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Il superamento dell associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Pasquale Passalacqua

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Il “superamento” dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro

Pasquale Passalacqua

1. Requiem per l’istituto: il divieto dell’apporto di lavoro da parte di una persona fisica. 329 2. L’applicabilità delle nuove disposizioni alla fattispecie della cointeressenza cd. impropria. 332 3. Le conseguenze della violazione del divieto di apportare prestazioni di lavoro. 333 4. L’espressa salvezza dei contratti in atto fino alla loro cessazione. 335 5. La policentrica disciplina transitoria: le regole da applicare ai contratti già in corso. 336

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1. Requiem per l’istituto: il divieto dell’apporto di lavoro da parte di una persona fisica.

In coerenza con l’intentio di semplificazione e “disboscamento” delle tipologie contrattuali esi- stenti, cade sotto la scure del legislatore del Jobs Act l’istituto dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro, quando l’associato sia una persona fisica.

Così, l’art. 53, primo comma, d.lgs. 81/2015, rubricato “Superamento dell’associazione in parte- cipazione con apporto di lavoro”, dispone che “All’articolo 2549 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Nel caso in cui l’asso- ciato sia una persona fisica l’apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.»; b) il comma terzo è abrogato” 1150.

Ne deriva che, a seguito delle suddette modifiche, l’attuale formulazione dell’art. 2549 del codice civile risulta essere la seguente: “Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. 2. Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’ap- porto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro”.

Dovendo presentare tutte le nuove disposizioni relative all’istituto in esame, segnaliamo imme- diatamente che, ai sensi di quanto espressamente disposto dall’art. 53, secondo comma, d.lgs.

81/2015, “…i contratti di associazione in partecipazione in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazione”, riservandoci, al contempo, di tornare più avanti sull’analisi di questa parte della nuova normativa1151.

Le disposizioni citate del d.lgs. n. 81 del 2015, entrate in vigore il 25 giugno 20151152, trovano il proprio collegamento con i criteri dettati nella legge delega n. 183 del 2014 all’art. 1, comma 7, lett. a), per cui nella redazione del “testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro”, il Governo è chiamato a rispettare, sul punto, i seguenti principi e criteri direttivi “a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo na- zionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali”.

I criteri di delega appaiono molto ampi, tanto da aver suscitato diffusi dubbi sulla loro genericità, ai limiti della cd. “delega in bianco”. Per quanto attiene, in particolare, agli interventi adottati sull’associazione in partecipazione, possiamo osservare che, da un punto di vista formale, qualche dubbio si può sollevare in relazione alla necessaria iscrizione dell’istituto fra le “tipologie contrat- tuali e dei rapporti di lavoro”, ovvero tra le “forme contrattuali esistenti”, giacché si tratta(va) di

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1150 L’incerto termine “Superamento” si traduce, quindi, nel divieto di apporto di lavoro, cfr. anche L.NOGLER, La subordinazione nel d.lgs. n. 81 del 2015: alla ricerca dell’«autorità del punto di vista giuridico», WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 267/2015, 16.

1151 V. infra, §§ 4 e 5.

1152 Art. 57, d.lgs. n. 81 del 2015.

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una forma di lavoro peculiare, configurabile quale controprestazione nello schema tipico dell’as- sociazione in partecipazione1153, come tale non rientrante nelle comuni tipologie contrattuali o nei comuni rapporti di lavoro.

Allo stesso tempo, eccezioni di questo tipo paiono poter essere superate sul piano dell’apprezza- mento complessivo della esplicita ratio della legge delega, tesa a consentire la semplificazione, la modifica o il superamento degli strumenti attraverso i quali il fattore lavoro viene in generale utilizzato, in coerenza con gli indirizzi recenti del giudice costituzionale sui caratteri necessari della legge delega1154.

Calandoci a questo punto nell’analisi della normativa dettata dall’art. 53 del d.lgs. n. 85 del 2015 osserviamo, innanzitutto, che il divieto di apporto di lavoro risponde a istanze in tal senso già circolanti da tempo in dottrina, giustificate dal diffuso utilizzo improprio dell’istituto, quale stru- mento (non unico, ma in buona compagnia con altri, come ad es. il lavoro a progetto) volto di sovente a mascherare rapporti di fatto di lavoro subordinato, come nei casi assorti agli altari delle cronache, non solo giudiziarie, dei cuochi, cassieri, segretarie, commesse etc., figuranti come as- sociati in partecipazione, ma, in realtà, utilizzati tutti come classici lavoratori subordinati1155. La linea d’intervento tranchant qui realizzata si può apprezzare sicuramente in relazione alla ce- sura netta compiuta rispetto agli interventi attuati attraverso la c.d. “Riforma Fornero” del 2012, che, nella logica prescelta, tesa a far sopravvivere l’istituto, ma con poco ossigeno, aveva parto- rito, come ricorderemo, una normativa a dir poco complicata, per non dire eccentrica1156. Allo stesso tempo, il taglio operato non pare potersi rimarginare senza qualche sofferenza, giacché solleva nuove questioni, di stampo non solo esegetico, che, per quel che riusciamo a cogliere, andiamo ad analizzare.

Intanto, il divieto risulta circoscritto. Se, invero, la scure del legislatore si è abbattuta con il peso delle congrue motivazioni ricordate sull’apporto di lavoro conferito da una persona fisica, allo ___________________________________

1153 Tale contratto, secondo l’impostazione prevalente, non è ascrivibile ai contratti associativi, in quanto non è configurabile un eser- cizio in comune di un’attività economica, ma a un contratto di scambio, che per l’associato risulta sostanzialmente aleatorio, in quanto il risultato della partecipazione non è predeterminato dipendendo dall’esito dell’affare, cfr. G. FERRI, Associazione in partecipazione, in Dig. Disc. Priv., Sez. Comm., I, Torino, 1987, 509; cfr., inoltre, G. DE FERRA, Associazione in partecipazione, I, Diritto commerciale, in Enc. Giur., III, Roma, 1988, 1; M. GHIDINI, Associazione in partecipazione, in Enc. Dir., III, Milano, 2007, 849; F. SANTONI, L’associazione in partecipazione, in Tratt. Dir. Priv., a cura di P. Rescigno, 17, Torino, 519. In giurisprudenza cfr. in tale direzione, ad es., Cass., 17 maggio 2001, n. 6757; Cass. 2 giugno 1992, n. 6701; Cass. 18 giugno 1987, n. 5353. Al contempo, non mancano elementi che lo rendono assimilabile per certi versi anche ad un contratto associativo, cfr. già L. SPAGNUOLO VIGORITA, Lavoro subordinato e associazione in partecipazione, in Rass. Dir. Civ., 1965, I, 369; G. FERRI, Associazione in partecipazione, cit., per il quale «La struttura è quella propria dei contratti di scambio, ma la sostanza giuridica è quella dei contratti associativi».

1154 Cfr. sul generale problema di conformità del d.lgs. n. 85 del 2015 ai criteri della legge delega n. 183 del 2014, che tocca in via solo tangenziale l’istituto qui in esame, tra i giuslavoristi A.GARILLI, Occupazione e Diritto del Lavoro. Le politiche del lavoro del governo Renzi, in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT - 226/2014, 7 ss.; V.SPEZIALE, Le politiche del lavoro del Governo Renzi: il Jobs Act e la riforma dei contratti e di altre discipline del rapporto di lavoro, WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 233/2014, 9 ss., anche con riferi- menti alla giurisprudenza costituzionale; nonché, tra i pubblicisti, proprio in relazione ai dubbi sollevati sulla delega contenuti nell’art.

1, comma 7, del d.lgs. n. 81 del 2015, R.RUSSO, La delega in bianco nella giurisprudenza costituzionale, in www.osservatorioaic.it, Osservatorio costituzionale, gennaio 2015.

1155 Nella prospettiva di un auspicabile intervento del legislatore che vietasse la possibilità di apportare prestazioni lavorative di qual- siasi genere da parte dell’associato, già, ex plurimis, P.G.ALLEVA, I lavori atipici: pericolo o opportunità?, in Riv. Giur. Lav., 2000, I, 518;

M.ROCCELLA, Manuale di diritto del lavoro, 4a ed., Torino, 2010, 67.

1156 V. infra, § 5.

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stesso tempo l’espressa delimitazione del divieto fa sì che resti aperta la possibilità per una per- sona giuridica di apportare anche prestazioni di lavoro in qualità di associato.

Una tale possibilità già suscita diffuse perplessità, in quanto renderebbe possibile mascherare sotto lo schermo societario il conferimento di prestazioni di lavoro, attraverso schemi contrattuali costruiti ad hoc, con maggiori perplessità in relazione alle società unipersonali, dove la figura dell’imprenditore e del prestatore di lavoro possono coincidere1157.

Al contempo, va considerato che in tal modo il legislatore non ha voluto impedire la realizzazione di schemi economici da tempo diffusi, in cui altri imprenditori partecipano all’impresa dell’asso- ciante anche attraverso il conferimento di prestazioni di lavoro svolte da proprio personale. Si tratta, invero, di una forma di apporto diremmo “indiretto” di lavoro, conferito dal formale datore di lavoro o committente, il quale ben può e, anzi, deve, a differenza dell’ipotesi ora superata dell’“innominato” apporto di lavoro da parte della persona fisica, vincolarsi con quel soggetto attraverso i consueti schemi contrattuali del lavoro subordinato o autonomo predisposti dal legi- slatore.

Inoltre, segnaliamo che si pone, altresì, un problema di sopravvivenza di disposizioni speciali che consentono, in determinati settori, la stipula di contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro da parte dell’associato persona fisica. Per quanto in nostra conoscenza, segna- liamo che, nell’ambito della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, si pre- vede che “…gli avvocati e le associazioni di cui al presente articolo possono stipulare fra loro con- tratti di associazione in partecipazione ai sensi degli articoli 2549 e seguenti del codice civile”1158. Alla ricerca di una soluzione non facile, da un lato la norma speciale si potrebbe ritenere dotata di un’efficacia tale da resistere all’abrogazione implicita da parte della norma generale successiva (lex posterior generalis non derogat legi priori speciali), anche in quanto l’utilizzo fraudolento dell’istituto dell’associazione in partecipazione, qui in danno del lavoratore avvocato, sembra meno riscontrabile.

Tuttavia, in direzione opposta, si può ritenere che il senso della citata disposizione fosse quello di rendere lecito anche a fini deontologici l’utilizzo di un istituto consentito sul piano generale. Ora, invece, viene stabilito un espresso divieto in merito al conferimento di lavoro, sicché anche que- sta normativa speciale, non trovando più il suo presupposto generale, potrebbe ritenersi abro- gata, in virtù di quanto prescritto dallo stesso decreto sul riordino delle tipologie contrattuali1159.

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1157 Cfr. M.TIRABOSCHI,Prima lettura del d.lgs. n. 81/2015 recante la disciplina organica dei contratti di lavoro, Adapt Labour Studies E- Book Series, 2015, 45, 7.

1158 Art. 4, comma 8, l. 247/2012.

1159 A ben vedere, si tratta della forma di abrogazione definibile come “innominata”, non, quindi, tacita o implicita, ma quale species di quella espressa, giacché il riferimento normativo si può ritrovare nel disposto dell’art. 55, primo comma, lett. m) del d.lgs. n. 81 del 2015, che espressamente dispone la abrogazione delle “disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, non espressamente richiamate, che siano incompatibili con la disciplina da esso introdotta”.

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2. L’applicabilità delle nuove disposizioni alla fattispecie della cointeressenza cd. impropria.

Una questione non affrontata ex professo dal legislatore e, dunque, lasciata all’analisi dell’inter- prete, concerne l’applicabilità delle nuove regole sul divieto di apportare prestazioni di lavoro da parte dell’associato persona fisica per il futuro, anche nell’ambito del contratto di cointeressenza cd. impropria, delineato dall’art. 2554 cod. civ., per cui l’associato mediante il proprio apporto partecipa agli utili, ma non alle perdite1160. La questione si rileva non poco complessa sul piano dei suoi presupposti sistematici, ma, nondimeno, a nostro avviso, si può giungere a ritenere ap- plicabili le nuove disposizioni anche a tale fattispecie, attraverso diverse strade, tutte alla fine convergenti verso il proposto approdo.

Si può giungere alla soluzione proposta in primis sul presupposto che l’apporto di lavoro non possa essere prefigurabile nel contratto di cointeressenza impropria, anche sulla base sul riscon- tro testuale per cui il periodo finale dell’art. 2554 cod. civ. “senza il corrispettivo di un determinato apporto” debba essere riferito a entrambe le forme di cointeressenza, sia impropria (con parte- cipazione agli utili ma non alle perdite) che propria (partecipazione agli utili e alle perdite)1161. Ne deriva che il contratto di cointeressenza in nessun caso, propria o impropria che sia, presuppor- rebbe un apporto da parte dell’associato, risolvendosi, così, in un contratto aleatorio, caratteriz- zato dalla partecipazione dell’associato agli utili o alle perdite, in relazione all’andamento dell’af- fare o dell’impresa gestita dall’associante1162. Abbracciando una lettura del genere (in verità del tutto convincente), sia in passato, che oggi, nonché in futuro, il contratto di cointeressenza non può prevedere un apporto di lavoro da parte dell’associato.

Tuttavia, le medesime conclusioni si possono trarre se si segue quel recente indirizzo giurispru- denziale che fa leva sull’espresso richiamo contenuto nell’art. 2554 cod. civ all’art. 2014 cod.

civ.1163, per sostenere che in caso di apporto di lavoro non possa essere prevista la sola parteci- pazione agli utili, escludendo quella alle perdite, giacché l’art. 2104 cod. civ. impone in tal caso la partecipazione agli utili netti, considerando, quindi, anche le perdite1164. Se si sposa una simile

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1160 Ai sensi dell’art. 2544, primo comma, cod. civ., rubricato Partecipazione agli utili e alle perdite, “Le disposizioni degli articoli 2551 e 2552 si applicano anche al contratto di cointeressenza agli utili di una impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto”.

1161 G. DE FERRA, Della associazione in partecipazione, in A. SCIALOJA,G.BRANCA (diretto da), Commentario del codice civile, Libro quinto.

Del lavoro, artt. 2549-2554, Bologna-Roma, 1973, 119 ss., spec. 122; R.WEIGMANN, Cointeressenza, in Dig. Disc. Priv. Sez. Comm, III, Torino, 1988, 124 e seg.; M. DE ACUTIS, L’associazione in partecipazione, Padova, 1999, 91 ss., spec. 96; G. MIGNONE, L’associazione in partecipazione, in Comm. Cod. Civ. a cura di P. Schlesinger, Milano, 2008, 691 ss.; M.R.DE RITIS, Art. 2554, in E.GABRIELLI (diretto da), Commentario del Codice Civile, in U.SANTOSUOSSO (a cura di), Artt. 2511-2574, Delle Società, dell’azienda, della concorrenza, Torino, 2014, 743-744.

1162 All’evidente eccezione circa la mancanza di controprestazione da parte dell’associato nella forma “impropria”, che condurrebbe alla configurazione di un’ipotesi di liberalità, nello schema della donazione, si replica evidenziando che questa forma si possa svilup- pare in senso multilaterale, ovvero con condizioni di reciprocità tra due o più soggetti, che si obbligano a vicenda a far partecipare l’altro contraente solo agli utili realizzati, cfr. R.WEIGMANN, Cointeressenza, cit., oppure quale negozio accessorio e collegato, ad es. in occasione del trasferimento di partecipazioni azionarie, cfr. M.R.DE RITIS, Art. 2554, cit., 745.

1163 Ai sensi dell’art. 2544, secondo comma, cod. civ., “per le partecipazioni agli utili attribuite ai prestatori di lavoro resta salva la disposizione dell’articolo 2102”.

1164 Cass. 22 novembre 2006, n. 24781, in Lav. Giur., 2007, 6, 627, in motivazione; Cass. 28 maggio 2010, n. 13179.

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prospettiva, ne deriva che la cointeressenza cd. impropria non possa in ogni caso configurarsi con apporto di lavoro.

Ad analoghe conclusioni sostanziali, ma questa volta solo per il futuro, si giunge sul presupposto che invece, risulti possibile stipulare un contratto di cointeressenza impropria con apporto di la- voro da parte dell’associato, come ritiene altra parte della dottrina1165 e la giurisprudenza meno recente1166. In una tale prospettiva, invero, una volta che si ritenga possibile anche la stipula di un contratto di assicurazione in partecipazione senza la partecipazione alle perdite1167, allora non vi sarebbe differenza tra i due contratti, tanto che l’ipotesi della cointeressenza impropria verrebbe a rappresentare solo quella variante dell’associazione in partecipazione in cui siano escluse le perdite per l’associato1168, nella scia dell’indirizzo generale che ritiene la cointeressenza impropria una “figura particolare del contratto di cui all’art. 2549 c.c.”1169. Questa lettura impone di ritenere, pertanto, che il divieto di apportare lavoro espressamente disposto dal legislatore nell’art. 2549 cod. civ. non possa che operare, per il futuro, anche per la cointeressenza.

Occorre, infine, osservare che qualsivoglia lettura si voglia assumere, a nostro avviso si deve giun- gere a ritenere abrogata la parte dell’art. 2554 cod. civ. che fa riferimento all’apporto di lavoro, ora non più possibile1170.

3. Le conseguenze della violazione del divieto di apportare prestazioni di lavoro.

Delineato il loro campo di applicazione, occorre a questo punto spostarci sugli effetti delle nuove disposizioni, ovvero indagare su quali siano le conseguenze derivanti da un contratto di associa- zione in partecipazione che, stipulato dopo la dead line del 25 giugno 2015, continui a prevedere un apporto di prestazioni di lavoro da parte dell’associato.

In base al divieto esplicito ora imposto dall’art. 2549 cod. civ, pur in mancanza di una espressa disposizione sulle conseguenze della sua violazione, pare debba giungersi alla dichiarazione di nullità dell’intero contratto di associazione in partecipazione per contrarietà con norma impera- tiva, data anche la pacifica inderogabilità del divieto per le parti, ai sensi di quanto prescritto in generale dall’art. 1418 cod. civ, primo comma1171.

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1165 M.GHIDINI, L’associazione in partecipazione, Milano, 1959, 127; I. UBERTI-BONA, Cointeressenza, in Enc. Dir., VII, Milano, 1960, 308;

G.FERRI, Associazione in partecipazione, cit., 1987, 506; F.SANTONI, L’associazione in partecipazione, cit., 538.

1166 Cass. 6 novembre 1998, n. 11222, in Riv. It. Dir. Lav, 1999, II, 483; Cass. 8 giugno 1985, n. 3442, in Società, 1986, 148; Cass. 2 agosto 1975, n. 2960, in Riv. Legl. Fisc., 1976, 1549.

1167 Questa possibilità pare consentita dall’art. 2553 cod. civ., che prevede espressamente un possibile “patto contrario” rispetto alla partecipazione sia agli utili che alle perdite; cfr., in giurisprudenza, Cass. 21 febbraio 2012, n. 2496, in Mass. Giur. Lav., 2012, 801;

Cass. 8 ottobre 2008, n. 24871, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, 2, II, 327.

1168 M.GHIDINI, L’associazione in partecipazione, cit., 127; F.SANTONI, L’associazione in partecipazione, cit., 538; in giurisprudenza, Cass.

6 novembre 1998, n. 11222, cit.

1169 Cass. 15 aprile 1993, n. 4473; Cass. 23 gennaio 1996, n. 503, in Giust. Civ., 1996, I, 2318.

1170 V. il già richiamato art. 55, primo comma, lett. m), d.lgs. 81/2015.

1171 La norma dettata dall’art. 1418, primo comma cod. civ, per cui “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente” esprime, per comune opinione, un principio generale volto a disciplinare i casi in cui alla viola- zione di una norma imperativa non si accompagni una specifica previsione di nullità del contratto: M.BIANCA, Il contratto, Milano, 2000, 618; G.DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. Crit. Dir. Priv., 1985, 436; in giurisprudenza, Cass. 7 marzo 2001, n. 3272, in Contratti, 2001, 7, 668.

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Occorre a questo punto chiedersi quali siano le conseguenze derivanti dal suo accertamento, con particolare riferimento alle prestazioni di lavoro rese dall’associato.

Si possono distinguere due ipotesi. Nel caso in cui le prestazioni di lavoro rese si siano svolte con i paradigmi del lavoro subordinato oppure autonomo, il giudice procederà, come avveniva in pre- cedenza, qualificando ex tunc entro quegli schemi le prestazioni rese dall’associato, secondo il consueto giudizio basato sul metodo c.d. tipologico, qui declinato con particolari modalità.

E invero, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza – pur in presenza di massime da cui, prima facie, dedurre la scelta di soluzioni eccentriche, tuttavia smentite dalle articolate motiva- zioni delle stesse sentenze1172 – apprezza gli elementi che caratterizzano i due contratti secondo un criterio di prevalenza, con riguardo alle concrete modalità di attuazione del rapporto1173. Così, da un lato, sul presupposto del riscontro dell’esistenza per l’associato di un rischio di im- presa, si giunge a negare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, rimarcando che quello schema resta caratterizzato dalla presenza del potere direttivo in capo al datore di lavoro, che non sarebbe riscontrabile nel “generico potere dell’associante di impartire direttive”1174; dall’altro, nella medesima prospettiva, ma questa volta ai fini della qualificazione del rapporto negli schemi del lavoro subordinato, si accentua, invece, l’importanza dell’inserimento stabile della prestazione lavorativa nel contesto dell’organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio d’impresa e senza ingerenza nella gestione dell’impresa stessa1175.

Possiamo aggiungere che l’opera di qualificazione del giudice, già, come noto, difficile con ri- guardo alla sussistenza della subordinazione, a causa della ricordata empirica difficoltà di diffe- renziazione di questa rispetto ai poteri esercitati dall’associante nello schema del contratto di associazione in partecipazione1176, si presenta ancor più ardua in relazione alla verifica, oggi, della sussistenza di una fattispecie di lavoro autonomo continuativo, che si concreti in una collabora- zione organizzata dal committente (qui formalmente associante), la quale, laddove accertata, im- plica l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato1177. In questo caso, i confini tra le due ipotesi, direttive impartite legittimamente dall’associante, da un lato, e prestazione

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1172 In tal senso anche F.FERRARO, L’associazione in partecipazione con apporto di lavoro dopo le recenti riforme, in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT, 2014, 221, 16 ss.

1173 Cass. 4 febbraio 2015, n. 2015, in Lav. Giur., 2015, 5, 523; Cass. 8 ottobre 2008 n. 24871; Cass. 12 gennaio 2000 n. 290.

1174 Da ultimo, Cass. 29 gennaio 2015, n. 1692, in Lav. Giur., 2015, 4, 412, per cui l’indagine del giudice di merito deve essere “volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa, il secondo comporta un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare di colui che assume le scelte di fondo dell’organizzazione aziendale”; nella medesima linea, Cass. 27 gennaio 2011, n. 1954, in Arg. Dir.

Lav., 2011, 2, 391; Cass. 18 febbraio 2009, n. 3894, in Lav. Giur., 2009, 6, 625; Cass. 8 ottobre 2008, n. 24871; Cass. 18 aprile 2007, n. 9264; Cass. 7 ottobre 2004, n. 20002; Cass. 17 dicembre 2003 n. 19352; Cass. 5 settembre 2003, n. 13013; Cass. 24 febbraio 2001, n. 2693; Cass. 21 gennaio 2000, n. 290; Cass. 3 febbraio 2000, n. 1188; Cass. 6 novembre 1998, n. 11222.

1175 Cass. 4 febbraio 2015, n. 2015, cit.; Cass. 17 aprile 2014, n. 8977, in Foro It., 2014, 12, 1, col. 3543; Cass. 27 novembre 2013, n. 26522, in Foro It., 2014, 2, 1, col. 507; Cass. 22 maggio 2013, n. 12564; Cass. 28 gennaio 2013, n. 1817; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4524; Cass. 22 novembre 2006, n. 24781, in Lav. Giur., 2007, 627; Cass. 10 agosto 1999, n. 8578; Cass. 23 gennaio 1999, n. 655.

1176 Cfr., inoltre, Cass. 21 febbraio 2012, n. 2496, cit., Cass. 8 ottobre 2008, n. 24871, cit.

1177 Art. 2, primo comma, d.lgs. 81/2015.

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organizzata dallo stesso, ma non tanto da risultare eterodiretta, dall’altro, si assottigliano fino al punto da apparire trasparenti, finendo con l’indurre il giudice ad attribuire maggiore o decisivo peso alla prevalenza o meno degli elementi tipici dell’associazione in partecipazione.

La seconda ipotesi si invera, pertanto, allorché non risulti possibile giungere alla qualificazione del lavoro prestato come subordinato, in assenza dei suoi indici, o anche dei caratteri del lavoro au- tonomo, o comunque, nella prevalenza di quelli tipici dell’associazione in partecipazione.

In questo caso, da quanto osservato deriva che la nullità dell’intero contratto non possa che tra- volgere anche quanto prestato dall’associato come apporto di lavoro, con la precisazione che non può trovare applicazione in un caso del genere l’istituto del lavoro di fatto ex art. 2126 cod. civ, legittimato a operare, come noto, alla stregua di regola speciale, solo con riguardo a fattispecie ascrivibili al lavoro subordinato1178.

Dalla generale azione di nullità deriverà per le parti, allora, la consueta possibile attivazione dei meccanismi restitutori attraverso l’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ, o, in man- canza dei suoi presupposti, attraverso il rimedio residuale dell’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ1179.

Si tratta di effetti che sul piano della tutela della posizione del prestatore di lavoro possono, in- vero, apparire paradossali, anche in relazione all’intentio del legislatore1180, giacché in prece- denza, in mancanza della prova della subordinazione (in ipotesi anche dell’autonomia) del rap- porto di lavoro, il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro da parte di un associato persona fisica, in presenza dei “suoi” presupposti, rimaneva valido, mentre ora viene a cadere sotto la scure della nullità. Tuttavia, dalle descritte conseguenze non pare potersi sfuggire.

Resta da osservare come, in questi casi, avrebbe potuto forse operare con maggiore efficacia dissuasiva una sanzione amministrativa pecuniaria diretta in capo all’associante utilizzatore della prestazione di lavoro dell’associato, come, ad esempio, è stato di recente disposto in materia di violazione dei limiti percentuali di utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato1181. 4. L’espressa salvezza dei contratti in atto fino alla loro cessazione.

Le regole che abbiamo esaminato devono essere applicate ai contratti di associazione in parteci- pazione stipulati a partire dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del d.lgs. 81/2015, mentre

___________________________________

1178 Cfr., ad es., Cass. 8 novembre 2007, n. 23265; Cass. 21 marzo 2006, n. 6260; Cass. 25 agosto 2005, n. 17330; sull’istituto, da ultimo, P.CAMPANELLA, Prestazione di fatto, in M.PERSIANI,F.CARINCI (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, in M.MARTONE (a cura di), Contratto di lavoro e organizzazione, t. I, Contratto e rapporto di lavoro, Padova, 2012, 349 ss. e ivi ulteriori ampi riferimenti.

1179 Si ritiene che in caso di prestazioni di facere, come quella di lavoro, l’azione di ripetizione non sia esperibile da parte del prestatore di lavoro, residuando, pertanto, quella di arricchimento senza causa: Cass. 8 novembre 2005, n. 21647; Cass. 19 agosto 1992, n. 9675.

1180 Secondo la Relazione illustrativa governativa sulle tipologie contrattuali presentata alla Camera, anche l’abrogazione delle dispo- sizioni sul lavoro a progetto e dell’associazione in partecipazione con apporto lavoro “rientra nel quadro della promozione del lavoro subordinato”, in quanto considerati “«tipi» contrattuali sovente abusati, per acquisire sotto mentite spoglie prestazioni di lavoro su- bordinato”.

1181 La sanzione, introdotta dal d.l. 34/2014 e ora viene riproposta dall’art. 23, comma 4, d.lgs. 81/2015, è pari al 20 o al 50 per cento della retribuzione, a seconda che il numero dei lavoratori assunti in soprannumero sia uno o superiore a uno.

(9)

viene disposta la salvezza dei rapporti in corso1182.

La formula qui utilizzata dal legislatore risulta meno precisa di quella adottata nell’articolo prece- dente del medesimo d.lgs. 81/2015, dove, in relazione al “Superamento del contratto a progetto”

si dispone che “Le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto”1183.

Nel nostro caso, invece, non viene espressamente disposta la sopravvivenza delle disposizioni abrogate per il futuro al fine di regolare i rapporti in corso, ma, tuttavia, questa appare l’unica logica conseguenza connessa alla loro disposta sopravvivenza, per la quale, dunque, non possono che rimanere vigenti quelle regole.

Quanto all’ambito di applicazione delle suddette disposizioni, un dubbio attiene al significato da attribuire alla salvezza dei contratti in atto “fino alla loro cessazione”.

A nostro avviso, qui può, invece, da una differenza formale emergere una differenza sostanziale rispetto a quanto disposto dal legislatore nella disposizione in precedenza citata circa il supera- mento del lavoro a progetto. Invero, soltanto per l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro si fa riferimento espressamente alla loro cessazione come termine ultimo di utilizzo di que- sta fattispecie, mentre, nel caso del lavoro a progetto, tale riferimento manca.

Ne deriva, a nostro avviso, che, mentre nel caso del lavoro a progetto resta quantomeno aperta la possibilità di ritenere possibile disporre proroghe (in ipotesi illimitate) della durata dell’origina- rio contratto di lavoro a progetto, nel nostro caso la più stentorea formula utilizzata dal legislatore non pare, invece, consentirlo. Pertanto, in caso di perdurante esigenza di prestazioni di lavoro alla scadenza dei contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro in essere, que- ste dovranno, dunque, essere formalizzate nelle ordinarie forme previste dall’ordinamento e non più quale apporto di lavoro in quello schema contrattuale.

5. La policentrica disciplina transitoria: le regole da applicare ai contratti già in corso.

Ai contratti di associazione in partecipazione in corso vanno dunque applicate le precedenti re- gole, tanto da indurci a dover far riferimento anche a queste nel presente contributo, giacché, pur nel vigore della nuova normativa, le aule dei tribunali potranno essere occupate ancora per anni da questioni relative ai “vecchi” contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro da parte di una persona fisica.

La situazione, in realtà, appare non poco complessa. Invero, gli operatori del diritto si trovano dinanzi contemporaneamente diversi nuclei normativi, che regolano i contratti di associazione in partecipazione, in relazione alla loro data di stipula: a) il primo, in relazione alla normativa ante 2003, che non dettava, se non per aspetti marginali1184, regole esplicite sotto il profilo sostanziale in ordine all’apporto di lavoro nello schema dell’associazione in partecipazione; b) il secondo, in ___________________________________

1182 Art 53, secondo comma, d.lgs. 81/2015, per cui “I contratti di associazione in partecipazione in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazione”.

1183 Art. 52, primo comma, d.lgs. 81/2015.

(10)

relazione alla normativa introdotta dal d.lgs. 276/2003; c) il terzo, con riferimento alle modifiche apportate dalla l. 92/2012 (c.d. “Legge Fornero”); d) il quarto, in relazione alle successive innova- zioni apportate dal d.l. 76/2013 (c.d. “Decreto Letta”, come integrato dalla relativa legge di con- versione); e) solo come quinto, la nuova normativa introdotta dal c.d. “Jobs Act” su cui ci siamo già soffermati, per i contratti stipulati a partire dal 25 giugno 2015.

Nel riassumere in sintesi i caratteri dei suddetti nuclei, per i contratti, se ancora sussistenti, stipu- lati in epoca antecedente al d.lgs. 276/2003, le uniche regole disposte dal legislatore riguarda- vano l’applicazione di alcune tutele di stampo previdenziale, quali il diritto all’assicurazione con- tro gli infortuni e le malattie professionali1185 e la copertura pensionistica1186, ferma sempre la possibilità di richiedere, ricorrendone i presupposti, l’accertamento della sussistenza di un rap- porto di lavoro subordinato o autonomo, in luogo del contratto di associazione in partecipazione formalizzato tra le parti.

In seguito, oltre alle regole precedenti menzionate, ha trovato applicazione la norma imposta (allora) dal legislatore del 2003, che prescriveva l’applicazione dei trattamenti economici e nor- mativi del lavoro subordinato “in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora”1187. La norma risultava molto innova- tiva nella sua ratio, quella di estendere le tutele del rapporto di lavoro subordinato al di fuori di quella fattispecie1188, ma ebbe scarsa fortuna, in quanto il requisito delle “adeguate erogazioni”, risultava in realtà eccentrico rispetto a quello schema contrattuale, che non assicura espressa- mente un tale diritto all’associato1189. Inoltre, in dodici anni ha avuto un solo riscontro edito nella giurisprudenza1190, che la ha in un certo senso scavalcata, in quanto di fronte alla presenza di indici della subordinazione, ha sempre direttamente proceduto alla qualificazione del rapporto formalmente associativo come di lavoro subordinato1191, fino a che il legislatore del 2012 non giunse laconicamente ad abrogare la norma citata1192.

___________________________________

1185 Corte Cost. 15 luglio 1992, n. 332, in Foro It., 1992, I, col. 2903, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.p.r. n.

1124/1965 nella parte in cui non prevede tra le persone assicurate gli associati in partecipazione che prestino opera manuale o non manuale alle condizioni di cui al n. 2 dello stesso art. 4, in quanto l’associato lavora sotto le direttive dell’associante e, quindi, pur in mancanza della subordinazione di cui all’art. 2094 c.c., è esposto al medesimo rischio del lavoratore subordinato.

1186 Art. 43, primo comma, d.l. 30 settembre 2003, n. 269; per la determinazione della relativa aliquota contributiva, art. 1, 79° comma, I e II periodo, l. 247/2007, come modificato dall’art. 2, 57° comma l. 92/2012, a sua volta modificato dall’art. 46-bis d.l. n. 83/2012, convertito con 7 agosto 2012, n. 134.

1187 Art. 86, secondo comma, d.lgs. 276/2003.

1188 Un’idea questa, che, per quanto è dato comprendere, viene riproposta oggi in relazione alle collaborazioni personali e continua- tive, alle quali “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”, laddove le “modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” (art. 2, primo comma, d.lgs.

81/2015).

1189 Invero, nello schema dell’associazione in partecipazione occorre sempre far riferimento all’andamento della gestione, che, in mancanza di utili può condurre legittimamente a non corrispondere alcuna erogazione all’associato stesso, A.VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, Torino, 2012, 38, nonché, si consenta, P.PASSALACQUA, La nuova disciplina del lavoro autonomo e associato, Torino, 2012, 208 ss.

1190 Cass. 24 febbraio 2012, n. 2884.

1191 Lo rileva P. TOSI, Associazione in partecipazione, in F.CARINCI,M.MISCIONE (a cura di), Commentario alla Riforma Fornero (Legge n.

92/2012 e Legge n. 134/2012), in Dir. Prat. Lav. Suppl. n. 33 del 15 settembre 2012, 144.

1192 Art. 1, comma 31, l. 92/2012.

(11)

Successivamente, per i contratti di associazione in partecipazione conclusi dopo l’entrata in vigore delle regole introdotte dalla cd. legge Fornero, cioè a partire dal 18 luglio giugno 2012, nonché per quelli allora in atto conclusi in precedenza, con eccezione solo per quelli già certificati1193, trovano ancora applicazione le regole allora fissate.

In primis, quella normativa introdusse un secondo comma all’art. 2549 cod. civ., che imponeva un limite numerico massimo di tre associati, con previsione, in caso di sua violazione, di trasfor- mazione del rapporto di lavoro di tutti gli associati in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato1194. Il predetto limite, che non appare eccessivo definire almeno bizzarro, ha susci- tato immediatamente diffuse e unanimi critiche, sia sul piano esegetico che su quello sistemico da parte degli interpreti1195, volte a suggerirne anche una rapida eliminazione, anche ad opera della Corte Costituzionale1196. Tuttavia, se la norma è stata decapitata per il futuro, rimane ancora a regolare i rapporti già in corso.

Inoltre, il legislatore del 2012 ha introdotto, al di fuori dell’art. 2549 cod. civ., un’ipotesi di pre- sunzione relativa in riferimento ai “rapporti di associazione in partecipazione con apporto di la- voro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile”; questi “si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”1197. La suddetta presunzione trovava applicazione anche in relazione ai rapporti che non presentassero i requisiti di cui all’art. 69-bis, comma 2, lettera a), d.lgs. 276/20031198. Dalla struttura della norma si evince che i tre indici vadano considerati distinti e alternativi, sicché la presenza di uno solo di essi, in assenza di prova contraria, fa scattare la presunzione di subor- dinazione1199. In mancanza di diverse indicazioni espresse del legislatore, tale sistema risultava applicabile anche ai rapporti allora in corso.

___________________________________

1193 Art. 1, comma 29, l. 92/2012, per cui “Sono fatti salvi, fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.

1194 Il previgente art. 2549, secondo comma, cod. civ. prescriveva che “Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una presta- zione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Il sud- detto secondo comma è stato aggiunto all’art. 2549 cod. civ. dall’art. 1, 28° comma l, 92/2012.

1195 F. SANTONI, L’associazione in partecipazione con apporto di lavoro, in M.CINELLI,G.FERRARO E O.MAZZOTTA (a cura di), Il Nuovo mercato del lavoro, dalla riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Torino, 2013, 168 ss.; A. VALLEBONA,P.PIZZUTI,Associazione in partecipazione, in G. Pellacani (a cura di), Riforma del lavoro, Milano, 2012, 187 ss.; P. TOSI, Associazione in partecipazione, cit., 142 ss., nonché P.PASSALACQUA, La nuova disciplina, cit., 208 ss.

1196 Oltre agli autori citati nella nota precedente, A. VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., 37; T. TREU, Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2013, 1, 34.

1197 Art. 1, comma 30, primo periodo, l. 92/2012.

1198 Art. 1, comma 30, secondo periodo, l. 92/2012. Le perplessità maggiori restano legate a questo terzo requisito, oggi acuite dal contemporaneo superamento dell’istituto del lavoro a progetto e al suo confuso sistema di presunzioni introdotto dalla legge 92/2012 ad opera del medesimo d.lgs. 81/2015. Il richiamato art. 69-bis, secondo comma, lett. a), d.lgs. 276/2003, introdotto dall’art. 1, 26°

comma, l. 92/2012, faceva riferimento alla prestazione di lavoro “connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attra- verso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’eser- cizio concreto di attività”. Tale norma viene espressamente abrogata dall’art. 52, primo comma, d.lgs. 81/2015.

1199 Sul tema, da ultimo, F.FERRARO, L’associazione in partecipazione, cit., 8 ss. e ivi ulteriori riferimenti.

(12)

Da tale sistema di presunzioni legali si è giunti, peraltro, fino a dedurre la possibilità, per l’asso- ciante, di fornire la prova della sussistenza di quegli stessi elementi sulla cui mancanza si fonda la presunzione relativa, al fine di ottenere ex se l’accertamento di un genuino contratto di associa- zione in partecipazione, pur in presenza degli indici della subordinazione1200. Tuttavia, un simile effetto non sembra potersi agevolmente dedurre dalla lettera della legge, che si sviluppa su un diverso e più limitato crinale, volto, in presenza di uno degli indici e in assenza di prova contraria, a presumere, appunto, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, ma non giunge(va) a consentire de plano l’operazione inversa1201.

Occorre, al contempo, chiarire che il suddetto sistema delle presunzioni relative legali non può più trovare applicazione per il futuro, data l’espressa abrogazione delle relative disposizioni1202, e, dunque, a nostro avviso, neanche ai rapporti in corso, in relazione a controversie instaurate a partire dal 25 giugno 2015, in quanto il legislatore del Jobs Act, al contrario di quanto espresso con riferimento alla salvezza dei contratti in atto fino alla loro cessazione, nulla dispone per limi- tare le consuete conseguenze dell’abrogazione di tali disposizioni.

Pertanto, anche nelle controversie relative all’accertamento della subordinazione in capo all’as- sociante in caso di conferimento di prestazioni di lavoro da parte di un’associante persona giuri- dica, l’accertamento del giudice non potrà avvalersi di un tale sistema, dovendo così tornare ai consueti e classici criteri utilizzati dalla giurisprudenza, fondati sul riscontro della prevalenza di fatto tra gli elementi caratterizzanti il contratto di associazione in partecipazione rispetto a quello di lavoro1203.

Proseguendo, attraverso le disposizioni introdotte nel 2013 dal c.d. “Decreto Letta”, fu inserito un ulteriore terzo comma all’art. 2549 cod. civ., teso a sottrarre alcune fattispecie dalle rigide maglie del limite dei tre associati in determinate ipotesi1204, che ha trovato applicazione, a partire dal 23 agosto 2013, sia per i contratti in corso che per quelli stipulati a partire da tale data. Lo stesso “Decreto Letta” ha provveduto, inoltre, a estendere anche ai lavoratori (allora) impegnati ___________________________________

1200 A.RICCARDI, I limiti alla deducibilità di prestazioni lavorative in rapporti di associazione in partecipazione, in WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT, 2012, 156, 20 ss., spec. 24.

1201 In giurisprudenza, Cass. 10 giugno 2005, n. 12261, in Arg. Dir. Lav., 2006, 830, per cui il riscontro positivo sulla presenza del diritto dell’associato al rendiconto e della sensibilità al rischio d’impresa “non consente (a rigore) di escludere il lavoro subordinato”; in tal senso anche F.FERRARO, L’associazione in partecipazione, cit., 16 ss.

1202 Art. 55, primo comma, lett. h), d.lgs. 81/015, che dispone l’espressa abrogazione dell’art. 1, commi 13 e 30 l. 92/2012.

1203 Supra, § 3. Così, dato il superamento per il futuro del sistema delle presunzioni, si può tornare all’indirizzo classico, sul quale ad es. Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728, in Arg. Dir. Lav., 2010, 3, 797, per cui, in caso di mancata prova della subordinazione, “…non occorre, ai fini del rigetto della domanda, che sia provata anche l’esistenza del diverso rapporto dedotto dalla controparte (nella specie, di associazione in partecipazione), dovendosi escludere che il mancato accertamento di quest’ultimo equivalga alla dimostrazione dell’esistenza della subordinazione, per la cui configurabilità è necessaria la prova positiva di specifici elementi che non possono rite- nersi sussistenti per effetto della carenza di prova su una diversa tipologia di rapporto”; Cass. 20 settembre 2010, n. 19833; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1584; Cass. 8 ottobre 2008, n. 24871.

1204 Il terzo comma dell’art. 2549 cod. civ. disponeva che “Le disposizioni di cui al secondo comma non si applicano, limitatamente alle imprese a scopo mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall’organo assembleare di cui all’articolo 2540, il cui con- tratto sia certificato dagli organismi di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonché in relazione al rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento”. Il suddetto terzo comma è stato aggiunto dall’art. 7, comma 5, lett. a), numero 2-bis, d.l.

77/2013, che ha così modificato l’art. 1, comma 28 l. 92/2012. Il numero 2-bis, in riferimento all’associazione in partecipazione, è stato aggiunto dalla legge di conversione n. 99 del 2013.

(13)

sia con contratto di lavoro a progetto che con contratto di associazione in partecipazione la par- ticolare tutela fissata in caso di dimissioni dalla “Legge Fornero” del 2012 in favore dei lavoratori subordinati1205. Infine, la normativa del 2013 aveva previsto anche un articolato sistema per pro- cedere alla stabilizzazione degli associati in partecipazione con apporto di lavoro, al momento oramai da tempo superato, giacché applicabile soltanto nel periodo compreso fra il 1° giugno 2013 e il 31 marzo 20141206.

Attraverso strade tanto tortuose, il percorso conduce, infine, alla normativa del 2015, sul divieto di apporto di lavoro da parte dell’associato persona fisica, che pare rappresentarne l’approdo definitivo.

___________________________________

1205 Art. 4, 23° comma-bis l.92/2012, introdotto dall’art. 7, quinto comma, lett. d), n. 1, d.l. 76/2013, convertito, con modificazioni, dalla l. 99/2013. Anche la suddetta norma sulla formalizzazione del recesso da parte dell’associato che apporti lavoro, va considerata per il futuro abrogata, in mancanza della fattispecie a cui riferirsi, e, comunque, in applicazione della previsione generale dettata dall’art. 55, primo comma, lett. m) d.lgs. 81/2015 per cui, come già ricordato, sono abrogate “le disposizioni vigenti alla data di entrata

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