• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 1 ASPETTI GIURDICI E SOCIALI DELL’AFFIDO FAMILIARE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 1 ASPETTI GIURDICI E SOCIALI DELL’AFFIDO FAMILIARE"

Copied!
19
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 1

ASPETTI GIURDICI E SOCIALI

DELL’AFFIDO FAMILIARE

(2)

1.1 La famiglia e i suoi mutamenti storici

Nel tempo la famiglia, come la società, è andata modificandosi: dal modello patriarcale si è passati alla famiglia a modello nucleare.

Si parte da una famiglia estesa, costituita dalla convivenza di diverse generazioni, una vera e propria comunità di produzione e consumo dominata dalla figura del capo famiglia, titolare di un potere decisorio assoluto e incontrollato.

Da questo modello di famiglia si passa gradualmente, in un processo plurisecolare, ad un'altra molto più ristretta e spesso limitata al solo rapporto di coniugio o di filiazione.

Nascono quindi nuovi modelli istituzionali e soprattutto quello della famiglia come società di uguali in cui ciascun componente conferisce il suo contributo autonomo e responsabile.

La trasformazione più importante della famiglia, nell'epoca moderna, sta dunque nella trasformazione relativa al numero di membri che la compongono e per le modalità di formazione.

Con l’incrementarsi dei rapporti di convivenza, delle separazioni e dei divorzi si creano: famiglie di fatto, unipersonali, monoparentali, allungate (i figli rimangono in casa fino all’età avanzata), strette (aumenta la longevità ma diminuiscono i figli), ricongiunte (quelle degli immigrati extracomunitari), ricomposte (in seguito a separazioni o divorzi).9

9

F. Franzoni, M. Anconelli, La rete dei servizi alla persona, dalla normativa all’organizzazione, Carocci Faber, Roma, 2006.

(3)

Significativo è il passaggio alla società industriale che ha modificato indicativamente il lavoro interno alla famiglia inserendo la donna nel

mondo del lavoro e facendole assumere una “doppia presenza”10, due

consistenti impegni lavorativi: uno dentro casa, specie se sposata con figli e uno fuori casa.

E' circa la famiglia nel suo modello ridotto che la Costituzione Repubblicana considera essa come società naturale, come gruppo intermedio tra lo Stato e il cittadino, riconoscendone i diritti inviolabili come formazione sociale ove si sviluppa la personalità dei suoi membri (artt. 211 e 2912).

Il precedente ordine familiare, Codice Civile del 1942, aveva preso in considerazione parametri piuttosto rigidi circa il concetto di famiglia, come ad esempio l’indissolubilità del matrimonio, principio in seguito eliminato nel 1970 con la legge sul divorzio n. 898, la disuguaglianza tra i coniugi, la discriminazione circa la filiazione.

Successivamente nel 1975 con la legge n. 151 questa rigidità è andata modificandosi nel rispetto dell’autonomia individuale dei membri della famiglia.

Partendo dal termine famiglia, l’art. 29 della Costituzione si riferisce alla famiglia legittima ossia fondata sul matrimonio e assicura ad essa la sua sfera di inviolabilità e di libertà:

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale

fondata sul matrimonio”.13

10

E. Mingione, E. Pugliese, Il lavoro, Carocci, Roma, 2009, p.73. 11

Art. 2 Cost.: “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali……..”.

12

Art. 29. Cost.: “ La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale…..”.

13

(4)

Nel medesimo articolo si parla del “….matrimonio ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti

dalla legge a garanzia dell’unità familiare…”14.

Il concetto di famiglia è legato attualmente a “... pluralità di relazioni, la cui natura familiare, in base alla comune esperienza sociale, è data dalla sussistenza di vincolo di vario genere: giuridici, come il

matrimonio, l’affinità e l’adozione, …”.15

Nel nostro ordinamento giuridico sono presenti varie norme che riconoscono, per particolari effetti, la convivenza more uxorio, unioni libere basate solo sul consenso dei partner e sul loro rapporto affettivo.

In alcune situazioni la giurisprudenza stessa ha ritenuto opportuno applicare per analogia alla famiglia di fatto la disciplina della famiglia legittima, pur non essendo “contrattualizzata” con l'istituto del matrimonio.

È ad oggi ancora pienamente in corso il processo di mutamento sociale legato al cambiamento della famiglia che proseguirà anche grazie alle pronunce europee in questo ambito.

La famiglia non osserva quindi solo le norme del diritto ma assume diversi significati anche in base ai differenti contesti sociali in cui è inserita.

L’istituto della famiglia, come abbiamo detto, è andato quindi a modificarsi poiché influenzato da differenti discipline di approccio sociologico, psicologico, giuridico ecc…, che a loro volta vengono a modificarsi nel tempo.

14

Art. 29 Cost. comma 2. 15

(5)

Il diritto di famiglia quindi è “...L’ insieme di norme giuridiche che

disciplinano queste relazioni …”.16

Termino dicendo che l’evoluzione del concetto di famiglia all’interno della società ne sta modificato il concetto anche a livello giuridico. Essa è intesa come comunità di soggetti uguali, sia tra loro e relativamente alle responsabilità verso i figli, qualunque sia il loro legame relativo al rapporto di procreazione.

Una svolta importante per poter inserire il minore al centro dell’interesse, attraverso l’uguaglianza tra i coniugi ma anche tra i figli, si è avuta con la legge n. 219 del 2012, la quale supera la distinzione tra filiazione legittima e filiazione naturale o illegittima. Non sto ad elencare tutte le riforme che si sono susseguite negli anni ma sicuramente si è andati verso una legislazione che ha rafforzato gli strumenti di tutela dei figli, per sollecitare una maggior attenzione verso i loro diritti, i loro bisogni, da parte dei genitori, delle famiglie stesse e dello Stato.

16 Ivi p. 3.

(6)

1.2 I servizi sociali

Parlando dell’evoluzione in materia riguardante l’ambito dei servizi sociali, si parte da una situazione molto frastagliata affiancata da un concetto di beneficienza per arrivare negli anni ad un welfare di tipo universalistico.

Mettere insieme tutte le dimensioni che hanno caratterizzato i cambiamenti a livello di servizio sociale è estremamente complesso per cui, al fine di definire una cornice pertinente all’argomento dell’elaborato, si cercherà di porre attenzione agli aspetti ritenuti maggiormente attinenti e significativi.

Il concetto di beneficienza, caratterizzato da un modello solidaristico, con il tempo si trasforma in assistenza, assistenza sociale, dove lo Stato va a istituire un aiuto rivolto a tutti i cittadini in difficoltà.

La stessa Carta Costituzionale della Repubblica Italiana nel 1948 l’art.

3817 afferma il diritto all’assistenza del cittadino e nello stesso tempo

sembra trasparire la necessità di riconoscere nuove strutture e professioni dedicate.

La figura dell’assistente sociale inizia a prendere forma e nel 1965 nacque A.S.I.S.S., l’Associazione Scuole Italiane di Servizio Sociale, con lo scopo di realizzare una revisione nell’organizzazione e portare ad un riconoscimento professionale e quindi ad una valorizzazione del servizio sociale come disciplina scientifica.

17

Art. 38 Cost.: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia…

(7)

Il primo approccio metodologio definito case work si concentrava nel porre l’attenzione sul soggetto portante del bisogno: si poneva l’accento sul problema individuale cercando di farlo emergere attraverso tecniche di osservazione ed ascolto .

Successivamente si introduce un approccio centrato sulla comunità comunity-work, metodo che consisteva nel coinvolgere le persone in merito alle esigenze della loro comunità.

Gli anni ‘70 sono caratterizzati da un forte sviluppo scientifico, tecnologico ed economico che conduce alla nascita di nuovi bisogni poiché, grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, aumenta la popolazione anziana e quindi la necessità di creare servizi dedicati, mentre con l’incremento dell’occupazione femminile, anche di servizi legati all’infanzia.

Nel 1977 con il D.P.R. n. 616 viene individuato l’ente Comune come autonomo e con competenze socio-sanitarie, permettendo ai servizi di iniziare a muoversi in una dimensione territoriale, mentre la potestà legislativa, con il decentramento amministrativo, è in carico alle Regioni.

Sono questi anni attraversati da riforme significative in termini di apertura del servizio sociale al territorio, di valorizzazione dell’assistenza in termini universalistici e di acquisizioni di competenze utili a saper promuovere la partecipazione diretta dei soggetti.

Si possono citare, come leggi significative la Riforma sanitaria (legge n. 833 del 1978), la chiusura degli ospedali psichiatrici (legge n. 180 del 1978) e la legge sui consultori familiari (legge n. 405 del 1975) Nel 1987, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 14, si ha il riconoscimento della professione di assistente sociale, con la legge

(8)

23 marzo 1993 n. 84 si ottiene l’Albo Professionale e nel 2002 l’istituzione di un codice di deontologia per l’assistente sociale.

Gli anni successivi sono caratterizzati da una significativa spinta all’associazionismo, al volontariato, alla cooperazione sociale, significativo diventa il ruolo del cosiddetto terzo settore, cooperative sociali, associazioni che attivano interventi rivolti anche alla cura e alla riabilitazione.

In questa dimensione il servizio sociale assume una funzione di attivatore di risorse e strategie nel territorio stesso.

Solo con la legge n. 328 del 2000; “Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali”, si arriverà ad un riconoscimento del ruolo dei servizi in termini di reale integrazione e valorizzazione, visto che già nell’art. 1 “… assicura alle persone ed

alla famiglia un sistema integrato di interventi e servizi sociali …”18 e

nell’art. 16, “Valorizzazione e sostegno delle responsabilità”19,

assegna al sistema integrato il compito di valorizzare le potenzialità della famiglia.

In tale contesto il servizio sociale si orienta nell’incremento di tecniche e metodologie che si specializzano verso la programmazione e la progettazione dei servizi.

18

Art. 1 legge n. 328 del 2000 “la Repubblica assicura alle persone e alla famiglia un sistema integrato di interventi e servizi sociali ... previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia…”.

19

Art. 16 legge n. 328 del 2000 “Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione l mutuo aiuto e l’associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi.”

(9)

In merito al tema servizi sociali e famiglia si evidenzia come l’art. 31

della Costituzione20 ponga l’obbligo di attivare servizi e interventi volti

alla tutela della famiglia.

Significativa circa l’affido familiare è la legge n. 184 del 4 maggio 1983, modificata dalla legge 28 marzo 2001 n. 149 “Diritto del minore ad una famiglia” dove viene specificato che “l’affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale” e ad esso è attribuito il monitoraggio dell’affidamento durante tutto il percorso col dovere di tenere informato il giudice tutelare o il Tribunale per i Minorenni circa l’andamento.

I servizi sociali hanno compito di sostegno educativo e psicologico, ponendosi come obiettivo quello di favorire il rientro del minore nella propria famiglia d’origine, favorendo i contatti del minore con la stessa e sostenendo quest’ultima al superamento delle cause che hanno determinato il distacco.

Inoltre, lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali in base alle proprie competenze e disponibilità finanziare devono impegnarsi in un sostegno economico e strutturale alle famiglie affidatarie.

Infine da un punto normativo si ritiene rilevante citare la legge n. 285 del 1997 la quale prevedendo “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, ha offerto in termini di servizi per famiglia e minori, opportunità per iniziare a lavorare in base a progetti di partnernariato e di progettazione con l’istituzione del relativo fondo nazionale dedicato.

È infatti significativo il valore che assegna alla promozione, allo sviluppo dei diritti e della qualità della vita dei minori, andando a

20

Art. 31 Cost.: “ la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie

numerose.

(10)

favorire l’ambiente più idoneo, sia esso di famiglia naturale, affidataria o adottiva.

L’affido familiare sarà meglio sviluppato nel capitolo relativo alla legge regolante l’intervento.

(11)

1.3 Il minore al centro del diritto

All’interno del nostro ordinamento costituzionale è sancita la posizione del minore quale centrale soggetto di diritto.

Nell’art. 30 comma 1 della Costituzione si afferma che: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati

fuori del matrimonio.” esi riconosce l’importanza di tale diritto anche

nel comma 221, nel quale si espone che qualora ci sia incapacità dei genitori ad assolvere i loro compiti, a predisporre forme di tutela in favore della famiglia dovrà essere lo Stato.

Collegato all’art. 30 abbiamo l’art. 3122 della Costituzione dove lo Stato

si impegna inoltre a favorire gli istituti necessari per proteggere maternità, infanzia e gioventù, riconoscendone quindi il valore e l’importanza.

L’art. 315 bis del Codice Civile23 afferma che il minore deve rispettare i

genitori ed è soggetto, nell’art. 31624, alla potestà di essi fino alla maggiore età o all’emancipazione.

Contestualmente la potestà può essere associata alla responsabilità dei genitori i quali hanno il dovere di mantenere, educare ed istruire la prole presso di loro (artt. 147, 261, 279 C.C.), proteggendola, sostenendola, promuovendone il benessere fisico, psichico…

21

Art. 30 Cost. comma 2: “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.”.

22

Art. 31 Cost.: “ …protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”

23

Art. 315 bis C.C. comma 4: “Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”.

24

Art. 316 C.C. comma 1: “il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione.”.

(12)

insomma “quell’insieme di poteri-doveri, finalizzati alla crescita spirituale e fisica del figlio, da esercitarsi nel rispetto delle sue

capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.25

Qualora la famiglia non sia adempiente nella tutela del minore, il Tribunale ricorre alla misura dell’affidamento amministrativo ai servizi sociali.

L’istituto dell’affidamento amministrativo di minorenni al servizio sociale nasce, dal punto di vista giuridico con la legge n. 888 del 1956, esso ha un orientamento a carattere giudiziario tanto che si rivolge, in

primis, a minori “devianti nella condotta e nel carattere”26 sottoposti a

provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria con finalità di tipo rieducativo, ma anche di controllo.

La stessa legge all’art. 26 recita che: “la misura di cui all’art. 25 n. 1 (affidamento al servizio sociale) può altresì essere disposta quando il minore si trovi nella condizione prevista dall’art. 333 del codice civile” ovvero per quei minori “i cui genitori serbano una condotta pregiudizievole nei loro confronti”.

Il provvedimento di affidamento civile ai servizi sociali emesso dalla magistratura minorile, diviene una prassi giuridica molto diffusa presso i Tribunali per i Minorenni che si estende anche ai Tribunali ordinari, sezione civile.

25

M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Cedam, Padova, 2011, p. 228. 26

Art. 25 legge 888 del 1956: “quando un minore di anni 18 dà manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere, il Procuratore della Repubblica, l’ufficio del servizio sociale minorile, i genitori, il tutore, gli organismi di educazione, di protezione, di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza, possono riferire i fatti al Tribunale per i Minorenni, il quale, a mezzo di uno dei suoi componenti all’uopo designato dal presidente, esplica approfondite indagini sulla personalità del minore e dispone con decreto motivato una delle seguenti misure:

1) affidamento del minore al servizio sociale minorile;

(13)

Le sue caratteristiche di flessibilità e duttilità ne fanno un utile

strumento per la protezione dei minori.27

In caso di grave o reiterato inadempimento dei suddetti doveri, qualora i genitori abbiano un comportamento pregiudizievole nei confronti del minore, si ricorre agli artt. 33028 e 33329 C.C. dove si trovano possibili limitazioni di responsabilità genitoriale e in casi più gravi, il giudice potrà arrivare all’allontanamento del minore dal nucleo o alla dichiarazione dello stato di adottabilità.

Ad ulteriore rafforzamento del sistema di protezione è opportuno citare un’altra importante legge, la n. 154 del 200130, nella quale si evince che il giudice dispone dell’autorità di allontanare dalla casa familiare, in caso di violenza, il coniuge o il convivente responsabile. Le diverse misure limitative della potestà, decise in base alla gravità del pregiudizio creato al minore, sono fondamentali per garantire la tutela e gli interessi dello stesso.

27

D. Cremasco Cicli di seminari, negli anni 1993 e 1994, presso la scuola diretta a fini speciali per assistenti sociali (CEPAS) per il corso di Politica dei Servizi Sociali

28

Art. 330 C.C. : “il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ed essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tal caso, per gravi motivi, il Giudice può ordinare l’allontanamento…”.

29

Art. 333 C.C. : “… il giudice , secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza famigliare…”.

30

(14)

1.4 Legge sull’affidamento

L’affido familiare e l’adozione sono disciplinati dalla legge n. 149 del 28 marzo del 2001 “Diritto del minore ad una famiglia” che è andata a modificare quella che era la legge n. 184 del 4 maggio del 1983.

La principale distinzione tra affidamento e adozione è:

L’intervento di adozione prevede una situazione dove esiste una irreversibilità circa l’abbandono del minore e si va a creare un pieno rapporto di filiazione tra soggetti che non hanno vincolo di sangue; al contrario, nell’affido familiare si va incontro a un intervento limitato nel tempo poiché è presente nella famiglia una difficoltà che deve

avere come presupposto il carattere transitorio31 e prevedere il rientro

del minore nella famiglia di origine.

L’affidamento familiare o il collocamento in famiglia affidataria, quando rimane l’affido ai servizi sociali, viene disposto in primis a favore di una famiglia, preferibilmente con minori, o di una singola persona32, l’affidatario, soggetti che hanno il dovere di accogliere il minore presso di sé provvedendo al suo mantenimento, istruzione ed educazione.

L’intento è quello di privilegiare la realtà dell’affido familiare tenendo in considerazione anche l’esistenza di piccole comunità e comunità familiari.

31

M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Cedam, Padova, 2011. 32

(15)

Sono strumenti messi in atto quando si opera in situazioni dove non sarà possibile, malgrado svariati interventi di supporto alla famiglia e alla genitorialità, lasciare il minore all’interno della stessa, ma contemporaneamente non si valuta opportuno recidere i rapporti che ad essa lo legano.

Si dovrà procedere con un intervento di allontanamento temporaneo che darà alla famiglia la possibilità di risolvere le proprie difficoltà. L’affidamento potrà essere di tipo consensuale, in questo caso il procedimento sarà disposto dal servizio sociale con il consenso dei genitori o del genitore e successivamente reso esecutivo dal giudice tutelare dopo aver sentito il minore che abbia compiuto almeno 12 anni o anche di età inferiore, se lo si ritiene in grado di discernimento. Il diritto di essere ascoltato è un diritto del minore, ulteriormente affermato dall’art. 315 bis C.C..33

Nel caso il presupposto di consenso non esistesse, si avrà una situazione di affidamento giudiziale o contenzioso, disposto con apposito provvedimento dal Tribunale per i Minorenni.

In entrambi i casi comunque ci sarà l’intervento dell’Autorità Giudiziale che però, in caso di consenso dei genitori sarà del tutto formale mentre in caso contrario dovrà capire il perché della mancanza dell’assenso da parte della famiglia naturale.

Circa i tempi di durata dell’affido ci riferiamo sempre alla legge n. 149 del 2001 la quale, nell’art. 4 comma 4, stabilisce che l’affidamento familiare non può superare i 24 mesi, tempo che può comunque essere prorogato dal Tribunale per i Minorenni dal momento in cui la sospensione dell’affidamento possa creare al minore un pregiudizio.

33

Art. 315 bis comma 3: “ il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.”.

(16)

Questo comporta l’attivazione di un affido a tempo indeterminato, l’affido sine-die ovvero, quei progetti d’affido in cui non si è definita la durata dell’intervento, dove i progetti si modificano nel tempo e non si prevede il rientro in famiglia da parte del minore.

L’affidamento familiare termina con il rientro del minore presso la famiglia d’origine nel momento in cui le problematicità temporanee della famiglia stessa sono superate oppure, in caso contrario, quando si valuta che le medesime difficoltà siano sempre presenti ed esiste una definitiva situazione di abbandono del minore: viene così dato il via alla procedura di adottabilità.

La valutazione della situazione e del nucleo familiare d’origine sono compiti molto delicati che spettano ai servizi sociali nella fase d’indagine ed al giudice per la parte normativa: insieme devono definire un progetto e porsi l’obiettivo di tutelare gli interessi del minore.

A livello operativo, infine, è indicativo citare le recenti Linee di indirizzo per l’affidamento familiare34 nate da un lavoro di gruppo composto da esperti di diversi livelli istituzionali e considerate strumento importante, ma non vincolante, per fornire indicazioni unitarie circa lo strumento di affido su tutto il territorio nazionale, fornendo agli operatori principi, contenuti e metodologie.

34

Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, conferenza unificata 25 ottobre 2012.

(17)

1.5 Il Tribunale per i Minorenni

Il Tribunale per i Minorenni, istituito con R.D. n. 1404 del 1934 e convertito nella Legge n. 835 del 1935, è un organo collegiale specializzato nell’amministrazione della giustizia, composto da quattro giudici:

due giudici professionali (c.d. togati) cioè il presidente e un giudice a latere e due giudici onorari, un uomo e una donna, “benemeriti dell’assistenza sociale, scelti tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia ...” (Art. 2 Legge 835 del 1935).

L’origine professionale dei giudici onorari rende l'organo giudiziario specializzato, le persone che lo compongono hanno competenze relative i comportamenti dei minori e le dinamiche familiari in cui sono inseriti.

Salvo alcune eccezioni, non è mai il singolo giudice a prendere decisioni ma il Tribunale costituito in collegio per garantire la specializzazione dell'organo giudicante.

Il raccordo tra le Autorità Giudiziarie ed il sistema integrato dei servizi appare di fondamentale importanza per favorire la comunicazione e l’instaurarsi di uno scambio reciproco di informazioni attraverso l’esplicitazione delle rispettive esigenze e l’individuazione di soluzioni sempre più favorevoli ad un operato corretto ed efficace, nell’interesse dei bambini, tenendo conto della possibilità di conciliare i tempi delle procedure con i tempi e le esigenze di sviluppo dello stesso.

(18)

I servizi sociali territoriali devono quindi procedere con la segnalazione del caso in carico al Tribunale per i Minorenni qualora valutino l’esistenza delle condizioni per farlo.

In caso il Tribunale non consideri esaustiva la relazione fornitagli dai servizi, valutata la situazione non precisa ai fini di emettere un provvedimento, darà compito ai servizi sociali territoriali di definire meglio la condizione familiare del minore, in questo modo si cercherà di eliminare una situazione poco chiara e di sospetto.

I servizi sociali avranno la possibilità di utilizzare degli strumenti come la visita domiciliare, incontro con medici, incontri nella scuola ecc… attività che precedentemente potevano essere attuate esclusivamente in accordo con le famiglie direttamente interessate. Tutti i risultati che verranno raccolti dai servizi sociali territoriali circa la situazione, dovranno essere inviati tramite relazione al Tribunale per i Minorenni.

Quest’ultimo sarà così in possesso di tutti i dati utili per poter emettere un provvedimento necessario per la tutela del minore rispondendo alla segnalazione con un decreto contenente “una misura di protezione tesa ad interrompere il danno o ad annullare il fattore di rischio”35, decreterà l’allontanamento del minore solo nei casi più gravi.

Una buona misura di protezione dovrà essere “commisurata all’entità del danno subito dal minore e adatta ad agevolare la recuperabilità dei genitori”.36

Nell’art. 4 comma 3, della legge n. 149 del 2001, viene delineato che “nel provvedimento di affido familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario e le modalità

35

S. Cirillo, Cattivi Genitori, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005, p. 39. 36

(19)

attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore”.

All’interno del provvedimento è inserito il servizio sociale che ha la responsabilità e il potere di vigilanza durante tutto il percorso e tramite relazioni scritte, dovrà informare il Tribunale per i Minorenni o il giudice tutelare circa l’andamento del progetto.

Nel provvedimento dovranno inoltre emergere durata dell’affido e tempi utili per il recupero della famiglia naturale.

I giudici minorili hanno un ruolo “terzo”37 tra i genitori coinvolti e gli operatori dei servizi sociali, questo grazie alla presenza sempre più significativa degli avvocati nei tribunali minorili.

37

Riferimenti

Documenti correlati

Se l'affido consensuale proposto è della durata inferiore ai sei mesi, ovvero è un affido a parenti entro il quarto grado, viene reso esecutivo dal Servizio Sociale che

ed io so certo, che mi adiviene questo per mia col- pa, come colui, che sia tale, quale io sono, per non dir cose maggiori di me stesso. A me, o Ippie^ ad- ognimodo pare il contrario

Per lo svolgimento di parte del periodo di tirocinio, valevole per l’ammissione all’esame di abilitazione alla professione di Consulente del Lavoro, contestualmente alla

- il minore abbia raggiunto una sufficiente autonomia. Al termine dell’affido, gli operatori referenti assicurano, per il tempo necessario, ogni opportuno sostegno alla

Il Tesoriere si impegna altresì a istallare, a richiesta, apparecchiature Pos fino ad un massimo di due (2) presso gli uffici comunali. Fermo restando l'utilizzo degli standard

La proposta di affidamento eterofamiliare viene presentata formalmente dall’assistente sociale del Comune di residenza del minore, referente della situazione familiare e concordata

Questa formula permette di evitare di imputare il suddetto importo sul bilancio 2020 della Cassa Mutua Prunas o, pro-quota, sui soci partecipanti al programma

 affidamento residenziale etero-familiare: per affidamento familiare residenziale etero familiare si intende l’accoglienza, da parte di una famiglia o persona singola,