3. CONCLUSIONI
Lo scopo del presente lavoro è stato quello di analizzare a livello diegetico e biografico il conflitto tra moralità e passione che Hartley descrive in Simonetta Perkins, ma che continuerà come una costante in quasi tutte le sue opere. Indubbiamente, Hartley tratta l’argomento per esternare i dubbi sulla società dell’epoca e sui suoi valori, ma, approfondendo alcuni aspetti biografici, non si può trascurare come tale conflitto sia soprattutto personale. Non è stato semplice trovare riscontri biografici con quanto narrato all’interno del romanzo breve, poiché la bibliografia su Hartley è scarsa e tutti i documenti personali sono stati bruciati alla morte di Norah;
inoltre le biografie che lo riguardano non sono dettagliate, i fatti personali
sono solo accennati e vaghi, pertanto è stato necessario un lavoro di
interpretazione di quanto testimoniato da scrittori amici di Hartley, come
Kitchin, Lord Cecil o Paul Bloomfield, e assemblare le informazioni con
quanto emerge da romanzi e racconti di Hartley. All’unanimità i critici che
si sono occupati delle sue opere hanno riscontrato in Simonetta Perkins una
trasposizione eterosessuale di una passione omosessuale, la quale, tuttavia,
non ha un referente preciso: non si sa se la vivida ammirazione che Harltey
palesa nei confronti di Emilio sia l’ammirazione per la categoria dei
gondolieri in generale, o di uno in particolare, per esempio Pietro Busetti, il
LXXIV
quale è stato a suo servizio per molti anni. Quello che è certo è che la passione di Lavinia è la passione di Leslie, e la frustrazione di Lavinia è la stessa che ha accompagnato Hartley nel suo primo soggiorno veneziano e per tutta la vita. I motivi di questa inquietudine interiore sono svariati, uno su tutti è sicuramente il forte senso per la morale che Hartley possiede e che mette sempre al primo posto, esattamente come accade in Simonetta Perkins; ci sono poi i motivi personali, una madre opprimente rimasta sempre virtualmente legata al cordone ombelicale del figlio, e una sorella dominante, che lo mortifica e lo bacchetta in continuazione. Non si sa ancora cosa non funzionasse in quella famiglia, fatto sta che nessuno dei tre figli si è mai sposato o ha mai avuto relazioni sentimentali stabili.
Simonetta Perkins è stato il primo romanzo breve di L. P. Hartley: in
poche pagine il testo racchiude l’essenza delle opere che seguiranno,
affrontando temi chiave come il conflitto privato e quello sociale, che
nascono dalla collisione tra sentimenti e convenzioni, sviluppando una
raffinata analisi psicologica della protagonista, descritta con grande
realismo grazie allo stile sobrio e asciutto e a una sapiente commistione di
tecniche narrative. Simonetta Perkins vuole anche essere un omaggio a uno
degli autori preferiti di Hartley, Henry James: non sono casuali, al riguardo,
la scelta di una protagonista bostoniana, la citazione di Daisy Miller
attraverso l’episodio accaduto a Elizabeth Templeman o riferimenti ai
colori di Venezia, dove predomina una luce porporina. Forse, Hartley
rievoca James perché è l’autore che meglio ha saputo trasmettere il fascino
di Venezia attraverso i suoi romanzi: Venezia, la città che gli ha dato
rifugio per gran parte della sua vita e che, alla fine, è diventata metafora
della sua esistenza, come scrive nell’incipit del capitolo finale del suo The
Novelist’s Responsibility:
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On the map Venice is pear-shaped, or, to be more exact, the shape of a flat fish; and its course is set in a north-westerly direction towards the mainland. But there is not, I should think, another city in the world where cartography and actuality bear so little relation to each other. Once inside Venice, one’s sense of direction sickens from a surfeit of possibilities and then dies. 1
Come a Venezia, anche nella vita il senso dell’orientamento si perde in un eccesso di possibilità, e poi muore.
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