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PIANO TRIENNALE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2016 – 2018

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(1)

I. R. C. C.S.

Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

CENTRO DI RIFERIMENTO ONCOLOGICO DELLA BASILICATA Rionero in Vulture (PZ)

C. R. O. B.

PIANO TRIENNALE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2016 – 2018

Legge n. 190 del 6/11/2012

AGGIORNAMENTO ANNUALE 2016 DEL P.T.P.C. 2014-2016 Adottato con delibera n° 22 del 20/01/2016

A G G I O R N A M E N T O

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INDICE

Sommario... 2

Introduzione... 7

Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione dell'IRCCS CROB... 9

Normativa di riferimento... 12

Analisi del contesto esterno………...……… 15

Il contesto interno……….. 18

Cosa facciamo……… 20

L’organizzazione del CROB……….. 23

La struttura organizzativa……….. 24

I soggetti dell'Istituto coinvolti nel processo di prevenzione e repressione della corruzione... 26

Il Direttore Generale... 28

Il Responsabile della prevenzione della corruzione... 29

Funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione... 31

Responsabilità amministrativa e disciplinare del Responsabile della prevenzione della corruzione...33

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione... 34

Funzioni dei Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione... 35

Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.)... 37

L'Ufficio procedimenti disciplinari – U.P.D... 38

Tutti i dipendenti dell'Istituto... 39

Responsabilità dei dipendenti per violazione delle misure di prevenzione... 40

I collaboratori a qualsiasi titolo dell'Istituto... 41

Oggetto, finalità ed ambito di applicazione del P.T.P.C. dell'IRCCS CROB... 42

Inquadramento concettuale del rischio – Individuazione delle aree di rischio... 45

Determinazione, per ciascuna area di rischio, delle esigenze di intervento utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, con l'indicazione di modalità, responsabili, tempi d'attuazione e indicatori... 51

Misure di prevenzione di carattere trasversale... 53

Individuazione, per ciascuna misura, del responsabile e del termine per l'attuazione, stabilendo il collegamento con il ciclo delle performance... 54

Il P.T.T.I. e gli obblighi di trasparenza previsti dal D.Lgs. n. 33/2013... 57

(3)

Individuazione dei Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione e degli altri

soggetti tenuti a relazionare al Responsabile... 57

Iniziative di formazione sui temi dell'etica e della legalità e di formazione specifica per il Personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione e per il Responsabile della prevenzione della corruzione... 59

Definizione del processo di monitoraggio sull'implementazione del P.T.P.C... 59

Individuazione delle modalità per operare l'aggiornamento del P.T.P.C... 60

La gestione del rischio... 60

Mappatura dei processi attuati dall'Istituto... 62

Valutazione del rischio... 63

Il trattamento del rischio e le misure per neutralizzarlo... 68

Le priorità di trattamento... 68

Il monitoraggio e le azioni di risposta... 69

Aree di rischio individuate dall'IRCCS CROB... 69

Criteri di valutazione del grado di rischio... 73

La trasparenza... 76

Il Piano di Comunicazione………. 79

Il Bilancio Sociale……….. 82

Tracciabilità dei procedimenti... 84

Compiti del Responsabile della trasparenza... 85

Responsabilità del Responsabile della trasparenza... 85

Compiti dei dipendenti, responsabili delle posizioni organizzative e dirigenti... 86

L'accesso civico... 88

Utilizzo e caratteristiche del sito web istituzionale... 89

Usabilità e comprensibilità dei dati... 91

Codici di comportamento – diffusione di buone pratiche e valori... 92

Rotazione del personale... 94

Obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse... 98

La formazione... 100

Meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione... 107

Procedure per monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti... 109

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Procedure per monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o

erogazione di vantaggi economici di qualunque genere... 111

Misure ulteriori per la prevenzione della corruzione... 113

PARTE SPECIALE………... 116

I - AREA DI RISCHIO CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE…. 116 Analisi del contesto dal punto di vista criminologico……… 116

Il ciclo degli acquisti dell’IRCCS CROB……….. 119

Analisi del contesto interno al fine di individuare criticità e punti di forza nelle procedure di acquisto……….. 120

Monitoraggio del processo di acquisto in azienda………. 122

Misure preventive nelle fasi di approvvigionamento……… 132

Pantouflage – Revolving doors……….. 134

Patti di integrità……….. 136

Tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito 137 Svolgimento di incarichi d’ufficio – attività ed incarichi extraistituzionali……….. 139

II - Sanità………... 141

Il Servizio Sanitario Nazionale……….. 141

Il Sistema Sanitario della Regione Basilicata……… 142

Il contesto internazionale e l’evoluzione dei processi corruttivi in sanità………. 145

La corruzione nella sanità italiana………. 148

Particolari criticità del settore……… 150

I fattori di corruzione in sanità……….. 151

Le aree a rischio di corruzione sanitaria individuate dall’IRCCS CROB………. 154 Misure aggiuntive di contenimento e prevenzione utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi:……….

 AREE DI RISCHIO GENERALI………

1. Contratti pubblici 2. Incarichi e nomine

3. Gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio.

155 155

 AREE DI RISCHIO SPECIFICHE………

1. Attività libero professionale e liste di attesa

159

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 Piano della Performance – Gli obiettivi definiti per il monitoraggio della spesa farmaceutica per il triennio 2015-2017;

 Modulistica per la dichiarazione pubblica di interessi da parte dei professionisti predisposta dall’AGENAS.

3. Attività conseguenti al decesso intraospedaliero………... 190

Trasmissione ed elaborazione dei dati relativi alla pianificazione, all’attuazione e all’impatto delle politiche anticorruzione………. 192

Gestione ed uso dei dati raccolti in materia di prevenzione della corruzione………... 193

Fasi e tempi di monitoraggio………. 194

Aggiornamento e adeguamento del Piano………. 198

Obblighi di informazione e di trasparenza (D.LGS. N. 33 del 14 Marzo 2013)………... 198

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Aggiornamento del PTPC

Questo documento costituisce il secondo aggiornamento del Piano per la prevenzione della corruzione 2014-2016, adottato con delibera del D.G. n. 43 del 30 gennaio 2014.

Esso risponde all’esigenza di adeguarne i contenuti, alla luce della Determinazione n.

12 del 28 Ottobre 2015 dell’ANAC e dei mutamenti significativi nell’organizzazione

dell’IRCCS CROB di Rionero in Vulture.

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INTRODUZIONE

Nel 1990 William Bratton, solerte funzionario di polizia, ricevette dal sindaco di New York, Rudolph Giuliani, l’incarico di gestire la sicurezza nella metropolitana di New York, in quel tempo teatro di gravi e frequenti crimini. Per ridurre questa esplosione di criminalità, Bratton pensò bene di ispirarsi alla teoria criminologica conosciuta come teoria delle “finestre rotte”. La teoria è riassumibile con la seguente metafora: una finestra rotta in un quartiere fornisce l’impressione di assenza di regole, invogliando a romperne altre e innescando una spirale di vandalismo che ha come epilogo il grande crimine. Su queste basi, il nostro solerte funzionario iniziò (metaforicamente) a

“riparare le finestre”. Per dare l’impressione di un ambiente in cui le regole erano rispettate - e prima tra tutti la regola secondo cui occorre pagare il biglietto per viaggiare - mandò la polizia a pattugliare stazioni e convogli in cerca di viaggiatori sprovvisti di biglietto. Ebbene, questa iniziativa ebbe come risultato una netta riduzione non solo dei reati minori, ma anche di quelli gravi, come stupri e omicidi. Morale: per pretendere il rispetto delle regole, occorre creare un ambiente di diffusa percezione della necessità di tale osservanza. Il riferimento al tema in esame non è casuale. Come insegna la vicenda di Bratton, perché il virus dell’illegalità non si diffonda sono necessarie due condizioni: un ambiente sterile e buoni anticorpi. Nel settore pubblico gli anticorpi sono, per esempio, i controllori esterni quali la Corte dei conti. Soffermiamoci, invece, sull’ambiente sterile. E’ arrivata finalmente al varo la l. 190/2012, finalizzata ad arginare i diffusi fenomeni corruttivi che, oltre ad ascendere quotidianamente alla ribalta delle cronache, hanno fatto precipitare l’Italia nella statistica dei paesi a rischio corruzione.

La Legge 190/2012 entrata in vigore il 28/11/2012 definisce le “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”. Il provvedimento legislativo è stato emanato in attuazione dell'art. 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle

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Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata dallo Stato Italiano con la Legge n. 116 del 3 agosto 2009.

La predisposizione di un Piano anticorruzione rappresenta per l'Italia l'occasione di adeguarsi alle migliori prassi internazionali introducendo nell'ordinamento ulteriori strumenti in grado di dare nuovo impulso alle politiche di prevenzione del fenomeno corruttivo nella direzione più volte sollecitato dal Groupe d'Etats contre la Corruption (GRECO) in seno al Consiglio d'Europa, dal Working Group on Bribery (WGB) e dal Implementation Review Group (IRG) per l'implementazione della Convenzione contro la corruzione delle Nazioni Unite.

Operando nella direzione indicata dagli organismi internazionali, attraverso la sopracitata legge è stato introdotto nel nostro ordinamento un sistema organico di prevenzione della corruzione su due livelli.

Ad un primo livello, quello “nazionale”, il Dipartimento della Funzione Pubblica predispone, sulla base di linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale, il P.N.A.

Piano, che successivamente è approvato dalla CiVIT, individuata dalla legge quale Autorità nazionale anticorruzione.

Al secondo livello, quello “decentrato”, ogni amministrazione pubblica definisce un P.T.P.C., che, sulla base delle indicazioni presenti nel P.N.A., effettua l'analisi e valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

La funzione principale del P.N.A. è quella di assicurare l'attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale. Il sistema deve garantire che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino a seconda delle esigenze e del feedback ottenuto dalla loro applicazione. Inoltre, l'adozione del P.N.A. tiene conto dell'esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti. Per questi motivi il primo P.N.A. approvato in data 1 settembre 2013, è finalizzato prevalentemente ad agevolare la piena attuazione delle misure legali ossia quegli strumenti di prevenzione della corruzione che sono disciplinati dalla legge.

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PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE DELL'IRCCS CROB

Ai sensi della Legge n. 190 del 6/11/2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione” l'IRCCS – Centro di riferimento Oncologico di Basilicata di Rionero in Vulture (di seguito più brevemente IRCCS-CROB), ogni anno adotta un Piano triennale di prevenzione della corruzione con la funzione di fornire una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e stabilire gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio.

Il presente piano di prevenzione della corruzione (di seguito piano) definisce, in fase di prima applicazione, i criteri di valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici e delle strutture aziendali al rischio di corruzione, individua le attività, che in primo avvio, vengono valutate ad elevato rischio di corruzione nell'ambito dell'Istituto ed indica, in relazione ad esse, nel rispetto della predetta normativa, l'adozione di misure e di meccanismi di informazione, formazione e controllo idonei a prevenire e contrastare da subito tale rischio. Il piano rappresenta dunque il primo atto di un processo destinato a costante sviluppo e progressiva correzione ed implementazione da apportarsi, con le cadenze temporali indicate del presente documento a seguito delle analisi e monitoraggi che saranno condotti dal Responsabile della prevenzione della corruzione e mediante l'adozione di idonee misure dirette a prevenire, impedire e contrastare il verificarsi di fenomeni di corruzione.

Si intende per corruzione il caso di abuso da parte del dipendente del potere a lui affidato al fine di ottenere indebiti vantaggi privati. Sono ricomprese le situazioni in cui, a prescindere dalla rilevanza penale venga, in evidenza un malfunzionamento dell'amministrazione a causa dell'uso a fini o delle funzioni o dei compiti attribuiti, che possono rivestire carattere amministrativo, tecnico o sanitario o di altro genere e riguardare ogni dipendente quale che sia la qualifica ricoperta.

Il Piano triennale di prevenzione della corruzione viene adottato, ai sensi dell'art. 1, comma 8, della Legge n. 190 del 6/11/2012, entro il 31 gennaio di ogni anno. In fase di prima applicazione della norma tale termine è differito – ai sensi dell'art. 34 bis, comma 4, del D.L. 179/2012 convertito, con modificazione, dalla Legge n. 221 del 17/12/2012 – al 31 gennaio 2014.

_____________________________________

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Il codice penale prevede diverse ipotesi di corruzione:

Art. 318 c.p. (Corruzione per un atto d'ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.

Art. 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni. La pena è aumentata se il fatto di cui all'art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene. La pena è aumentata (art. 319-bis c.p.) se il fatto di cui all'art.

319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.

Art. 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari) Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 c.p. sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

Art. 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) Le disposizioni dell'art. 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio;

quelle di cui all'art. 318 c.p. si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.

Art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'art.

319, nell'art. 319-bis, nell'articolo 319-ter e nell'art.

320 c.p. in relazione alle suddette ipotesi degli artt.

318 e 319 c.p., si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità.

Art. 322 c.p. (Istigazione alla corruzione) Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'art.

318 c.p., ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'art.

319 c.p., ridotta di un terzo. La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico

finalità indicate dall'art. 318 c.p. La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'art. 319 c.p.

Art. 322-bis c.p. (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322 c.p., terzo e quarto comma, si applicano anche:

1. ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

2. ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

3. alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

4. ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

5. a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

Le disposizioni degli articoli 321 e 322 c.p., primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

1. alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;

2. a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.

Diversi dalla corruzione sono i reati di:

A. concussione (art. 317 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

B. abuso d'ufficio (art. 323 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.

C. rifiuto od omissione di atti d'ufficio (art. 328 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico

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pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non

compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

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NORMATIVA DI RIFERIMENTO

 D.Lgs. n. 39 del 08/04/2013 recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'art. 1, commi 49 e 50 Legge 190”. I suddetti commi prevedono che il Governo adotti strumenti legislativi idonei alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni corruttivi, senza nuovi o

maggiori oneri di spesa per la finanza pubblica. In particolare con il suddetto Decreto si modifica in senso restrittivo, la normativa vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di responsabilità di vertice nella pubblica amministrazione e di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale con le funzioni pubbliche affidate.

 D.Lgs. n. 33 del 14/03/2013 sul “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione dell'informazione da parte delle pubbliche amministrazioni”. Il Decreto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi dei commi 35 e 36 art 1. Legge 190, definisce il principio generale di trasparenza, come:

“accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, c. 1).

Nel provvedimento sono definite, in maniera vincolante, le norme e le sanzioni relative ai mancati adempimenti. Sono inoltre individuate le disposizioni che regolamentano e fissano i limiti della pubblicazione, nei siti istituzionali, di dati ed informazioni relative all'organizzazione e alle attività delle pubbliche amministrazioni; tali informazioni sono pubblicate in formato idoneo a garantire l'integrità del documento, deve essere inoltre, curato l'aggiornamento, di semplice consultazione e devono indicare la provenienza; devono inoltre risultare riutilizzabili; è fissato in 5 anni l'obbligo di durata della pubblicazione.

Pur rispettando i limiti imposti dalla normativa in materia di tutela della segretezza e della privacy, il principio della completa accessibilità delle informazioni è ispirato al “Freedom of Information

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delle pubbliche amministrazioni. L'introduzione del “diritto all'accesso civico” mira a costruire e/o ad alimentare il rapporto di fiducia tra il Cittadino e la Pubblica Amministrazione e a promuovere il principio di legalità e la prevenzione della corruzione.

Nel dispositivo legislativo viene definita l'adozione del Piano Triennale per l'integrità e la trasparenza come sezione del Piano di prevenzione della corruzione che deve indicare le modalità di attuazione degli obblighi di trasparenza e gli obiettivi collegati con il piano delle performance.

Decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 16/04/2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'art. 54 del D.lgs. 30/03/2001 n. 165”. Il Codice approvato sostituisce il vigente Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica 28 novembre 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001).

Esso è stato abrogato dall'art. 17, comma 3, del su citato decreto n. 62. Il Codice stabilisce l'obbligo di “assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico”.

Il regolamento si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'art. 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto. Riguardo a tale aspetto, viene precisato che “si è ritenuto di non poter accogliere le osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato con le quali si era chiesto di estendere l'ambito soggettivo di applicazione del codice a tutti i pubblici dipendenti, e questo in considerazione del fatto che l'art. 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001 trova applicazione soltanto nei confronti dei pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente.

Viene comunque specificato, all'art. 2, che le pubbliche amministrazioni destinatarie del codice estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal codice anche a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico, nonché ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche”.

Ulteriori strumenti legislativi di riferimento:

 Determinazione n. 12 del 28 Ottobre 2015 dell’ANAC “Aggiornamento al Piano Nazionale Anticorruzione”;

 Linee di indirizzo per la predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione del “Comitato Interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell'integrità nella pubblica amministrazione” del 13 marzo 2013;

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 circolare n. 1 del 25/01/2013 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica;

 D.P.C.M. Del 16/01/2013 “Istituzione del Comitato interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”;

 artt. Da 318 a 322 del Codice Penale Italiano;

 Legge n. 116 del 3 agosto 2009 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/41, firmata dallo Stato Italiano il 9 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno e modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale”;

 D.Lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”;

 D.Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, denominato “Testo unico sulla privacy”;

 D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

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ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO

Il “Centro di Riferimento Oncologico della Basilicata”, con sede in Rionero in Vulture, è un Istituto di Ricovero e Cura di Carattere Scientifico (IRCCS) di rilevanza nazionale, riconosciuto con decreto del Ministro della Salute del 10 marzo 2008 (G.U. n.71 del 25-3-2008). Con Decreto del Ministro della Salute del 19.3.2013 è stato confermato il carattere scientifico del CROB (G.U. n.79 del 04.04.2013). L’Istituto è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, tecnica, patrimoniale e contabile, ai sensi del D.lgs 16 ottobre 2003, n. 288 (“Riordino della disciplina degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico”, a norma dell’art. 42, comma 1, della L. 16 gennaio 2003, n. 3), persegue finalità di ricerca, prevalentemente clinica e transazionale, effettuando prestazioni di ricovero e cura di alta specialità. La Basilicata si compone di due Province (Potenza e Matera) e 131 Comuni (100 in provincia di Potenza e 31 in provincia di Matera). I centri più abitati, gli unici a superare le 20.000 persone, sono la città di Potenza (capoluogo di regione e di provincia) e la città di Matera (capoluogo di provincia). Dei 131 comuni lucani, 98 (74,8%) sono abitati da meno di 5.000 abitanti (vs Italia 72,1%) e 23 da meno di 1.000. La Regione Basilicata si estende su una superficie territoriale di 10.073,32 kmq, da cui si ricava una densità abitativa media pari a 57 abitanti per kmq. La popolazione residente al 01 gennaio 2015 è pari a 578.391 abitanti, di cui 283.412 uomini (49.0%) e 294.979 donne (51.0%). La tabella 1 evidenzia la variazione della popolazione negli ultimi tre anni. In particolar modo si evidenzia un progressivo declino della popolazione, dovuto principalmente alla riduzione del tasso di natalità, al flusso migratorio giovanile e all’invecchiamento della popolazione. I residenti della Regione Basilicata con età compresa 0-14 anni rappresentano il 13%, la popolazione con età compresa 15-64 anni rappresenta il 66%, infine la popolazione con più di 65 anni rappresenta il 21%.

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Per l’anno 2015 (i dati sono relativi al primo semestre) i residenti della Regione Basilicata con età compresa 0-14 anni rappresentano il 13%, la popolazione con età compresa 15-64 anni rappresenta il 66%, infine la popolazione con più di 65 anni rappresenta il 21%. Per l’anno 2015 (i dati sono relativi al primo semestre) i residenti della Regione Basilicata con età compresa 0-14 anni rappresentano il 12.7%, la popolazione con età compresa 15-64 anni rappresenta il 65,7%, infine la popolazione con più di 65 anni rappresenta il 21,6%. Il numero degli stranieri residenti nella Regione Basilicata è pari a 16.968, di cui 7.435 maschi e 9.533 donne, rappresentando il 2.9%

dell’intera popolazione regionale, per l’anno 2014. Mentre per l’anno 2015 numero degli stranieri residenti nella Regione Basilicata è pari a 18.210, di cui 8.164 maschi e 10.046 donne, rappresentando il 3.1% dell’intera popolazione regionale, evidenziando un lieve aumento degli stranieri residenti nella nostra regione (Tabelle n. 2 e n.3).

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Nei due grafici in basso, detti Piramide delle Età, è rappresenta la distribuzione della popolazione residente in Italia e in Basilicata per età, sesso e stato civile al 1° gennaio 2015.

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IL CONTESTO INTERNO

Il C.R.O.B. è patrimonio della Basilicata e di tutti i cittadini lucani e nel perseguire, con standard di eccellenza, le finalità di ricerca prevalentemente clinica e traslazionale in campo biomedico, farmacologico e dell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità, intende confrontarsi sul piano della qualità, della ricerca e dell’assistenza con le più accreditate strutture italiane ed europee impegnate nel campo dell’oncologia.

L’Istituto, in coerenza con la normativa regionale e con gli obiettivi di governo clinico aziendali, promuove un approccio sistematico al miglioramento continuo della qualità dei servizi e della sicurezza del paziente. Il raggiungimento di tali obiettivi viene promosso attraverso l’attuazione di percorsi di accreditamento istituzionale e di risk management, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei professionisti. Al fine della conferma del carattere scientifico dell’Istituto, il CROB implementa un sistema di gestione della qualità rispondente ai requisiti di certificazione secondo procedure internazionalmente riconosciute e svolte da terza parte indipendente nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. 288/2003.

L'Istituto, in qualità di ente pubblico, fonda la propria attività su criteri di efficacia, efficienza, trasparenza e integrità nella gestione. L'efficacia gestionale è perseguita sia attraverso l'assegnazione di obiettivi raggiungibili e coerenti con le risorse assegnate, sia attraverso l'utilizzo di meccanismi di partecipazione e coinvolgimento degli stakeholder interni ed esterni all'Istituto, che hanno contribuito fortemente alla diffusione della cultura della trasparenza.

Mentre, l'economicità di gestione è perseguita attraverso una maggiore ottimizzazione dei costi.

Una delle potenzialità di miglioramento dell'attività clinica prevede il passaggio da una modalità organizzativa prevalentemente fondata sull'efficienza ad una più orientata all'efficacia, all'output, attraverso la realizzazione di percorsi diagnostico/terapeutici/assistenziali interdisciplinari in grado di permettere la vera e completa presa in carico del paziente, dal momento del primo approccio alla struttura sanitaria sino al termine del suo iter, favorevole o meno che esso sia. L'organizzazione per processi e la definizione dei percorsi come standard di riferimento per lo sviluppo delle attività aziendali e come modo d'essere dell'azienda, rappresentano strumenti indispensabili per governare la domanda di prestazioni sanitarie (siano esse specialistiche ambulatoriali o di ricovero), quindi per incidere sull'appropriatezza del ricorso alle prestazioni sanitarie, dell'uso delle risorse disponibili e, quindi, anche sul tasso di ospedalizzazione. Quindi l'adozione dei percorsi diagnostico terapeutici

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 Migliorare la qualità dell'assistenza;

 Ridurre i rischi;

 Migliorare la soddisfazione dei pazienti;

 Favorire l'uso efficiente delle risorse.

Per questo la Direzione Generale dell'Istituto, con atti separati, ha deliberato l'adozione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) relativi alle principali patologie trattate:

 Neoplasia polmonare (delibera 525 del 09/11/2012);

 Neoplasie della mammella (delibera 543 del 15/11/2012);

 Linfoma di Hodgkin e linfomi non Hodgkin (delibera 544 del 15/11/2012);

 Neoplasie del colon retto (delibera 545 del 15/11/12);

 Carcinoma alla prostata (delibera 546 del 15/11/2012).

I percorsi sopra riportati sono da tempo prassi consolidata all'interno dell'Istituto e come tali rispettati al fine di garantire al paziente la massima qualità nei livelli di assistenza. I PDTA sono sottoposti ad aggiornamenti periodici per adeguarli a nuove linee guida internazionali che consentono un miglioramento complessivo della qualità. I PDTA sono stati elaborati con una logica di assoluta trasversalità e sono frutto di una pianificazione condivisa da tutte le articolazioni organizzative interessate al percorso clinico assistenziale.

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COSA FACCIAMO

L'Istituto opera nel campo oncologico ed eroga prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi e cura in regime di ricovero (ordinario, day surgery e day hospital) e in regime ambulatoriale oltre ad effettuare attività di ricerca, clinica e traslazionale. La gestione ottimale del paziente oncologico mira all'attivazione di un programma multidisciplinare, adeguato e precoce, di cura ed assistenza. A tal fine l'Istituto opera secondo il modello assistenziale del Continuous Care, così come riportato nelle figura che segue:

Punto di partenza del modello "Continuous care" è rappresentato dalla prevenzione e screening che comprende:

• la gestione ed il coordinamento degli screening oncologici regionali (cervico uteri no, colon retto e mammografico) in linea con quanto definito dalle DGR n. 365/2010 e DGR n. 668/2012. Presso il CROB, inoltre, è costituita l'Unità di Organizzazione e Monitoraggio dei tre screening oncologici, presieduta dal Direttore Sanitario, avente la funzione di organizzare, coordinare e monitorare in maniera operativa, le attività di screening;

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• Il Registro Tumori regionale: l'IRCCS- CROB è sede del Registro Tumori, istituito e confermato dalla legge regionale 14 del 2011. L'attività del Registro Tumori della Basilicata nel corso degli anni è stata centrata sulla definizione dei flussi e sulla analisi dei dati, finalizzata al miglioramento della qualità del dato e all'efficienza dei sistemi automatici. L'attività svolta ha portato alla costruzione di un database che raccoglie dati su base regionale a partire dal 2005.

Secondo "tassello" del modello è rappresentato dall’inquadramento clinico e diagnosi, che comprende l'insieme dei servizi clinici e diagnostici organizzati con team di specialisti per un approccio multidisciplinare che possono disporre delle più moderne diagnostiche e di laboratori all'avanguardia.

Il Management e Trattamenti, comprende l'insieme integrato e ad alta specializzazione di trattamenti chirurgici, medici, radioterapici e radio metabolici per neoplasie solide ed ematologiche.

L'Istituto garantisce personalizzati piani terapeutici e di continuità assistenziale con la logica della centralità del paziente nella sua globalità e con i suoi bisogni. L'obiettivo è offrire al paziente la certezza della presa in carico globale, espressione di un percorso di cura definito come un insieme di collegamenti tra i diversi servizi del sistema di assistenza, strutturato in maniera patient-centred.

Quarto tassello del modello è l'insieme dei servizi a favore di coloro che, sottoposti a trattamenti per neoplasie, sono liberi da malattia, pur mantenendo il rischio di una ricaduta variabile nel tempo a seconda della patologia. In quest'area sono inoltre inseriti i servizi di cure palliative.

Ultimo elemento del modello è rappresentato dal Supporto e follow-up, l'Istituto garantisce al personale medico dei PS un servizio di consulenza e teleconsulto specialistici di supporto nella gestione clinica dei pazienti oncologici seguiti presso l'IRCCS CROB.

La forte vocazione del CROB verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, l'impegno costante nelle attività di ricerca scientifica, la partecipazione alle reti scientifiche con gli altri IRCCS e la dotazione tecnologica e professionale pongono l'IRCCS CROB come naturale 'hub' della rete oncologica regionale, tra l'altro come raccomandato nel documento della Conferenza Permanente per i Rapporti fra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome (Intesa del 10.02.2011) dove al punto 5.4.1 "... è previsto che ogni rete possa fare riferimento ad un IRCCS monotematico oncologico ..." e come stabilito nel P.S.R. che gli assegna il ruolo di "polo di riferimento per la rete dei servizi sanitari regionali e sovra regionali". A riferimento per le attività di assistenza si pone un'intensa attività di ricerca in campo biomedico articolata in ricerca di base, traslazionale e clinica.

L'attività di ricerca è definita, indirizzata e coordinata dal Direttore Scientifico, in coerenza con gli indirizzi strategici indicati dal Consiglio di Indirizzo e Verifica e con gli obiettivi programmatici

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dell'Istituto. L'Istituto svolge la propria attività sulla base di programmi annuali e pluriennali che pianificano l'attività di ricerca e di assistenza secondo un principio di stretto collegamento.

In particolare, l'Istituto programma la propria attività di ricerca coerentemente con il programma di ricerca sanitaria, come previsto dall'art. 12 bis comma 5 del D.Lgs. n. 229/199, e con gli atti di programmazione regionale in materia. Il programma di ricerca sanitaria si articola nelle attività di ricerca corrente e di ricerca finalizzata.

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L’ORGANIZZAZIONE DEL CROB

L’Istituto riconosce nella clinical governance e nei suoi strumenti di gestione (efficacia della cura – linee guida e percorsi assistenziali; sicurezza della cura; gestione del rischio clinico; formazione – valutazione audit; partecipazione e coinvolgimento; ricerca e innovazione) l’elemento fondante del proprio modello organizzativo che si sviluppa come un modello non racchiuso in se stesso, ma

“aperto” alle altre aziende del SSR, con le quali condivide, con strumenti gestionali flessibili, risorse umane e tecnologiche per il raggiungimento degli obiettivi di salute assegnati dal PSR.

I processi decisionali a qualunque livello della organizzazione finalizzati agli obiettivi di governo clinico dell’Istituto sono orientati dall’etica clinica con lo scopo di perseguire il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza attraverso la prevenzione, l’analisi e la risoluzione delle problematiche etico-morali che sono costantemente presenti nella pratica clinica e nell’attività di ricerca di un istituto oncologico e per facilitare processi decisionali condivisi; l’orientamento degli operatori sanitari, dei volontari, dei familiari verso un’assistenza che sia centrata sulla “persona malata” e rispettosa delle sue multidimensionalità; la prevenzione e/o la risoluzione delle problematiche etico morali in un contesto disponibile all’ascolto e consapevole dei diritti e delle responsabilità di tutti i soggetti interessati.

Le attività di ricerca e di assistenza si svolgono con la consapevolezza degli operatori sanitari che la persona malata è portatrice di differenze di genere, la cui mancata identificazione/conoscenza (gender-blindnes) favorisce la inappropriatezza terapeutica e non consente di migliorare e personalizzare le terapie, ingenera diseconomie e sprechi per il SSR.

A tal fine l’Istituto promuove specifici progetti di ricerca, specie nel campo della farmacologia e nella cardio-oncologia, ed assicura percorsi di formazione continua per tutto il personale addetto all’assistenza sanitaria.

I PDTA, dopo la verifica del Direttore Sanitario e la definitiva approvazione da parte della Direzione Generale, vengono pubblicati e resi attuabili sotto la responsabilità del Direttore Sanitario, dei Direttori di Dipartimento e delle UU.OO cointeressate all'outcome finale. I PDTA costituiscono pertanto documenti fondamentali del sistema di pianificazione e gestione della qualità dell'Istituto ed in quanto tali sono sottoposti a gestione controllata ed aggiornamento periodico. Dal 2008 è presente in Istituto un Piano Qualità che nel corso degli anni ha subito integrazioni ed aggiornamenti con la partecipazione di tutti gli operatori dell’Azienda in qualsiasi settore siano impegnati: sanitario, amministrativo e tecnico.

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LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Le modalità di distribuzione dei compiti e delle responsabilità tra i vari organi o unità organizzative aziendali sono previste nella struttura organizzativa aziendale, che ha anche il compito di rendere operative la mission e il piano strategico.

La struttura organizzativa definisce le unità organizzative e le relazioni gerarchiche e funzionali tra le stesse e si ispira a criteri di responsabilizzazione, di autonomia e delega.

Sulla base di tali criteri l’Istituto sviluppa la responsabilizzazione gestionale e professionale, nell’ambito di un assetto che consenta l’aggregazione di strutture omogenee e la valorizzazione delle specializzazioni.

La struttura organizzativa è graficamente descritta attraverso l’organigramma che segue:

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L’organigramma rappresenta la macrostruttura organizzativa in termini di relazione e sovraordinazione o subordinazione delle articolazioni organizzative dell’Istituto. Nell’ambito delle responsabilità definite dall’organigramma si distinguono:

 Responsabilità di gestione (responsabilità di unità operative e di dipartimenti);

 Responsabilità professionali (incarichi professionali).

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I SOGGETTI DELL'ISTITUTO COINVOLTI NEL

PROCESSO DI PREVENZIONE E REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE

I soggetti dell'Istituto coinvolti nel processo di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità (di seguito soggetti coinvolti) e, pertanto chiamati a partecipare attivamente all'elaborazione del piano e all'attuazione e controllo di efficacia delle misure con esso adottate sono:

• Il Direttore Generale;

• Il Responsabile della prevenzione della corruzione;

• I Referenti per la prevenzione della corruzione per l'area di rispettiva competenza;

• Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.);

• L'Ufficio Procedimenti Disciplinari;

• Tutti i dipendenti dell'amministrazione;

• I collaboratori a qualsiasi titolo dell'amministrazione.

E' onere e cura del Responsabile della prevenzione della corruzione definire le modalità e i tempi del raccordo con gli altri organi competenti nell'ambito del P.T.P.C.

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Il Direttore Generale

Il Responsabile

della prevenzione

della corruzione

I Referenti per la prevenzione

della corruzione per l'area di

rispettiva competenza Organismo

Indipendente di Valutazione

(O.I.V.) L'Ufficio

Procedimenti Disciplinari Tutti i dipendenti

dell'amministra- zione

I collaboratori a qualsiasi titolo dell'amministra-

zione

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IL DIRETTORE GENERALE

Il Direttore Generale, nominato dal Presidente della Regione, rappresenta legalmente l’Istituto e ne assicura il perseguimento della missione avvalendosi dell’attività degli organismi e delle strutture organizzative.

Garantisce la gestione complessiva dell’Istituto, coadiuvato dal Direttore Scientifico, dal Direttore Sanitario e dal Direttore Amministrativo.

Il Direttore Generale presidia lo svolgimento di tutte le funzioni necessarie alla direzione, all’organizzazione e all’attuazione dei compiti nel rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza nonché dei criteri di efficacia, di efficienza e di economicità di gestione.

Il Direttore Generale, attraverso il coordinamento di tutte le articolazioni organizzative aziendali, assicura il recepimento degli indirizzi degli enti istituzionali, mantiene la complessiva coerenza dell’azione di governo dell’Istituto e sviluppa le relazioni interaziendali.

Avuto riguardo alle disposizioni di cui al D.Lgs. 502/1992 e s.m.i., salva diversa indicazione da parte degli organi competenti, svolge le funzioni che la norma attribuisce all'organo di indirizzo politico delle pubbliche amministrazioni, e, pertanto:

 Individua il responsabile della prevenzione della corruzione;

 Adotta, su proposta del responsabile della prevenzione della corruzione, entro il 31 gennaio di ogni anno, il piano triennale di prevenzione della corruzione;

 Garantisce, al responsabile della prevenzione della corruzione, un adeguato supporto, mediante assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti della disponibilità di bilancio.

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IL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Il Responsabile della prevenzione della corruzione (di seguito responsabile) è nominato dal direttore generale, di norma scelto tra i dirigenti amministrativi di ruolo in servizio, con criterio di rotazione.

Il relativo nominativo è comunicato alla Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche CiVIT (ora ANAC).

E' individuato, di norma, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio.

La designazione del Responsabile della prevenzione della corruzione deve essere comunicata alla Autorità Nazionale Anticorruzione.

Alla Autorità Nazionale Anticorruzione va anche comunicato l'indirizzo di posta elettronica certificata del Responsabile della prevenzione della corruzione individuato dal Direttore Generale.

L'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione si configura, di norma, come incarico aggiuntivo a quello già ordinariamente svolto dal dirigente individuato.

Non può essere nominato Responsabile della prevenzione della corruzione un dirigente che sia stato destinatario di provvedimenti giudiziali di condanna o di provvedimenti disciplinari e che non abbia dato dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo.

Nella scelta del Responsabile della prevenzione della corruzione va esclusa l'esistenza di situazioni di conflitto d'interesse.

In presenza di più aspiranti all'incarico, l'Istituto acquisisce la disponibilità e valuta.

Nell'affidamento dell'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione si segue un criterio di rotazione/alternanza tra più dirigenti.

Considerato il ruolo e le responsabilità che la legge attribuisce al Responsabile della prevenzione della corruzione la scelta deve ricadere su un dirigente che si trovi in una posizione di relativa stabilità, per evitare che la necessità di intraprendere iniziative penetranti nei confronti

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dell'organizzazione amministrativa possa essere compromessa anche solo potenzialmente dalla situazione di precarietà dell'incarico.

Il responsabile per la prevenzione della corruzione resta in carico un anno.

L'IRCCS CROB individua nella persona dello stesso dirigente le figure del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della trasparenza, considerato che la trasparenza è una misura fondamentale per la prevenzione della corruzione.

L'Istituto assicura al Responsabile della prevenzione della corruzione lo svolgimento di adeguati percorsi formativi e di aggiornamento.

L'Istituto assicura al Responsabile della prevenzione della corruzione, in considerazione del suo delicato compito organizzativo e di raccordo, un adeguato supporto, mediante l'assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti della disponibilità di bilancio.

L'appropriatezza delle risorse umane è assicurata non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, con il supporto di elevate professionalità, che dovranno peraltro essere destinate in specifica formazione.

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FUNZIONI DEL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Competono al responsabile le funzioni di seguito indicate, da svolgersi in stretta e costante collaborazione con i responsabili dei centri di attività e di risorsa:

 Elaborare la proposta di piano triennale di prevenzione della corruzione, che viene sottoposta al direttore generale per l'adozione entro il 31 gennaio di ogni anno, (in fase di prima applicazione, gli enti adottano il P.T.C.P. e il P.T.T.I. entro il 31 gennaio e contestualmente provvedono alla loro pubblicazione sul sito istituzionale – Intesa tra Governo, Regioni ed Enti Locali per l'attuazione dell'art. 1 commi 30 e 61 della L. n.

190/2012);

 Definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;

 Verificare l'efficace attuazione del piano e della sua idoneità;

 Proporre modifiche al piano in caso di accertamento di significative violazioni o di mutamenti dell'organizzazione;

 Verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici o strutture preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

 Individuare il personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità;

 Pubblicare, entro il 15 dicembre di ogni anno, sul sito web aziendale, una relazione recante i risultati dell'attività svolta e la sua trasmissione al direttore generale;

 Monitorare il rispetto dei termini di conclusione dei processi e/o procedimenti da parte degli uffici e delle strutture dell'Istituto;

 Monitorare i rapporti instaurati tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi, economici e non, di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione, attraverso appositi moduli da somministrare ai dipendenti, agli utenti, ai collaboratori esterni e ai fornitori in relazione agli importi economici in gioco;

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 Garantire massima trasparenza a tutte le iniziative volte a prevenire, impedire contrastare il verificarsi di fenomeni di corruzione e ad assicurare l'osservanza della legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità.

Al fine di prevenire e controllare il rischio derivante da possibili atti di corruzione il responsabile può, in qualsiasi momento, chiedere ai responsabili delle UU.OO. di fornire per iscritto adeguata motivazione circa le circostanze di fatto e le ragioni giuridiche che hanno sotteso alle scelte effettuate relativamente ai procedimenti e/o processi di competenza.

Il responsabile può, in ogni momento verificare e chiedere delucidazioni per iscritto e verbalmente a tutti i dipendenti su comportamenti che possono integrare anche solo potenzialmente corruzione e illegalità.

Il responsabile accerta, altresì, che a tutti i dipendenti nonché al personale convenzionato venga consegnata, a cura dell'U.O. competente, copia del codice comportamentale e del piano della prevenzione della corruzione.

I compiti attribuiti al Responsabile della prevenzione della corruzione non sono delegabili, se non in caso di straordinarie e motivate necessità, riconducibili a situazioni eccezionali, mantenendosi comunque ferma nel delegante la responsabilità non solo in vigilando ma anche in eligendo.

L'imputazione della responsabilità per il verificarsi di fenomeni corruttivi in capo al Responsabile della prevenzione della corruzione non esclude che tutti i dipendenti delle strutture dell'Istituto coinvolte nell'attività amministrativa mantengano, ciascuno, il personale livello di responsabilità in relazione ai compiti effettivamente svolti. Al fine di realizzare la prevenzione, l'attività del Responsabile della prevenzione della corruzione deve essere strettamente collegata e coordinata con quella di tutti i soggetti presenti nell'organizzazione dell'amministrazione.

Il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di Responsabile della prevenzione della corruzione, comunque, motivato, è comunicato all'Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal Responsabile della prevenzione della corruzione.

Nel caso in cui nei confronti del dirigente della prevenzione della corruzione siano avviati procedimenti disciplinari o penali si procede all’applicazione dell'obbligo di rotazione ed alla conseguente revoca dell'incarico.

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RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA E DISCIPLINARE DEL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE

A fronte dei compiti che la legge attribuisce al Responsabile della prevenzione della corruzione sono previsti consistenti responsabilità in caso di inadempimento.

In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il Responsabile della Prevenzione della corruzione risponde ai sensi dell'articolo 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, e s.m.i, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

a) di aver predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui all'art. 1 comma 5 della legge n. 190/2012 e di aver osservato le prescrizioni di cui all'art. 1 commi 9 e 10 della stessa legge;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

In tal caso, la sanzione disciplinare a carico del Responsabile della prevenzione della corruzione non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il Responsabile della prevenzione della corruzione risponde ai sensi dell'articolo 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e s.m.i., nonché, per omesso controllo, sul piano disciplinare.

La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione per la selezione e la formazione dei dipendenti ad operare in settori particolarmente esposti al rischio della corruzione, da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione, costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale. La previsione di questa responsabilità dirigenziale rende necessaria la creazione di un collegamento tra l'adempimento normativamente richiesto e gli obiettivi individuali in sede di negoziazione dell'incarico dirigenziale e nello stesso inseriti.

Parimenti tali obiettivi devono essere inseriti nel Piano della Performance in modo che siano oggetto di adeguata valutazione della performance individuale.

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I REFERENTI DEL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

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a complessità dell'organizzazione dell'Istituto fa ritenere opportuno l'affiancamento al Responsabile della prevenzione della corruzione di Referenti, che costituiscono punto di riferimento per la raccolta delle informazioni e le segnalazioni al Responsabile della prevenzione della corruzione, fermi restando i compiti del Responsabile e le conseguenti responsabilità, che non possono essere derogati.

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione sono individuati con deliberazione del Direttore Generale, anche su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione.

I Referenti del Responsabile della Prevenzione della corruzione sono individuati di norma, nei Responsabili di tutte le strutture e articolazioni dell'Istituto.

Possono, altresì, essere individuati quali referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, in aggiunta a quelli indicati precedentemente, ulteriori dirigenti in possesso di specifica professionalità.

L'incarico di Referente del Responsabile della prevenzione della corruzione si configura come incarico aggiuntivo a quello già ordinariamente svolto dal dirigente individuato e non da luogo ad alcuna remunerazione.

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FUNZIONI DEI REFERENTI DEL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, al fine di assicurare, in modo diffuso e capillare, azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nell'Istituto, concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. I Referenti del Responsabile per la prevenzione della corruzione concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a:

R E S P O N S A B I L E

A N T I C O R R U Z I O N

1. Individuare le attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione

2. Prevedere, per le attività individuate ai sensi del punto 1, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione

3. Assicurare, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi del punto 1, obblighi di informazione nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano anticorruzione

4. Monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti

5. Monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione

6. Individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge

7. Verificare l'attuazione del piano e la sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione

8. Verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici proposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione

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Le modalità di raccordo e di coordinamento tra il Responsabile della prevenzione della corruzione e i Referenti devono determinare un meccanismo di comunicazione/informazione, input/output per l'esercizio della funzione, secondo un processo bottom-up in sede id formulazione delle proposte top-down per la successiva fase di verifica ed applicazione.

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, per l'area di rispettiva competenza, svolgono attività informativa nei confronti del Responsabile, affinché questi abbia elementi e riscontri sull'intera organizzazione ed attività dell'Istituto.

I Referenti concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a curare che nell'Istituto siano rispettate le disposizioni del D.Lgs. n. 39/2013 sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

A tal fine:

 Segnalano al Responsabile della prevenzione della corruzione l'esistenza o l'insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al decreto, affinché il Responsabile proceda alla relativa, dovuta contestazione;

 Segnalano, altresì, al Responsabile della prevenzione della corruzione i casi di possibile violazione delle disposizioni dello stesso decreto, affinché il Responsabile li segnali all'Autorità nazionale anticorruzione, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

I Referenti concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a curare la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione ed il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, in raccordo con l'Ufficio Procedimenti Disciplinari.

(37)

ORGANISMO INDIPENDENTE DI VALUTAZIONE (O.I.V.)

L'O.I.V. (Organismo Indipendente di Valutazione):

 Partecipa al processo di gestione del rischio;

 Considera i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione nello svolgimento dei compiti ad esso attribuiti;

 Svolge compiti propri connessi all'attività anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa;

 Esprime parere obbligatorio sul Codice di comportamento adottato dall'Istituto.

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