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Sensibilità e dolore CAPITOLO ORGANIZZAZIONE DELLA SENSIBILITÀ SOMATICA O SOMESTESI. Sistema lemniscale. Percezione dell informazione sensitiva

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ORGANIZZAZIONE DELLA SENSIBILITÀ SOMATICA O SOMESTESI

Per il corpo la sensibilità ha due signifi cati che corrispondono essenzialmente ai concetti defi niti da H. Head come “sen- sibilità protopatica” e “sensibilità epicritica”. Le modalità protopatiche della sensibilità forniscono all’organismo infor- mazioni “grezze” e hanno una funzione di allarme . Le moda- lità epicritiche della sensibilità hanno una fi nalità cognitiva e forniscono informazioni precise e indispensabili per l’analisi dei caratteri fi sici degli oggetti, per la loro identifi cazione e per l’adeguamento dei gesti fi nalizzati.

Queste due funzioni si basano su due sistemi distinti e com- plementari. Il sistema lemniscale , così chiamato perché fa riferimento al nastro di Reil o lemnisco mediale, è una via diretta, rapida, paucisinaptica, le cui articolazioni sono costruite per accentuare i caratteri discriminativi spaziali e temporali dell’informazione. Il sistema extralemniscale utilizza invece vie di conduzione più lente, multisinaptiche, in cui a ogni livello si presentano fenomeni di sommazione spaziale e temporale.

Percezione dell’informazione sensitiva

La percezione dell’informazione sensitiva si basa sull’atti- vazione di terminazioni nervose distribuite all’interno dei tegumenti e delle strutture profonde (tendini, muscoli, vasi, visceri) le quali, libere o associate a recettori specifi ci, tra- sformano uno stimolo meccanico, termico o nocicettivo in un messaggio afferente.

La stimolazione comporta innanzitutto una depolarizzazione localizzata a livello del recettore (potenziale di recettore).

Quando questo potenziale raggiunge un valore critico, indu- ce la propagazione di potenziali d’azione sulla fi bra sensitiva (potenziale propagato). La frequenza dei potenziali propagati consente al sistema nervoso centrale di riconoscere l’intensità del messaggio. Se l’intensità dello stimolo è costante, la fre- quenza dei potenziali propagati presenta generalmente una diminuzione. Gli stimoli nocicettivi sfuggono, in larga parte, a questo fenomeno di adattamento.

Tutte le afferenze sensitive raggiungono il midollo spinale per mezzo delle radici posteriori. Ogni radice posteriore corrisponde a una regione determinata dei tegumenti ( dermatomero) e a un settore delle strutture profonde. Il ganglio spinale , situato sulla radice posteriore, contiene il corpo cellulare del primo neurone per tutte le afferenze del segmento corrispondente.

Sistema lemniscale

Le capacità discriminative riguardanti il tatto e la pressione, la sensibilità vibratoria e il senso di posizione dipendono dal sistema lemniscale. Le afferenze originano da recettori specializzati collocati nella pelle, nel tessuto sottocutaneo e nelle capsule articolari (corpuscoli di Meissner e di Pacini, dischi di Merkel, terminazioni associate al follicolo pilife- ro). Questi recettori conferiscono alla fi bra la capacità di rispondere a una stimolazione tramite una scarica intensa e di breve durata.

Le fibre afferenti sono fibre mieliniche di medio diame- tro (A ␤ ) a conduzione relativamente rapida (30-70 m/s). Il prolungamento centrale dei neuroni sale nel cordone po- steriore omolaterale. La prima articolazione di questa via è situata a livello bulbare nei nuclei gracile e cuneato. Il secondo neurone, previa decussazione, costituisce il nastro di Reil o lemnisco mediale, che raggiunge il nucleo ventrale posterolaterale del talamo. Da qui un terzo neurone assicura la proiezione alle aree somestesiche corticali ( Fig. 1.1 ). L’ area somestesica primaria (SI) è costituita dalla circonvoluzione parietale ascendente su cui la sensibilità dell’emicorpo con- trolaterale disegna l’homunculus inverso, con la testa nella parte bassa della circonvoluzione e l’arto inferiore rivolto verso l’interno dell’emisfero. L’ area somestesica secondaria (SII) è situata a livello del labbro superiore della scissura di Silvio.

Lungo tutto il percorso di questa via, l’organizzazione soma- totopica è perfettamente rispettata e il funzionamento delle articolazioni è tale da accentuare il carattere discriminativo dell’informazione. Ogni stimolo, mentre attiva un gruppo di neuroni, ne inibisce un altro localizzato all’intorno (inibizione

Sensibilità e dolore 1

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laterale), un fenomeno che si ripete a ogni livello del sistema nervoso centrale. Impedendo la fusione delle zone eccitate, tale processo di inibizione permette di discriminare l’invio di due stimoli distinti.

Sistema extralemniscale (o spinotalamico)

Le sensazioni dolorose e termiche, il tatto grossolano non discriminativo, le sensazioni di prurito, di solletico e le sen- sazioni genitali dipendono dal sistema extralemniscale.

La rilevazione di queste sensazioni è assicurata da termina- zioni libere e da recettori selettivamente sensibili al caldo o al freddo (corpuscoli di Krause e di Ruffi ni). La trasmissione avviene tramite fibre sottili, poco mielinizzate (fibre A ␦ : 5-30 m/s), o tramite fi bre amieliniche (fi bre C: 0,5-2 m/s), che terminano nel corno posteriore del midollo in maniera variabile ( Fig. 1.2 ). Alcune raggiungono direttamente il secondo neurone sensitivo situato nelle lamine IV, V e VI;

altre contraggono sinapsi con gli interneuroni della sostanza gelatinosa di Rolando (lamina II), che è una zona di conver- genza e integrazione di numerose vie. Qualunque siano le modalità sinaptiche nel corno posteriore, il secondo neurone sensitivo incrocia la linea mediana e raggiunge il cordone

anterolaterale del lato opposto. All’interno di questo sistema si possono distinguere due componenti.

• La via neospinotalamica, caratteristica dei primati, è poco

importante sul piano quantitativo. Si tratta di un sistema oligosinaptico molto simile al sistema lemniscale sotto il profi lo del funzionamento. Come questo, termina nel nu- cleo ventrale posterolaterale del talamo e successivamente si proietta sulle aree corticali somestesiche SI e soprattutto SII. La via neospinotalamica conduce messaggi tattili, termici e nocicettivi (dolore localizzato).

• La via spinoreticolotalamica ( Fig. 1.3 ) conduce il dolore

diffuso trasmesso dalle terminazioni periferiche libere delle fi bre C amieliniche. Si tratta di un sistema multisinaptico in cui si effettua a ogni livello una sommazione spaziale e temporale delle informazioni afferenti, operazione opposta alla discriminazione. Sono pochissime le fi bre spinotalami- che che terminano nei nuclei intralaminari (sistema paleo- spinotalamico). La maggioranza delle fi bre termina nella formazione reticolare del tronco encefalico (nucleo para- brachiale) e nella sostanza grigia periacqueduttale. Oltre che al tronco encefalico, questo sistema invia proiezioni all’amigdala, all’ipotalamo, alla corteccia insulare e alla corteccia cingolare anteriore.

ESAME DELLA SENSIBILITÀ

Le lesioni del sistema nervoso periferico o centrale pos- sono essere all’origine di disturbi sensitivi soggettivi e/o oggettivi.

Disturbi sensitivi soggettivi

Tali disturbi possono essere costituiti da dolori ( dolori neu- ropatici), disestesie o parestesie.

Via lemniscale

Collaterale inibitoria Zona di Waldeyer (I) Sostanza gelatinosa di Rolando (II)

IV, V, VI

Via

extralemniscale Ganglio

spinale AC

"Ec

FIGURA 1.2 - Articolazioni sinaptiche a livello del corno posteriore del midollo. Le fi bre mieliniche di piccolo diametro (A ␦ ) proiettano sui neuroni nocicettivi all’origine della via neospinotalamica. Le fi bre C amieliniche terminano sugli interneuroni del corno poste- riore che 1) attivano i rifl essi nocicettivi segmentari e 2) proiettano sui neuroni nocicettivi all’origine della via spinoreticolotalamica.

Le fi bre mieliniche a conduzione rapida (A ␤ ), all’origine della via lemniscale omolaterale, hanno proiezioni collaterali sugli inter- neuroni del corno posteriore ed esercitano un’azione inibitoria sui neuroni nocicettivi all’origine della via spinoreticolotalamica.

SI Corteccia somestesica SII

specifica

Talamo specifico (VPL)

Nuclei gracile e cuneato (bulbo inferiore)

Via lemniscale Fascio

neospinotalamico

Cordone anterolaterale del midollo

A C

FIGURA 1.1 - Rappresentazione schematica della via lemniscale a cui va assimilata funzionalmente la via neospinotalamica.

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• I dolori neuropatici sono stati oggetto di numerosi stu- di recenti, soprattutto in campo terapeutico, e saranno analizzati nel paragrafo “Dolore e nocicezione” ( si veda oltre ). È possibile che esista un’associazione con le dise- stesie, cioè sensazioni anomale non dolorose ma spiacevoli, normalmente stimolo-dipendenti.

• Le parestesie sono sensazioni anomale non dolorose di vario

tipo: formicolio, pizzicore, sensazione di indurimento cuta- neo (pelle cartonata, inamidata), a volte anche sensazioni ter- miche. Possono essere provocate da toccamenti superfi ciali dei tegumenti oppure essere apparentemente spontanee.

Il meccanismo delle parestesie non è ancora stato chiarito del tutto. Nelle lesioni dei nervi periferici (compressione di un tronco nervoso, poliradicolonevrite), come nelle lesioni del midollo spinale (sclerosi combinata, sclerosi multipla), si nota una relazione tra le parestesie e la compromissione delle fi bre a conduzione rapida del sistema lemniscale.

Disturbi sensitivi oggettivi

Esame delle modalità elementari della sensazione

L’esame si basa sullo studio della percezione del tatto, del dolore e della temperatura. L’alterazione di una di queste sensibilità elementari può essere valutata in senso assoluto (percezione o non percezione) per riconoscere un’ anestesia o attraverso il confronto con una zona di sensibilità normale per riconoscere un’ ipoestesia .

La sensibilità tattile si esplora con un batuffolo di cotone o sfi orando la cute con un dito; come stimolo può eventual- mente essere utilizzata la fl essione di un pelo calibrato.

La sensibilità dolorifi ca della pelle si valuta per mezzo di un ago, mentre quella delle strutture profonde (tendine di Achille, testicolo, tronchi nervosi, ecc.) si esamina me- diante compressione.

Per la sensibilità termica si usano provette contenenti acqua calda o fredda; lo stimolo freddo deve essere di 5-15 °C, lo stimolo caldo di 40-45 °C; temperature più basse o più alte rischierebbero di provocare una sensazione dolorosa, anziché termica. Nell’interpretazione dei risultati occorre tenere con- to delle differenze di sensibilità che esistono normalmente nelle diverse parti del corpo. I polpastrelli delle dita, la cui sensibilità tattile è molto più sviluppata, sono ad esempio relativamente insensibili al dolore. D’altra parte si nota una brusca modifi cazione dell’intensità della percezione a livello toracico passando dal dermatomero C4 al dermatomero D3 e, sulla superfi cie posteriore della coscia, passando dal dermatomero L2 al dermatomero S2.

Una volta terminata l’esplorazione delle sensibilità elementari è possibile defi nire con precisione la topografi a dei disturbi sensitivi, la loro intensità e la loro formula , che può essere globale o dissociata (perdita di sensibilità termica e dolorifi ca contrastante con la conservazione della sensibilità tattile, ad esempio).

Esame delle capacità di discriminazione sensitiva Questa parte dell’esame è rivolta allo studio di modalità più fi ni della sensibilità che impegnano prevalentemente il sistema lemniscale: senso di posizione articolare e distinzione delle stimolazioni ripetitive o simultanee.

Le nozioni di posizione e di movimento possono essere ricer- cate alla radice degli arti, ma le alterazioni di lieve entità si possono rivelare specialmente esplorando le estremità distali.

Si chiede al paziente, al quale si mobilizza passivamente un dito della mano o del piede, di identifi care la posizione raggiunta senza controllarla con la vista, oppure di segnalare lo spostamento non appena lo percepisce o di indicarne la direzione. Si può anche mettere l’articolazione esplorata in una determinata posizione e invitare il paziente a riprodurla nell’articolazione simmetrica.

L’ atassia sensitiva è il risultato di un defi cit del controllo sensitivo del movimento. Questo disturbo viene aggravato dalla chiusura degli occhi. I movimenti sono asimmetrici, l’andatura è instabile e tallonante, il paziente non è in grado di mantenersi in posizione eretta con i piedi uniti e gli occhi chiusi ( segno di Romberg). Il segno della mano instabile atassica consiste in movimenti pseudoatetosici delle dita quando il paziente tiene gli arti superiori distesi davanti a sé senza controllo visivo. Il controllo sensitivo del movimento, dipendente dal sistema lemniscale, può essere alterato da lesioni che interessano il sistema nervoso periferico, i cordoni posteriori, il talamo o la corteccia somatosensitiva.

La sensibilità vibratoria ( pallestesia) si esplora per mezzo di un diapason applicato su una superfi cie ossea. Per rivelare una semplice diminuzione della pallestesia si mantiene il Corteccia cerebrale

non specifica

Talamo non specifico

Formazione reticolare mesencefalica Formazione reticolare bulbare

F. spinoreticolotalamico omolaterale

Via lemniscale

Via extralemniscale

F. paleospinotalamico F. spinoreticolotalamico

F. spinoreticolotalamico

FIGURA 1.3 - Rappresentazione schematica delle afferenze some- stesiche del sistema extralemniscale. Le vie sono essenzialmente controlaterali, anche se esiste un contingente omolaterale. La mag- gior parte delle fi bre termina nella formazione reticolare del tronco encefalico. Si noti, infi ne, la proiezione corticale bilaterale.

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diapason sulla regione esplorata fi no a che il soggetto cessa di avvertire la vibrazione, assicurandosi che la vibrazione sia ancora avvertibile dall’osservatore. La conservazione della pallestesia dipende dalla capacità delle fi bre mieliniche a conduzione rapida di trasmettere distintamente stimoli brevi e ravvicinati. La sensibilità vibratoria distale è spesso alterata nei soggetti anziani.

La discriminazione di due punti viene studiata per mezzo di un compasso calibrato. La distanza minima fra due stimoli tattili, affi nché questi vengano percepiti come distinti, è di qualche millimetro sul polpastrello di un dito e di diversi centimetri sulla coscia. Altre capacità discriminative sono la localizzazione precisa di uno stimolo ( topoestesia), la va- lutazione di un peso ( barestesia), il riconoscimento di una forma geometrica, di una lettera o di un numero disegnati sulla cute ( grafestesia).

La stereognosia è la facoltà di identificare gli oggetti per mezzo della palpazione. Nel processo di riconoscimento della grandezza, della forma e del materiale di un oggetto sono implicate varie fasi. Disturbi elementari della sensibilità o un disturbo della palpazione possono turbare la stereognosia;

ciononostante il riconoscimento di un oggetto è, di norma, il risultato dell’identifi cazione di un dettaglio specifi co più che di un’analisi sistematica.

La presenza di un’astereognosia marcata a fronte di disturbi solo moderati della sensibilità elementare fa propendere verso una lesione del lobo parietale.

L’ estinzione sensitiva è un fenomeno patologico che si con- traddistingue per il fatto che una stimolazione, percepita normalmente quando è applicata separatamente sui due lati del corpo, è invece avvertita solo dal lato sano nel momento in cui viene applicata contemporaneamente sui due lati.

Quando le sensibilità elementari sono normali, l’estinzione sensitiva induce a sospettare una lesione del lobo parietale.

Potenziali evocati somestesici

La stimolazione di un nervo periferico genera potenziali che possono essere registrati dalla colonna vertebrale e dal cranio. Questi potenziali permettono di valutare la velocità di conduzione delle fi bre mieliniche di grosso calibro e pos- sono pertanto essere normali qualora all’origine dei disturbi di sensibilità vi sia un’alterazione delle fi bre di piccolo cali- bro. Sono utili per rivelare e localizzare lesioni clinicamente occulte nel midollo o nel tronco encefalico, in particolare in caso di affezioni demielinizzanti come la sclerosi multipla.

Sono inoltre utili per identifi care una sofferenza midollare in corso di chirurgia spinale.

SEMEIOLOGIA SENSITIVA TOPOGRAFICA Lesioni del sistema nervoso periferico

È utile delimitare in uno schema l’area di un defi cit sensitivo per localizzare una lesione su un tronco nervoso, un plesso o una radice posteriore. In caso di affezione di una radice

posteriore il dolore è spesso predominante, mentre il defi cit sensitivo è scarso. Nelle poliradicolonevriti il defi cit sensitivo interessa, in maniera di solito simmetrica, la parte distale degli arti inferiori e indica una compromissione lunghezza-dipen- dente delle fi bre. Nelle neuropatie delle grandi fi bre il defi cit interessa in modo preponderante la sensibilità propriocettiva rispetto alla sensibilità termodolorifi ca, maggiormente com- promessa nelle neuropatie delle piccole fi bre, in cui possono associarsi disturbi trofi ci ( male perforante plantare, artropatia neurogena).

Lesioni del midollo spinale

Una lesione del midollo può determinare, nel territorio sot- tolesionale, un’ipoestesia o un’anestesia globale che interessa tutte le modalità sensitive. La separazione delle afferenze sen- sitive dopo l’ingresso nel midollo spinale in un contingente lemniscale omolaterale e in un contingente extralemniscale crociato spiega tuttavia la frequenza dei danni dissociati.

Sindrome cordonale posteriore

Questa sindrome può manifestarsi con parestesie, atassia sensitiva o, talvolta, segno di Lhermitte . Il segno di Lhermitte è una sensazione di scarica elettrica provocata dalla fles- sione del capo e si osserva tanto nelle lesioni intrinseche dei cordoni posteriori (sclerosi multipla) quanto nelle compres- sioni a partenza extramidollare. All’esame, la percezione del tatto, del dolore e della temperatura è preservata. Il defi cit sensitivo interessa le capacità discriminative: localizzazione di uno stimolo, discriminazione dei due punti stimolati simulta- neamente, sensibilità vibratoria, senso di posizione.

La sindrome radicolocordonale posteriore differisce note- volmente dalla sindrome cordonale posteriore pura ed è il risultato di lesioni della radici posteriori o dei gangli spinali posteriori ( ganglionopatie ). In questi casi la lesione interessa non solo le fi bre lunghe che si innestano nei cordoni poste- riori, ma anche le altre afferenze sensitive che si agganciano sul corno posteriore del midollo. Il defi cit sensitivo coinvolge tutte le modalità della sensibilità, distale e prossimale, ed è associato ad arefl essia.

Sindrome spinotalamica

Una lesione del fascio spinotalamico nel cordone anterolatera- le del midollo spinale produce un’anestesia termodolorifi ca di tutta la parte dell’emicorpo controlaterale sottostante la lesione . Le altre modalità sensitive sono conservate. Una sindrome dolorifi ca cronica si sviluppa talvolta in maniera secondaria nel territorio in cui la percezione del dolore è ridotta o assente.

Sindrome di Brown-Séquard

La sindrome di Brown-Séquard deriva da una lesione conse- guente a un’emisezione del midollo spinale e vede associate una sindrome cordonale posteriore e una sindrome pira- midale dal lato della lesione a una sindrome spinotalamica

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dal lato opposto. Nella pratica clinica questa sindrome è spesso presente in forma parziale come espressione della lateralizzazione di una lesione intra- o extramidollare.

Sindrome siringomielica

La sindrome siringomielica è caratterizzata da un’ anestesia dissociata termodolorifi ca in un territorio segmentario nel quale viene invece conservata la sensibilità tattile . La lesione responsabile è situata nel corno posteriore o nella sostanza grigia centromidollare e interrompe i deuteroneuroni della sensibilità termodolorifi ca nel tragitto dal corno posteriore verso il fascio spinotalamico controlaterale. Nel territorio interessato l’anestesia termica è variabile: talvolta il malato non distingue minimamente le qualità termiche della sti- molazione, in altri casi interpreta tutti gli stimoli termici indifferentemente come caldi o freddi. Per quanto riguarda il dolore, può verifi carsi una vera e propria anestesia o una semplice ipoestesia. Talvolta, all’interno dell’area di ane- stesia “sospesa”, può essere presente una regione in cui la sensibilità tattile è soppressa ma ai cui confi ni superiore e inferiore si trova un’anestesia dissociata caratteristica.

Lesioni del tronco encefalico

Nel tronco encefalico, le vie lemniscali (già incrociate cranial- mente ai nuclei gracile e cuneato per formare il lemnisco me- diale) e le vie extralemniscali restano separate, in particolare nella regione bulbopontina. Si possono pertanto osservare sindromi sensitive dissociate a predominanza termodolorifi ca o tattile-articolare.

Le lesioni lateralizzate della regione bulbopontina deter- minano una sindrome sensitiva alterna molto caratteristica:

emianestesia termica e dolorifi ca dell’emicorpo controlaterale per lesione del fascio spinotalamico, anestesia termodolo- rifi ca della faccia dal lato della lesione per interessamento della radice discendente del trigemino. Dolori e iperpatia si inseriscono molto spesso nell’evoluzione di queste sindromi sensitive, sia nel territorio dell’emianestesia crociata sia in quello dell’anestesia trigeminale.

Lesioni talamiche

Una lesione talamica che interessa il nucleo ventrale po- sterolaterale e il nucleo ventrale posteromediale per le fi bre trigeminali comporta un defi cit sensitivo dal lato opposto del corpo ( Fig. 1.4 ). Una piccola lesione può provocare un defi cit sensitivo localizzato in una parte dell’emicorpo.

I defi cit sensitivi oggettivi sono prevalentemente a carico delle modalità discriminative della sensibilità: senso di posizione, localizzazione e discriminazione tattile, pallestesia. Il feno- meno della mano instabile atassica e l’ astereognosia sono generalmente molto evidenti. Peraltro esiste abitualmente, sebbene più moderata, una compromissione delle sensibilità termodolorifi che la cui soglia è innalzata. Uno stimolo do- loroso, per divenire effi cace, deve raggiungere un’intensità

notevole; raggiunta questa soglia, il dolore è avvertito con modalità particolarmente penosa e diffusa, talora in tutto l’emicorpo: esso è anormalmente prolungato e persiste dopo la fi ne della stimolazione.

I dolori talamici , come il defi cit sensitivo, interessano l’emi- corpo opposto alla lesione. Talvolta sono localizzati in un solo arto e, in casi eccezionali, può essere colpita la sola emifaccia;

in altri casi è stata notata una localizzazione chiro-orale. Il dolore talamico è descritto male dai pazienti, che non trovano soddisfacenti gli usuali paragoni. Questo dolore spontaneo è peraltro esacerbato e reso insopportabile dalle più svariate stimolazioni somestesiche – toccamento superfi ciale, mobi- lizzazione, stimoli termici, particolarmente il freddo – oltre che da stimoli sensoriali ed emozioni. Questa integrazione di tutte le percezioni nel dolore realizza l’ iperpatia talamica . La sindrome sensitiva talamica può presentare aspetti un po’

diversi. Sono state descritte forme emialgiche pure, senza alcun disturbo oggettivo della sensibilità. Le forme senza dolori nelle

Corteccia cerebrale

IDFFLD HVWHUQD

IDFFLD LQWHUQD

Talamo

VA e VL (proiezioni motorie) VPL (proiezioni somestesiche)

CGE = Corpo genicolato laterale (esterno) (proiezioni visive)

CGI = Corpo genicolato mediale (interno) (proiezioni uditive)

NA = Nucleo accumbens (proiezione del sistema limbico)

DM = Nucleo dorsomediale

N. laterodorsale e pulvinar (aree di associazione) FIGURA 1.4 - Principali nuclei talamici e loro proiezioni corticali.

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quali esistono solo sintomi defi citari sono meno eccezionali, ma bisogna sempre temere la comparsa tardiva dei dolori, che possono farsi attendere qualche settimana o qualche mese.

Lesioni della corteccia parietale

La caratteristica del defi cit sensitivo risultante da una lesione della corteccia parietale è di predominare sugli aspetti di- scriminativi ed elaborati della sensibilità . L’interessamento delle modalità elementari (tattile, termica, dolorifi ca) si limita abitualmente a un’ipoestesia resa evidente solo dal confronto con il lato sano. Molto più evidente è l’interessamento delle modalità discriminative: disturbi del senso di posizione (con i disordini atassici che ne risultano); diffi coltà nel localizzare esattamente una stimolazione e nel percepire distintamente due stimolazioni. Un’ astereognosia è frequente tanto quanto un’ estinzione sensitiva.

I disturbi sensitivi soggettivi osservati nelle sindromi parietali si manifestano generalmente in forma parossistica nel qua- dro di un’epilessia sensitiva, di un’emicrania o di attacchi ischemici transitori. Si tratta abitualmente di parestesie a tipo di formicolio, pizzicore, intorpidimento, più raramente di sensazioni termiche o dolorifi che. Accanto a tali manife- stazioni parossistiche si possono eccezionalmente verifi care dolori permanenti molto simili ai dolori talamici. I distur- bi sensitivi di origine parietale possono estendersi a tutto l’emicorpo, ma generalmente sono limitati alla mano o alla faccia; l’interessamento simultaneo chiro-orale, frequente, si giustifi ca per l’accavallamento, nella corteccia parietale, delle rappresentazioni di queste due regioni del corpo.

DOLORE E NOCICEZIONE Defi nizione

Il dolore è una sensazione che sopraggiunge quando una stimolazione, per sua natura o intensità (stimolazione no- cicettiva), provoca o rischia di provocare una lesione tis- sutale: ha pertanto la funzione di proteggere, determinando fenomeni di evitamento.

Ancora prima di essere trasmesso ai centri superiori, il mes- saggio nocicettivo induce rifl essi integrati di difesa a livello segmentario. Questi rifl essi primitivi, del tipo triplice fl es- sione, dipendono dai collaterali delle afferenze nocicettive primarie che hanno una proiezione sugli interneuroni del corno posteriore. Il controllo discendente esercitato dai centri sopraspinali tende a inibire questi rifl essi primitivi e a sostituirli con risposte più localizzate, quale la fl essione delle dita del piede, più adatte alla stazione eretta.

Il dolore in senso stretto è un’esperienza soggettiva che comporta diverse componenti:

la componente discriminativa assicura la percezione dello

stimolo e l’analisi dei suoi caratteri qualitativi e spazio- temporali;

la componente affettiva esprime la connotazione della

sofferenza collegata alla percezione dolorosa;

la componente cognitiva comprende un insieme di processi

suscettibili di modulare il vissuto doloroso: attenzione, distrazione, suggestibilità, anticipazione, riferimenti a esperienze passate;

la componente comportamentale corrisponde all’insieme

delle manifestazioni osservabili: fi siologiche (parametri somatovegetativi), verbali (gemiti, lamenti) o motorie (immobilità, agitazione, atteggiamenti antalgici).

Si parla di asimbolia del dolore quando esiste una condizione dissociata con l’integrità della componente discriminativa del dolore e la perdita delle componenti affettive e com- portamentali. Una lesione a livello dell’opercolo parietale e dell’insula posteriore potrebbe produrre una disconnessione sensoriale limbica.

Percezione e trasmissione del segnale dolorifi co

Una stimolazione dolorifi ca quale, ad esempio, una puntura, attiva innanzitutto meccanocettori a soglia elevata e piccole fi bre mieliniche A ␦ glutammatergiche. Il secondo neurone di questo sistema appartiene alla via neospinotalamica e proiet- ta, come la via lemniscale, sul nucleo ventrale posterolaterale del talamo e, da qui, sulla corteccia somatosensitiva SI e SII.

L’attivazione di questo sistema dà luogo al “ primo dolore ”, ben localizzato, la cui durata non è superiore a quella dello stimolo (componente discriminativa del dolore). Questo primo dolore fornisce il segnale per una risposta motoria rapida e appropriata.

Uno stimolo più intenso, propriamente nocicettivo, attiva recettori polimodali e fi bre C amieliniche. Questi nocicettori periferici dispongono di diversi neuromediatori, fra cui il glutammato e la sostanza P. Il secondo neurone di questo sistema fa parte della via spinoreticolotalamica che proietta sulla sostanza reticolare del tronco encefalico e sui nuclei intralaminari del talamo. L’attivazione di questa via provoca il

“ secondo dolore ”, più diffuso, penoso e duraturo, che dà avvio a comportamenti tendenti a evitare una nuova aggressione nocicettiva. I dolori di origine viscerale hanno caratteri simili.

La corteccia cingolare anteriore è coinvolta in special modo nelle risposte emotive e comportamentali legate a questo tipo di dolore, oltre che nella percezione del dolore altrui.

Sistemi di controllo della nocicezione

Un gran numero di lavori sperimentali ha messo in evidenza l’esistenza di diversi sistemi di controllo fi siologico capaci di modifi care il messaggio nocicettivo dopo che è stato elabo- rato alla periferia.

Controllo inibitorio segmentario

Nel corno posteriore, le fibre C nocicettive responsabili del dolore diffuso presentano recettori presinaptici che inibiscono la liberazione dei neuromediatori, in particolare

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della sostanza P. Questa inibizione presinaptica dipende da interneuroni la cui attività è incrementata dai collaterali delle fi bre mieliniche A ␤ provenienti dai meccanocettori ( Fig. 1.5 ). Questo controllo ( gate control ) permette di spiega- re l’attenuazione del dolore che si ottiene sfregando la pelle vicino alla regione interessata, nonché l’effetto antalgico di una stimolazione elettrica cutanea ad alta frequenza e debole intensità.

Controllo inibitorio discendente

Il controllo inibitorio discendente è assicurato da alcuni nuclei situati nel tronco encefalico, in particolare nella porzione anteromediale del bulbo rostrale, nella regione posterolaterale del ponte e nella regione periacqueduttale.

Tali aree, attivate dalle afferenze nocicettive, sono dotate di recettori per gli oppioidi esogeni ed endogeni ( enkefaline) e costituiscono il punto di partenza delle vie discendenti che controllano l’attività dei neuroni nocicettivi del corno posteriore.

Le vie discendenti sono essenzialmente monoaminergiche – serotoninergiche, noradrenergiche o dopaminergiche – ed esercitano un’infl uenza complessa sui neuroni nocicettivi del corno posteriore. Possono agire sui recettori presinaptici delle afferenze nocicettive, sui recettori postsinaptici dei neuroni nocicettivi spinotalamici e spinoreticolotalamici nonché sugli interneuroni gabaergici o enkefalinergici.

Questo controllo inibitorio discendente ha l’effetto di circo- scrivere l’attività ai neuroni nocicettivi direttamente interes- sati dallo stimolo iniziale e di prevenire il fenomeno della sensibilizzazione. La sua alterazione svolge probabilmente un ruolo nella comparsa di alcuni dolori cronici.

Controllo corticale del dolore

Il controllo inibitorio discendente è modulato da strutture corticali. L’imaging cerebrale (tomografia a emissione di positroni e RMN funzionale) ha mostrato l’implicazione della corteccia insulare e della corteccia cingolare anteriore nell’integrazione e nel controllo corticale del dolore. Nei soggetti normali queste regioni sono attivate da stimolazio- ni dolorose. Il cingolo anteriore, le cui risposte variano in funzione dei fenomeni attenzionali e anticipatori, sembra controllare i fenomeni emozionali e comportamentali legati al dolore. Una disfunzione di questo controllo che coinvolge recettori corticali NMDA potrebbe essere all’origine di una sindrome dolorifi ca cronica.

Valutazione del dolore

La valutazione del dolore si basa sulla raccolta anamnestica dal paziente e sull’utilizzo di scale standardizzate.

L’ anamnesi serve a definire le caratteristiche del dolore, l’intensità, la durata (dolore permanente o intermittente), la comparsa spontanea o provocata. La terminologia utilizzata dal paziente per descrivere il dolore fornisce indizi sulla dimensione affettiva dell’esperienza dolorosa.

La scala visuoanalogica è la più utilizzata e consiste in una linea orizzontale di 100 mm sulla quale, con orientamento da sinistra verso destra, si indica l’entità del dolore, dalla sua assenza al peggior dolore immaginabile. Il paziente risponde tracciando un tratto sulla linea. Numerosi risultati inducono a considerare questa scala come la più sensibile delle scale unidi- mensionali. Un punteggio elevato, tuttavia, può essere indice sia di un livello importante di dolore sia di un atteggiamento volto a dare particolare importanza al proprio dolore.

Classifi cazione e trattamento del dolore

È possibile classifi care il dolore in funzione della sua origine e della sua evoluzione, distinguendo così tra:

• dolore nocicettivo, di origine somatica;

• dolore neuropatico periferico, riconducibile a una lesione

del sistema nervoso periferico (nervo, radice, plesso);

• dolore neuropatico centrale, riconducibile a una lesione

del sistema nervoso centrale;

• dolore primario, riconducibile a fattori psicofi siologici;

• dolore cronico, quando persiste per più di 3-6 mesi.

Dolori nocicettivi

I dolori nocicettivi sono innescati da svariati processi pato- logici che coinvolgono le terminazioni nocicettive presenti nei tegumenti e nelle strutture profonde (muscolari, osteo- articolari, viscerali, vascolari, meningee, ecc.). Gli stimoli che attivano queste terminazioni possono essere di natura mec- canica, termica o infi ammatoria e possono agire in maniera diretta o inducendo il rilascio di sostanze di origine endogena:

ioni K + , H + , prostaglandina E2, bradichinina, ecc.

Fibre di

grosso calibro (AC)

Piccole fibre C

SG N

Via lemniscale Controllo inibitorio discendente

Via spinotalamica

+ +

– +

FIGURA 1.5 - Controllo del dolore a livello del corno posteriore ( ga- te control ). Nella sostanza gelatinosa di Rolando esiste un gruppo di interneuroni che esplica un’inibizione presinaptica sulle fi bre C nocicettive e un’inibizione postsinaptica sui neuroni nocicettivi del corno posteriore. Questo gruppo di interneuroni è attivato:

1) da proiezioni collaterali di afferenze mieliniche A ␤ (sistema lemniscale) e A ␦ (via neospinotalamica); 2) da una via serotoni- nergica di origine sopraspinale (controllo inibitorio discendente).

N = nocicettori; SG = sostanza galatinosa.

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Il trattamento del dolore nocicettivo mira a risolverne la causa, laddove possibile, con la concomitante somministrazione di analgesici e antinfi ammatori, la cui scelta e somministrazione (via e posologia) dipende dalle caratteristiche peculiari del singolo paziente. La cronicizzazione del dolore nocicettivo è di norma il risultato della persistenza del processo patologi- co causale. Tuttavia è necessario tenere conto del fatto che, contrariamente alle altre modalità della sensazione, la persi- stenza di uno stimolo doloroso non porta a un adattamento, ma piuttosto a una sensibilizzazione che interferisce con la modulazione del dolore a tutti i livelli: recettori e afferenze nocicettive periferiche, recettori postsinaptici, strutture di relè del tronco encefalico, integrazione corticale. Un’ iperalgesia (dolore eccessivo provocato da uno stimolo normalmente po- co doloroso) e un’ allodinia (dolore provocato da uno stimolo meccanico o termico di solito indolore) sono la conseguenza di questa sensibilizzazione. Tali fenomeni di sensibilizzazione infl uiscono sull’eventuale evoluzione verso un dolore perma- nente, divenuto più o meno indipendente dalla causa iniziale.

È questo il caso di alcune cervicalgie, dorsalgie e lombalgie croniche in cui il trattamento sintomatico del dolore deve prevalere su azioni locali a scopo curativo.

Dolori neuropatici

I dolori neuropatici sono, per defi nizione, causati da una lesio- ne o una disfunzione del sistema nervoso periferico o centrale.

La natura neuropatica di un dolore può essere riconosciuta grazie alla sua localizzazione sistematica determinata dalla sede della lesione e grazie all’esame che evidenzia, nel territorio corrispondente, i segni sensitivi defi citari e/o le disestesie o parestesie ( si veda sopra , “Semeiologia sensitiva topografi ca”).

L’esame può obiettivare altri segni neurologici in relazione con la lesione causale, ma può anche essere del tutto normale in alcune nevralgie; d’altra parte, l’assenza di un qualsiasi segno neurologico associato è un criterio diagnostico delle cosiddette nevralgie essenziali, come la nevralgia del trigemino.

I dolori neuropatici sono, di norma, permanenti, preferibil- mente del tipo bruciore, spesso con recrudescenze a fi tta o scarica elettrica, ma possono anche essere intensifi cati da stimolazioni ( iperalgesia e/o allodinia). Più raramente sono solo intermittenti: in questi casi si tratta di dolori prevalen- temente folgoranti, a carattere stimolo-dipendente.

DOLORI NEUROPATICI PERIFERICI

I dolori neuropatici periferici sono riconducibili a processi patologici che interferiscono con l’attività delle fi bre amie- liniche o mielinizzate di piccolo calibro (fi bre C e A ␦ ) che trasportano lo stimolo doloroso. Tali lesioni possono es- sere relativamente selettive ( neuropatie delle piccole fi bre) – dando luogo a un deficit sensitivo termodolorifico – o non selettive allorché interessano l’insieme delle afferenze sensitive, dando luogo a un defi cit sensitivo più globale.

La causalgia è un dolore simile al bruciore, permanente, particolarmente penoso, esacerbato dalle stimolazioni tattili o emozionali. Si osserva in seguito alla lesione parziale di alcuni nervi , in particolare il mediano e lo sciatico. Si ac- compagna a disturbi vasomotori regionali e a disturbi trofi ci.

L’intervento delle fi bre simpatiche ( sympathetically-mediated pain ) potrebbe essere chiamato in causa in questo tipo di dolore, come nel caso delle algodistrofi e, in relazione con la up-regulation dei recettori ␣ -adrenergici sulle terminazioni nocicettive periferiche.

La causalgia attualmente viene ricondotta alla sindrome dolorifi ca regionale complessa , o distrofi a simpatica rifl essa.

I criteri diagnostici di questa sindrome sono:

• la presenza di un evento nocicettivo iniziale o di una qual-

siasi causa di immobilizzazione;

• un dolore continuo con iperalgesia e allodinia;

• l’esistenza di un’attività vasomotoria e sudomotoria ano-

mala;

• l’assenza di un’affezione che spieghi l’intensità del dolore

e l’impotenza funzionale.

La fi siopatologia dei dolori neuropatici periferici è stata studia- ta dettagliatamente e sembra implicare diversi elementi:

• sovraespressione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti

nelle piccole fi bre afferenti;

• alterazioni del fenotipo delle fibre mieliniche A ␤ con

espressione della sostanza P ed estensione delle termina- zioni assonali a formare connessioni con i neuroni noci- cettivi del corno posteriore del midollo;

• espressione sulle afferenze nocicettive primarie di adreno-

cettori ␣ , attivabili dalle terminazioni simpatiche e dalla noradrenalina circolante;

perdita del controllo inibitorio ( gate control ) esercitato

dalle fi bre a conduzione rapida sui nocicettori del corno posteriore ( dolore da deafferentazione);

• sensibilizzazione dei neuroni nocicettivi del corno po-

steriore che può conseguire a un eccesso di afferenze nocicettive e/o a una riduzione delle afferenze inibitorie;

• tossicità determinata da un eccesso di aminoacidi eccitatori

con conseguente possibile disfunzione o addirittura la perdita di interneuroni inibitori.

Occorre inoltre valutare il ruolo di eventuali fattori genetici . Nelle sindromi che vedono coinvolte le afferenze nocicettive è stato individuato un legame con il canale voltaggio-dipen- dente Nav1.7, espresso dai neuroni sensitivi e dai neuroni del simpatico: eccesso di funzione nell’ eritromelalgia familiare e nella sindrome da dolore parossistico estremo caratteriz- zata da dolori rettali; perdita di funzione nell’ insensibilità congenita al dolore.

DOLORI NEUROPATICI CENTRALI

I dolori neuropatici centrali sono riconducibili a una lesione del sistema nervoso centrale con compromissione della via spinotalamica che si manifesta con un defi cit della sensibilità termodolorifi ca nel territorio sottolesionale. La lesione può essere localizzata nel midollo o nel tronco encefalico (sclerosi multipla, infarto spinale anteriore, infarto laterobulbare ecc.), nel nucleo ventrale posterolaterale del talamo ( sindrome di Déjerine-Roussy), o nelle proiezioni talamocorticali di questa via. La sindrome dolorifi ca compare dopo un lasso di tempo che può variare da alcune settimane a diversi mesi dopo l’insorgenza della lesione. La fi siopatologia non è ancora stata

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chiaramente compresa. Una lesione della via spinotalamica è una condizione necessaria ma non suffi ciente in quanto l’insorgenza di una sindrome dolorifi ca non è la norma, per cui si ritiene che a tale lesione debba essere associato il coin- volgimento delle vie inibitorie ascendenti e/o discendenti.

Meccanismi analoghi a quelli descritti per i dolori neuropatici periferici sembrano inoltre essere chiamati in causa.

TRATTAMENTO DEI DOLORI NEUROPATICI

I dolori neuropatici, avendo spesso un’evoluzione cronica, pongono serie diffi coltà da un punto di vista terapeutico.

Trattamento medico

I medicinali che agiscono sui dolori neuropatici sono stati valutati nelle diverse indicazioni, in particolare per le neu- ropatie diabetiche dolorose e le algie postzosteriane. Alcuni di questi sono utilizzati anche per il trattamento del dolore neuropatico centrale.

Trattamenti topici

L’applicazione locale di cerotti anestetici a base di lidocaina al 5% è spesso effi cace nelle algie postzosteriane.

I cerotti a base di capsaicina e la somministrazione per via sottocutanea di tossina botulinica A (non registrata in Italia per tale indicazione; N.d.C.) costituiscono un’ulteriore op- zione terapeutica per le neuropatie dolorose.

Antidepressivi triciclici

L’azione degli antidepressivi triciclici ( amitriptilina , imi- pramina ) sui dolori neuropatici è indipendente dall’effetto antidepressivo e spesso questi farmaci si dimostrano effi caci già con un dosaggio basso o moderato, probabilmente perché inibiscono la ricaptazione della serotonina e della noradrena- lina e inducono l’attivazione dei sistemi endorfi nici.

Un’azione analoga è esercitata dalla duloxetina , un altro inibitore della ricaptazione della serotonina e della nora- drenalina. Gli inibitori specifici della ricaptazione della serotonina svolgono un ruolo marginale nel trattamento dei dolori neuropatici.

Antiepilettici

L’efficacia di alcuni antiepilettici usati da tempo, in par- ticolare la fenitoina , la carbamazepina e il clonazepam , è ormai universalmente riconosciuta per i dolori folgoranti indipendentemente dalla loro eziologia (nevralgia del trige- mino, sclerosi multipla, ecc.). Alcuni antiepilettici di nuova generazione ( gabapentin , pregabalin ) sono anch’essi effi caci, di norma solo in parte, sui dolori neuropatici permanenti, in particolare se di origine periferica. Il gabapentin e il pregabalin riducono l’ingresso del calcio nelle terminazioni assonali e, quindi, diminuirebbero la liberazione di neurotrasmettitori eccitatori, in particolare del glutammato.

Analgesici oppioidi

Tramadolo Questo farmaco fa parte degli analgesici op- pioidi meno potenti ed è un agonista dei recettori oppioidi

␮ e un inibitore della ricaptazione della noradrenalina e della serotonina.

Morfi na Questo farmaco è indicato prevalentemente per i dolori cronici di origine neoplastica oltre che per alcuni dolori acuti. Il solfato di morfi na a rilascio prolungato, som- ministrato per via orale, può essere tuttavia utilizzato per qualsiasi dolore neuropatico refrattario alle altre terapie.

Un’azione analoga è espletata dai cannabinoidi per via su- blinguale (non disponibili in Italia; N.d.C.) nel trattamento dei dolori neuropatici refrattari, in particolare se secondari a sclerosi multipla.

Trattamento intratecale

La somministrazione intratecale prolungata di alcuni farmaci (oppioidi, agonisti ␤ 2 -adrenergici, antagonisti dei canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo N) può essere prescritta nella cura di casi selezionati di dolore neuropatico refrat- tario.

Elettroagopuntura e neurostimolazione transcutanea È inconfutabile che l’elettroagopuntura e la neurostimola- zione transcutanea ottengano una diminuzione del dolore. I meccanismi di azione che possono essere proposti sono due:

da un lato queste metodiche rinforzano gli effetti inibitori esercitati sul dolore dalle fi bre sensitive di grosso calibro, dall’altro inducono un’aumentata liberazione di peptidi oppioidi endogeni.

Queste tecniche, semplici e innocue, sembrano indicate essenzialmente nel caso di dolori neurologici derivanti da lesioni del sistema nervoso periferico.

Ciò vale in particolare quando i dolori sono relativamente localizzati e quando la stimolazione può essere effettuata a contatto con la struttura nervosa da cui dipende il territorio sede del dolore.

Trattamento chirurgico

Spesso le tecniche basate sull’interruzione neurochirurgica delle vie del dolore hanno un’effi cacia temporanea (i dolori ricompaiono nei mesi o negli anni successivi). Pertanto tali metodiche sono indicate solo nei malati con prognosi di sopravvivenza limitata (patologie maligne).

Le tecniche che mirano a rinforzare i sistemi di control- lo inibitorio, per contro, hanno visto moltiplicarsi le loro indicazioni: ciò vale fondamentalmente per l’elettrostimo- lazione delle vie lemniscali a livello dei cordoni posteriori, ma anche per le neurostimolazioni centrali, in particolare corticali. Risultati interessanti sono stati inoltre ottenuti con una metodica non invasiva, ossia la stimolazione magnetica transcranica della corteccia motoria.

Effetto placebo

L’esistenza di un effetto placebo è un evento assai frequente in tutte le situazioni in cui si tratta un dolore mediante far- maci, procedure chirurgiche, stimolazioni, ecc.

Osservazioni compiute in pazienti con dolori postopera- tori gravi hanno dimostrato che l’effetto placebo è pre- sente nel 35% circa dei casi. Questa media, spesso sotto- stimata, in alcune circostanze può essere di gran lunga superiore.

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Dolori cronici primari

Prima di defi nire primario un dolore cronico è necessario escludere in maniera assoluta la responsabilità di un fattore lesionale. Tuttavia conviene tenere sempre in considerazio- ne il fatto che un approccio puramente somatico rischia di portare a terapie potenzialmente dannose.

Diversi fattori psicologici, che è bene valutare caso per caso, possono contribuire all’instaurarsi di un dolore cronico: il timore di una sottostante affezione grave e il timore di un possibile peggioramento delle “lesioni” con il movimento possono portare a comportamenti di evitamento e isolamen- to le cui ripercussioni sull’adattamento familiare, sociale e professionale contribuiscono ad aggravare la situazione.

Queste dimensioni affettive, cognitive e comportamentali sono spesso predominanti nei dolori cronici, i quali possono avere carattere locale o multifocale e, talvolta, sono associati a sindrome da fatica cronica.

Il carattere primario dei dolori non implica una loro natura psicogena, anche se è importante prendere in considerazione la struttura della personalità e il contesto esistenziale. I dolori

cronici primari potrebbero essere l’espressione di una di- sfunzione del controllo centrale inibitore del dolore e ciò li avvicinerebbe, sul piano fi siopatologico, ai dolori neuropatici centrali.

Premesso che esiste una variabilità interindividuale nella percezione del dolore, diversi fattori possono infl uenzare quest’ultima, in particolare fattori genetici. Ne è un esempio la variante Val158Met della COMT, che riduce l’attività dell’enzima con conseguente diminuzione della concentra- zione di enkefaline nei neuroni e una riduzione dell’analgesia endogena.

Il trattamento del dolore cronico primario è complesso . È con- sigliabile non sottoporre il paziente a un numero eccessivo di indagini accessorie ed evitare qualsiasi intervento invasivo.

Un approccio cognitivo, che riconosca il dolore come reale spiegandone tuttavia il meccanismo non organico, è impor- tante. Un antidepressivo triciclico, quale l’amitriptilina, può spesso dimostrarsi di ausilio, a condizione di avere cura di spiegare al paziente che tale farmaco non viene prescritto per la sua azione antidepressiva ma per la sua capacità di agire in maniera specifi ca sul meccanismo del dolore.

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