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Discrimen » La Giustizia Penale

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Academic year: 2022

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(1)

Giugno 2016

anno cXXi (LVii della 7aSerie) Fascicolo Vi

Fondata neLL’anno 1893

da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI

comitato ScientiFico

direttore

PIETRO NOCITA

LA GIUSTIZIA PENALE

comitato di redazione:

redazione:

00195 ROMA - Viale Angelico, 38 Telefono (06) 321.53.95 - Fax (06) 372.25.74

E-mail: giustpen@gmail.com

edizione digitale (ebook): www.lagiustiziapenale.org | webmaster: Spolia - info@spolia.it GUSTAVO BARBALINARDO, Magistrato; FRANCESCO BUFFA, Magistrato;

ANTONELLA DE BENEDICTIS, Avvocato; FABIANA FALATO, Ricercatore procedura penale Univ. di Napoli “Federico II”; ALESSANDRO LEOPIZZI, Magistrato; ROBERTA MARRONI, Avvocato; IRENE SCORDAMAGLIA, Magistrato;

CLAUDIA SQUASSONI, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione.

ERCOLE APRILE, Magistrato; GIOVANNI ARIOLLI, Magistrato; FRANCESCO CALLARI, Dottore di Ricerca procedura penale ; VITTORIO CORASANITI, Magistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LUIGI CIAMPOLI, Magistrato;

FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; MARCO MARIA MONACO, Dottore di Ricerca procedura penale; GIUSEPPE NOVIELLO, Magistrato; ANTONIO UGO PALMA, Avvocato; MARIA ISABELLA SCAMARCIO, Magistrato; PAOLO SIRLEO, Magistrato; DELIO SPAGNOLO, Magistrato; TIZIANA TREVISSON LUPACCHINI, Ricercatore procedura penale Univ. “Guglielmo Marconi”; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale Univ. “LUMSA”.

Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento Postale

D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012

In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

pubblicità inferiore al 50%

FERRANDO MANTOVANI

Emerito di diritto penale

CORRADO CARNEVALE

Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

ORESTE DOMINIONI

Ordinario di procedura penale

FAUSTO GIUNTA

Ordinario di diritto penale

ENRICO MARZADURI

Ordinario di procedura penale

NATALE MARIO DI LUCA

Ordinario di medicina legale

RENZO ORLANDI

Ordinario di procedura penale

PAOLO DELL’ANNO

Ordinario di diritto amministrativo

ANGELO GIARDA

Ordinario di procedura penale

CARLO FEDERICO GROSSO

Ordinario di diritto penale

GIORGIO SANTACROCE

Primo Presidente Emerito della Corte di Cassazione

ANTONIO SCAGLIONE

Ordinario di procedura penale

FRANCESCO BRUNO

Ordinario di pedagogia sociale

OLIVIERO MAZZA

Ordinario di procedura penale

GIUSEPPE RICCIO

Emerito di procedura penale

VINCENZO SCORDAMAGLIA

Ordinario di diritto penale

(2)

Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.

In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.

(3)

NOTE A SENTENZA

MAZZA O., Un duplice errore di diritto della Cassazione che annulla un punto della decisione non impugnato, III, 376.

DIBATTITI

FORNACIARI M. B., Il principio di legalità penale tra il pri- mato del diritto europeo ed i controlimiti, aspettando la Corte costituzionale, I, 175.

SOMMARIO

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MAGLIO M. G. - GIANNELLI F., I delitti di omissione di soc- corso di cui all’art. 593 del codice penale, II, 357.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE A) DECISIONI DELLA CORTE

STUPEFACENTI - Condotte integranti illeciti amministrativi - Uso personale della sostanza stupefacente - Mancata inclu- sione della condotta di coltivazione di piante di cannabis - Vio- lazione del principio di eguaglianza e del principio di offensività - Questione di illegittimità costituzionale - Infon- datezza, I, 164.

STUPEFACENTI - Detenzione illecita di sostanze stupefacenti - Droghe pesanti - Trattamento sanzionatorio previsto dal primo comma - Comparazione con il massimo edittale previsto per l’ipotesi lieve di cui al comma 5 - Eccessiva differenza - Ritenuta violazione degli artt. 3 e 27 Cost. - Questione di le- gittimità costituzionale - Inammissibilità, I, 161.

GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Annullamento con rinvio - Giudizio di rinvio - Poteri del giudice del rinvio - Diversità a seconda che l’annullamento consegua a violazione o erronea applicazione della legge penale o a vizio di motivazione - De- finizioni, III, 339.

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Annullamento con rinvio - Giudizio di rinvio - Questioni di diritto vincolanti - Valutazioni in fatto da parte della Corte di Cassazione - Vincolatività per il giudice del rinvio - Esclusione, III, 339.

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Annullamento con rinvio - Giudizio di rinvio - Sentenza - Impugnabilità per motivi pro- cessuali - Condizioni - Solo in relazione ad attività processuali compiute nel giudizio di rinvio, III, 339.

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Motivi - Vizio di motiva- zione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - Nozione, III, 339.

CASSAZIONE (RICORSO PER) - Omicidio - Sentenza asso- lutoria da concorso materiale e condanna per concorso morale - Omessa impugnazione del P.M. - Cognizione della Corte - Comprende anche concorso materiale non impugnato, III, 369.

CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - Cosiddetta causalità psichica - Accertamento sulla base di massime di comune esperienza - Necessità, II, 321.

FURTO - Circostanze aggravanti speciali - Furto commesso con destrezza - Nozione, II, 353, 108.

INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTI- LITÀ - Tentativo - Perseguimento di indebito vantaggio da parte del privato - Necessità - Esclusione, II, 354, 109.

INQUINAMENTO - Attività di gestione di rifiuti non autoriz- zata - Abbandono di rifiuti da parte di terzi - Responsabilità del possessore o proprietario del fondo - Condizioni, II, 354, 110.

INQUINAMENTO - Attività di gestione di rifiuti non autoriz- zata - Discarica abusiva - Nozione - Requisiti per la configu- rabilità del reato, II, 355, 111.

INQUINAMENTO - Attività di gestione di rifiuti non autoriz- zata - Realizzazione di discarica abusiva - Accumulo di rifiuti non destinati a ricevere un trattamento conforme alla legge - Degrado dell’area in cui insistono - Configurabilità del reato - Fattispecie, II, 355, 112.

MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Esigenze cautelari - Pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato - Nozione, III, 379, 73.

MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Misure disposte nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona - Richiesta di revoca o sostituzione della misura - Omessa notifica contestuale della richiesta da parte dell’impu- tato alla persona offesa - Possibilità per la persona offesa di far valere la inammissibilità dell’istanza con ricorso per cassa- zione, III, 380, 74.

MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Ordi- nanza applicativa - Obbligo di motivare sulle specifiche esi- genze cautelari e sugli indizi che giustificano in concreto la misura - Motivazione espressiva di attività giurisdizionale del giudicante - Necessità, III, 380, 75.

MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Sospen- sione dei termini di durata massima della custodia cautelare - Presupposti - Obbligo di motivazione specifica sulle particolari esigenze che rendano difficile, senza notevoli difficoltà, la pro- nuncia della sentenza nel giudizio, III, 381, 76.

MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Sospen- sione dei termini di durata massima della custodia cautelare - Presupposti - Particolare complessità del dibattimento - Possi- bilità di sospensione in caso di sopravvenienza di nuove diffi- coltà tecniche che si innestino su istruttoria già complessa, III, 382, 77.

NOTIFICAZIONI - Notifica all’imputato della citazione per il giudizio di appello - Notifica effettuata presso lo studio del di- fensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato o eletto - Nullità della notificazione - Necessaria eccezione dell’impu- tato in udienza - Mancanza - Presunzione di conoscenza in virtù del rapporto fiduciario tra imputato e difensore, III, 382, 78.

PECULATO - Elemento soggettivo - Mutamento consapevole della destinazione di somme riscosse per giocate del lotto - Ignoranza sui limiti dei propri poteri dispositivi - Ignoranza sulla legge penale - Inescusabilità, II, 356, 113.

PECULATO - Ricevitori delle giocate del lotto - Omesso ver- samento delle somme riscosse all’Erario - Configurabilità del reato - Ragioni, II, 356, 114.

PENA - Pene accessorie - Sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per prescrizione - Effetti sulla pena acces- soria inflitta - Caducazione - Ragioni, II, 356, 115.

PERSONA INCARICATA DI UN PUBBLICO SERVIZIO - Nozione - Titolare di ricevitoria delle giocate del lotto - Sussi- SOMMARIO

(5)

stenza della qualifica - Ragioni, II, 357, 116.

PROCEDIMENTO PER DECRETO - Opposizione al decreto penale di condanna - Richiesta dell’opponente di applicazione della pena ex art. 444 C.p.p. - Mancato accoglimento da parte del giudice - Conseguenze - Emissione del decreto di giudizio immediato - Dichiarazione di esecutività del decreto di con- danna - Preclusione, III, 383, 79.

PROVE - Prova documentale - Fotografie estratte da video-ri- prese eseguite dalla polizia giudiziaria - Utilizzabilità - Ra- gioni, III, 383, 80.

PROVE - Prova documentale - Videoregistrazioni - Prova do- cumentale avente requisiti particolari - Utilizzabilità - Condi- zioni - Autenticità, III, 383, 81.

RIPARAZIONE DELL’ERRORE GIUDIZIARIO - Liquida- zione del danno - Criteri - Criterio risarcitorio per danni patri- moniale e non patrimoniale - Criterio equitativo per danni non esattamente quantificabili, III, 329.

RIPARAZIONE DELL’ERRORE GIUDIZIARIO - Liquida- zione del danno - Criteri - Esclusione dell’aggettivo “equo” - Possibilità per il giudice di far ricorso a criteri equitativi - Sus- siste - Possibilità altresì di ricorrere a criteri di natura risarci- toria, III, 329.

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Liquida- zione dell’indennizzo - Criteri - Valutazione equitativa di tutti gli elementi necessari a quantificare il danno, III, 328.

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Ripara- zione dell’errore giudiziario - Danno esistenziale, morale, bio- logico - Ricompresi nella ampia nozione di danno non patrimoniale - Indennizzabilità da parte del giudice, III, 329.

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Ripara- zione dell’errore giudiziario - Diversità degli istituti - Elemento comune - Pregiudizio derivante da atto lecito dannoso, III, 328.

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Ripara- zione dell’errore giudiziario - Restrizione della libertà perso- nale - Nozione - Inclusione di qualsiasi forma di detenzione ingiusta, anche quella precautelare, III, 328.

TERMINI PROCESSUALI - Restituzione nel termine - Resti- tuzione nel termine per proporre opposizione al decreto penale di condanna - Onere di allegazione dell’imputato del momento in cui ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento - Suf- ficienza - Potere del giudice - Verificare che l’imputato abbia avuto tempestivamente conoscenza effettiva del provvedi- mento, III, 384, 83.

TESTIMONIANZA - Capacità di testimoniare - Testimonianza del minore vittima di reati sessuali - Valutazione per mezzo di perizia - Necessità - Omissione - Possibilità di ricorrere anche ad altri elementi di riscontro, III, 339.

TESTIMONIANZA - Dichiarazioni rese dalla persona offesa - Applicazione delle regole dettate dall’art. 192, comma 3, C.p.p. - Esclusione - Idoneità ad essere poste da sole a fonda- mento della responsabilità dell’imputato - Condizioni - Verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del racconto - Obbligo di motivazione rigorosa, III, 321.

TESTIMONIANZA - Testimonianza indiretta - Deposizione de relato su dichiarazioni rese da minore vittima di reati ses- suali - Utilizzabilità anche in caso di impossibilità di procedere all’esame diretto del minore - Dichiarazioni rese al perito - Uti- lizzabilità - Condizioni - Solo ai fini delle conclusioni dell’in- carico peritale, III, 339.

SOMMARIO

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SOMMARIO

(7)

codice etico

DOvERI DEI REDATTORI

Decisioni sulla pubblicazione

I redattori de La Giustizia Penale sono responsabili della deci- sione di pubblicare o meno gli articoli proposti. I redattori pos- sono consultarsi con i referee per assumere tale decisione.

Correttezza

I redattori valutano gli articoli proposti per la pubblicazione in base al loro contenuto senza discriminazioni di razza, genere, orientamento sessuale, religione, origine etnica, cittadinanza, orientamento politico degli autori.

Riservatezza

I redattori e gli altri componenti dello staff si impegnano a non rivelare informazioni sugli articoli proposti ad altre persone oltre all’autore, ai referee e all’editore.

Conflitto di interessi e divulgazione

I redattori si impegnano a non usare in proprie ricerche i conte- nuti di un articolo proposto per la pubblicazione senza il consenso scritto dell’autore.

DOvERI DEI REFEREE

Contributo alla decisione editoriale

La peer-review è una procedura che aiuta i redattori ad assumere decisioni sugli articoli proposti e consente anche all’autore di mi- gliorare il proprio contributo.

Rispetto dei tempi

Il referee che non si senta adeguato al compito proposto o che sappia di non poter svolgere la lettura nei tempi richiesti è tenuto a comunicarlo tempestivamente ai coordinatori.

Riservatezza

Ogni testo assegnato in lettura deve essere considerato riservato.

Pertanto, tali testi non devono essere discussi con altre persone senza esplicita autorizzazione dei redattori.

Oggettività

La peer review deve essere condotta in modo oggettivo. Ogni giudizio personale sull’autore è inopportuno. I referee sono tenuti a motivare adeguatamente i propri giudizi.

Indicazione di testi

I referee si impegnano a indicare con precisione gli estremi bi- bliografici di opere fondamentali eventualmente trascurate dal- l’autore. Il referee deve inoltre segnalare ai redattori eventuali somiglianze o sovrapposizioni del testo ricevuto in lettura con altre opere a lui note.

Conflitto di interessi e divulgazione

Informazioni riservate o indicazioni ottenute durante il processo di peer-review devono essere considerate confidenziali e non pos-

sono essere usate per finalità personali. I referee sono tenuti a non accettare in lettura articoli per i quali sussiste un conflitto di interessi dovuto a precedenti rapporti di collaborazione o di con- correnza con l’autore e/o con la sua istituzione di appartenenza.

DOvERI DEGLI AUTORI

Accesso e conservazione dei dati

Se i redattori lo ritenessero opportuno, gli autori degli articoli do- vrebbero rendere disponibili anche le fonti o i dati su cui si basa la ricerca, affinché possano essere conservati per un ragionevole periodo di tempo dopo la pubblicazione ed essere eventualmente resi accessibili.

Originalità e plagio

Gli autori sono tenuti a dichiarare di avere composto un lavoro originale in ogni sua parte e di avere citato tutti i testi utilizzati.

Pubblicazioni multiple, ripetitive e/o concorrenti

L’autore non dovrebbe pubblicare articoli che descrivono la stessa ricerca in più di una rivista. Proporre contemporaneamente lo stesso testo a più di una rivista costituisce un comportamento eticamente non corretto e inaccettabile.

Indicazione delle fonti

L’autore deve sempre fornire la corretta indicazione delle fonti e dei contributi menzionati nell’articolo.

Paternità dell’opera

Va correttamente attribuita la paternità dell’opera e vanno indicati come coautori tutti coloro che abbiano dato un contributo signi- ficativo all’ideazione, all’organizzazione, alla realizzazione e alla rielaborazione della ricerca che è alla base dell’articolo. Se altre persone hanno partecipato in modo significativo ad alcune fasi della ricerca il loro contributo deve essere esplicitamente rico- nosciuto.

Nel caso di contributi scritti a più mani, l’autore che invia il testo alla rivista è tenuto a dichiarare di avere correttamente indicato i nomi di tutti gli altri coautori, di avere ottenuto la loro approva- zione della versione finale dell’articolo e il loro consenso alla pubblicazione in La Giustizia Penale.

Conflitto di interessi e divulgazione

Tutti gli autori sono tenuti a dichiarare esplicitamente che non sussistono conflitti di interessi che potrebbero aver condizionato i risultati conseguiti o le interpretazioni proposte. Gli autori de- vono inoltre indicare gli eventuali enti finanziatori della ricerca e/o del progetto dal quale scaturisce l’articolo.

Errori negli articoli pubblicati

Quando un autore individua in un suo articolo un errore o un’ine- sattezza rilevante, è tenuto a informare tempestivamente i redat- tori della rivista e a fornire loro tutte le informazioni necessarie per segnalare in calce all’articolo le doverose correzioni.

CODICE ETICO DELLE PUBBLICAZIONI

La Rivista La Giustizia Penale è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato da COPE: Best Practice Guidelines for Journal Editors.

È necessario che tutte le parti coinvolte - autori, redattori e referee - conoscano e condividano i seguenti requisiti etici.

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Condizioni di abbonamento per l’Anno 2011 pagamenti anticipati

ITALIA ESTERO

Fino al 31/3/2011

149,77

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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno dodici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventisette sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno quindici sedicesimi annui) è dedi- cata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).

Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sen- tenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice anali- tico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.

A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:

a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costi- tuzionale, amministrativo e civile;

b) sentenze con note critiche;

c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scien- ze giuridiche e sociali in genere;

d) resoconti e commenti;

e) varietà.

B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:

a) articoli originali di dottrina;

b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;

c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giuri- sprudenza civile relativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stra- dale, con note di richiami;

d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;

e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;

f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;

g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;

h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.

SARÀ SOSPESO ALLABBONATO MOROSO LINVIO DEI FASCICOLI.

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I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 30 giorni dal ricevimento del fascicolo successi- vo. Decorso tale termine, si spediscono solo alle condizioni per i fascicoli arretrati.

Coordinatrice Anna Mascoli Sabatini

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Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sentenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.

A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:

a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;

b) sentenze con note critiche;

c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scienze giuridiche e sociali in genere;

d) resoconti e commenti;

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B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

DECISIONI DELLA CORTE

Sentenza n. 148 - 1 giugno 2016 Pres. Grossi - Rel. Cartabia

Stupefacenti - Detenzione illecita di sostanze stupefacenti - Droghe pesanti - Trattamento sanzionatorio previsto dal primo comma - Comparazione con il massimo edittale previ- sto per l’ipotesi lieve di cui al comma 5 - Eccessiva differenza - Ritenuta violazione degli artt. 3 e 27 Cost. - Questione di le- gittimità costituzionale - Inammissibilità (Cost. artt. 3, 27;

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, commi 1 e 5)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale art. 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefa- centi e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei re- lativi stati di tossicodipendenza), come risultante a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis del decreto-legge 30 di- cembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, - in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione - nella parte in cui determinerebbe un quadro sanzionatorio irragionevole, caratterizzato da una marcata differenza di pena tra l’ipotesi di cui al comma 1 e quella di cui al comma 5, stabilendo un trattamento sanzionatorio minimo estrema- mente più elevato (quattro anni di reclusione in più) rispetto alla san- zione prevista per i fatti di maggior disvalore tra quelli di cui al quinto comma della medesima norma e in quanto un minimo edittale così elevato - 8 anni di reclusione - non consentirebbe di individuare un trattamento sanzionatorio conforme al principio di personalità delle responsabilità penale, che implica la possibilità di irrogare pene pro- porzionate alla gravità del fatto.

Ritenuto in fatto

1. - Con Ordinanza del 31 luglio 2015, iscritta al reg. Ord. n. 337 del 2015, il Tribunale ordinario di Perugia ha sollevato - in riferimento agli artt. artt. 3 e 27 della Costituzione - questione di legittimità co- stituzionale dell’art. 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come ri- sultante a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costitu- zionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per ga- rantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi in- vernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno.

Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modifica- zioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49.

1.1. - In particolare, il rimettente ha premesso di essere investito del giudizio abbreviato nei confronti di I.K., C.K. e W.K., imputati del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, per avere dete- nuto g. 30,81 lordi di cocaina.

Il giudice a quo ha ritenuto rilevante la questione, in quanto la re- sponsabilità degli imputati risulterebbe comprovata dagli atti utiliz- zabili nel giudizio e risulterebbe applicabile nella specie il comma 1 del citato art. 73 del d. P. R. n. 309 del 1990, in considerazione della

«significativa offensività» del fatto, desumibile dalle modalità del- l’azione e dal suo oggetto.

Si evidenzia, più precisamente, che l’azione si è concretizzata nella detenzione e nel trasporto di droga, realizzati sfruttando contatti con fornitori fuori dalla Regione, e che l’oggetto della condotta è rappre- sentato da un quantitativo di cocaina pari a circa 90 dosi medie, se- condo i parametri orientativi di cui al decreto del Ministero della Salute 11 aprile 2006 (Indicazione dei limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusi- vamente personale delle sostanze elencate nella tabella I del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, ai sensi dell’art. 73, comma 1 bis).

Lo stesso rimettente, pur ritenendo (per le ragioni appena esposte) che il fatto non sia riconducibile all’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 del medesimo art. 73, ha parallelamente ritenuto che la pena debba attestarsi «nella parte inferiore del range di pena di cui al primo comma», posto che, tra i fatti non lievi, quello in esame «non assume, neanche, contorni di particolare offensività».

1.2. - Il Tribunale ha poi ricordato che, con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzio- nale della disposizione che aveva modificato l’art. 73, comma 1. Se- gnatamente, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis del d.l. n. 272 del 2005, inserito, in sede di conversione, dall’art.

1, comma 1, della legge n. 49 del 2006, per un vizio procedurale ex art. 77, secondo comma, Cost., con la conseguenza che ha ripreso vi- gore il testo dell’art. 73, comma 1, anteriore alla modifica, che puni- sce i fatti, riconducibili a detto comma 1, con la pena della reclusione da otto a venti anni e con la multa da euro 25.822 (lire cinquanta mi- lioni) a euro 258.228 (lire cinquecento milioni). Per i fatti di lieve en- tità, invece, l’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, prevede

«le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329».

1.3. - Secondo il rimettente, l’art. 73, comma 1, sarebbe viziato da irragionevolezza e, quindi, sarebbe in contrasto con l’art. 3 Cost.

«nella parte in cui determina un trattamento sanzionatorio minimo estremamente più elevato (quattro anni di reclusione in più) rispetto alla sanzione prevista per i fatti di maggior disvalore tra quelli di cui al quinto comma della medesima norma».

Inoltre, l’intervallo edittale stabilito dalla disposizione impugnata non consentirebbe di individuare un trattamento sanzionatorio con- forme al principio di personalità della responsabilità penale, secondo cui la pena deve essere determinata proporzionalmente alla gravità del fatto di reato, con conseguente lesione anche dell’art. 27 Cost..

Sulla scorta di tali considerazioni, il giudice a quo ha ritenuto non manifestamente infondata la prospettata lesione degli artt. 3 e 27 Cost..

2. - Con atto depositato il 2 febbraio 2016, è intervenuto il Presi- dente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvoca- tura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza o, comunque, non fondata.

La difesa dello Stato ha evidenziato che il trattamento sanzionato- rio censurato rientra appieno nella sfera di discrezionalità politica del legislatore, di cui non sarebbe stato fatto un uso irragionevole, con chiara esclusione del denunciato vizio ex art. 3 Cost..

6.I.2016

LA GIUSTIZIA PENALE 2016 (Parte Prima: I Presupposti)

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Inoltre, l’ampiezza della cornice edittale di pena disegnata dal le- gislatore consentirebbe un agevole adattamento della risposta san- zionatoria alla fattispecie concreta, senza alcuna lesione neppure dell’art. 27 Cost..

Considerato in diritto

1. - Con ordinanza del 31 luglio 2015, il Tribunale Ordinario di Perugia ha sollevato - in riferimento agli artt. artt. 3 e 27 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilita- zione dei relativi stati di tossicodipendenza), come risultante a se- guito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis del de- creto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garan- tire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’in- terno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disci- plina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al de- creto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con- vertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49.

1.1. - In particolare, il rimettente espone che la disposizione impu- gnata punisce chi illecitamente coltiva, produce, fabbrica, estrae, raf- fina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve, a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75, sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’art. 14, dello stesso Testo Unico.

Il Tribunale lamenta che la norma censurata prevede, per i fatti di cui sopra, la pena minima di otto anni di reclusione ed euro 25.822 di multa, mentre il successivo comma 5 del medesimo art. 73, stabi- lisce, ove questi stessi fatti siano considerati di lieve entità, la pena massima di quattro anni di reclusione ed euro 10.329 di multa.

1.2. - Ad avviso del giudice a quo, tale previsione violerebbe, in primo luogo, l’art. 3 Cost., in quanto determinerebbe un quadro san- zionatorio irragionevole, caratterizzato da una marcata differenza di pena tra l’ipotesi di cui al comma 1 e quella di cui al comma 5, sta- bilendo «un trattamento sanzionatorio minimo estremamente più ele- vato (quattro anni di reclusione in più) rispetto alla sanzione prevista per i fatti di maggior disvalore tra quelli di cui al quinto comma della medesima norma»; in secondo luogo, sarebbe violato l’art. 27 Cost., in quanto un minimo edittale così elevato - 8 anni di reclusione - non consentirebbe di individuare un trattamento sanzionatorio conforme al principio di personalità delle responsabilità penale, che implica la possibilità di irrogare pene proporzionate alla gravità del fatto.

2. - La questione sollevata è inammissibile, per assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate in materia riservata alla discrezionalità legislativa.

2.1. - Nella specie, è fuor di dubbio che la disposizione impugnata, riguardando la configurazione del trattamento sanzionatorio di con- dotte individuate come punibili in materia di stupefacenti, rientri in un ambito in cui deve riconoscersi al legislatore un ampio margine di libera determinazione (ex plurimis, Sentenze n. 23 del 2016; n. 185 del 2015; n. 68 del 2012, n. 47 del 2010, n. 161 del 2009, n. 22 del 2007 e n. 394 del 2006).

Secondo un orientamento costante della giurisprudenza costituzio- nale - ribadito da ultimo nella Sentenza n. 23 del 2016, proprio in re- lazione al trattamento sanzionatorio relativo alle violazioni previste dal d.P.R. n. 309 del 1990 -, affinché sia consentito a questa Corte esaminare eventuali profili di illegittimità costituzionale dell’entità della pena stabilita dal legislatore, è necessario che il giudice rimet-

tente individui «un parametro che consenta di rinvenire la soluzione costituzionalmente obbligata (come avvenuto, ad esempio, nella Sen- tenza n. 341 del 1994, nella quale la Corte, dichiarando l’illegittimità costituzionale della pena edittale minima del delitto di oltraggio a Pubblico Ufficiale, prevista dall’art. 341, primo comma, Cod. pen., nel testo all’epoca vigente, si giovò della comparazione con la fatti- specie affine dell’ingiuria)» (Sentenza n. 23 del 2016). Solo l’indi- cazione di un tertium comparationis, infatti, legittima l’intervento della Corte in materia di determinazione della pena ed esclusivamente in presenza di discipline manifestamente arbitrarie o irragionevoli.

Ciò in quanto non spetta alla Corte determinare autonomamente la misura della pena, sostituendo le proprie valutazioni a quelle che spet- tano al legislatore, ma solo di emendare le scelte di quest’ultimo «in riferimento a grandezze già rinvenibili nell’ordinamento» (Sentenza n. 22 del 2007): altrimenti, «l’intervento creativo sollecitato a questa Corte interferirebbe indebitamente nella sfera delle scelte di politica sanzionatoria riservate al legislatore, in spregio al principio della se- parazione dei poteri» (Sentenza n. 23 del 2016).

2.2. - Nella specie, invece, il rimettente si è limitato a chiedere la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione san- zionatoria censurata, senza curarsi di indicare un parametro che con- senta di rinvenire una soluzione costituzionalmente obbligata e senza neppure precisare quale sia il trattamento sanzionatorio che, a suo avviso, sarebbe conforme a Costituzione.

A ciò si aggiunga che non viene lamentato un vizio procedurale della legge, come invece era accaduto nel caso deciso con la Sentenza n. 32 del 2014, sicché deve escludersi ogni “ripresa di applicazione”

delle disposizioni in vigore prima di quella oggetto del presente giu- dizio, che possa colmare il vuoto determinato da una eventuale pro- nuncia meramente ablativa di questa Corte.

Conseguentemente, l’accoglimento della questione prospettata fi- nirebbe per privare di sanzione il fatto non lieve, di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, lasciando invece punito il solo fatto lieve, di cui al comma 5 del medesimo art. 73, con l’effetto di aggravare, anziché eliminare, la lamentata irragionevolezza del trat- tamento sanzionatorio. (omissis)

Sentenza n. 109 - 9 marzo 2016 Pres. Grossi - Rel. Frigo

Stupefacenti - Condotte integranti illeciti amministrativi - Uso personale della sostanza stupefacente - Mancata inclu- sione della condotta di coltivazione di piante di cannabis - Vio- lazione del principio di eguaglianza e del principio di offensività - Questione di illegittimità costituzionale - Infon- datezza (Cost. artt. 3, 13, comma 2, 25, comma 2, 27, comma 3;

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) -in rife- rimento agli artt. 3, 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione - nella parte in cui, secondo un con- solidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all’uso personale della sostanza stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis.

Ritenuto in fatto

1. - Con Ordinanza del 10 marzo 2015 (r.o. n. 98 del 2015), la Corte d’Appello di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, se- LA GIUSTIZIA PENALE 2016 (Parte Prima: I Presupposti)

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condo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costi- tuzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R.

9 ottobre 1990, n. 309 (Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabili- tazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui - se- condo un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità - non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all’uso personale della sostanza stu- pefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis.

La Corte rimettente premette di essere investita dell’appello pro- posto dai difensori dell’imputato avverso la Sentenza del Tribunale ordinario di Brescia che aveva dichiarato il loro assistito colpevole del delitto di cui all’art. 73, commi 1, 1 bis e 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per aver coltivato nel garage della propria abitazione otto piante di canapa indiana, due delle quali in avanzato stato di maturazione, e per aver illecitamente detenuto, nella propria camera da letto, grammi 25 di marijuana.

I difensori avevano censurato, in particolare, il fatto che il Tribunale fosse pervenuto ad un giudizio di responsabilità penale pur in man- canza della prova della destinazione allo spaccio della marijuana e dello stupefacente ricavabile dalle piantine di canapa indiana: prova che - vertendo su un elemento costitutivo del delitto contestato - sa- rebbe spettato alla pubblica accusa fornire. A fronte di ciò, avevano chiesto che l’imputato fosse assolto dal reato ascrittogli anche in re- lazione alla condotta di coltivazione, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, che faccia rientrare tra le condotte di chi «comunque detiene» lo stu- pefacente anche quella di coltivazione per ricavare droga destinata esclusivamente al consumo personale. In subordine, avevano ripro- posto l’eccezione di illegittimità costituzionale della citata disposi- zione già formulata in primo grado e ritenuta irrilevante dal Tribunale, sul presupposto che fosse provata la destinazione allo spaccio del prodotto della coltivazione.

Al riguardo, la Corte rimettente osserva che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, né la quantità dello stupefacente rinvenuto presso l’imputato - quello pronto all’uso e quello ricavabile dalle piantine una volta giunte a maturazione (quantità non rilevante sia per valore economico che in relazione al numero di dosi ottenibili) - né alcun altro elemento consentirebbero di ritenere raggiunta la prova che lo stupefacente stesso fosse destinato, in tutto o in parte, ad essere ceduto a terzi.

L’imputato dovrebbe essere, pertanto, assolto dal reato contesta- togli con riguardo alla detenzione dei 25 grammi di marijuana, la quale risulterebbe penalmente irrilevante per l’espresso disposto dell’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990. Altrettanto non potrebbe dirsi, invece, per la coltivazione delle otto piantine di cannabis. L’interpre- tazione adeguatrice prospettata dalla difesa, intesa a far refluire anche la coltivazione per uso personale tra le condotte sanzionate in via am- ministrativa dalla norma censurata, resterebbe, infatti, esclusa alla luce di un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di le- gittimità. Quest’ultima, per oltre un decennio, è stata «sostanzial- mente granitica» nell’affermare l’impraticabilità di una simile interpretazione. Dopo un tentativo, operato da un indirizzo minorita- rio, di limitare la nozione di «coltivazione» alla sola attività gestita con caratteri di imprenditorialità, facendo rientrare la cosiddetta col- tivazione “domestica” nel generico concetto di detenzione di cui al- l’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di cassazione con la Sentenza 24 aprile - 10 luglio 2008, n. 28605, ribadendo il principio per cui «costituisce condotta penal- mente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale»: prin- cipio al quale si è attenuta la giurisprudenza di legittimità successiva.

Ciò renderebbe, peraltro, rilevante la questione di legittimità co- stituzionale prospettata in via subordinata dalla difesa: questione che

la Corte rimettente ritiene, altresì, non manifestamente infondata in rapporto ai parametri dell’eguaglianza e della necessaria offensività del reato, nei termini di seguito indicati.

Preliminarmente, il giudice a quo si dichiara consapevole del fatto che la Corte costituzionale, con la Sentenza n. 360 del 1995, ha già dichiarato non fondata analoga questione. Reputa, tuttavia, che la soluzione meriti di essere rivista alla luce non soltanto del- l’evoluzione giurisprudenziale nell’individuazione della ratio della disciplina penale degli stupefacenti, ma anche della normativa so- vranazionale sopravvenuta.

Osserva, in questa ottica, la Corte rimettente che l’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990 configura come mero illecito amministrativo il fatto di chi, «per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene so- stanze stupefacenti o psicotrope». La legge considererebbe, dunque, penalmente irrilevante la condotta di chi detiene lo stupefacente a fini di consumo personale, quale che sia il comportamento pre- gresso che ha originato tale detenzione («comunque detiene»).

Rientrerebbe, pertanto, tra i semplici illeciti amministrativi anche la detenzione, a detto fine, di sostanza stupefacente ricavata da piante coltivate dallo stesso detentore.

Di contro, in base all’«unica interpretazione legittimata dalla giurisprudenza di legittimità», allorché il soggetto sia sorpreso quando ha ancora in corso la coltivazione la sua condotta assume rilevanza penale.

Tale disciplina violerebbe il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), assoggettando a trattamenti diversi comportamenti identici, o almeno del tutto assimilabili. La denunciata sperequazione non potrebbe es- sere giustificata con il rilievo che la condotta di detenzione - a diffe- renza di quella di coltivazione - è collegabile immediatamente e direttamente al successivo uso personale, finalità che sola giustifica l’applicazione del regime sanzionatorio meno rigoroso previsto dal- l’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990. La maggiore «distanza» della con- dotta di coltivazione rispetto all’utilizzo finale dello stupefacente potrebbe rendere più difficoltoso, in punto di fatto, l’accertamento della finalità di consumo personale, ma risulterebbe inidonea ad im- primere un maggior disvalore alla condotta, una volta che detta fina- lità sia stata comunque accertata.

La norma censurata violerebbe, altresì, in parte qua, il principio di necessaria offensività del reato, ricavabile dalla disposizione combi- nata degli artt. 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost..

Ancor più dopo la modifica del quadro normativo conseguita al referendum abrogativo del 18-19 aprile 1993, la salute individuale rimarrebbe, infatti, estranea agli obiettivi di tutela della disciplina det- tata dagli artt. 73 e 75 del d.P.R. n. 309 del 1990. Come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la Sentenza 24 giugno - 21 settembre 1998, n. 9973, scopo dell’incriminazione di cui al citato art. 73 è piuttosto «quello di combattere il mercato della droga, […]

che mette in pericolo la salute pubblica, la sicurezza e l’ordine pub- blico, nonché il normale sviluppo delle giovani generazioni».

In questa prospettiva, la coltivazione di piante di cannabis finaliz- zata al consumo personale, proprio perché non prodromica all’im- missione della droga sul mercato, risulterebbe radicalmente inidonea a ledere i beni giuridici protetti e, dunque, inoffensiva.

Che la protezione della salute o dell’incolumità individuale del- l’agente da comportamenti autolesivi sia estranea non solo al sistema normativo in esame, ma all’intero ordinamento penale, lo dimostre- rebbe, d’altronde, il fatto che non solo altri comportamenti notoria- mente nocivi per la salute di chi li pone in essere (quali il tabagismo e l’abuso di sostanze alcooliche), ma persino la più grave delle con- dotte autolesive, e cioè il tentativo di suicidio, restino privi di rile- vanza penale.

L’evidenziata ratio delle norme incriminatrici in tema di stupefa- centi risulterebbe confermata, inoltre, dalla decisione quadro 25 ot-

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tobre 2004, n. 2004/757/GAI (Decisione quadro del Consiglio riguar- dante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stu- pefacenti), il cui art. 2, dopo aver elencato le condotte connesse al traffico di stupefacenti che gli Stati membri sono tenuti ad assogget- tare a sanzione penale, esclude espressamente dal campo di applica- zione della decisione stessa le condotte precedentemente descritte - compresa quella di coltivazione - se tenute dai loro autori soltanto ai fini del consumo personale della sostanza, quale definito dalle legi- slazioni nazionali.

1.1. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rap- presentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile.

Secondo la difesa dello Stato, il giudice a quo avrebbe richiesto alla Corte un intervento che non solo non potrebbe ritenersi costitu- zionalmente obbligato, ma che finirebbe, anzi, per tradursi in una sorta di riscrittura della norma censurata, inserendovi una fattispecie attualmente non prevista: operazione che, in materia penale e, più in generale, sanzionatoria, risulterebbe preclusa a fronte del rigorosis- simo principio di legalità che la regge.

1.2. - Con successiva memoria, la difesa dello Stato ha ribadito l’eccezione di inammissibilità, chiedendo, in via subordinata, che la questione sia dichiarata non fondata nel solco di quanto già deciso dalla Corte con la Sentenza n. 360 del 1995.

Ha rilevato, altresì, come non risulti probante, a sostegno delle tesi del giudice a quo, la decisione quadro n. 2004/757/GAI, la quale - nell’escludere dal suo campo di applicazione le condotte finalizzate al consumo personale della sostanza stupefacente da parte del loro autore, compresa quella di coltivazione - affida, tut- tavia, la definizione di tali condotte agli ordinamenti nazionali, lasciando quindi al legislatore del singolo Stato membro ampia discrezionalità al riguardo.

2. - La Corte d’Appello di Brescia ha sollevato identica questione con successiva Ordinanza dell’11 giugno 2015 (r.o. n. 200 del 2015), emessa nell’ambito del giudizio di appello avverso altra Sentenza del Tribunale Ordinario di Brescia, che aveva dichiarato l’imputato col- pevole dei reati di «illecita detenzione di sette piante di marijuana» e di porto ingiustificato di un coltello a serramanico.

Nell’occasione, il difensore appellante aveva lamentato che l’im- putato fosse stato ritenuto responsabile del primo dei due reati, in vio- lazione del principio di offensività, nonostante il mancato accertamento della percentuale di principio attivo ricavabile dalle piantine e in assenza di ogni prova circa la destinazione a terzi della sostanza. A quest’ultimo riguardo, aveva sostenuto che l’indirizzo giurisprudenziale che attribuisce rilievo penale alla coltivazione a prescindere dall’individuazione del destinatario dello stupefacente contrasterebbe con il principio di eguaglianza, sottoponendo detta condotta ad un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a quella di colui che, pur avendo coltivato le piante, abbia già raccolto il prodotto.

Anche in questo caso, secondo la Corte bresciana, non potrebbe ritenersi, in effetti, raggiunta la prova che lo stupefacente derivato dalla lavorazione delle foglie fosse destinato, sia pure solo in parte, alla cessione a terzi.

Sarebbe, di conseguenza, pure nel frangente rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui non include la coltivazione di piante di cannabis, fi- nalizzata in via esclusiva al consumo personale, tra le condotte puni- bili con sole sanzioni amministrative: questione la cui non manifesta infondatezza viene motivata con considerazioni identiche a quelle svolte nell’Ordinanza r.o. n. 98 del 2015.

2.1. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rap- presentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

L’interveniente osserva che la Corte costituzionale, con la Sentenza n. 360 del 1995, ha già rigettato una questione di legittimità costitu-

zionale analoga, rilevando come la condotta di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale non sia affatto comparabile a quella di coltivazione, ancorché parimenti finalizzata al consumo personale.

La prima, infatti, è una condotta immediatamente antecedente al con- sumo, rispetto alla quale si giustifica la scelta legislativa di non ri- correre alla più severa sanzione penale: connotazione che non si riscontra, invece, rispetto alla condotta di coltivazione.

La stessa destinazione all’uso personale si presta, d’altro canto, ad essere apprezzata in termini diversi nelle due ipotesi. Nella deten- zione, infatti, essendo il quantitativo di sostanza stupefacente certo e determinato, è possibile, alla luce delle circostanze oggettive e sog- gettive, un giudizio prognostico circa la destinazione della sostanza.

Nel caso della coltivazione, invece, la quantità di prodotto estraibile dalle piante coltivate non è apprezzabile con sufficiente grado di cer- tezza, sicché la correlata valutazione in ordine alla destinazione della sostanza ad uso personale, anziché di spaccio, risulta maggiormente ipotetica e meno affidabile.

Se ciò vale ad escludere la denunciata violazione del principio di eguaglianza, parimenti insussistente risulterebbe l’asserito contrasto con il principio di offensività.

Secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale, infatti, non è incompatibile con detto principio la configurazione di reati di peri- colo presunto, salva la sindacabilità della ragionevolezza della valu- tazione legislativa, operata in via astratta, circa la pericolosità delle condotte cui si attribuisce rilevanza penale.

Nel caso della coltivazione, la pericolosità astratta della condotta incriminata sarebbe, peraltro, innegabile, stante la sua idoneità ad ac- crescere indiscriminatamente i quantitativi di stupefacente disponibili e ad aumentare le occasioni di spaccio, attentando, così, al bene giu- ridico protetto. La circostanza, poi, che la specifica condotta sotto- posta all’esame del giudice a quo non presenti nemmeno in grado minimo il requisito dell’offensività, lungi dal poter fondare la que- stione di costituzionalità sollevata, implicherebbe soltanto un giudizio di merito devoluto al giudice comune.

Considerato in diritto

1. - La Corte d’appello di Brescia, con due Ordinanze di analogo tenore, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabili- tazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui - se- condo un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità - non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all’uso personale della sostanza stu- pefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis.

Ad avviso della Corte rimettente, risulterebbe in tal modo vio- lato il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento fra chi detiene per uso personale sostanza stupefacente ricavata da piante da lui stesso precedentemente coltivate - assoggettabile soltanto a san- zioni amministrative, in forza della disposizione denunciata - e chi è sorpreso mentre ha in corso l’attività di coltivazione, fina- lizzata sempre al consumo personale: condotta che assume, in- vece, rilevanza penale.

La norma censurata violerebbe, altresì, in parte qua, il principio di necessaria offensività del reato, desumibile dalla disposizione com- binata degli artt. 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost.. In quanto non diretta ad alimentare il mercato della droga, la coltivazione di piante di cannabis per uso personale risulte- rebbe, infatti, inidonea a ledere i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, costituiti - alla luce delle indicazioni della giurisprudenza di legittimità - non già dalla salute individuale dell’agente, ma dalla salute pubblica, dalla sicurezza e dall’ordine pubblico, nonché dal «normale sviluppo delle giovani generazioni».

2. - Le due Ordinanze di rimessione sollevano la medesima que-

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stione, sicché i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione.

3. - L’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura Generale dello Stato con riguardo alla questione sollevata dal- l’Ordinanza r.o. n. 98 del 2015 - ma riferibile evidentemente anche all’omologa questione proposta dalla seconda Ordinanza - non è fondata.

Secondo la difesa dello Stato, la questione sarebbe inammissibile in quanto volta ad aggiungere una ulteriore fattispecie nella norma sanzionatoria amministrativa censurata: operazione che, oltre a non apparire costituzionalmente obbligata, si scontrerebbe con il «rigo- rosissimo» principio di legalità che regge la materia penale e, amplius, sanzionatoria.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, il principio di riserva di legge enunciato dall’art. 25, secondo comma, Cost. - im- pedendo alla Corte stessa «di creare nuove fattispecie criminose o di estendere quelle esistenti a casi non previsti», oltre che «di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti comunque inerenti alla punibilità» (per tutte, Sentenza n. 394 del 2006) - preclude, in materia penale, unicamente le Sentenze additive in malam partem (ex pluri- mis, sentenza n. 57 del 2009; ordinanze n. 285 del 2012 e n. 437 del 2006). Nessun ostacolo - al di là di quello generale, legato all’esi- genza che l’intervento risulti costituzionalmente vincolato nei con- tenuti, così da non implicare scelte discrezionali spettanti in via esclusiva al legislatore - incontrano invece le sentenze additive in bonam partem, quale quella invocata dall’odierno rimettente, intesa a trasformare in illecito amministrativo una condotta che, secondo il

“diritto vivente”, configurerebbe il delitto di cui all’art. 73 del d.P.R.

n. 309 del 1990.

La pronuncia richiesta non comporterebbe, d’altra parte, alcuna opzione discrezionale fra più possibili alternative. Se le censure del giudice a quo fossero fondate, questa Corte si limiterebbe, infatti, ad estendere alla fattispecie considerata (coltivazione per uso personale) il trattamento stabilito dal legislatore per il tertium comparationis (de- tenzione per uso personale).

Questa Corte, del resto, è già stata reiteratamente investita in passato di questioni analoghe all’attuale, e le ha costantemente scrutinate nel merito (sentenza n. 360 del 1995, ordinanze n. 414 e n. 150 del 1996).

4. - Nel merito, la questione non è fondata.

La disposizione in esame rappresenta il momento saliente di emer- sione della strategia - cui si ispira la normativa italiana in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope a partire dalla legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Pre- venzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) - volta a differenziare, sul piano del trattamento sanzionatorio, la po- sizione del consumatore della droga da quelle del produttore e del trafficante. L’idea di fondo del legislatore è che l’intervento repressivo debba rivolgersi precipuamente nei confronti dei secondi, dovendosi scorgere, di norma, nella figura del tossicodipendente o del tossicofilo una manifestazione di disadattamento sociale, cui far fronte, se del caso, con interventi di tipo terapeutico e riabilitativo.

In questa prospettiva - esclusa la rilevanza dell’assunzione dello stupefacente in sé - il legislatore ha ritenuto di dover, altresì, sottrarre talune condotte ad essa propedeutiche alla sfera applicativa delle norme incriminatrici di settore, facendole oggetto di distinta consi- derazione normativa, variamente articolata nel corso del tempo. La relativa disciplina riflette chiaramente, peraltro, anche la preoccupa- zione di evitare che la strategia considerata si traduca in un fattore agevolativo della diffusione della droga tra la popolazione: fenomeno che - in assonanza con le indicazioni provenienti dalla normativa so- vranazionale - è ritenuto meritevole di fermo contrasto a salvaguardia tanto della salute pubblica, «sempre più compromessa da tale diffu- sione», quanto della sicurezza e dell’ordine pubblico, «negativamente incisi vuoi dalle pulsioni criminogene indotte dalla tossicodipendenza […] vuoi dal prosperare intorno a tale fenomeno della criminalità or-

ganizzata […], nonché a fini di tutela delle giovani generazioni» (sen- tenza n. 333 del 1991). Di qui, dunque, la previsione di condizioni e limiti di operatività del regime differenziato.

Questo fa perno, in concreto, su un dato inerente all’intenzione dell’agente: la finalità di «uso personale» della sostanza. Configurata in origine come causa di non punibilità correlata ad un limite quan- titativo non definito (la «modica quantità» dello stupefacente oggetto della condotta: art. 80 della legge n. 685 del 1975), detta finalità è stata successivamente trasformata - con soluzione di maggior rigore - in elemento che “degrada” l’illecito penale in illecito amministra- tivo, nel rispetto di un limite quantitativo più stringente (la «dose media giornaliera» determinata dall’autorità amministrativa: art. 75 del d.P.R. n. 309 nel 1990, nel testo originario); limite venuto poi a cadere per effetto del referendum abrogativo del 18 - 19 aprile 1993.

La perdurante presenza di un apparato sanzionatorio amministrativo, composto da un ventaglio di misure non pecuniarie di significativo spessore (a cominciare dalla sospensione della patente di guida degli autoveicoli), attesta, peraltro, come anche all’attività di assunzione di sostanze stupefacenti vengano annessi connotati di disvalore (sen- tenza n. 296 del 1996): ciò, pur tenendo conto della possibilità, offerta all’autore dell’illecito, di evitare l’applicazione delle sanzioni sotto- ponendosi, con esito positivo, ad un programma terapeutico e socio- riabilitativo (art. 75, comma 11, del d.P.R. n. 309 del 1990).

Sotto il profilo che qui più interessa, una costante della disciplina in discorso è rappresentata dalla “selettività” del trattamento più be- nevolo connesso alla finalità di uso personale, il quale - nella logica dianzi indicata - risulta circoscritto ad una parte soltanto delle nume- rose condotte relative agli stupefacenti suscettive di assumere rile- vanza penale. Ne restano escluse, infatti, non solo le condotte che implicano il trasferimento della droga a terzi (o propedeutiche ad esso), e perciò strutturalmente incompatibili con il consumo della so- stanza da parte dell’agente (vendita, commercio, cessione e via di- cendo), ma anche plurime condotte cosiddette “neutre”, compatibili, cioè, tanto con il fine di uso personale che con quello di cessione a terzi. Il trattamento più favorevole era, in effetti, inizialmente riser- vato alle sole condotte di acquisto e di detenzione (art. 80 della legge n. 689 del 1975), per essere poi progressivamente esteso anche a quelle di importazione (art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo originario), esportazione e ricezione a qualsiasi titolo (art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, come sostituito dall’art. 4 ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante «Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, non- ché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e so- stanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repub- blica 9 ottobre 1990, n. 309», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49).

Nel testo attualmente vigente - frutto dell’ulteriore novellazione operata dall’art. 1, comma 24 quater, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stu- pefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medi- cinali), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 79 - la norma censurata configura quindi come illecito ammini- strativo (anziché penale) il fatto di chi, «per farne uso personale, il- lecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope».

Tra le condotte ammesse a fruire del trattamento di minor rigore non risulta, dunque, inclusa - né mai lo è stata - la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali possono estrarsi sostanze stupefacenti (quale la cannabis): attività che figura, per converso, in testa al- l’elenco dei comportamenti penalmente repressi dalla norma chiave del sistema - l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 - e la cui equipara-

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