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PRIMA SETTIMANA QUARESIMA 2021

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Academic year: 2022

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PRIMA SETTIMANA QUARESIMA 2021 DOMENICA 21 FEBBRAIO

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Mt 4, 1-11 La liturgia ci introduce alla quaresima attraverso il deserto e mostrandoci un Gesù tentato. Lo Spirito conduce il Signore, e noi con lui, ad un’esperienza dichiaratamente diabolica. Perché?

Le continue provocazioni del diavolo permettono al Signore di sperimentare sulla sua pelle le fragilità e le mancanze di ciascun uomo: la fame fisica, il desiderio di essere considerati, amati, il bisogno di sicurezza, di possedere, di controllo.

Gesù nel deserto sembra volerci mostrare che l’essere manchevoli, fragili, bisognosi fa parte di noi e in questo non vi è nè colpa nè vergogna; i bisogni costanti e i desideri insaziabili che ci fanno essere vulnerabili e inquieti sono quel che ci rende umani e proprio per questo non possono essere evitati, negati o nascosti sotto il tappeto delle belle apparenze.

Molto spesso non riusciamo a mettere a fuoco quello che desideriamo, ciò di cui avremmo davvero bisogno; proviamo a fare spazio alle domande e alle fatiche che ci abitano e mettiamoci in ascolto. Non è da temere il deserto dei dubbi e delle debolezze, ma da affrontare: come e con Gesù lasciamoci condurre dallo Spirito affinché ciò che ci spaventa, ci irrigidisce o ci ostacola possa trovare una risposta, una reazione, una decisione.

Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.

Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.

Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:

la conversione, l'amore, il sacrificio.

Quando il sole si eclissa pure per noi, e il Cielo non risponde al nostro grido,

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e la terra rimbomba cava sotto i passi, e la paura dell'abbandono

rischia di farci disperare, rimanici accanto.

In quel momento, rompi pure il silenzio:

per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

Don Tonino Bello

LUNEDÌ 22 FEBBRAIO

In quel tempo. Vedendo le folle, il Signore Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Mt 5, 1-12a E’ possibile che si pensi alla beatitudine come ad una meta da raggiungere, ad un momento culminante che può accadere in rare e miracolose occasioni.

Spesso inoltre si guarda ai Beati come a delle persone straordinarie, quasi Sante, per l’appunto. Potrebbe anche dimorare in noi l’idea che le Beatitudini non siano per tutti, ma solo per chi rientra in quelle categorie citate da Gesù: i poveri in Spirito, i sofferenti, i miti, gli affamati e gli assetati, i perseguitati ecc…

Nella Parola di oggi il Signore sembra esprimere invece tutto il contrario: è

“vedendo le folle” che Gesù si prepara a proclamare le Beatitudini, è alla vista dei molti che le annuncia, come a volerli tutti nutrire di promesse di felicità. Non vi è un solo modo, una sola strada, un’unica occasione per essere Beati. Gesù di fronte alla folla, all’umanità, moltiplica non solo il pane, ma anche le possibilità di beatitudine, di vita piena, vera. Per i beati c’è sempre un modo ed è sempre l’ora.

BEATI quelli che sanno ridere di se stessi:

non finiranno mai di divertirsi.

BEATI quelli che sanno distinguere un ciottolo da una montagna:

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eviteranno tanti fastidi.

BEATI quelli che sanno ascoltare e tacere:

impareranno molte cose nuove.

BEATI quelli che sono attenti alle richieste degli altri:

saranno dispensatori di gioia.

BEATI sarete voi se saprete

guardare con attenzione le cose piccole e serenamente quelle importanti:

andrete lontano nella vita.

BEATI voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sgarbo:

il vostro cammino sarà sempre pieno di sole.

BEATI voi se saprete interpretare con benevolenza gli atteggiamenti degli altri

anche contro le apparenze:

sarete giudicati ingenui, ma questo è il prezzo dell'amore.

BEATI quelli che pensano prima di agire e che pregano prima di pensare:

eviteranno tante stupidaggini.

BEATI soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore in tutti coloro che incontrate:

avete trovato la vera luce e la vera pace.

San Tommaso Moro MARTEDÌ 23 FEBBRAIO

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra;

ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo;

non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,

perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Mt 5, 13-16 Nel Vangelo di oggi Gesù si rivolge proprio a noi, suoi discepoli, chiamandoci per immagini: il sale e la luce. A cosa vorrebbe portarci? Che cosa ci sta chiedendo?

Il Signore ci chiede di essere sale per dare sapore, significato, di essere portatori di senso nelle nostre vite. Il sale poi, è tale se e solo se mantiene nel tempo il suo sapore: Gesù ci vuole educare alla continuità, alla fedeltà dell’essere “sale”, nel tempo.

Gesù ci chiama inoltre “luce del mondo”, ci nomina proprio con le stesse parole

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con cui, in un altro passo, nomina se stesso: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita”(Gv 8,12); è dunque una chiamata ad assomigliargli, a seguirlo affinché ciascuno di noi possa portare la sua luce.

Signore definendoci sale e luce sembra consegnarci un vero e proprio mandato missionario: queste due immagini infatti “funzionano”, si “realizzano” solo quando si pongono in rapporto con l’alterità; entrambe non significano nulla se non in relazione alla terra (il sale) e al mondo (la luce); essere per l’altro, ecco ciò che dà Gloria a Dio.

Signore, Tu sei la mia luce: senza di te cammino nelle tenebre senza di Te non posso neppure fare un passo,

senza di te non so dove vado,

sono un cieco che guida un altro cieco.

Se Tu mi apri gli occhi, Signore, io vedrò la tua luce, i miei piedi cammineranno nella via della vita. . Signore, se Tu illuminerai, io potrò illuminare.

Tu fai di noi la luce del mondo.

+Card. Carlo Maria Martini

MERCOLEDÌ 24 FEBBRAIO

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia

avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Mt 5, 17-19 Nei riguardi della legge e dei precetti spesso ci sentiamo schiavi, forse ancor più in questo 2021 ci potrebbero apparire come obblighi, doveri a cui adempiere senza però cogliere davvero ciò che ci viene chiesto, senza aderirvi con la propria libertà.

Se però, ancora una volta, ascoltiamo Gesù, subito egli traccia una strada per comprendere la validità della legge “antica”: ciò che della dottrina della Chiesa e delle sue tradizioni ci sembra estraneo e distante dalla nostra vita, necessita di trovare pieno compimento nell’oggi e nella nostra quotidianità. In quanto

credenti del 2021 ci è chiesto uno sforzo di “traduzione della tradizione”, occorre recuperare i perché e i come.

Come viviamo i precetti della legge di Dio, come una legge di libertà o come un obbligo che ci rende schiavi?

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Ti loderò con cuore sincero,

quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.

Voglio osservare i tuoi decreti:

non abbandonarmi mai.

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?

Osservando la tua parola.

Con tutto il mio cuore ti cerco:

non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.

Ripongo nel cuore la tua promessa per non peccare contro di te.

Benedetto sei tu, Signore:

insegnami i tuoi decreti.

Con le mie labbra ho raccontato tutti i giudizi della tua bocca.

Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze.

Voglio meditare i tuoi precetti, considerare le tue vie.

Nei tuoi decreti è la mia delizia, non dimenticherò la tua parola.

dal Salmo 118

GIOVEDÌ 25 FEBBRAIO

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’

prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché

l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino

all’ultimo spicciolo!».

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Mt 5, 20-26 Gesù continua a spiegarci in che senso egli, e noi con lui, dobbiamo superare la legge, la giustizia degli antichi. Quel “Ma io vi dico” non segna un’opposizione, un contrasto tra Gesù e chi viene prima di lui: egli ci chiede di andare più in

profondità rispetto ai comandamenti dell’antico testamento, ci chiede un di più.

Tale richiesta si fa subito chiara se guardiamo a come Gesù stesso sviluppa e approfondisce il quinto comandamento: il “non uccidere” si estende al di là del divieto di omicidio, tutti gli atti di violenza rivolti all’altro, sia essa fisica, psicologica o verbale, sono per Lui delle uccisioni altre.

Ma per il Signore Gesù la legge non si ferma qui, di fronte alla violenza arrecata al fratello, all’altro, non tutto è perduto, Egli costruisce, disegna la strada della

riconciliazione: tornare indietro, restaurare, riprendere in mano una ferita, un torto e chiedere il perdono non solo è possibile, ma è anche la via maestra per tornare a Dio, è quel dono che ci chiede di offrirgli. La legge in Gesù si trasforma da semplice divieto a strada per la redenzione.

Dio onnipotente e misericordioso,

che ci hai riuniti nel nome del tuo Figlio, per darci grazia e misericordia

nel momento opportuno, apri i nostri occhi,

perché vediamo il male commesso e tocca il nostro cuore,

perché ci convertiamo a te.

Il tuo amore ricomponga nell'unità ciò che la colpa ha disgregato;

la tua potenza guarisca le nostre ferite e sostenga la nostra debolezza;

Il tuo Spirito rinnovi tutta la nostra vita e ci ridoni la forza della tua carità, perché risplenda in noi

l'immagine del tuo Figlio e tutti gli uomini riconoscano nel volto della Chiesa

la gloria di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo nostro Signore.

Amen

Dal rito per la riconciliazione SABATO 27 FEBBRAIO

In quel tempo. Il Signore Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.

Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che

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non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito

mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Mt 12, 1-8 Gesù passa fra i campi di grano in giorno di sabato. Egli sembra compiere delle azioni trasgressive rispetto al tempo e al luogo: lascia mangiare i discepoli di sabato e attraversa i campi seminati senza pensare al magro raccolto che dovranno cavare i proprietari. Quello che compie Gesù non è determinato da una specie di disattenzione, da una sfrontatezza ma è un segno di

padronanza in senso profondo, è di dominio, di signoria.

Gesù di fronte al sabato, di fronte al significato del sabato e di fronte a questa legge così minuziosa e dettagliata che vuol tutelare il sabato, dà un senso nuovo.

Si identifica col sabato: io sono il sabato; il vero sabato è Gesù. Allo stesso modo Gesù passa tra le messi, tra i campi di grano seminati, si muove sul suo, come a casa sua ed è a casa sua, egli è il Signore. È ricca di significato questa immagine dell'andare in mezzo al campo che dà cibo, che dà il nutrimento base, il pane, con un’allusione al grano quindi all'Eucaristia; i discepoli cominciano a cogliere le spighe e incominciano a mangiare. Cominciano a gustare del cibo che in

qualche modo è offerto da Gesù, che diverrà poi Gesù stesso. È in giorno di sabato che Dio dà spazio a noi e noi diamo spazio a Dio, per cui si vive di Dio, si vive della sua parola, della sua comunione.

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:

abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,

per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario.

dal Salmo 26

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