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È per questi motivi che si è deciso di far cominciare la presente ricerca da Tocqueville e dalla sua opera La Democrazia in America, a cui dedicheremo infatti l'intero primo capitolo

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INTRODUZIONE

Alexis de Tocqueville è considerato uno dei grandi interpreti della rivoluzione democratica che, con non poche difficoltà, si stava sviluppando nell'Ottocento. Egli ha analizzato la portata di questo cambiamento a partire dai problemi del suo paese, la Francia, il cui ingresso nella contemporaneità era avvenuto in maniera traumatica e in cui la rivoluzione democratica si presentava ricca di contraddizioni e problematicità. Tocqueville, chiaramente, non è un nostro contemporaneo, ma un uomo del suo tempo, legato sentimentalmente al vecchio mondo aristocratico di cui faceva parte. Allo stesso tempo, è però uno studioso che vuole indagare e capire, in maniera chiara e lucida, la rivoluzione democratica che ha davanti e la cui marcia gli appare inarrestabile. Egli sembra spesso vedere al di là del suo tempo e a prevedere dinamiche, fenomeni e problemi che in parte sono ancora i nostri. Tocqueville dunque pone in luce interrogativi, questioni e soluzioni intorno al sistema democratico che, se ripensati criticamente, possono aiutarci a definire le problematiche della nostra società. È per questi motivi che si è deciso di far cominciare la presente ricerca da Tocqueville e dalla sua opera La Democrazia in America, a cui dedicheremo infatti l'intero primo capitolo.

In primo luogo, è attraverso le sue parole che analizzeremo la forza e le caratteristiche della rivoluzione democratica. In particolare i due principi che Tocqueville definiva costitutivi della società democratica: l'uguaglianza delle condizioni e la sovranità popolare. Ci soffermeremo sulla libertà e l'indipendenza della realtà comunale dell'America dell'Ottocento. Come scrive Tocqueville: «se vi è nel mondo un paese in cui si possa apprezzare nel suo giusto valore il dogma

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della sovranità popolare, studiarlo nella sua applicazione alla vita sociale e giudicare dei suoi vantaggi e dei suoi pericoli, questo paese è certamente l'America»1.

Successivamente, analizzeremo alcune dinamiche sociali che caratterizzano l'individuo democratico, con particolare riferimento all'individualismo e all'apatia politica, dalle quali, come insegna Tocqueville, possono scaturire nuove forme di servitù prettamente democratiche. Prenderemo in esame, dunque, la tirannia della maggioranza, descritta da Tocqueville nel primo libro della sua opera, avendo come riferimento la specificità del suolo americano e il dispotismo democratico, del cui esito l'autore normanno è preoccupato, soprattutto per le democrazie europee.

Infine, analizzeremo i rimedi e le possibili soluzioni che Tocqueville teorizza allo scopo di limitare le derive patologiche di una società basata sull'uguaglianza delle condizioni. Approfondiremo, in particolare, il ruolo e l'importanza dell'associazionismo e del decentramento amministrativo.

Il secondo capitolo invece si propone di analizzare l'attualità delle tesi di Tocqueville all'interno del contesto contemporaneo. Consci del fatto che le convergenze fra le tesi di Tocqueville e lo stato attuale del sistema democratico non eliminano le sostanziali differenze di contesto, si tratterà soprattutto di definire la specificità del nostro secolo e, allo stesso tempo, di capire quanto gli interrogativi, i problemi e le soluzioni sollevate dall'autore normanno, possano essere utili a descrivere l'attuale stato della democrazia. Sarà analizzata soprattutto la globalizzazione e i suoi effetti sugli Stati nazionali, la società e gli individui del

1 A. de Tocqueville, La Democrazia in America, Rizzoli, Milano 2010, p. 65.

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XXI secolo. Inoltre, un particolare riguardo sarà dato all'individualismo economico e alle diseguaglianze permanenti della società attuale, alimentate dal sistema economico-finanziario. La società del benessere appare infatti guidata dalla competitività dei mercati globali e dalle richieste del sistema economico e finanziario, con la conseguente limitazione dell'indipendenza e della forza degli Stati nazionali. Gli Stati a quanto sembra non riescono più a tutelare i propri cittadini, in un periodo in cui la disoccupazione e le diseguaglianze sono in continuo aumento. I cittadini, inseriti nella morsa della sopravvivenza, si isolano gli uni dagli altri e abbandonano la dimensione politica con la conseguente crescita della sfiducia nelle istituzioni politiche e nei partiti.

Non si tratta di analizzare semplicemente la nuova involuzione dispotica della democrazia e l'individualismo patologico della nostra epoca, ma, al contempo, si cercherà di accennare ad una breve prospettiva di cambiamento.

Il terzo capitolo sarà così dedicato ai possibili rimedi ai problemi attuali della società. In particolare ci concentreremo sulla riabilitazione della dimensione politica dell'esistenza e sui contro-poteri che possono nascere nella società e sull'importanza di alimentare gli spazi dell'agire collettivo.

Questa ricerca, come si è detto, si propone di interpretare il pensiero di Tocqueville alla luce della nostra contemporaneità. Non si tratta però di un'analisi di tipo ideologico, bensì si è scelto un punto di vista prettamente storico dal quale considerare sia le tesi di Tocqueville, ma soprattutto il senso che può avere un'analisi della sua opera La Democrazia in America nel mondo contemporaneo.

Dopotutto è questo il valore dei classici: riuscire ad andare oltre il loro tempo e a

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proporre interrogativi, problemi e a volte soluzioni che, se ripensati in modo critico, sono utili anche per noi e per la specificità del nostro contesto. E questo è l'obiettivo della nostra ricerca: analizzare, con tutti i limiti del caso, la democrazia contemporanea a partire dagli insegnamenti di Tocqueville e, allo stesso tempo, considerare questa analisi uno strumento attraverso cui rapportarci alla nostra contemporaneità.

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1.TOCQUEVILLEE LA DEMOCRAZIAIN AMERICA.

1.1 Introduzione a La Democrazia in America.

La Democrazia in America è l’opera principale di Alexis de Tocqueville che, pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1835, lo rivelò come uno dei pensatori più acuti del Vecchio Continente. L’opera è divisa in due parti, redatte separatamente: la prima parte, pubblicata nel 1835, fu quella che gli assicurò un largo successo, mentre la seconda, pubblicata nel 1840, suscitò diverse perplessità. L’impresa letteraria nasce da un viaggio in America che l’autore intraprese nel 1831, ai primi di Aprile, facendo ritorno in Francia l’anno successivo, in Ottobre, durante il quale, incontrando un numero elevatissimo di persone e visitando molte località, raccolse un enorme numero di appunti, annotazioni e schede. L’opera è uno studio sull’ordinamento degli Stati Uniti (prima parte), ma anche una ricerca sulle istituzioni e le tendenze generali della democrazia nel campo politico, sociale e culturale (seconda parte). Tocqueville analizza magistralmente il proprio presente: si rende conto che è in atto in Francia e, in generale, in Europa un grandioso mutamento politico-sociale, iniziato molto prima della Rivoluzione Francese e da essa reso inarrestabile. Un cambiamento già avvenuto negli Stati Uniti, ovvero il cammino dell’umanità verso l’eguaglianza delle condizioni: ‹‹anche qui l’eguaglianza delle condizioni, pur senza spingersi come negli Stati Uniti fino all’estremo limite, vi si avvicina ogni giorno e la democrazia, che ormai regna sovrana nella società americane, avanza a gran passi verso il potere anche in Europa››2.

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Il giovane e ambizioso scrittore francese decide quindi di andare a studiare in America un sistema democratico funzionante, basato sull’uguaglianza delle condizioni, per trarne insegnamenti utili per il futuro sviluppo della democrazia nel Vecchio Continente: ‹‹Non è dunque per soddisfare una curiosità, d’altronde legittima, che ho studiato l’America, ma per trovarvi degli insegnamenti utili per noi››3. Uno studio ben dettagliato che ripercorre le principali tappe che hanno portato all’istituzione, in America, di un governo e di una società basata su principi democratici. Nelle sue parole non trovano spazio né esaltazione, né adulazione, né alcuna forma di apologia, bensì un’attenta e lucida osservazione del fenomeno americano:

‹‹Sbaglierà grossolanamente chi penserà che io abbia voluto fare un panegirico e spero che chiunque leggerà questo libro resterà convinto che tale non è stata la mia intenzione; il mio scopo non è stato neppure quello di propugnare una tale forma di governo in generale, poiché io sono tra coloro che credono non esservi mai nelle leggi una assoluta bontà, né ho voluto giudicare se questa rivoluzione sociale, la cui marcia mi sembra irresistibile, sia vantaggiosa o funesta all’umanità››4.

Una volta ammessa questa rivoluzione come un fatto compiuto, o vicino a compiersi, Tocqueville cerca, fra i popoli che l’hanno vista nascere nel loro seno, quello nel quale essa è giunta al grado più alto di sviluppo, allo scopo di discernerne con chiarezza le naturali conseguenze e vedere, se possibile, quali siano i mezzi per rendere questa rivoluzione vantaggiosa all’umanità. Convinto della forza e dello sviluppo delle istituzioni democratiche, Tocqueville analizza il

3 Ivi, p. 28.

4 Ibidem.

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sistema politico, sociale ed economico del paese che più di tutti esprime lo spirito democratico: gli Stati Uniti d’America. Egli osserva e studia i pregi e i difetti di un sistema democratico, ciò che di buono si può trarre da questo tipo di istituzioni e i rimedi ai possibili mali che possono nascere da una struttura basata sull’uguaglianza politica e sociale. Se nell’America che Tocqueville osserva le condizioni sono tali da permettere uno sviluppo politico-sociale democratico, in Europa il terreno non è ancora adatto a far fiorire un cambiamento di tali proporzioni. Partendo da basi e prospettive diverse, l’America è ora una nazione democratica e può perciò offrire saggi insegnamenti al Vecchio Continente, chiamato ad arginare e dirigere il potente flusso dell’uguaglianza sociale:

‹‹Educare la democrazia, rianimarne, se è possibile, la fede, purificarne i costumi, regolarne i movimenti, sostituire a poco a poco la scienza degli affari all’inesperienza, la conoscenza dei suoi veri interessi agli istinti ciechi; adattarne il governo ai tempi e ai luoghi; modificarlo secondo le circostanze e gli uomini: questo è il primo dei doveri che si impone oggi ai governanti››5.

Da queste parole si capisce l’importanza dell’analisi intorno al fenomeno americano e allo stesso tempo la consapevolezza che la democrazia non è un modello unico da poter esportare e applicare allo stesso modo in contesti diversi.

L’America può offrirci delle cure a possibili mali che nasceranno da questo modello, ma sarà l’Europa a dover educare e dirigere questo cambiamento, consapevole delle proprie caratteristiche e del proprio contesto. Tocqueville, a differenza di altri autori, vede nel Nuovo Mondo la possibilità di scorgere il futuro

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della vecchia Europa; le istituzioni e le idee degli Americani anticipano ciò che, di lì a poco, avrebbe interessato gli stessi Europei. Preoccupato di individuare quali argini potessero impedire la degenerazione della democrazia in “dispotismo”, Tocqueville paragona spesso la situazione americana a quella europea. Il tema del dispotismo è centrale nella sua opera: se il futuro del Vecchio Continente appare segnato dall’avvento della democrazia, essa, prima o poi, come vedremo, avrebbe dovuto misurarsi anche con l’avvento di un dispotismo “di nuovo tipo”. La Democrazia in America è quindi uno studio intorno alla democrazia, alle sue influenze nelle leggi, negli affari politici, nelle direttive di governo degli Stati Uniti; è un dipinto dell’influsso che l’uguaglianza delle condizioni esercita nella società civile, nei costumi, nelle idee e nelle abitudini dei cittadini americani, ma è, soprattutto nella seconda parte dell'opera, un’analisi accurata della rivoluzione democratica, della forza di questo cambiamento, delle conseguenze che genera presso i popoli e dei mezzi che possano rendere tale rivoluzione vantaggiosa all’umanità. Ed è lo stesso Tocqueville a confessarci che: ‹‹nell’America ho visto qualcosa più dell’America; vi ho cercato un’immagine della democrazia, del suo carattere, dei suoi pregiudizi, delle sue passioni e ho voluto studiarla per sapere quello che noi dobbiamo sperare o temere da essa››6. E’ dunque importante capire cosa l’autore normanno intenda per democrazia ed uguaglianza delle condizioni, cosa ha promosso questo sviluppo nelle colonie anglo-americane e cosa il Vecchio Continente può ricevere dagli insegnamenti del contesto statunitense, viste le sostanziali differenze tra il fenomeno americano e il terreno europeo che si appresta ad accogliere questo mutamento. Ancor più importante appare a

6 Ivi, p. 28.

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Tocqueville, soprattutto nella seconda parte dell’opera, conoscere le barriere che gli Americani hanno edificato per impedire la degenerazione del nuovo sistema sociale democratico: un processo degenerativo scandito dall’isolamento e livellamento dei ceti, dalla mancanza di libertà politica e dalla rottura di tutti i legami sociali. Tutte caratteristiche pronte a rafforzare il potere centrale e a dar vita ad un nuovo tipo di dispotismo, frutto della modernità. La società moderna nasce dalle macerie delle istituzioni politiche dell’antico regime e dal crollo della struttura gerarchica e corporativa che lo caratterizzava. I problemi moderni sono quelli di una società che deve mantenere il proprio grado di coesione interna e che, tuttavia, per definizione, è costituita dalla somma degli individui che la compongono. Se al livello politico la conseguenza che s’impone è la sovranità di ognuno, al livello sociale è la piena autonomia dei singoli accompagnata al rischio della frantumazione del corpo collettivo. Tutti questi tratti rientrano in ciò che per definizione chiamiamo democrazia e Tocqueville, più di tutti, tematizza la modernità in questi termini. Nessuno meglio di lui ha tratteggiato la fisionomia da Giano bifronte della democrazia, ne ha individuato, con un lavoro di scavo che ancora non cessa di affascinarci, il lato dritto e il rovescio, lo stato di normalità e le deviazioni patologiche7. Analisi e osservazioni che oggi, nell’epoca del dispotismo democratico e della disunione della società, hanno ancora una valenza importante e un confronto con queste tesi appare necessario.

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1.2. Sviluppo e nascita delle istituzioni democratiche in America.

1.2.1 Democrazia come uguaglianza delle condizioni.

La novità del testo La Democrazia in America è la tematizzazione della democrazia come fenomeno principale e caratterizzante della modernità. E’

opportuno iniziare dalla polivalenza del termine democrazia all’interno del testo preso in analisi. Ci sono due accezioni principali: una rinvia al regime politico definito dal governo del popolo e da termini come sovranità popolare e volontà della maggioranza; l’altra rinvia a uno stato della società caratterizzato dall’uguaglianza delle condizioni. Arrivato in America, Tocqueville trova la completa realizzazione della democrazia in entrambe le accezioni. Da una parte, l’America presenta una società caratterizzata da uomini uguali, nella fortuna, nell’intelligenza e nelle possibilità di migliorare le proprie condizioni. Dall’altra, gli Stati Uniti gli appaiono il posto in cui, più di tutti, la sovranità popolare ha grandi possibilità di realizzarsi. Non a caso, Tocqueville dedica molto spazio all’importanza del carattere partecipativo della vita comunale e dell’associazionismo sociale e politico. La prima parte dell’opera si prodiga infatti ad illustrare i mezzi attraverso i quali gli americani sono riusciti a far vivere in libertà una società di eguali: mezzi sia istituzionali – indipendenza del potere giudiziario, bicameralismo, decentramento –, sia politici – associazionismo, libertà di stampa, libertà di associazione. Questi mezzi, per Tocqueville, sono indispensabili al buon funzionamento e alla forza della struttura democratica.

Soffermiamoci sulla prima definizione che Tocqueville dà di “democrazia”:

l'uguaglianza delle condizioni. Egli usa spesso questi due termini come sinonimi;

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‹‹Fra le cose nuove – ci dice Tocqueville - che attirarono la mia attenzione durante il mio soggiorno negli Stati Uniti, una soprattutto mi colpì assai profondamente, e cioè l’uguaglianza delle condizioni››8. La prima oscillazione semantica indica la prospettiva attraverso la quale Tocqueville osserva il fenomeno americano: una prospettiva sociologica. Prima ancora di essere una forma di organizzazione politica, la democrazia è per lui uno stato sociale, ovvero una forma di coesistenza umana, caratterizzata dall’amore dei soggetti per l’uguaglianza delle condizioni9. L’uguaglianza delle condizioni ha cancellato le rigide barriere fra le classi e reso più omogenee le aspirazioni degli individui, le loro condizioni di vita e le loro prospettive, eliminando qualsiasi residuo del mondo aristocratico nel quale era cresciuto il pensatore francese. L’uguaglianza sociale guida l’intera struttura americana e domina l’aspetto economico, le istituzioni politiche, le pratiche di governo e le leggi, inoltre ha influenza sulla cultura e sulla società americana.

L’eguaglianza delle condizioni è un carattere sociale dominante che forma e modifica tutti gli altri, è l’elemento principale di tutto il sistema americano, come confessa Tocqueville: ‹‹Compresi subito, inoltre, che questo fatto estende la sua influenza anche fuori della vita politica e delle leggi e domina, oltre il governo, anche la società civile: esso crea opinioni, fa nascere sentimenti e usanze e modifica tutto ciò che non è suo effetto immediato››10. Studiando e osservando la società americana, Tocqueville si accorge che l’uguaglianza delle condizioni è il

8 A. de Tocqueville, La Democrazia in America, op. Cit., p. 19.

9 G. Magrin, Il patto iniquo. Libertà private, pubbliche servitù, Edizioni Diabasis, Parma 2013, p.

85.

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motivo generatore di ogni fatto particolare, per cui tutte le sue osservazioni risalgono e approdano a quel fenomeno come a un punto centrale.

Con il termine “democrazia” Tocqueville si riferisce all’assenza di differenze essenziali di condizione tra i cittadini. La democrazia è eguaglianza sociale, ovvero una società dove non esistono differenze ereditarie, di casta o di rango:

ogni professione, ogni occupazione, dignità e onore sono accessibili a tutti; ogni cittadino ha determinati diritti e la possibilità di difenderli, partecipando attivamente agli affari comuni; ogni individuo ha la stessa possibilità di accrescere il proprio benessere materiale; l’istruzione primaria è alla portata di tutti; la fortuna circola con rapidità incredibile alimentando la mobilità sociale in un territorio che offre grandi possibilità di arricchimento materiale. Si potrebbe obiettare che Tocqueville ha sopravvalutato le capacità delle democrazia di contrastare le disuguaglianze sociali e, in effetti, il XXI secolo ci regala una quantità di esempi che ledono l’uguaglianza della società democratica. In realtà, Tocqueville sembra preoccupato più delle conseguenze che possono nascere da un processo di omologazione della società, in particolare la scomparsa di forti gruppi d’interesse, che possono contrastare o limitare il potere politico. E’ qui che risiede l’importanza del pensiero dell’autore francese: l'osservazione lucida della forza prorompente del processo democratico in America, e, con questo, la capacità di scovare e preannunciare le possibili distorsioni del processo. In America, Tocqueville è impressionato dall’uguaglianza delle condizioni, ma, come vedremo, non è l’unica accezione che dà al termine democrazia. Nel prossimo paragrafo analizzeremo una seconda accezione a partire da un’analisi che

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ripercorre la genesi degli Stati Uniti, vale a dire la nascita dei primi comuni americani e la loro organizzazione.

1.2.2. Autonomia e libertà comunale in America.

L’origine del processo democratico in America è da rintracciare nei primi emigranti, nella loro formazione sociale, culturale e politica e nelle condizioni comuni nelle quali si ritrovarono appena approdati sulle coste del Nuovo Mondo:

‹‹Due cause portavano a questo risultato: si può dire che, in generale, alla loro partenza dalla madre patria, gli emigranti non avevano alcuna idea di una qualunque superiorità degli uni sugli altri››11. La prima causa che facilitò l’affermarsi della democrazia in America è quindi di carattere antropologico. Gli uomini che si insediarono sulle sponde del nuovo mondo mostravano un profondo rispetto degli uni per gli altri. Arrivarono in America con scopi e prospettive diverse, ma avevano tratti comuni: si ritrovarono in una condizione analoga, parlavano la stessa lingua ed erano tutti cresciuti all’interno della stessa nazione.

Provenivano dalla madrepatria Inghilterra, un paese agitato per molti secoli dalle lotte dei partiti e dalle lotte religiose. Ciò aveva permesso ai singoli cittadini di accrescere la propria istruzione, di avere un’educazione politica e di possedere più precise nozioni di libertà e diritti politici, soprattutto in rapporto agli altri paesi europei, come afferma Tocqueville:

‹‹Si era allora nel pieno delle lotte religiose che hanno agitato il mondo cristiano. L’Inghilterra si era gettata con una specie di furore in questa nuova via. Il carattere degli abitanti, grave e riflessivo, si era fatto austero e argomentatore;

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l’istruzione si era notevolmente accresciuta in queste dispute intellettuali; lo spirito aveva ricevuto una più profonda cultura››12.

Inoltre la maggior parte di quelle persone appartenevano ad una setta inglese puritana che, al rigore religioso, faceva convergere teorie sociali vicine a quelle democratiche e repubblicane. Gli emigranti che vennero a stabilirsi sulle coste della Nuova Inghilterra appartenevano tutti alle classi agiate della madre patria. Il suolo americano non permetteva il fiorire di un’aristocrazia terriera, perciò non era possibile che agglomerati terrieri fossero gestiti da un’unica persona, soppiantando qualsiasi possibilità di instaurare una gerarchia ben precisa fra le classi. Videro che per dissodare quella terra ribelle occorrevano gli sforzi costanti e interessati del proprietario stesso; poiché i prodotti di un fondo non erano sufficienti per arricchire un padrone e un contadino, il terreno si spezzettò naturalmente in piccole proprietà coltivate dal proprietario stesso. Tutto ciò facilitò la nascita di comunità fondate sulla eguaglianza sociale e adatte a garantire lo sviluppo delle libertà: ‹‹Tutte le colonie inglesi avevano dunque all’epoca della loro istituzione una grande aria di famiglia. Tutte dall’inizio sembravano destinate a sviluppare la libertà, non quella aristocratica della madre patria, ma la libertà borghese e democratica di cui la storia del mondo non presentava ancora un esempio completo››13. Bisogna però sottolineare che non tutti gli emigranti si ritrovarono nelle medesime condizioni e che, molti di loro, partendo da scopi e realtà diverse si organizzarono in modo differente, infatti nella

12 Ibidem.

13 Ibidem.

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grande famiglia anglo-americana, si possono distinguere due rami principali che fino ad oggi sono cresciuti senza confondersi interamente: il Sud ed il Nord. La prima distinzione è da ricercarsi nella diversità di carattere e obiettivi: gli uomini che popolarono il Sud erano per lo più cacciatori d’oro approdati sulle coste americane alla ricerca di quella tranquillità materiale che non riuscivano ad ottenere nella propria nazione e di tutto ciò che potesse rallegrare la propria esistenza, relegata per troppo tempo nei disagi tipici di chi appartiene alle classi inferiori di un paese nel fulcro del processo d’industrializzazione. Uomini che non avevano avuto la possibilità di allargare i propri orizzonti culturali e non facevano dell’integrità la propria arte, privi a volte anche di educazione e senso civico, avevano riposto nell'America una speranza: ‹‹Furono dunque cercatori d’oro coloro che vennero per i primi nella Virginia, gente senza arte né parte, il cui spirito inquieto e turbolento fece agitata l’infanzia della colonia e ne rese incerto il progresso››14. Nessun nobile pensiero, nessuna spinta spirituale, nessun senso di comunità presiedette alla fondazione delle nuove colonie del Sud dell’America, al contrario si introdusse subito la schiavitù nella colonia appena costituita. Questo fu il fatto capitale che esercitò un’immensa influenza sul carattere, le leggi e l’avvenire di tutto il Sud. La schiavitù comportò che un solo uomo poteva, con l’aiuto degli schiavi, coltivare una vasta distesa di terreno. Vi erano dunque ricchi proprietari terrieri che, tuttavia, non possedevano i tratti tipici degli aristocratici nel senso europeo, ma formavano in ogni caso una classe superiore, con idee e gusti particolari e concentravano nelle loro mani ogni azione politica. Dunque, al Sud non si costituì una delle basi dello spirito democratico a causa della

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frammentazione delle proprietà terriere che, al contrario, vennero accentrate nelle mani di pochi uomini, circondati da una moltitudine di schiavi al proprio servizio.

Tocqueville, nel descrivere le cause che portarono all’istituzione del principio democratico in America, si riferisce quindi ai coloni che popolarono il Nord degli Stati Uniti, dove vi saranno le condizioni che formeranno la base della teoria sociale degli Stati Uniti. Idee e costumi che avrebbero attratto, nel corso del tempo, le restanti colonie americane: ‹‹I principi politici della Nuova Inghilterra si sono prima diffusi negli stati vicini; in seguito hanno conquistato uno dopo l’altro i più lontani e hanno finito, se così mi posso esprimere, per compenetrare di sé l’intera confederazione››15. La legislazione della Nuova Inghilterra, è vero, rifletteva in più punti il fanatismo religioso dei padri fondatori, che spesso dimenticavano i grandi principi di libertà religiosa e civile per i quali essi si erano battuti in Europa. In alcuni Stati, ammende e fustigazioni punivano coloro che erano sorpresi a baciarsi, che bevevano alcolici o che semplicemente facevano della pigrizia una virtù:

‹‹In altri punti il legislatore, dimenticando completamente i grandi principi di libertà religiosa che egli stesso reclamava dall’Europa, costringe, sotto minaccia di ammenda, ad assistere al servizio divino, e arriva fino a colpire severamente e spesso con la pena di morte i cristiani che volessero adorare Dio sotto forma diversa da quella dello stato››16.

E tuttavia accanto a questa legislazione, così pervasa dal rigoroso spirito di setta e dalle passioni religiose che la persecuzione aveva esaltato e che ancora

15 Ibidem.

16 Ivi, p. 51.

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fermentavano in fondo agli animi, trovò posto un insieme di leggi politiche che migliorava di gran lunga l’idea di libertà dominante nel Vecchio Continente nei primi decenni dell’Ottocento:

‹‹I principi generali sui quali riposano le costituzioni moderne, quei principi che la maggior parte degli europei del XVII secolo appena comprendevano, e che allora, seppur in modo incompleto, trionfavano in Gran Bretagna, sono tutti riconosciuti e fissati dalle leggi della Nuova Inghilterra:

l’intervento dei popoli nei pubblici affari, il voto libero dell’imposta, la responsabilità degli agenti del potere, la libertà individuale e il giudizio per giuria, vi sono stabiliti di fatto, senza discussione››17.

Nascono da qui, dunque, le condizioni che hanno portato il principio democratico ad affermarsi nel Nuovo Mondo, fino a modellare la società americana in tutte le sue manifestazioni; le caratteristiche che hanno permesso agli Stati Uniti di istituire un governo e una società basata sull’eguaglianza politica e sociale. Arriviamo così alla seconda accezione del termine democrazia: un regime politico definito dal governo del popolo. ‹‹È impossibile - ci dice Tocqueville - pensare che l’uguaglianza non riesca prima o poi a penetrare anche nel campo politico come altrove; non si possono, infatti, concepire gli uomini eternamente ineguali tra loro su di un punto, ed eguali nell’altro; essi arriveranno dunque, in un dato momento, ad essere eguali in tutto››18. Secondo Tocqueville, il governo che più si adatta ad una società egualitaria non può che essere quello democratico e il comune americano esprime pienamente lo spirito egualitario che domina nella

17 Ibidem.

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società americana. Il comune gode, infatti, di una certa libertà e la cittadinanza partecipa attivamente agli affari pubblici della propria comunità tanto da spingere Tocqueville a dire che è il popolo che governa:

‹‹In America il popolo nomina coloro che fanno le leggi e coloro che le applicano; forma le giurie che puniscono le infrazioni alla legge. Le istituzioni non sono democratiche soltanto nel loro principio, ma anche in tutti i loro sviluppi, infatti il popolo nomina direttamente i suoi rappresentanti e li sceglie generalmente ogni anno per poterli tenere più completamente alla sua dipendenza. Il popolo realmente dirige tutto e, sebbene la forma di governo sia rappresentativa, è evidente che le opinioni, i pregiudizi, gli interessi e anche le passioni popolari non trovano ostacoli durevoli che impediscono loro di manifestarsi nella direzione quotidiana della società››19.

Nell'opera sono presenti molti esempi che descrivono la forza e l'organizzazione dei comuni americani. Si parte dal Connecticut, dove il corpo elettorale è composto dall’universalità dei cittadini. Presso questi abitanti domina un’uguaglianza assoluta. I membri del governo e le loro rispettive cariche, governatore incluso, sono elettivi. I cittadini formano una milizia nazionale che difende il territorio e nominano i suoi ufficiali: ‹‹Nelle leggi del Connecticut e di tutta la nuova Inghilterra si vede nascere e svilupparsi quell’indipendenza comunale che forma ancor oggi il principio e la vita della libertà americana››20. Intorno alle individualità dei singoli cittadini convergono interessi e passioni, diritti e doveri. La cittadinanza fa sentire la propria forza e all’interno dei comuni

19 Ivi, p. 65.

20 Ivi, p. 52.

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regna una reale vita politica: ‹‹Il comune nomina tutte le magistrature, si tassa, ripartisce ed esige ogni genere d’imposta. In esso non è ammesso il sistema rappresentativo: gli affari di pubblico interesse si trattano, come ad Atene, sulla piazza pubblica e in seno all’assemblea generale dei cittadini››21. I cittadini collettivamente prendono decisioni relative al mantenimento delle strade, alla sorveglianza e all’istruzione pubblica, resa obbligatoria a tutti. I registri comunali raccolgono e registrano qualsiasi deliberazione e procedura. Detto in altri termini, i comuni si autogestiscono e si organizzano da prima ancora che l’America divenisse una Confederazione di Stati: ‹‹Le più ardite teorie dello spirito umano venivano messe in pratica in questa società in apparenza tanto simile, di cui nessun uomo di stato si sarebbe degnato occuparsi; l’immaginazione umana, abbandonata all’originalità della sua natura, vi improvvisava una legislazione senza precedenti››22- e sin da subito, si sviluppa una forte autonomia amministrativa. In America, il principio della sovranità non è un’illusione, al contrario è un dogma: ‹‹Se vi è nel mondo un paese in cui si possa apprezzare nel suo giusto valore il dogma della sovranità popolare, studiarlo nella sua applicazione alla vita sociale e giudicare dei suoi vantaggi e dei suoi pericoli, questo paese è certamente l’America››23. Sotto il dominio inglese, dovendo obbedire alla madre patria, il principio della sovranità popolare non poteva mostrarsi formalmente: rimase nascosto nelle assemblee provinciali e soprattutto nei comuni. Con l’avvento della rivoluzione, riuscì però a mostrarsi in tutta la sua forza, estendendosi quasi dappertutto. Il dogma della sovranità popolare è ora

21 Ibidem.

22 Ivi, p. 53.

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assunto in tutti i comuni americani. Il popolo partecipa alla formazione, alla nascita e all’applicazione delle leggi, scegliendo i propri legislatori e nominando i rappresentanti che formano il potere esecutivo. Ha la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica e sociale del proprio paese: ‹‹Il popolo regna nel mondo politico americano come Iddio regna nell’universo. Esso è la causa e il fine di ogni cosa: tutto esce da lui e tutto finisce in lui››24. Il motivo dell'obbedienza alla società è che ognuno sente di farne parte, ognuno è consapevole della propria libertà e dei propri doveri: ‹‹L’abitante della Nuova Inghilterra è attaccato al suo comune non tanto perché vi è nato, quanto perché vede nel comune una corporazione libera e forte di cui egli fa parte e che val la pena dirigere››25. Nel comune americano il potere è diviso in modo da interessare il maggior numero di gente alla cosa pubblica. I cittadini non fanno sentire il proprio peso politico solo nel periodo predisposto all’elezione dei rappresentanti, anzi le diverse cariche e funzioni attirano la popolazione e dove non c’è un interesse reale verso la collettività, gli uomini vi si interessano per sé stessi o per ottenere un profitto: ‹‹In questo modo la vita comunale si fa sentire ad ogni istante; essa si manifesta ogni giorno con il compimento di un dovere o con l’esercizio di un diritto››26. Ognuno all’interno della comunità ha la possibilità di esprimere la propria libertà individuale grazie anche alla pace e alla prosperità materiale che aiutano la convivenza e rendono più semplice la direzione degli affari comuni:

24 Ivi, p. 67.

25 Ivi, p. 75.

26 Ivi, p. 76.

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‹‹L’abitante della Nuova Inghilterra si affeziona al suo comune, poiché esso è forte e indipendente; vi si interessa perché concorre a dirigerlo; lo ama perché non ha da lagnarsi della sua sorte; mette in esso la sua ambizione e il suo avvenire;

si mescola ad ogni piccolo incidente della vita comunale; in questa sfera ristretta che è in suo potere, egli si esercita al governo della società; si abitua a quelle forme senza le quali la libertà procede solo con rivoluzioni: si compenetra del suo spirito, prende gusto all’ordine, comprende l’armonia dei poteri, e raccoglie infine idee chiare e pratiche sulla natura dei suoi doveri e sull’estensione dei suoi diritti››27.

L’autonomia amministrativa della società civile dal governo centrale ha dato forza allo spirito d’iniziativa delle varie comunità. La società individua da sola le proprie necessità e le soddisfa con grande vigore: ‹‹Non vi è al mondo un paese in cui gli uomini facciano in definitiva tanti sforzi per creare il benessere sociale.

Non conosco un popolo che sia riuscito a stabilire scuole altrettanto numerose ed efficaci; templi più adatti ai bisogni religiosi degli abitanti; strade comunali meglio tenute››28. Tocqueville si sofferma molto sull’autonomia amministrativa, che costituisce per lui la massima espressione della libertà e della forza della società democratica americana. I suoi strumenti principali sono la contea e, soprattutto, come abbiamo già visto, il comune. Ogni comune e contea ha caratteristiche e peculiarità proprie tipiche dello Stato di cui fa parte, ma si può dire che tutti si basano su questa medesima idea: ‹‹Che ognuno è il miglior giudice in quello che lo riguarda, e quindi ognuno è in grado di provvedere ai suoi bisogni particolari; comuni e contee sono dunque incaricati di vegliare ai loro

27 Ivi, p. 77.

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speciali interessi. Lo stato governa ma non amministra. Vi sono molte eccezioni a questo principio, ma non un principio contrario››29. Bisogna sottolineare che solo in apparenza questa caratterizzazione fortemente politicizzata diverge rispetto alla preoccupazione liberale per la crescita dello Stato e la sua invasione degli spazi della vita privata perché, come si vedrà, soprattutto nella seconda parte de La Democrazia in America, è la spoliticizzazione dei cittadini ad assumere un carattere preoccupante ed il rimedio che Tocqueville oppone a questo inconveniente democratico è proprio la partecipazione attiva e continua di tutti i cittadini a tutte le questioni che concernano dirittamente la propria comunità.

Tocqueville dà un quadro assai chiaro e preciso delle proprie idee politiche. Non mette in dubbio il ruolo dello Stato, anzi crede fortemente nell'energia del governo centrale, ma lo riconfigura in modo tale che la maggior parte della nazione possa partecipare attivamente alla vita politica, non rinunciando, allo stesso tempo, a soddisfare i propri interessi particolari. Le due accezioni di democrazia si fondono dunque all’interno della cornice americana in un liberalismo comunitario, non più preoccupato soltanto della cosiddetta ‘libertà negativa’ (certo indispensabile e necessaria per garantire all’individuo una propria sfera di azione privata, libera dall’intromissione del potere statale), ma volto anche a raggiungere una ‘libertà positiva’, ovvero la possibilità che i cittadini possano partecipare attivamente ai processi decisionali del proprio comune, attraverso la garanzia di diritti politici e iniziativa personale. Come è stato più volte osservato dai critici, il rapporto che Tocqueville intrattiene con il pensiero liberale e con quello democratico ha

29 Ivi, p. 87.

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caratteristiche decisamente singolari30. Discendente da un'antica famiglia nobile,

«Tocqueville può essere definito un liberale nostalgico delle libertà antiche e, d'altra parte, un democratico più per convincimento storico-filosofico che per intima adesione ideale»31. Liberale è certamente la sua convinzione che la libertà, intesa in primo luogo come espressione dell'intraprendenza individuale, sia un valore senza tempo, che deve essere difeso dall'interferenza del potere attraverso una serie di rimedi offerti dall'assetto politico-sociale32. Tocqueville, tuttavia, ritiene che gli spazi di attivismo politico, costituiscano una componente integrale della libertà umana. A suo avviso non c’è alcuna libertà individuale che non trovi completamento e sviluppo nell’esercizio della libertà politica. Egli teorizza un liberalismo nel quale libertà politiche e libertà individuali, non sono più considerate rispettivamente il mezzo e il fine della libertà stessa, ma come due elementi che compongono, allo stesso modo, la libertà, ritenuta il fine supremo dell’uomo e della vita comunitaria33. In America, Tocqueville trova una fusione tra libertà civili e libertà politica, tra uguaglianza delle condizioni e uguaglianza politica. In particolar modo la convergenza, all’interno di una società caratterizzata dalla mobilità sociale e da una forte vitalità, tra libera iniziativa individuale, autonomia amministrativa, autodeterminazione degli individui e cittadinanza attiva. La grande mobilità sociale permette alle classi di diventare sempre più cerchie aperte ai capaci e agli intraprendenti, l’incremento dalla libera iniziativa individuale, favorito anche dal decentramento amministrativo e dalla

30 Cfr. F. M. De Sanctis, Tempo di democrazia. Alexis de Tocqueville, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1986; R. Pozzi, Tocqueville e i dilemmi della democrazia, Plus, Pisa 2006.

31 G. Magrin, Il patto iniquo, op. cit., p. 84.

32 Cfr. N. Matteucci, Alexis de Tocqueville, Il Mulino, Bologna 1990, pp. 106-109.

33 Un approfondimento teorico di questa tesi è in F. M. De Sanctis, Tempo di democrazia, cit., pp.

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libertà comunale, continua a dare un profondo slancio e una forte vitalità alla società civile. Il decentramento amministrativo, si è visto, è garanzia di libertà in una società democratica, condizione essenziale dell’autodeterminazione degli individui, ma anche un rimedio ai possibili mali che la democrazia può produrre.

Tocqueville sa bene che l’accentramento politico dello Stato è indispensabile al fiorire del paese stesso, ma sa anche che, unito all’accentramento amministrativo, può produrre conseguenze nefaste.

L’America però non è un’oasi perfetta, né un luogo pacifico senza imperfezioni. Le osservazioni dell’autore evidenziano la novità di un processo democratico che esplode con forza sul suolo americano, ma anche le possibili deviazioni che tale processo può intraprendere: la democrazia corre molti rischi e se il decentramento amministrativo sembra essere la più importante garanzia di libertà, non è l’unica. Ulteriori garanzie sono l’indipendenza del potere giudiziario, la libertà di stampa e di associazione, tutte presenti nel suolo americano ad avviso di Tocqueville. Garanzie che mostrano, allo stesso modo, capacità e rischi di una nazione che ha intrapreso un percorso guidato dallo spirito dell’uguaglianza sociale e politica. L’analisi non si limita, come vedremo, al solo contesto americano: entrando nel vivo del processo degenerativo della democrazia, delle sue possibili patologie, Tocqueville cercherà di cogliere le caratteristiche più generali di una società a base egualitaria. Si tratta ora di capire quali saranno le forme di dispotismo che possono minacciare la rivoluzione democratica e le cause che potrebbero dar vita a questo tipo di patologia.

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1.3. Tirannia della maggioranza e possibili rimedi.

1.3.1. Tirannia della maggioranza.

I due libri de La Democrazia in America presentano le due tipologie di servitù che possono nascere direttamente dal cuore del processo democratico34. L’opera del 1835, è incentrata sull’analisi della realtà politica e sociale americana, la minaccia di dispotismo viene a configurarsi nei termini di tirannia, dispotismo e onnipotenza della maggioranza. ‹‹A esse Tocqueville riconduce molti fenomeni diversi – la diffusione dell’adulazione e dello spirito cortigiano, l’assenza di indipendenza del pensiero e del giudizio, l’instabilità legislativa, l’arbitrio dei funzionari pubblici – ciascuno dei quali è rivelatore di quella che gli appare una medesima, spontanea, inclinazione dell’uomo democratico a uniformarsi a opinioni e a poteri investiti di un consenso maggioritario››35. Nel primo volume dunque la minaccia alla libertà deriva dalla possibile applicazione illimitata della sovranità popolare. Come vedremo, questo tipo di dispotismo colpisce sopratutto la formazione della pubblica opinione, sulla quale può produrre effetti di opprimente conformismo.

È opportuno iniziare la nostra analisi dal dominio della maggioranza: ‹‹È nell’essenza stessa dei governi democratici che il dominio della maggioranza sia assoluto, poiché fuori della maggioranza nelle democrazie, non vi è nulla che possa resistere››36. Tocqueville, nella prima parte dell’opera, descrive con minuzia di particolari l’ordinamento istituzionale americano. Ci siamo già soffermati sulla

34 Un contributo fondamentale alla tesi che La Democrazia in America presenti, in ciascuno dei due libri, una diversa e autonoma teoria critica della democrazia è in A. M. Battista, Studi su Tocqueville, a cura di F. M. De Sanctis, Centro Editoriale Toscano, Firenze 1969, pp. 146-268.

35 G. Magrin, Il patto iniquo. Libertà private, pubblica servitù, op. cit., p. 86.

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nascita dei comuni e sulla loro organizzazione: come abbiamo visto, Tocqueville vede realizzata quella unione tra libertà politica e autonomia della società civile che una democrazia ideale dovrebbe avere. I cittadini partecipano attivamente agli affari pubblici della propria comunità e eleggono direttamente i propri rappresentanti nel governo centrale. Il primo rischio che nasce da questo ordinamento è che le azioni dei membri del governo siano strettamente connesse al giudizio dei propri elettori. I membri del corpo legislativo sono direttamente nominati dal popolo e per un breve periodo, le loro azioni devono tener conto delle opinioni generali e soprattutto delle passioni momentanee degli elettori: ‹‹La legge non assicura ai rappresentanti del potere esecutivo né stabilità, né indipendenza e, sottomettendoli completamente ai capricci della legislatura, essa toglie ad essi quel poco di influenza che la natura del regime democratico avrebbe loro lasciato››37. In alcuni Stati lo stesso processo è valido anche per il potere giudiziario. In alcuni casi i giudici si vedono fissare il proprio stipendio direttamente dagli elettori. Inoltre avviene spesso che gli elettori impongano un programma già definito al proprio deputato che, una volta eletto, dovrà eseguire come se fosse un obbligo da cui non può in nessun modo allontanarsi: ‹‹L’impero morale della maggioranza si fonda in parte sull’idea che vi sia più saggezza e acume in molti uomini riuniti che in uno solo, nel numero piuttosto che nelle qualità dei legislatori››38. In pratica gli interessi del maggior numero di persone devono essere preferiti a quelli del piccolo. Tocqueville sottolinea che questa idea è stata portata in America dai primi abitanti. Gli Stati Uniti, come si è visto, sono

37 Ibidem.

38 Ivi, p. 254.

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stati popolati da uomini che si ritenevano uguali fra di loro e che, sin da subito, hanno adottato il criterio maggioritario per risolvere ogni tipo di questione pubblica. In America tutti i partiti riconoscono i diritti della maggioranza, poiché sperano un giorno di poterli usare a proprio vantaggio:

‹‹La maggioranza ha dunque negli Stati Uniti una immensa potenza di fatto e una potenza di opinione quasi altrettanto grande; quando essa si forma riguardo a qualche questione, non vi sono ostacoli che possono, non dico arrestare, ma anche solo ritardare la sua marcia per lasciarle il tempo di ascoltare le proteste di coloro che essa colpisce nel suo passaggio››39.

Determinata la cornice entro la quale si definisce il potere della maggioranza, è importante ora descrivere le conseguenze che possono sorgere da un tale sistema. La prima conseguenza che Tocqueville osserva è l’instabilità legislativa.

È infatti nella natura dei governi democratici rinnovare frequentemente gli uomini al potere. Attribuendo però un potere sovrano all’autorità legislativa e rinnovando annualmente i legislatori, si incentiva l’instabilità: ‹‹L’America è oggi il paese del mondo in cui le leggi durano meno››40. Le leggi cambiano in continuazione in base al volere della maggioranza e dei propri rappresentanti che, una volta eletti, possono migliorare la legislazione. L’onnipotenza della maggioranza e il modo assoluto con cui le sue volontà si eseguono negli Stati Uniti rende la legge instabile ed esercita la stessa influenza anche sull’esecuzione della legge stessa e sull’azione dell’amministrazione pubblica. Tutti seguono con ardore la forza costruttrice della maggioranza ma, appena questa rivolge la sua attenzione altrove,

39 Ivi, p. 255.

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tutti gli sforzi cessano e s’incanalano verso nuovi orizzonti, alimentando l’instabilità41. L’onnipotenza della maggioranza fa sentire la sua forza anche sui funzionari pubblici. La maggioranza, negli Stati Uniti, è padrona di fare la legge, sorveglia la sua esecuzione, controlla i governanti e considera i funzionari pubblici dei meri agenti passivi che può utilizzare per raggiungere i propri obiettivi. Li tratta come se fossero suoi servitori, li sorveglia, li guida e corregge il loro operato in ogni momento. Ma una maggioranza che può fare le leggi e renderne possibile l’esecuzione ha in mano tutte le forze della società e può vincere qualsiasi tipo di resistenza. La forza della maggioranza pone limiti anche al pensiero. Lo scrittore è infatti libero, ma solo nei limiti tracciati dall’opinione pubblica, nel momento in cui travalica questi limiti rischia di ritrovarsi da solo, criticato da chi non la pensa come lui o isolato da chi condivide i suoi pensieri, ma non ha la forza di sfidare le opinioni generali della società. Siamo di fronte ad un nuovo tipo di dispotismo: quello della maggioranza che non violenta solo il corpo, ma punta dritto all’anima degli individui.

‹‹Il padrone non dice più: “Voi penserete come me o morrete” ma dice: “Voi siete liberi di non pensare come me; la vostra vita, i vostri beni, tutto vi resta; ma da questo momento voi siete stranieri fra noi. Voi manterrete i vostri diritti politici, ma essi saranno inutili per voi poiché, se cercherete di essere

41Un esempio su tutti può spiegare il grado di instabilità dovuto alla forza della maggioranza: la riforma del sistema carcerario in America. Molti anni fa alcuni uomini decisero di riformare il sistema carcerario americano e crearono nuove prigioni. I cittadini si associarono con ardore a questa impresa, convinti dell’importanza della riabilitazione dei prigionieri. A fianco dei nuovi penitenziari, il cui sviluppo veniva affrettato dal voto della maggioranza, sussistevano le antiche prigioni; sembra che queste divenissero sempre più insalubri e corruttrici a misura che le nuove divenivano più riformatrici e più sane. La maggioranza preoccupata dalla creazione dei nuovi stabilimenti aveva dimenticato quelli già esistenti e, poiché nessuno si occupava di una cosa che non attirava più l’attenzione del governo, la sorveglianza era completamente sparita. A fianco di una prigione che rappresentava la grandezza e la cultura della democrazia americana, si trovavano segrete che ricordavano le barbarie medievali.

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eletti dai vostri concittadini, essi non vi accorderanno il loro voto e, se chiederete la loro stima, essi ve la rifiuteranno. Voi resterete fra gli uomini ma perderete il vostro diritto all’umanità. Quando vi avvicinerete ai vostri simili, essi vi fuggiranno come un esempio impuro; e anche quelli che credono alla vostra innocenza vi abbandoneranno per timore di essere a loro volta sfuggiti. Andata in pace, io vi lascio la vita, ma vi lascio una vita peggiore della morte”››42.

Una descrizione tenebrosa che esprime i caratteri funesti e pericolosi che l’onnipotenza della maggioranza può assumere. Ma non finisce qui la lista dei possibili vizi insiti in un sistema democratico a base maggioritaria. Tocqueville analizza, dopo l’indipendenza del pensiero, anche lo spirito degli americani. Il dispotismo della maggioranza limita il numero di uomini notevoli nella scena politica americana. La maggioranza ha un potere talmente assoluto che chi volesse allontanarsi dalla strada tracciata rischia di perdere i propri diritti e di ritrovarsi isolato dal resto dei cittadini. Sono pochi perciò gli uomini che posseggono qualità come la semplicità, l’indipendenza di pensiero e il coraggio di difendere le proprie opinioni. Si direbbe, al contrario, che tutti seguono le medesime vie, che tutti gli spiriti siano formati sullo stesso modello, determinato dalla volontà della maggioranza. Se da straniero in territorio americano Tocqueville ha raccolto molte testimonianze di cittadini che criticavano l’operato della propria comunità, allo stesso modo è convinto che quelle stesse persone difficilmente porteranno il proprio dissenso in piazza, ma fingeranno, al contrario, di approvare tutto ciò che si fa, assumendo comportamenti tipici dei servi nel rapportarsi con i propri padroni:

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‹‹Essi non pongono il problema di sapere quale delle virtù del sovrano sia più degna d’ammirazione per la semplicissima ragione che dichiarano che egli possiede tutte le virtù, senza averle ricevute, quasi senza volerle; essi non gli danno le loro mogli e le loro figlie perché egli si degni di farle sue amanti ma, sacrificando le loro opinioni, prostituiscono se stessi››43.

La maggioranza non è dunque diversa da un individuo che ha opinioni ed idee contrarie ad un altro individuo chiamato minoranza. La tirannide della maggioranza non è altro che il potere di fare tutto accordato non ad un solo individuo, ma a parecchi. Quando si accorda il diritto di fare tutto a una qualsiasi potenza, sia un solo individuo o una maggioranza, è già insito il rischio di generare tratti tirannici. Se si instaura un potere sociale come quello accordato alla maggioranza è indispensabile, al fine di salvaguardare la libertà, creare degli ostacoli al potere che possano moderarlo. Il rischio che gli Stati Uniti corrono è di instaurare poche garanzie contro la tirannide:

‹‹Quando negli Stati Uniti un uomo o un partito soffre di qualche ingiustizia, a chi volete che si rivolga? All’opinione pubblica? E’ essa che forma la maggioranza. Al corpo legislativo? Esso rappresenta la maggioranza e le obbedisce ciecamente. Al potere esecutivo? Esso è nominato dalla maggioranza ed è un suo strumento passivo. Alla forza pubblica? La forza pubblica non è altro che la maggioranza sotto le armi. Alla giuria? La giuria è la maggioranza rivestita del diritto di pronunciare sentenze: i giudici stessi, in alcuni stati, sono eletti dalla maggioranza››44.

43 Ivi, p. 263.

44 Ivi, p. 258.

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Tocqueville evidenzia tutte le conseguenze di una maggioranza fuori controllo. Portare la minoranza all’esasperazione e alla ribellione armata è tra i possibili rischi che porranno fine alla libertà, ma anche questi risvolti saranno da imputare al dispotismo della maggioranza. A questa possibilità l’autore oppone un corpo legislativo che rappresenti la maggioranza senza esserne schiavo; un potere esecutivo che viva di forza propria e un potere giudiziario indipendente dagli altri due poteri. Una divisione dei poteri che può alimentare lo spirito democratico e può diminuire drasticamente i rischi di conseguenze funeste. E’ indispensabile creare delle garanzie contro il dispotismo della maggioranza e queste, come vedremo, possono nascere attraverso la legge, ma ancor di più attraverso i costumi. Tocqueville analizza una serie di fattori che possono limitare i possibili tratti pericolosi di un sistema politico e sociale basato sulla maggioranza. Saranno proprio questi fattori ad essere esaminati nel prossimo paragrafo.

1.3.2. Garanzie e rimedi alla tirannide della maggioranza:

decentramento amministrativo, potere giudiziario e costumi.

E’ opportuno ora esaminare quali fattori limitano il peso della maggioranza nella società americana. Tocqueville non ha dubbi, il principale elemento che tempera la tirannide della maggioranza è l’assenza di accentramento amministrativo. In America esiste l’accentramento politico, lo stato all’interno della propria sfera è onnipotente, ma non si spinge oltre, anzi lascia alla società la libertà di dirigere le proprie attività e di organizzarsi autonomamente all’interno della propria comunità. La maggioranza nazionale non sarebbe capace di far sì che

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ovunque tutti i cittadini si pieghino alla propria volontà. Il governo centrale, che rappresenta la maggioranza, quando ordina in modo sovrano deve servirsi, per l’esecuzione del suo comando, di agenti che spesso non dipendono da esso. Questi agenti non sono altro che i corpi municipali, le amministrazioni delle contee e i comuni che fungono da scogli ritardando e limitando la forza della volontà popolare. L’assenza di accentramento amministrativo è quindi necessaria alla libertà del popolo americano: ‹‹Su questo punto bisogna riflettere. Se mai una repubblica democratica, organizzata come quella degli Stati Uniti, si costituisse in un paese in cui il potere di uno solo avesse già stabilito e fatto passare, nelle abitudini e nelle leggi, l’accentramento amministrativo, certamente, in una simile repubblica, il dispotismo diverrebbe più intollerabile quanto in nessuna altra monarchia assoluta d’Europa››45.

Oltre il decentramento amministrativo, Tocqueville pone in rilievo l’importanza degli uomini di legge e dell’istituzione della giuria. In America, non vi sono nobili né letterati e il popolo diffida dei ricchi, i legisti, ovvero i giudici, formano così la classe politica più alta e più apprezzata dal popolo: quando quest'ultimo si lascia trascinare dai vizi e dalle proprie passioni e rischia di fomentare i tratti tirannici della volontà popolare, i legisti sono gli unici che possono moderare e trattenere gli istinti più bassi attraverso l’ausilio della legge.

Forti del diritto di proclamare l’incostituzionalità della legge, i legisti penetrano sempre più negli affari politici. Non possono obbligare il popolo ad istituire determinate leggi, ma possono costringerlo almeno a rispettare le sue proprie leggi e a mantenere un certo grado di coerenza con sé stesso. I legisti sono l’unica

45 Ivi, p. 268.

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classe di cui il popolo non diffida e non teme il loro operato, di conseguenza sono scelti a occupare la maggior parte dei posti pubblici, sono a capo delle amministrazioni e esercitano una grande influenza sulla formazione e l’esecuzione della legge:

‹‹Gli uomini di legge sono dunque, negli Stati Uniti, una potenza poco temuta, poco notata, senza mire proprie e pronta a piegarsi alle esigenze del momento e a seguire, senza resistere, i movimenti sociali, ma che avviluppa tutta intera la società, penetrando in ogni classe, vi lavora in segreto, vi agisce senza posa a sua insaputa e finisce col modellarla spesso ai suoi desideri››46.

I legisti formano dunque un potente contrappeso nella democrazia:

alimentano nel popolo il rispetto per la legge, moderano i loro impulsi più bassi ed evitano che la sovranità popolare assuma tratti pericolosi.

La Démocratie, però, è ben lungi dall'incoraggiare un eccessivo attivismo giudiziario o un trasferimento di poteri dal parlamento alle corti; nel prestigio dei giuristi Tocqueville trova piuttosto un elemento atto a suscitare il desidero emulativo dei cittadini e a innescare un circolo virtuoso di educazione politica47. La fonte principale del potere dei legisti è la giuria. Tocqueville intende per giuria un certo numero di cittadini presi a caso e investiti momentaneamente del diritto di giudicare. Egli insiste in modo quasi martellante sul fatto che le giurie popolari devono essere valutate come istituzioni politiche, ben più che come istituti giuridici. «In quanto tali, esse sono eminentemente repubblicane, dal momento che affidano ai governati l'esecuzione della legge, ovvero la direzione reale della

46 Ivi, p. 274.

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società»48. In una nazione democratica l’istituzione della giuria pone dunque temporaneamente la direzione della società nelle mani del popolo.

Apparentemente la giuria potrebbe risultare più utile ad alimentare la forza della maggioranza che a limitarla, ma in realtà non è così. La giuria infatti infonde allo spirito del popolo una parte delle abitudini del giudice, diffonde il rispetto per la legge e insegna agli uomini la pratica dell’equità. Ciascuno giudicando il suo vicino, pensa che potrà essere a sua volta giudicato. Inoltre, la giuria insegna agli uomini quali siano le proprie responsabilità e i propri doveri verso la comunità;

alimenta lo spirito comunitario, indispensabile ai cittadini che partecipano direttamente agli affari pubblici; alimenta il buon senso politico e l’intelligenza pratica degli americani; offre continui esempi di buona cittadinanza e pene per chiunque anteponga un gretto egoismo individuale agli affari collettivi. Dunque, la giuria è un mezzo per far governare il popolo, ma si dimostra anche il mezzo più efficace per insegnargli a governare: ‹‹Dunque la giuria, che sembra diminuire i diritti dei magistrati, dà loro in realtà un grande potere, poiché i giudici più stimati sono quelli che hanno fatto parte al popolo dei loro privilegi; e, soprattutto con l’aiuto della giuria civile, la magistratura americana ha introdotto ciò che io chiamo spirito di legge fin nelle ultime classi sociali››49. I legisti e l’istituzione della giuria sono dunque elementi del potere giudiziario che concorrono alla conservazione della repubblica democratica in America. Un altro elemento, come già visto, è il decentramento amministrativo. Le contee e, soprattutto, i comuni, moderando il dispotismo della maggioranza, insegnano al popolo l’arte di essere

48 A. de Tocqueville, La Democrazia in America, op. cit., p. 98.

49 Ivi, p. 278.

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liberi. C’è però un ulteriore causa che alimenta la forza della democrazia americana: le idee e le abitudini che guidano quotidianamente l’operato del popolo americano e che formano ciò che Tocqueville definisce costumi. Il principale fattore che alimenta costantemente lo stato morale ed intellettuale degli americani è l’istruzione del popolo. Essa serve fortemente a conservare la repubblica democratica, ma da sola non può bastare: ‹‹La vera cultura – ci dice Tocqueville – nasce principalmente dall’esperienza››50. Non a caso una delle migliori caratteristiche del popolo americano è la sua esperienza e il suo buon senso, nonché una precisa conoscenza di tutto ciò che concerne gli affari pubblici e la realtà politica della propria comunità. Ogni cittadino americano conosce i propri diritti e di quali mezzi deve servirsi per esercitarli; conosce le regole dell’amministrazione e gli è familiare il meccanismo delle leggi. Tutte queste conoscenze non derivano solo dai libri, sebbene la sua educazione letteraria lo abbia preparato a riceverle, gli vengono fornite partecipando alla legislazione, agli affari pubblici e governando insieme agli altri cittadini. Lo spirito democratico infine è alimentato dalla religione. I primi emigranti (paragrafo 1.2.2) che si insediarono sulle coste americane appartenevano ad una setta cristiana puritana. I loro principi, così come quelli del cristianesimo, coincidevano con le idee democratiche e repubblicane che si svilupparono nel suolo americano. Religione e politica avanzarono da sempre insieme, alimentando lo spirito egualitario del sistema democratico.

Gli americani hanno dunque fatto grandi sforzi per combattere e correggere i possibili difetti naturali della democrazia. Alla tirannia della maggioranza hanno

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opposto dei rimedi e dei mezzi che potessero regolarne la forza, dimostrando che è possibile regolare la democrazia per mezzo delle leggi e dei costumi, e sembra che vi siano riusciti. Il dispotismo della maggioranza non è però l’unico rischio che corre la democrazia. Nella seconda parte dell’opera, Tocqueville, trasportando il discorso intorno alla democrazia su un piano più generale e non strettamente americano, ha elaborato un nuovo possibile dispotismo democratico che nasce non dalla forza illimitata della volontà popolare ma dalla spoliticizzazione e dall’apatia della maggioranza.

1.4. Dispotismo democratico e possibili rimedi per un buon funzionamento del sistema democratico.

1.4.1. Materialismo e individualismo.

Nell’ultima parte dell’opera, che assume toni spesso pessimistici, Tocqueville osserva e analizza il più grave pericolo che corre la democrazia: si tratta dell’accentramento politico-amministrativo, che annienta i corpi intermedi e sopprime ogni autonomia e vitalità della società civile. Prima di approfondire il nuovo tipo di dispotismo è opportuno soffermarsi sulle condizioni che alimentano, all’interno di un sistema democratico, gli esiti dispotici. Il quadro generale in cui si inseriscono le analisi di Tocqueville che abbiamo visto fino ad ora, definisce come caratteristiche principali della democrazia l’uguaglianza delle condizioni e il livellamento morale e intellettuale dei singoli: uomini uguali nei diritti, nell’istruzione, nell’educazione e nella condizione sociale e giuridica, hanno necessariamente gusti, bisogni, idee e abitudini simili. Il rischio che si viene a

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