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Equitalia: quale difesa contro il pignoramento del conto corrente

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Equitalia: quale difesa contro il pignoramento del conto corrente

written by Massimo Pipino | 07/05/2015

Il Concessionario per la riscossione ha il potere di ordinare all’Istituto di Credito di versare direttamente nelle casse erariali le somme di denaro che vengono depositate dal contribuente sul proprio conto corrente, fino a concorrenza del credito per cui il concessionario stesso ha proceduto. Quali sono gli strumenti giuridici che possono essere adottati dal contribuente/debitore al fine di ottenere una tutela giurisdizionale contro l’atto esecutivo?

Il pignoramento è l’atto con il quale ha inizio l’espropriazione forzata. Esso consiste nel provvedimento con cui l’ufficiale giudiziario ingiunge al debitore di astenersi dal porre in atto qualsiasi azione il cui scopo sia quello di sottrarre alla garanzia del credito i beni ad esso assoggettati ed i loro frutti, con la dichiarazione che qualsiasi azione compiuta su di esso non sarà valida. In sostanza con il pignoramento il bene oggetto dell’atto viene sottratto alla disponibilità del suo proprietario.

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La disciplina dell’espropriazione forzata ordinaria è contenuta nel Codice di procedura civile [1]. Le regole invece dell’espropriazione esattoriale [2] sono speciali e prevedono l’incasso diretto delle somme a ristoro del debito da parte degli agenti della riscossione, in seguito all’esito positivo della procedura di verifica. Il procedimento è notevolmente più veloce rispetto a quello ordinario, in quanto:

– non richiede che venga designato un difensore;

– non necessita l’autorizzazione dal Giudice dell’esecuzione;

– non prevede che venga fissata un’udienza;

– non prevede la citazione del terzo pignorato, né il conseguente passaggio dal giudice dell’esecuzione;

– il terzo è tenuto a effettuare il versamento in base all’atto ricevuto dall’agente della riscossione, senza che vi sia un’ordinanza di assegnazione da parte dell’autorità giudiziaria.

Il procedimento esecutivo presenta, quindi, un carattere derogatorio rispetto alla disciplina prevista dal codice di procedura civile. L’Agente della riscossione, nel caso in cui il contribuente non abbia versato la somma iscritta a ruolo entro i sessanta giorni successivi alla notifica della cartella di pagamento, ovvero i novanta giorni successivi alla notifica dell’accertamento esecutivo, ha la possibilità di avviare l’espropriazione forzata potendo inoltre scegliere se procedere al pignoramento di un bene immobile o di un bene mobile o di un credito del contribuente debitore.

La procedura del pignoramento dei crediti presso terzi

L’Agente della riscossione ha titolo a pignorare un credito vantato dal contribuente nei confronti di un terzo (ed un deposito bancario è, in sostanza, un credito che il correntista vanta nei confronti dell’Istituto di credito) sia con le modalità ordinarie (dettate dalla disciplina processualcivilistica) sia con quelle specifiche [3].

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L’atto con cui vengono pignorati i crediti del debitore verso soggetti terzi può contenere l’ordine impartito al terzo di pagare direttamente il credito all’Agente della riscossione fino a concorrenza del credito per il quale si procede (la banca può quindi essere obbligata a versare all’erario la giacenza esistente sul conto corrente nonché gli eventuali accrediti che su di esso vengano a confluire). In questo caso l’intervento del Giudice dell’esecuzione è eventuale in quanto relegato al solo caso di inottemperanza da parte del terzo, all’ordine di effettuare il pagamento (il giudice interviene solo se la banca non esegue il trasferimento a favore del’Erario delle giacenze sul conto corrente pignorato). Allo scopo di evitare l’inottemperanza e quindi la necessità di adire l’Autorità Giudiziaria, l’Agente della riscossione può adottare la procedura cosiddetta preventiva [4], richiedendo ai soggetti terzi che sono debitori del contribuente iscritto a ruolo di comunicargli per iscritto le cose o le somme che sono da loro dovute al contribuente debitore. L’atto di pignoramento dei crediti del debitore presso terzi [5] può contenere, in luogo della citazione prevista dal Codice di procedura civile [6] l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

– nel termine di sessanta giorni a partire dalla data della notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

– alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

In sostanza il termine entro cui il debitore del pignorato deve adempiere al versamento diretto nei confronti del concessionario della riscossione è di 60 giorni, termine che decorre dalla data in cui è stato notificato l’atto di pignoramento [7].

L’atto di espropriazione forzata esattoriale di crediti può essere redatto anche da parte di dipendenti dell’Agente della riscossione procedente non abilitati

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all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione e, in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione [8].

La disposizione non trova applicazione relativamente ai crediti pensionistici e con i limiti stabiliti per le ipotesi contemplate dal codice di procedura civile [9] secondo cui le somme che sono dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate non oltre la misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge [10].

Limiti di pignorabilità

Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad:

– 1/10 per importi fino a 2.500 euro

– 1/7 per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro [11]

– 1/5 per importi superiori a 5.000 euro.

Resta in ogni caso ferma la misura della pignorabilità pari ad un quinto, nel caso in cui le somme dovute al debitore a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.

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Inoltre, nel caso di accredito delle somme (quali stipendi, salari o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento) oggetto di pignoramento sul conto corrente intestato al debitore, l’obbligo del terzo pignorato (la banca) di trattenere tale importo per poi girarlo all’Agente della riscossione non si estende all’ultimo emolumento accreditato a favore del debitore. In sostanza, l’Istituto di Credito, nel caso in cui venga accreditato sul conto corrente, già pignorato dall’Agente della riscossione, l’ultimo stipendio deve comunque rendere disponibile tale somma al debitore senza poterla acquisire a scomputo delle iscrizioni a ruolo [12]. Rimane esclusa la pignorabilità delle cd. rimesse, vale a dire i versamenti che nel contratto bancario di apertura di credito vengono effettuati dal titolare del conto corrente per ridurre o estinguere il saldo debitore del conto medesimo.

L’Agente della riscossione ha poi la possibilità di utilizzare tutti i dati che affluiscono nell’anagrafe tributaria da parte di tutti gli intermediari e, in generale, gli operatori finanziari, compresa Poste Italiane s.p.a. Ciò mette il Concessionario nelle condizioni di conoscere dove i contribuenti hanno depositate le loro somme o dove sono impiegati i loro risparmi.

Quali sono le tutele giurisdizionali per il contribuente esecutato

Ci si chiede, a questo punto, quali siano gli strumenti giuridici che possono essere utilizzati da parte del contribuente/debitore esecutato al fine di ottenere una tutela giurisdizionale nei confronti dell’atto esecutivo. Secondo la tesi interpretativa prevalente [13] resterebbero escluse dalla giurisdizione tributaria le controversie relative agli atti dell’esecuzione successivi alla notifica della cartella di pagamento.

In campo tributario permane infatti l’esclusione delle ordinarie opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi [14]. Di conseguenza il debitore contribuente potrebbe esercitare il proprio diritto alla difesa, in sede di opposizione agli atti esecutivi, impugnando l’atto di pignoramento. innanzi la giurisdizione ordinaria, davanti al giudice dell’esecuzione.

Per i crediti tributari, tuttavia, le opposizioni [15] sono ammesse solo nei seguenti casi:

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– facendo riferimento all’opposizione all’esecuzione, solo per contestare la pignorabilità dei beni;

– relativamente all’opposizione agli atti esecutivi, per tutti i casi che non riguardino la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo.

Non è quindi possibile un’azione di opposizione agli atti esecutivi [16] avente ad oggetto la mancata notifica della cartella di pagamento (titolo esecutivo), o l’irregolarità formale della stessa.

Altra corrente interpretativa sostiene invece che il contribuente esecutato abbia legittimamente possibilità di impugnare di fronte alla giurisdizione tributaria quello che rappresenta un vero e proprio atto di “esecuzione forzata”, che non contiene la citazione del terzo dinanzi al giudice dell’esecuzione [17]. D’altra parte, nel caso in cui il contribuente eccepisse il difetto di notifica la norma [18] prevede espressamente che la mancata notifica di un atto autonomamente impugnabile (quale ad esempio la cartella esattoriale) ne consente l’impugnazione unitamente all’ultimo atto notificato (ovvero l’atto di pignoramento presso terzi).

Mancato rispetto dei doveri di diligenza: è possibile ipotizzare una azione di responsabilità verso l’Istituto di Credito?

È già stato osservato che la procedura di pignoramento esattoriale presso terzi si concretizza in un rapporto diretto tra Agente della riscossione e terzo (banca), senza che la normativa imponga un obbligo specifico per il terzo di informare tempestivamente il cliente. È possibile, quindi, che l’atto di pignoramento non venga ritualmente notificato al contribuente/debitore, ovvero che sia notificato contestualmente a quello che viene indirizzato all’Istituto di credito che, solitamente, si affretta ad eseguire l’ordine imposto dall’Agente della riscossione.

Ci si chiede quindi se si possa ipotizzare nei confronti dell’Istituto di Credito che, ricevuto l’ordine di versare direttamente nelle casse erariali il credito vantato dall’Agente della riscossione, si affretta ad adempiere a quanto intimato senza notificare alcunché all’intestatario del conto, una responsabilità in merito al dovere

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dare diligente esecuzione del mandato, tenuto conto che secondo quanto viene previsto dal Codice civile la banca risponde secondo le regole del mandato, per l’esecuzione d’incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente [19].

A tale riguardo appaiono certamente interessanti le conclusioni cui è pervenuto l’Arbitro Bancario e Finanziario – Collegio di Roma [20] che ha chiarito che il formale rispetto delle disposizioni in tema di pignoramento presso terzi non esaurisce il panorama degli obblighi gravanti sulla banca, atteso che il rapporto negoziale in essere con il cliente impone alla medesima doveri di trasparenza ed informazione e, pertanto, non può escludersi, a priori una responsabilità dell’Istituto di credito discendente dal dovere generale di diligente e corretta esecuzione del mandato [21].

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