno stimolato dalla maggior parte degli agonisti piastrinici. Per una dettagliata descri- zione degli effetti piastrinici dei due nucleotidi si rimanda a una nostra precedente rassegna (4).

cGMP e cAMP sono sintetizzati da parte della guani- lato-ciclasi e della adenilato-ciclasi, rispettivamente, a partire dal guanosin-trifosfato (GTP) e dall’adenosin- trifosfato (ATP). In particolare, il cGMP è sintetizzato nelle piastrine da parte di una guanilato-ciclasi solu- bile, attivata dall’ossido nitrico (NO) sia endogeno sia esogeno, cioè rilasciato dai nitroderivati (37). L’NO – molecola di straordinaria importanza biologica – alla temperatura corporea è un gas diffusibile, con emivi- ta di pochi secondi, formato a partire dall’L-arginina (38): esso non è soltanto un potente vasodilatatore, responsabile in gran parte della cosiddetta vasodila-

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tazione endotelio-dipendente (39), ma altresì un potente inibitore delle funzioni piastriniche (40, 41):

ne riduce infatti l’adesione alle pareti vascolari (42), l’aggregazione (43), l’espressione sulla membrana di molecole di adesione che giocano un ruolo fonda- mentale nell’attivazione e nella interazione con le cel- lule endoteliali (44). Nelle piastrine, l’NO è sintetizza- to per opera di una sintetasi di tipo costitutivo, analo- ga a quella endoteliale (cNOS, NOS di tipo III), che richiede la presenza di calmodulina, calcio e NADPH (45-47), la cui sequenza è stata identificata (48).

Mediante la loro attività NO-sintetasica, le piastrine producono costitutivamente concentrazioni di NO in grado di esercitare effetti fisiologici (49, 50), quali l’i- nibizione delle interrelazioni tra piastrine che regola- no la formazione del trombo piastrinico stesso (51).

L’attività NO-sintetasica delle piastrine è inibita da ana- loghi della L-arginina, come la NG-monometil-L-argini- na (L-NMMA), che blocca l’enzima in modo stereospe- cifico (52). Infondendo in vivo inibitori della NOS si osserva non soltanto – come noto – un incremento della pressione arteriosa, ma altresì un incremento della attivazione piastrinica (53); al contrario, infondendo il substrato della NOS, l’L-arginina, si determina decre- mento dell’attività piastrinica (54): queste osservazioni dimostrano che l’ossido nitrico, rilasciato dalle piastrine stesse o dall’endotelio, modula in senso costitutivo l’at- tività piastrinica, analogamente a quanto osservato per il tono vascolare e descritto dettagliatamente in una recente rassegna su questo stesso giornale (55).

Il cAMP è prodotto, come si è già detto, dalla adeni- lato-ciclasi, enzima attivabile da prostaglandine (come la prostaglandina E1 e la prostaciclina) tramite recettori specifici (56), dall’adenosina tramite il recet- tore purinergico A2 (57), dalle catecolamine tramite i recettori beta2-adrenergici e i recettori D1 dopami- nergici (58, 59), dalla forskolina tramite attivazione diretta della subunità catalitica (60).

Le sostanze fisiologiche in grado di incrementare la produzione di cAMP, grazie alla loro azione anti- aggregante piastrinica e vasodilatante, giocano un ruolo importante nella prevenzione dell’aterosclerosi e della trombosi (61).

Nelle piastrine umane, la prostaciclina – di derivazio- ne endoteliale – e l’ossido nitrico – di derivazione pre- valentemente endoteliale e piastrinica – agiscono sinergicamente nell’inibire l’aggregazione piastrinica (62, 63).

Sia il cAMP sia il cGMP sono catabolizzati dalle fosfo- diesterasi, una famiglia di isoenzimi in grado di agire separatamente o congiuntamente sui nucleotidi cicli- ci (64). Tra di esse, gioca un ruolo particolare la cosid- detta “fosfodiesterasi del cAMP inibita dal cGMP”,

che idrolizza il cAMP più efficacemente di quanto non faccia per il cGMP (65): per questa ragione, ogni incremento del cGMP, inibendo questa specifica fosfodiesterasi, incrementa le concentrazioni di cAMP (66, 67). I due nucleotidi, quindi, agiscono in modo sinergico nella inibizione della funzionalità piastrini- ca, e le loro concentrazioni sono finemente regolate dall’equilibrio tra sostanze che attivano e inibiscono le ciclasi e le fosfodiesterasi: un ruolo particolare a questo riguardo è svolto dall’insulina.

Il primo effetto insulinico concernente i nucleotidi cicli- ci osservato nelle piastrine è stato l’incremento dell’at- tività fosfodiesterasica (9): l’insulina, infatti, attiva, attraverso una fosforilazione in serina, la già citata

“fosfodiesterasi del cAMP inibita dal cGMP”, che rap- presenta più del 75% dell’attività fosfodiesterasica del cAMP negli estratti piastrinici (68). Il significato biolo- gico di questa azione insulinica è la riduzione delle con- centrazioni piastriniche dei nucleotidi ciclici, e in parti- colare del cAMP, fenomeno che, nelle cellule adipose, è alla base della ben nota azione anti-lipolitica dell’or- mone (69): tuttavia, una riduzione dei nucleotidi cicli- ci non è mai stata osservata quando le piastrine sono state incubate con concentrazioni fisiologiche di insuli- na, dimostrandosi quindi il prevalere di azioni insulini- che di significato opposto, di cui tratteremo nei para- grafi successivi, spiegandone le basi molecolari.

Studi effettuati nel nostro laboratorio hanno dimostra- to che l’insulina incrementa in tempi assai brevi (se- condi-120 minuti) le concentrazioni piastriniche di cGMP(70). Questo effetto è mediato dalla fosforilazio- ne del recettore insulinico, essendo inibito dalla gene- steina, un inibitore delle tirosinchinasi (70), ed è com- pletamente prevenuto dalla incubazione con il blu di metilene, inibitore sia della guanilato-ciclasi sia della NOS, e con l’inibitore della NOS L-NMMA (70, 71).

Queste osservazioni ci hanno indotto a concludere che l’insulina incrementi il cGMP nelle piastrine attraverso l’NO (71). Abbiamo successivamente dimostrato che l’insulina aumenta la produzione di NO nelle piastrine umane (72), analogamente a quanto osservato nelle cellule endoteliali (73). È stato inoltre dimostrato che l’insulina incrementa altresì nelle piastrine il perossini- trito, prodotto derivato dalla reazione dell’ossido nitri- co con i radicali liberi dell’ossigeno (74). Abbiamo recentemente dimostrato che l’azione insulinica sul sistema NO/cGMP nelle piastrine è mediata dalla via del segnale insulinico della fosfatidilinositolo-3-cina- si/Akt, essendo completamente inibita dalla wortman- nina (16, 17). Si tratta della stessa via impiegata dal- l’insulina per incrementare la sintesi di NO nelle cellule endoteliali mediante fosforilazione in serina della NOS, e per esercitare le ben note azioni ormonali sul traspor-

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to del glucosio (75, 76). Abbiamo inoltre osservato che l’insulina incrementa altresì le concentrazioni piastrini- che di cAMP (72), sempre in tempi brevi (secondi, minuti): anche questo fenomeno è inibito da L- NMMA, inibitore della NOS, ed è quindi dipendente dall’azione dell’ormone sull’NO (72). Questo dato non sorprende, poiché i nitroderivati, che si comportano come donatori di NO, sono altresì in grado di incre- mentare nelle piastrine non solo il cGMP ma anche il cAMP (63, 66, 67, 77). Come già si è detto, è stato ipo- tizzato che si tratti di un fenomeno dipendente dal cGMP, che inibisce una fosfodiesterasi del cAMP, incre- mentandone le concentrazioni (66). Poiché i nitroderi- vati incrementano il cAMP attraverso il cGMP, non stu- pisce che un analogo fenomeno si verifichi con l’insuli- na, poiché la sua azione sul cGMP dipende dall’NO (72). L’insulina, dunque, inibisce, tramite il cGMP, la stessa attività enzimatica che è in grado di stimolare di per sé, come prima ricordato (68). Un’ipotesi alternati- va può emergere dalla osservazione che, quando la guanilato-ciclasi è attivata dall’NO, presenta alterazio- ni sorprendenti della sua funzione enzimatica, diven- tando in grado di sintetizzare, oltre al cGMP, anche il cAMP (78). In questo caso, si potrebbe ipotizzare che sia l’NO prodotto per azione insulinica a incrementare il cAMP, anche indipendentemente dalla sua azione sul cGMP. Abbiamo altresì osservato che l’incubazione a tempi brevi (minuti) del plasma ricco di piastrine con insulina incrementa altresì gli effetti sul cAMP di sostan- ze che ne attivano di per sé la sintesi, con azione recet- toriale (come la prostaciclina) o non recettoriale (come la forskolina) (55, 60), e che anche questa azione insu- linica dipende dall’NO, essendo inibita dall’L-NMMA (72). Come conseguenza di questo fenomeno, l’insuli- na incrementa l’azione anti-aggregante piastrinica delle sostanze che agiscono attraverso il cAMP (72). Gli effetti potenzianti esercitati dall’insulina sull’azione di inibitori fisiologici della funzionalità piastrinica, come la prostaciclina, spiega perché l’azione insulinica sia particolarmente evidente in vivo, dove queste sostanze sono abitualmente presenti (12, 14, 19, 21). Abbiamo già ricordato che prostaciclina e NO agiscono in modo sinergico nella regolazione inibitoria della funzionalità piastrinica (62): l’insulina modula entrambe queste sostanze, incrementando la produzione di NO, e, attraverso l’NO, potenziando l’azione della prostacicli- na (72).

L’effetto sui nucleotidi ciclici è, secondo la nostra opi- nione, la più importante base molecolare dell’effetto anti-aggregante piastrinico dell’insulina: effetto com- pletamente prevenuto dall’incubazione con blu di metilene, inibitore – come già si è ricordato – sia della guanilato-ciclasi sia della NOS (70).

In classici stati di insulino-resistenza, quali l’obesità e il diabete di tipo 2 con obesità, abbiamo osservato una attenuazione della capacità dell’insulina e dei donatori di NO di ridurre l’attivazione piastrinica (15, 79): capacità che resta inalterata nei pazienti normo- peso affetti da diabete di tipo 2 (79). Nelle piastrine di soggetti affetti da ipertensione arteriosa – altra condizione di insulino-resistenza – i donatori di NO esercitano una minore riduzione dei flussi del calcio (80). Così, negli stati di insulino-resistenza esistono alterazioni della via inibitoria dell’aggregazione pia- strinica mediata dall’NO e dal suo classico effettore, il cGMP. Anche la capacità dell’insulina di incrementa- re la sintesi di cAMP in risposta alla prostaciclina è ridotta nei soggetti obesi (dati personali sottomessi per la pubblicazione). Infine, nell’obesità umana le piastrine sono resistenti agli effetti anti-aggreganti dei nucleotidi ciclici cGMP e cAMP (dati personali sot- tomessi per la pubblicazione).

In sintesi, l’insulina attiva la cNOS piastrinica e, trami- te l’NO, incrementa rapidamente le concentrazioni piastriniche sia di cGMP sia di cAMP e potenzia gli effetti delle sostanze che attivano l’adenilato-ciclasi;

mediante i nucleotidi ciclici, dunque, l’insulina riduce i flussi intracellulari del calcio e quindi l’aggregazione piastrinica. Questi effetti insulinici (figg. 1 e 2) sono grandemente compromessi nelle condizioni di insuli- no-resistenza (fig. 2, tab. I).

Nell’obesità, che è classica condizione di insulino- resistenza, esiste altresì resistenza piastrinica agli effetti anti-aggreganti dell’NO, della prostaciclina, e dei loro reciproci effettori, il cGMP e il cAMP (tab. I).

Recenti studi nel nostro laboratorio hanno dimostra- to che la resistenza all’NO non è esclusivamente riconducibile allo stress ossidativo presente nell’obe- sità, in quanto non è completamente corretta dalla incubazione con sostanze anti-ossidanti (81).

Insulina e legame recettoriale piastrinico di prostanoidi e catecolamine

È stato dimostrato che l’insulina è altresì in grado di favorire a livello piastrinico il legame recettoriale della prostaciclina (22), e di ridurre il legame delle catecola- mine ai recettori alfa2-adrenergici (23). L’effetto sui recettori della prostaciclina (che richiede almeno due ore di incubazione insulinica) può costituire una ulte- riore base molecolare del sinergismo tra insulina e pro- staciclina nel ridurre l’aggregabilità piastrinica. Questo effetto si è manifestato anche quando l’insulina viene infusa in vivo mediante la tecnica del clamp euglicemi- co-iperinsulinemico: anche in questo caso, l’insulina potenzia la capacità della prostaciclina di incrementa- re le concentrazioni piastriniche di cAMP (82).

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Fig. 2. Influenza dell’insulina sull’emostasi mediata da: 1) attivazione della via del segnale insulinico della fosfatidilinositol-3- chinasi/Akt (PI-3K/Akt) a livello piastrinico ed endoteliale, con conseguente stimola- zione della sintetasi costitutiva dell’ossido nitrico e quindi inibizione dell’attivazione piastrinica; 2) attivazione della via del segnale insulinico della mitogen-activated protein kinase (MAPK) in numerosi tipi cel- lulari, con conseguente incremento della sintesi dell’inibitore dell’attivatore del pla- sminogeno (PAI-1) e quindi inibizione del- l’attività fibrinolitica. Negli stati di insulino- sensibilità (pannello A) esiste un equilibrio fisiologico tra le due vie del segnale insuli- nico, mentre negli stati di insulino-resisten- za (pannello B) esiste una riduzione della via della PI-3K/Akt e un’esaltazione della via della MAPK, con conseguente riduzione dell’attività anti-aggregante piastrinica e incremento dell’attività anti-fibrinolitica.

DONATORI DI NO

L-arginina

L-citrullina

Ca++

ATP

cAMP

cGMP AMP

adenilatociclasi

fosfodiesterasi NO sintetasi

L-NMMA

guanilatociclasi

NO GTP

INSULINA

R

PGI

2

R Fig. 1. Principali meccanismi coinvolti

nell’azione anti-aggregante piastrinica dell’insulina, mediata dall’ossido nitrico e dai nucleotidi ciclici. 1) L’insulina attiva la sintetasi costitutiva piastrinica dell’ossido nitrico, evento inibito dall’L-NMMA; 2) l’ossido nitrico attiva la guanilato-ciclasi, con conseguente incremento della sintesi di cGMP; 3) il cGMP riduce il calcio cito- solico sia direttamente, sia inibendo il catabolismo del cAMP, e quindi incre- mentandone le concentrazioni; 4) l’insuli- na incrementa il legame recettoriale della prostaciclina, favorendone l’azione anti- aggregante mediata dal cAMP. Gli eventi descritti comportano una riduzione delle concentrazioni citosoliche del calcio, ione potentemente coinvolto nell’attivazione piastrinica.

EFFETTI DELL’INSULINA SULL’EMOSTASI

A STATI DI NORMALE SENSIBILITÀ ALL’INSULINA

B STATI DI INSULINO- RESISTENZA Insulina

Insulina MAPK

Sintesi di PAI-1

PI-3K/Akt

MAPK

PI-3K/Akt Inibizione

dell’azione fibrinolitica

Sintesi endoteliale e piastrinica di ossido nitrico

Inibizione dell’attivazione piastrinica

Sintesi endoteliale e piastrinica di ossido nitrico

Inibizione dell’attivazione piastrinica Inibizione

dell’azione fibrinolitica Sintesi di PAI-1

In corso di angina spontanea e di episodi coronarici acuti, l’iperattivazione piastrinica gioca un ruolo importante nel favorire l’occlusione vascolare (83):

questo fenomeno è in parte attribuibile a una ridotta sensibilità piastrinica ai prostanoidi vasodilatanti (84), per riduzione dell’attività recettoriale specifica (85, 86). È stato osservato, in pazienti affetti da infarto miocardico acuto o da angina instabile, che queste alterazioni possono essere corrette incubando le pia- strine con insulina, con conseguente incremento del

legame recettoriale della prostaciclina (87). Queste osservazioni suggeriscono che la somministrazione di insulina dopo un evento ischemico acuto inibisca, almeno in parte, la formazione del trombo, non solo per un effetto anti-aggregante piastrinico diretto, ma altresì per il ripristino della normale attività dei recet- tori piastrinici dei prostanoidi: quest’ultimo fenome- no è stato riscontrato in vivo (88).

Studi in vitro hanno inoltre dimostrato che l’incuba- zione delle piastrine umane con insulina per 2,5 ore

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incrementa la resistenza agli effetti pro-aggreganti dell’adrenalina e inibisce l’azione di potenziamento esercitata dall’adrenalina sulla aggregazione piastri- nica indotta da ADP (88). Questo effetto è stato attri- buito a un decremento insulino-indotto del numero dei recettori alfa2-adrenergici (89) che sono coinvolti nell’azione pro-aggregante dell’adrenalina (23).

Quindi, mentre gli effetti anti-aggreganti diretti del- l’insulina – mediati dalla stimolazione della sintesi di NO – si esercitano in pochi minuti, dopo 120-150 minuti si osservano effetti anti-aggreganti mediati da un incremento dei recettori per i prostanoidi e da un decremento dei recettori per gli agonisti alfa2-adre- nergici: questo complesso mosaico di effetti giustifica l’utilità della somministrazione insulinica in corso di eventi coronarici acuti.

Insulina e flussi del magnesio nelle piastrine

in condizioni di normale e ridotta sensibilità insulinica Abbiamo finora descritto l’influenza inibitoria eser- citata dall’insulina sull’aggregazione piastrinica me- diante la riduzione dei flussi del calcio: tuttavia, l’insu- lina esercita la sua attività sulle piastrine anche incre- mentandone le concentrazioni di magnesio (90),

fenomeno coinvolto nell’anti-aggregazione (91). È inoltre interessante osservare che negli stati di insuli- no-resistenza esiste non soltanto – come già è stato rilevato – un incremento delle concentrazioni di cal- cio, ma altresì un decremento delle concentrazioni di magnesio (92): è ipotizzabile che la ridotta azione insulinica sulle piastrine giochi un ruolo in questa alte- razione ionica che rende le piastrine iperattive.

Insulina e modulazione piastrino-indotta della fibrinolisi in condizioni di normale e ridotta sensibilità insulinica

Le piastrine partecipano al processo fibrinolitico poiché veicolano molecole ad attività sia pro- sia anti-fibrinoliti- ca, come l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo 1 (PAI-1) (93) e gli attivatori del plasminogeno (94).

È stato dimostrato che l’incubazione delle piastrine con insulina per tre ore incrementa il rilascio degli attivatori del plasminogeno (95): è dunque possibile che l’insulina eserciti un effetto anti-trombogeno anche mediante stimolazione della attività pro-fibri- nolitica delle piastrine. Nel diabete di tipo 2 l’iperin- sulinemia – che è marcatore di insulino-resistenza – è correlata con le concentrazioni piastriniche del PAI-1, e quindi al processo anti-fibrinolitico (96).

Analoghi dell’insulina e funzionalità piastrinica Nel nostro laboratorio sono state recentemente studia- te le azioni sulle piastrine degli analoghi rapidi dell’in- sulina Aspart e Lispro, introdotti nella pratica clinica per permettere una più rapida insulinizzazione dopo som- ministrazione sottocutanea. In particolare, è stato osservato che essi mantengono l’azione insulinica sulla via anti-aggregante mediata dall’NO e dai nucleotidi ciclici, ma con effetti più prolungati nel tempo: conse- guentemente, dopo 60 minuti di incubazione, essi presentano una attività anti-aggregante piastrinica più spiccata di quella dell’insulina (16, 17). È curioso nota- re che questi analoghi – impiegati nella pratica clinica per esercitare in vivo effetti metabolici più rapidi del- l’insulina nativa a causa di un loro accelerato assorbi- mento dal tessuto sottocutaneo – siano in grado di esercitare in vitro effetti più prolungati sulle piastrine.

Insulina, insulino-resistenza

e fattori implicati nella coagulazione e nella fibrinolisi

Come noto, il complesso sistema della coagulazione è volto alla formazione di un coagulo insolubile di

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Tab. I. Alterazioni piastriniche ed emocoagulative nell’insulino-resistenza

I) Ridotto legame dell’insulina ai propri recettori

II) Ridotta capacità dell’insulina di incrementare la produzione di NO III) Ridotta capacità dell’NO di incrementare la produzione di

cGMP e di cAMP

IV) Ridotta capacità di cGMP e cAMP di ridurre l’aggregazione piastrinica

V) Ridotta capacità dell’insulina di ridurre le concentrazioni di calcio VI) Ridotta capacità anti-aggregante di insulina, donatori di NO e

prostaciclina

VII) Incrementate concentrazioni citoplasmatiche di calcio VIII) Ridotte concentrazioni citoplasmatiche di magnesio IX) Aumentata attività anti-fibrinolitica delle piastrine

X) Aumentate concentrazioni di fattore tissutale, fattore VII, fattore VIII, fattore di von Willebrand, fibrinogeno

XI) Aumentate concentrazioni e ridotta capacità anticoagulante della trombomodulina

XII) Aumentate concentrazioni di PAI-1

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fibrina attraverso l’attivazione sequenziale di una serie di fattori plasmatici che conduce all’evento cen- trale della generazione di trombina (97). Tali fattori, con l’eccezione del fattore tissutale, sono normal- mente presenti nel plasma in forma inattiva, per la maggior parte come proenzimi (zimogeni): quando attivati, essi esplicano attività serin-proteasica, dando luogo a una serie di reazioni a cascata fino alla produ- zione di trombina, che agisce sul fibrinogeno plasma- tico con conseguente formazione di fibrina. Il retico- lo di fibrina è poi stabilizzato da legami crociati o ponti covalenti mediati dal fattore XIII. La trombina viene formata dal suo precursore inattivo, la pro- trombina, per azione del fattore X attivato (Xa) e del suo cofattore, il fattore Va. A questa sequenza di rea- zioni viene dato il nome di “via comune” della coagu- lazione. Peraltro, il fattore X può essere attivato sia attraverso la “via estrinseca” a opera del complesso fattore tissutale-fattore VIIa, sia attraverso la “via intrinseca”, che comporta una serie di reazioni a cascata precursore-proteasi, che iniziano con l’attiva- zione del fattore XII in fattore XIIa.

Una volta formata, la trombina procede al clivaggio del fibrinogeno, con formazione di fibrina. Il coagulo di fibrina viene quindi clivato dalla plasmina, prodot- ta a partire dal plasminogeno. Il processo della fibri- nolisi è modulato dall’equilibrio tra l’attivatore tissu- tale del plasminogeno (tPA) e l’inibitore dell’attivato- re tissutale del plasminogeno (PAI-1).

Occorre infine ricordare che esiste un sistema efficien- te di attenuazione della generazione di trombina, che coinvolge inibitori stechiometrici, come l’inibitore del fattore tissutale e l’antitrombina III. Una volta che la trombina sia stata generata, esiste un ulteriore sistema di attenuazione dell’amplificazione del fenomeno, assicurato dal sistema proteina C-trombomodulina- trombina: infatti, la trombina, complessandosi con la trombomodulina, attiva la proteina C, che neutralizza l’attivazione del fattore V e quindi l’ulteriore genera- zione di trombina. I meccanismi che regolano la sinte- si di ciascuno dei fattori della coagulazione sono estre- mamente complessi (97). Evidenzieremo nel corso della trattazione l’eventuale ruolo dell’insulina.

Desideriamo peraltro premettere che i rapporti tra insulina e fattori plasmatici della coagulazione sono assai meno chiari di quelli tra insulina e piastrine.

Mentre l’attivazione piastrinica che caratterizza gli stati di insulino-resistenza è infatti in gran parte attribuibile alla carenza dei fisiologici effetti inibitori dell’insulina, l’iperattivazione coagulativa descritta nell’insulino-resi- stenza è in gran parte attribuibile ai complessi rapporti tra insulino-resistenza, stato lieve di infiammazione cronica subclinica e coagulazione (98, 99). Gioca un

ruolo fondamentale a questo riguardo l’aumentata presenza di tessuto adiposo, organo chiave nella pato- genesi dell’insulino-resistenza metabolica, in grado di produrre sia citochine pro-infiammatorie sia fattori implicati nella coagulazione e nella fibrinolisi, e in par- ticolare il fattore tissutale e il PAI-1 (100). Per questa ragione sono di grande interesse le alterazioni dell’e- quilibrio emostatico presenti nell’obesità, condizione in cui si assiste contemporaneamente a incrementi del fibrinogeno, del fattore di von Willebrand, del fattore VIII, del fattore VII e del PAI-1 (101), e in cui all’attiva- zione della cascata coagulatoria si accompagna una difettosa fibrinolisi (102).

L’insulino-resistenza si caratterizza sempre più come una sindrome atero-trombotica, per la presenza di fattori genetici e ambientali che contemporanea- mente influenzano il quadro antropometrico, meta- bolico ed emostatico (103): il ruolo giocato in questo complesso scenario dagli effetti dell’insulina sui fatto- ri della coagulazione e della fibrinolisi è ancora in grande parte da chiarire.

I) Fibrinogeno

Sintetizzato dal fegato, non interviene solo nel sistema emostatico, ma fa altresì parte delle proteine della fase acuta dell’infiammazione, i cui livelli plasmatici sono incrementati da alcune citochine (IL-6 e TNF-α): le sue concentrazioni aumentano nelle condizioni di insuli- no-resistenza come l’obesità e il diabete di tipo 2 (104, 105). Le relazioni tra concentrazioni plasmatiche di insulina, insulino-resistenza e fibrinogenemia sono complesse. Nello studio ECAT emerge una chiara rela- zione tra insulina e fibrinogeno: essa tuttavia risulta assai meno stretta dopo correzione per i marcatori della flogosi (leucociti e proteina C-reattiva), inducen- do a ipotizzare che i livelli di fibrinogeno siano influen- zati dai rapporti tra insulino-resistenza e infiammazio- ne cronica, di cui il fibrinogeno è sicura espressione (106, 107). Un recente studio, condotto in soggetti non diabetici normotesi con un’ampia gamma di valo- ri di indice di massa corporea, evidenzia una chiara cor- relazione tra livelli di fibrinogeno e insulinemia a digiu- no, ma attribuisce questa relazione all’insulino-resi- stenza di cui l’insulinemia è espressione, in quanto nel- l’analisi multivariata il fibrinogeno correla con l’insuli- no-resistenza, ma non con l’insulinemia (108). Altri studi hanno evidenziato che le concentrazioni di proin- sulina presentano una associazione con il fibrinogeno assai più stretta delle concentrazioni di insulina – che in alcuni studi non sono correlate – tanto da mettere in dubbio il fatto che l’insulina moduli di per sé le con- centrazioni di fibrinogeno (109-112).

In un modello animale, è stato addirittura osservato

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che l’insulina – in presenza o in assenza di aminoacidi – inibisce la sintesi epatica di fibrinogeno (113).

Gli studi finora effettuati per valutare l’influenza del- l’insulina somministrata in vivo nell’uomo sulla sintesi del fibrinogeno non hanno fornito risultati univoci. In soggetti non diabetici, è stato osservato da alcuni autori che incrementi fisiologici di insulinemia pla- smatica influenzano negativamente la sintesi di fibri- nogeno (114); altri autori, peraltro, hanno recente- mente dimostrato che questo effetto inibitorio può essere messo in relazione alla riduzione della amino- acidemia indotta dall’insulina stessa: quando essa viene corretta, è infatti annullato l’effetto inibitore esercitato dall’insulina sulla velocità di sintesi frazio- nale del fibrinogeno (115). In queste stesse condizio- ni sperimentali, nel diabete di tipo 2 l’iperinsulinemia addirittura stimola la sintesi del fibrinogeno, inducen- do gli autori a ipotizzare che l’iperinsulinismo cronico presente in questa condizione clinica possa costituire un fattore causale della iperfibrinogenemia (115).

Condizioni di iperinsulinemia e iperaminoacidemia si osservano durante pasto misto: in queste condizioni sperimentali, alcuni autori hanno osservato che né gli aminoacidi né l’insulina regolano la sintesi di fibrino- geno e di anti-trombina III (116), mentre altri hanno dimostrato un effetto di stimolazione sulla sintesi del fibrinogeno (117). In ogni caso, il fatto che durante pasto misto la sintesi di fibrinogeno quanto meno non si riduca – o addirittura aumenti – dimostra il ruolo fondamentale giocato dagli aminoacidi nel mantenimento – o secondo alcuni autori della stimo- lazione – della sintesi di fibrinogeno in presenza di iperinsulinemia. Nel diabete di tipo 1 è stato osserva- to che il trattamento insulinico acuto normalizza la sintesi di fibrinogeno sia in condizioni di digiuno sia durante il pasto (117).

Sembra dunque di poter concludere che la stretta correlazione tra fibrinogeno e insulino-resistenza è probabilmente attribuibile più alla relazione tra l’in- sulino-resistenza e l’infiammazione cronica di grado lieve di cui il fibrinogeno è componente importante che a effetti diretti dell’insulina sulla sintesi della pro- teina, che pure sono stati dimostrati in talune condi- zioni sperimentali.

II) Fattore tissutale

Elevate concentrazioni di fattore tissutale indicano una aumentata tendenza ad attivare il sistema coagu- latorio tramite la via estrinseca, come sopra ricordato (97).

Un incremento plasmatico del fattore tissutale è stato riscontrato nel diabete di tipo 2, che è una caratteri- stica condizione di insulino-resistenza, ed è stato

associato a una incrementata trombogenicità emati- ca, corretta dal controllo metabolico (118).

Controverse sono le osservazioni sul ruolo dell’insuli- na nella regolazione del fattore tissutale. Infatti, alcu- ni autori hanno osservato che la somministrazione di insulina in topi magri insulino-sensibili incrementa l’espressione di mRNA per il fattore tissutale a livello renale, cerebrale, polmonare e adiposo (119), e che in topi insulino-resistenti ob/ob e db/db l’espressione del fattore tissutale è aumentata nel cervello, nel pol- mone, nel rene, nel cuore, nel fegato e nel tessuto adiposo: sulla base dei risultati ottenuti, gli autori hanno ipotizzato che l’iperinsulinemia associata all’insulino-resistenza nell’obesità e nel diabete di tipo 2 possa indurre l’espressione genica locale di fat- tore tissutale in molti tessuti, determinando in tal modo un incrementato rischio atero-trombotico (119).

Peraltro, altri autori hanno recentemente descritto che l’infusione di insulina in vivo per quattro ore in soggetti obesi riduce le concentrazioni plasmatiche di fattore tissutale e di PAI-1, e hanno ipotizzato che l’insulina possa esercitare – proprio attraverso questi meccanismi – effetti protettivi sull’atero-trombosi (120).

III) Fattore VII

È sintetizzato dal fegato, con un meccanismo dipen- dente dalla vitamina K. È stata evidenziata una corre- lazione tra i livelli di questo fattore della coagulazione e indicatori di insulino-resistenza come l’indice di massa corporea, la circonferenza addominale e la tri- gliceridemia (121).

Secondo alcuni autori, le concentrazioni di fattore VII (coagulativo e antigene) correlano con l’insulinemia a digiuno sia in soggetti non diabetici sia in donne con sindrome dell’ovaio policistico (122), mentre altri autori non hanno evidenziato queste correlazio- ni (109).

IV) Fattore VIII/fattore di von Willebrand

La maggior parte degli studi ha evidenziato una cor- relazione tra i livelli di fattore di von Willebrand e di fattore VIII e le componenti della sindrome da insuli- no-resistenza. Nello studio “Atherosclerotic Risk in Communities” (ARIC) entrambi i fattori sono positi- vamente correlati con insulinemia, indice di massa corporea, rapporto vita-fianchi e trigliceridi (123).

Correlazioni positive tra insulinemia e fattore VIII e/o fattore von Willebrand sono state evidenziate anche negli studi ECAT (106) e Framingham Offspring (112). Queste correlazioni sono considerate espres-

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(11)

sione della disfunzione endoteliale che si osserva nelle condizioni di insulino-resistenza.

V) Trombomodulina e proteina C

Le concentrazioni plasmatiche di trombomodulina – molecola di derivazione endoteliale –, come quelle del fattore di von Willebrand, sono considerate un marcatore di disfunzione endoteliale. In una casistica di pazienti affetti da diabete di tipo 2, è stato descrit- to che la trombomodulina plasmatica è positivamen- te correlata con l’indice HOMA di insulino-resistenza, con l’insulinemia plasmatica, con la pressione arterio- sa sistolica e con il fibrinogeno, mentre è negativa- mente correlata con il colesterolo HDL: ciò ha indot- to a ritenere che la trombomodulina plasmatica riflet- ta il danno endoteliale in corso di insulino-resistenza in modo più efficace di quanto non faccia il fattore di von Willebrand (124). La presenza di elevate concen- trazioni di trombomodulina, sempre nel diabete di tipo 2, correla inversamente con l’attività della pro- teina C, e positivamente con le concentrazioni di pro- trombina F1+ 2, marcatore diretto di generazione di trombina, a dimostrare che l’elevazione delle con- centrazioni plasmatiche di trombomodulina riflette uno stato di ipercoagulabilità nel diabete di tipo 2 (125). A confermare questa interpretazione, sta l’os- servazione che la risposta anticoagulante alla trom- bomodulina esogena è ridotta nel diabete di tipo 2 (126). Anche per la trombomodulina plasmatica, i rapporti con le concentrazioni insulinemiche non riflettono un effetto diretto dell’insulina sulla sua pro- duzione, ma dimostrano un legame con l’insulino- resistenza di cui l’iperinsulinemia è conseguenza. Ne è prova il fatto che se pazienti affetti da diabete di tipo 2 vengono sottoposti a clamp euglicemico-iper- insulinemico, le concentrazioni plasmatiche di trom- bomodulina diminuiscono significativamente (127), suggerendo un effetto inibitorio – e non stimolante – dell’insulina. Nel diabete di tipo 1, caratteristico stato di insulino-deficienza, le concentrazioni plasmatiche di trombomodulina sono aumentate (128).

VI) PAI-1 e tPA

Il PAI-1 interferisce con la dissoluzione del coagulo ini- bendo l’attività del tPA. Una alterazione dell’equili- brio fibrinolitico con sbilanciamento in senso anti- fibrinolitico è stata ampiamente descritta nel diabete di tipo 2 e nell’insulino-resistenza (101, 102).

Oggetto di numerosi studi è stato l’effetto diretto esercitato dall’insulina sulle differenti componenti della via fibrinolitica.

In epatociti umani in coltura primaria, nella linea cel-

lulare di epatoma Hep G2 e in cellule muscolari lisce vascolari umane, sia l’insulina sia la proinsulina aumentano l’espressione di PAI-1 (129-132). Simili risultati sono stati ottenuti in cellule endoteliali (133).

I dati in vivo sono controversi: con la tecnica della infusione locale di insulina nell’avambraccio è stato evidenziato incremento dell’espressione di PAI-1 e, più tardivamente, di tPA (134), mentre l’infusione sistemica di insulina con la tecnica del clamp euglice- mico iperinsulinemico non ha determinato effetti significativi sui livelli circolanti di entrambe le protei- ne (135, 136) o addirittura ha indotto una riduzione del tPA (127); infine, è stato descritto che una infu- sione insulinica di quattro ore in soggetti obesi indu- ce addirittura un decremento del PAI-1 (120). Nello studio Framingham Offspring i livelli di tPA e PAI-1 nel siero sono correlati alle concentrazioni di insulina sia nei soggetti normotolleranti al glucosio, sia in quelli con alterata tolleranza (112). Analoga osservazione è stata compiuta in soggetti affetti da diabete di tipo 2 o da ridotta tolleranza ai carboidrati, a dimostrazione del fatto che le alterazioni fibrinolitiche comunemen- te osservate in questi stati metabolici sono legate all’insulino-resistenza (137).

La via della mitogen-activated protein kinase (MAPK) regola l’espressione di PAI-1: è possibile che l’effetto insulinico sia mediato da questa via del segnale e che l’attivazione di ras giochi un ruolo nello stato pro- trombotico caratterizzante le condizioni di insulino- resistenza (138). È peraltro interessante notare che le concentrazioni di PAI-1 non solo sono correlate con l’insulino-resistenza, ma anche predicono lo sviluppo del diabete di tipo 2, in questo caso indipendente- mente dall’insulino-resistenza (139).

L’aumentata produzione di PAI-1, legata sia all’iperin- sulinemia sia all’insulino-resistenza, gioca un ruolo importante nell’aterogenesi accelerata che caratteriz- za il diabete di tipo 2 (140).

Conclusioni

Gli studi presentati in questa rassegna indicano che negli stati di insulino-resistenza esiste una netta ten- denza all’iperattivazione piastrinica e coagulativa e alla ipofibrinolisi, alterazioni emostatiche che giustifi- cano, almeno in parte, l’incrementato rischio atero- trombotico dei soggetti insulino-resistenti. Per quan- to concerne il nesso causale tra insulina e fattori impli- cati nella bilancia emostatica, il ruolo più evidente viene giocato a livello piastrinico, dove l’insulina eser- cita numerosi effetti anti-aggreganti, in gran parte mediati attraverso l’NO e la sua capacità di ridur-

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re i flussi del calcio mediante i nucleotidi ciclici.

Purtroppo queste fisiologiche azioni anti-aggreganti dell’insulina sono perse negli stati di insulino-resisten- za. Questa osservazione apre interrogativi di tipo terapeutico: per esempio, l’impiego dell’insulina, che è stato raccomandato nelle fasi acute degli eventi car- diovascolari, può essere meno efficace nelle condizio- ni di insulino-resistenza? Per rispondere a questa domanda, sono necessari studi clinici appositamente disegnati.

I rapporti tra insulina e fattori della coagulazione non sono ancora stati completamente chiariti. Per molti fattori, incerto è il ruolo diretto dell’insulina sulla sin- tesi, mentre chiara è l’associazione con la sindrome dell’insulino-resistenza.

I rapporti tra insulina e fibrinolisi sono mediati dal fatto che l’insulina stimola la sintesi del PAI-1 tramite la via del segnale insulinico della MAPK, e quindi eser- cita un effetto anti-fibrinolitico (141).

Mentre attendiamo che ulteriori studi chiariscano i numerosi interrogativi ancora aperti, è fin da ora ipo- tizzabile – ma non ancora dimostrato – che la corre- zione dell’insulino-resistenza giochi un benefico effetto sull’equilibrio emostatico.

Infine, gli effetti insulinici descritti in questa rassegna possono giustificare almeno in parte i risultati dello studio DIGAMI, in cui un tempestivo trattamento di pazienti diabetici di tipo 2 colpiti da infarto miocardi- co con infusioni endovenose di glucosio e insulina, seguito da trattamento insulinico sottocutaneo, ha significativamente ridotto la mortalità a un anno (142).

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