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CXXIII SEDUTA

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Resoconti Consiliari — 2469 — Consiglio Regionale della Sardegna

IV LEGISLATURA CXXIII SEDUTA 5 MARZO 1%3

CXXIII SEDUTA

(POMERIDIANA)

MAR TEDI' 5 MARZO 1963

Presidenza dei Vicepresidente G A R D U

INDICE

Piano di rinascita economica e sociale della Sardegna (Continuazione della discus- sione):

MANCA 2469

SPANO 2477

CAMBOSU 2484

La seduta è aperta alle ore 17 e 15.

ASARA, Segretario, da lettura del pro- cesso verbale della seduta precedente, che è approvato.

Continuazione della discussione del Piano di rinasci- ta economica e sociale della Sardegna.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del Piano di rinascita economica e sociale della Sar- degna.

E' iscritto a parlare l'onorevole Manca.

Ne ha facoltà.

MANCA (P.C.I.). Signor Presidente, ono- revoli colleghi, non mi pare che si possa con- siderare un ostacolo allo svolgimento di una ampia discussione critica, la più rigorosa pos- sibile, il fatto che l'Assessore più direttamen- te responsabile non sia presente in aula. Ciò

può portarci, nello svolgimento del nostro di- scorso, ad un certo riguardo, ma non può co- stituire condizionamento alcuno nè, tanto meno, subordinazione di posizioni politiche.

Ha un preciso valore politico, questa assenza, per cui non è possibile ignorarla ; semmai potrebbe essere, come del resto è, considera- ta un ulteriore motivo di discussione e, se

volete, anche di polemica nei confronti della Giunta, del Gruppo di maggioranza, e, parti- colarmente, di coloro — in verità, pochi, e nessuno in modo esplicito, fatta eccezione per il consigliere Asara — i quali hanno so- stenuto il Piano che ci è stato presentato.

Aggiungo anzi che si potrebbe chiedere un rinvio a nuovo esame dello schéma di Piano, proprio perchè è assente uno dei prin- cipali artefici della elaborazione e della for- mulazione del documento. Una sensibilità, politica spiccata avrebbe dovuto indurre la Giunta a favorire un rinvio della discussione soltanto per questo semplice fatto ; ma, dato che essa non ha sentito l'esigenza di far ciò, non potremo certamente essere noi conside-

rati scortesi nei riguardi dell'onorevole De- riu se saremo costretti a polemizzare su quanto egli ha fatto nel corso delle ultime settimane, anche perchè la Giunta non ha de- ciso nuovi, precisi atteggiamenti e non ha assunto iniziative per modificare la posizio- ne originaria. Noi, per tutte queste ragioni, possiamo ritenerci completamente liberi di discutere, di polemizzare e di fare anche de- gli apprezzamenti sull'Assessore assente.

Una cosa bisogna sottolineare subito : e cioè che a livello dei Comitati zonali di svi- luppo ci siamo trovati in presenza — e pos- siamo, sia noi sia voi, documentarlo — di una Democrazia Cristiana diversa da quella che è presente in quest'aula, più sensibile ai bisogni delle popolazioni. Una Democrazia Cristiana che ha compreso l'inganno che si cela nel Piano che ci è stato presentato.

Onorevoli colleghi, questo Piano è una truffa che si vuole perpetrare ai danni del popolo sardo. Del resto, i sintomi di come andava maturando la formulazione del Pia-

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no, la sua stesura e il suo contenuto, si era- no già manifestati, con chiarezza estrema, al tempo in cui l'onorevole Deriu andava cer- cando, affannosamente, di comporre il Co- mitato degli esperti. In questo Comitato, al- cune assenze o la mancata acquisizione di esperti di un certo livello, hanno un loro pre- ciso significato politico. Non pochi degli esperti interpellati hanno rifiutato, perchè le condizioni, gli orientamenti e gli indirizzi cui avrebbero dovuto sottostare non sono stati ritenuti seri, e possiamo fare anche i nomi di questi esperti. Il professore Siro Lombardini, ad esempio, l'unico esperto di un certo livel- lo, che siete riusciti a catturare, onorevoli colleghi della Giunta, vi ha piantati. In un convegno organizzato da voi, cioè dalla De- mocrazia Cristiana, egli ha avuto modo di fare alcune dichiarazioni e di assumere po- sizioni politiche sui problemi della program- mazione, ciò che non avrebbe potuto fare nel Comitato perchè voi glielo avreste impedito.

Quando il professor Lombardini ha de- ciso di accettare l'invito a far parte del Co- mitato, ha pensato di starsene tranquillamen- te assente per non unire la propria respon- sabilità a quella della Giunta e, magari, alla.

responsabilità di qualche esperto più conci- liante o addirittura del tutto ossequiente al volere della Giunta. Questi sono i fatti, e non sono certamente mie scoperte... (interruzioni al centro).

SOTGIU GIROLAMO (P.C.I.). Che Lom- bardini sia una persona illustre lo sanno tut- ti, non è una scoperta di nessuno.

MANCA (P.C.I.). Già in quella fase, il Piano poteva sollevare critiche e proteste o, per lo meno, dubbi e perplessità in tutti gli ambienti politici ed economici dell'Isola. Le tappe forzate imposte dalle direttive della Giunta non hanno fatto altro che aggravare la situazione, accrescere i dubbi, produrre incertezze, non soltanto a livello di certi am- bienti economici, ma in tutti i Comitati zo- nali di sviluppo, i quali sono stati tempestati di telegrammi, per decidere in poche ore e per decidere su documenti e su orientamenti estremamente generici.

Quando, poi, qualche Comitato zonale di

sviluppo, del quale parlerò più avanti, si è permesso di formulare delle precise richieste, dei piani con caratteristiche organiche, le sue indicazioni sono state completamente di- sattese, così come, del resto, è capitato a pressochè tutte le sue decisioni. A causa del- le sollecitazioni della Giunta, i Comitati zo- nali, con poche ore a disposizione per discu- tere, non hanno neanche potuto approfon- dire i problemi delle rispettive zone.

Nel contempo, in sede regionale si con- trabbandava la formulazione del Piano che noi stiamo discutendo, ignorando completa- mente il lavoro e l'impegno cui si erano sot- toposti tutti i componenti dei Comitati zona- li, ignorando il contributo che dovevano dare pur nei limiti cui abbiamo accennato. Anzichè esservi collaborazione di azione politica con- certata, vi è stato il più completo distacco, e neanche la presenza dei due esperti nomi- nati dalla Regione, dei quali uno funge da presidente in ciascun Comitato zonale, è riu- scita ad assicurare quel minimo di collabora- zione e di armonia con gli organi regionali...

SOTGIU GIROLAMO (P.C.I.). E alcuni di questi presidenti non hanno votato — non è male ricordarlo ! — il Piano della Giunta.

MANCA (P.C.I.). Non soltanto alcuni presidenti, ma quasi tutti i vostri rappresen- tanti, onorevoli membri della Giunta, ad ec- cezione di due : l'onorevole Soddu e un fun- zionario della Regione, il dottor Colavitti...

SOTGIU GIROLAMO (P.C.I.). Soddu non è stato nominato esperto.

MANCA (P.C.I.). No, non è stato nomi- nato perchè è consigliere regionale ; comun- que è tra gli esperti.

Uno dei pochi esperti che non abbia as- sunto una precisa posizione contro il Piano, è il dottor Colavitti, presidente del Comitato della zona omogenea numero uno, di Sas- sari. Però questo giovane, molto vicino all'at- tuale Giunta, è firmatario di una delle due mozioni, che era anche incaricato di illu- strare al Comitato riunito in seduta plena- ria, e che dice : «Il Comitato della prima zona omogenea, esaminato lo schema gene-

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rale di sviluppo, il programma straordinario di intervento ed il programma esecutivo per gli anni 1962-'63, 1963-'64, mentre concorde- mente indica nella difesa dell'aggiuntività e nel coordinamento degli interventi ordinari e straordinari l'elemento fondamentale che dovrà garantire al programma straordina- rio di intervento di raggiungere gli obbiet- tivi di sviluppo armonico del sistema econo- mico isolano, per quanto riguarda in parti- colare gli interventi previsti per la prima zona, rileva l'esigenza che il programma biennale tenga conto prioritariamente delle necessità, di intervento garantendo...». Si elen- cano poi le varie esigenze della zona.

Onorevoli colleghi, è proprio un esper- to, rappresentante della Regione, una delle persone più vicine a coloro che hanno for- mulato il Piano, a ribadire l'esigenza dell'ag- giuntività e del coordinamento. Evidente- mente esiste il problema di garantire queste caratteristiche del Piano, esiste il pericolo che queste caratteristiche scompaiano dal Piano.

Certamente, onorevoli colleghi, avete tutti ricevuto gli ordini del giorno formu- lati da alcuni Comitati zonali di sviluppo.

Prendiamo, ad esempio, quello della terza zona, che maggiormente sta a cuore all'ono- revole Asara, il quale stamane ci ha intrat- tenuti con un discorso di pieno sostegno al programma che ci è stato presentato. Nel Comitato della zona sono presenti anche i rappresentanti dell'Amministrazione comuna- le di La Maddalena ove egli risiede. Nel sot- tolineare le esigenze di questa zona, l'onore- vole Asara è stato abile, perchè ha indicato alcune opere, la cui realizzazione, da anni, anche noi chiediamo in tutte le circostanze.

Però, egli ha saltato a pie' pari la posizione politica che il Comitato ha assunto quando ha esaminato lo schema di sviluppo.

L'onorevole Asara sa bene che questo Comitato, convocato nella sua sede di Olbia il 16 febbraio 1963, ha preso in esame il pro- gramma esecutivo in discussione al Consi- glio regionale, e dopo ampia ed approfondi- ta discussione ha deliberato all'unanimità di respingere gli indirizzi e i criteri della programmazione indicati nel documento re- gionale. Il Comitato non respinge il docu-

mento perchè non vi sono indicati la diga- ponte e il bacino di carenaggio di La Mad- dalena, ma ne respinge i criteri e gli indiriz- zi, e protesta per la mancanza del criterio di aggiuntività nel Piano di rinascita.

In precedenia, il Comitato zonale di svi- luppo aveva avanzato una richiesta di ope- re e di iniziative, che io ritengo si possano condividere. Solamente dubito che si possa

— me lo consentano l'onorevole Asara e gli altri colleghi della zona — attribuire il quin- to centro siderurgico ad Olbia senza un esa- me più approfondito, più serio e soprattutto più ampio, perchè il problema della scelta della località più adatta è di interesse regio- nale. Bene ha fatto il Comitato ad avanzare la richiesta, a rivendicare per la propria zona determinati interventi. Il fatto è che, di que- ste richieste, nessuna è stata presa in con- siderazione.

L'onorevole Asara ha dimenticato che per l'isola di La Maddalena non è stato chie- sto soltanto il bacino di carenaggio o la diga- ponte, ma anche lo sviluppo dello sfrutta- mento razionale del granito locale. Anche la attività, turistica ha costituito oggetto di attenzione da parte del Comitato di sviluppo, che l'ha collocata nel quadro di tutto un al- tro gruppo di richieste. Vero è, e più avanti ne parlerò più diffusamente, che nella rela- zione al Piano di rinascita si attribuisce alla attività. turistica una funzione propulsiva per lo sviluppo di quella zona e perciò un rilie- vo maggiore rispetto alle altre iniziative co- me quelle di tipo industriale vero e proprio.

Comunque, onorevoli colleghi, noi ri- chiamiamo la vostra attenzione sul fatto che il Comitato della terza zona ha assunto una posizione politica totalmente contraria agli indirizzi e ai criteri contenuti nel docu- mento in discussione al Consiglio e protesta per il mancato rispetto del criterio di aggiun- tività del Piano. E ve ne sono altri, di ordi- ni del giorno, che hanno un significato poli- tico ben preciso come, per esempio, quello del Comitato di Nuoro, che eleva la sua vi- brata protesta per l'abbandono delle legitti- me aspettative delle popolazioni rappresen- tate. Onorevole Presidente, tutto il Nuorese è completamente abbandonato a se stesso -- completamente! — e anche i presidenti e gli

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esperti nominati dalla Regione hanno dovu- to assumere posizioni nettamente contrarie alle conclusioni cui è pervenuta la Giunta, benchè, come è logico supporre, avessero ricevuto da questa apposite direttive.

Il fatto è che di fronte alle reali esigen- ze economiche e sociali delle varie zone le direttive della Giunta si sono manifestate inadeguate, assolutamente non rispondenti.

Nella premessa l'onorevole Deriu dice: «Il Piano dovrà riflettere fedelmente le esigen- ze economiche e sociali della Sardegna, nella loro stretta connessione ed interdipendenza in un rapporto costante tra cause ed effetto, in modo che risulti considerato razionalmen- te ogni aspetto, ogni zona, ogni gruppo so- ciale secondo una concezione umana e cri- stiana dell'economia e della vita». Ebbene, questa dichiarazione batte il primato della ipocrisia e dell'inganno alla luce della espe- rienza che stiamo facendo sui Comitati zo- nali, ove rappresentanti delle varie zone han- no espresso il loro atteggiamento nettamen- te contrario alla formulazione e al contenu- to del Piano.

L'onorevole Deriu, proseguendo per la sua strada, dice: «Ciò che invece manterrà sempre la sua validità operante è l'esigenza, la volontà politica di considerare lo stanzia- mento dei 400 miliardi su di un piano di rigorosa aggiuntività». Ma, come si può con- siderare, prendere seriamente questa pre- messa che accompagna il Piano, dopo che si sono manifestate le posizioni dei Comitati zonali di sviluppo e dopo le dichiarazioni che si fanno nel nostro Consiglio nel corso di questo dibattito, nonchè dopo ciò che è stato detto e scritto da altre parti?

Il giornale «Il Democratico» del 20 feb- braio scorso, ad esempio, dice tra l'altro :

«Arco di dodici-tredici anni : arco troppo lungo per dare certezza alle ipotesi, soprat- tutto in assenza di chiare prospettive della politica nazionale di programmazione». Inol- tre, criticando le ipotesi che vengono formu- late nel Piano, il giornale prosegue così : «Più che un programma generale per tutto l'arco dei dodici anni, sarebbe stato opportuno elaborare un programma pluriennale per tre o cinque anni, ed anche questo, comunque, più articolato e più elastico, tale da consen-

tire in termini più ampi anche la difesa del- la straordinarietà e dell'aggiuntività». Dun- que, onorevoli colleghi, non siamo i soli a sostenere che il Piano in esame non garan- tisce l'aggiuntività, la straordinarietà degli interventi.

Vediamo qual è la situazione nel setto- re dei porti. Spetta allo Stato intervenire, almeno per quanto riguarda i porti di prima classe, e particolarmente, di seconda e ter- za classe. Bene, nel corso di questi anni c'è stata una carenza di intervento dello Stato soprattutto per i porti dell'Italia meridiona- le ; e per sopperire a ciò si è approvata una legge recentissima, che attribuisce poteri di intervento alla Cassa per il Mezzogiorno per i porti di competenza dello Stato. Si tratta quindi di un intervento straordinario.

L'onorevole Asara ha proposto l'inter- vento per i porti sardi non dello Stato, non della Cassa per il Mezzogiorno, ma del Piano di rinascita, anticipando o prestando allo Stato. Lo Stato dà a noi 400 miliardi e noi gli facciamo un prestito su questi fondi! Ec- co la morale della proposta dell'onorevole Asara! Noi diciamo subito che non sono as- solutamente accettabili queste proposte, per- chè tradiscono sul piano politico l'esigenza primaria del carattere di aggiuntività del Piano, che noi dobbiamo salvare, perchè na- scondono una riserva, perchè offrono la pos- sibilità di rendere nullo questo carattere.

L'onorevole Deriu, dal canto suo, nella pre- messa, come dicevo prima, ritiene che deb- ba considerarsi rigorosamente aggiuntivo lo stanziamento dei 400 miliardi.

Onorevoli colleghi, a quali esigenze, a quali principii, a quale tipo di pianificazione o di programmazione risponde il Piano che ci è stato presentato? Si tratta di una pro- grammazione che assolve essenzialmente a d una funzione fiancheggiatrice della iniziati- va e delle scelte dei gruppi privati. Chiamia- molo col suo nome esatto, questo tipo di programmazione: programmazione orienta- tiva. Programmazione orientativa nel quadro della quale il potere pubblico assolve ad una funzione di sostegno delle scelte private. Si parla di propensioni — in sostanza, si tratta di scelte — private che risultano obbiettiva- mente concertate con i programmi dei grup-

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pi finanziari più forti. Il Piano risulta alli- neato, quindi, con le esigenze che i gruppi finanziari hanno più volte sostenuto in ma- teria di programmazione.

Noi non condividiamo questi indirizzi, questi criteri, e dobbiamo respingerli. Essi rappresentano la continuazione della tradi- zionale politica meridionalistica più volte criticata ormai non da noi soltanto, ma an- che da voi, rappresentanti della Democrazia Cristiana ; politica che ha aggravato gli squi- libri territoriali e settoriali, che è stata più volte criticata dagli stessi uomini che anco- ra oggi la attuano. In fondo, la programma- zione che ci viene proposta dalla Giunta ap- pare come un ulteriore tentativo di razio- nalizzare un sistema che continua a produr- re tutti quei fenomeni negativi presenti nel- la società, meridionale, nella società sarda.

Per esempio, il Piano attribuisce una fun- zione dinamica solamente a due località, di tutto l'ampio territorio della Provincia sas- sarese, che risulta composta di quattro di- stinte zone. Le zone prescelte sono la Sassa- ri-Alghero-Portotorres, in virtù dell'esisten- za di un polo industriale, e la costa gallure- se in virtù delle attività turistiche. Non cre- do che occorra fare un grande sforzo per prevedere che al di fuori di queste due zone di sviluppo rimarrà, il deserto. Già in par- tenza si condanna al completo abbandono il restante e vasto territorio della Provincia di Sassari con tutta la sua popolazione di con- tadini e di pastori. E mentre si pronuncia la condanna per questi territori e per queste popolazioni, si assecondano i piani di espan- sione delle grandi concentrazioni finanziarie che presiedono alle iniziative turistiche e ai vari impianti industriali. Si assecondano cioè, in concreto, le scelte operate dai privati.

Il Gruppo di lavoro, a proposito di zone, si esprimeva in questo modo: «Circa le va- rie zone, l'intervento differenziato deve rag- giungere essenzialmente l'obbiettivo di equi- librare subito [sottolineo il "subito"] le va- rie situazioni di partenza». Il significato che può avere questa affermazione, questa indi- cazione del Gruppo di lavoro, è chiarissimo.

Ora, invece, si sta proponendo un interven- to esattamente e completamente contrario a questo indirizzo, che certamente non pro-

viene dalla nostra parte, ma risulta nel do- cumento formulato a suo tempo. Attraverso il Piano dodecennale e quello esecutivo si vuole andare non verso una situazione di equilibrio delle varie zone, ma in direzione opposta, cioè si vuole contribuire ad accen- tuare gli squilibri particolari esistenti all'in- terno della Sardegna, nonchè ad accentua- re lo squilibrio di carattere generale esisten- te tra la nostra e le regioni più prOgredite.

Fin da questo momento, si vuole sanzionare la condanna di determinate zone ed attri- buire ad altre poche una certa possibilità, di sviluppo nell'ambito di un sistema dimostra- tosi fallimentare. Come è dettó nella rela- zione, certe zone avranno la funzione di ser- batoio di mano d'opera, e si troveranno in piena e completa subordinazione rispetto ai poli di sviluppo industriale e ai cosiddetti polmoni agricoli delle zone irrigue, ,purtrop- po poche anche queste.

Onorevoli colleghi, la Giunta non ha, direi che non vuole avere. — e ci riesce dif- ficile comprenderlo in questa circostanza concreta — un'idea esatta sulle funzioni che deve assolvere oggi nella società moderna una politica di programmazione o di piano.

Se non comprendiamo questo, se non ci sfor- ziamo di comprendere questo, è difficile pro- grammare. Una politica economica moder- na deve essere essenzialmente una politica di piano. La esigenza che si impone oggi di fronte alla realtà, è di una politica che rac- colga in una visione unitaria i vari progressi realizzati nel Paese, formuli un programma di interventi e si proponga come scopo pri- mo ed immediato di superare i divari e i ritardi il più rapidamente possibile. Ci pare che noi stiamo invece percorrendo la strada inversa, mentre occorre un'accelerazione ra- pida e diffusa dello sviluppo economico a livello di tutte le zone. Ecco l'elemento con- dizionante all'interno della politica di piano e di programmazione, per superare i divari e i ritardi, cioè per raggiungere i fini indi- cati nell'articolo 1 della legge 588. Se man- cheranno la rapidità., la immediatezza e la diffusione dello sviluppo economico, si ri- schierà di condannare gran parte della Sar- degna a molti decenni ancora di arretratez- za economica e sociale.

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Del resto, onorevoli colleghi, certi cri- teri sono nella realtà delle cose, e sono stati indicati nella forma più viva e più concreta da quasi tutti i Comitati zonali di sviluppo.

Ancora una volta alcuni principii teorici ven- gono confermati dalle esigenze pratiche, ma- nifestate dagli uomini che vivono a contat- to con la realtà. Noi, quindi, stiamo soste- nendo non vuote formule teoriche, ma prin- cipii confermati dalla realtà, che sgorgano dai bisogni degli uomini che noi abbiamo avuto modo di conoscere attraverso le deci- sioni che i Comitati zonali di sviluppo han- no assunto. In Sardegna non abbiamo biso- gno di una programmazione qualsiasi, bensì di una programmazione defnocratica, che si ponga in alternativa all'attuale linea di espan- sione monopolistica.

• L'aspetto politico che caratterizza Fanti- democraticità del Piano in esame, l'aspetto per cui -non sono state considerate neppure le decisioni dei Comitati zonali di sviluppo, è rappresentato, come dicevo poc'anzi, dal- l'adattamento degli obbiettivi alle esigenze dei gruppi finanziari privati, dall'azione fian- cheggiatrice che traspare dalle indicazioni contenute nel documento. In linea di mas- sima, siamo di fronte ad una programma- zione di tipo autoritario, e non democratica che accolga l'apporto delle masse popolari, dei lavoratori, degli Enti locali rappresentati nei Comitati zonali di sviluppo. Noi deside- riamo e reclamiamo una partecipazione de- terminante degli organi del potere locale, de- gli strumenti decentrati, dei Comitati zonali di sviluppo ; ma, al contrario, ci viene pre- sentata una elaborazione accentrata, così come avremo un'esecuzione accentrata, che finirà per accentuare gli elementi burocrati- ci e rendere la programmazione sempre più autoritaria.

Eppure, l'onorevole Pastore, nell'ultimo convegno di San Pellegrino, a proposito del carattere democratico della pianificazione o della programmazione, si è espresso in ter- mini che ritengo abbastanza chiari. Egli ha detto che «nessuna pianificazione può essere opera esclusiva dei tecnici, sia pure sorretta ed integrata dai burocrati e dai politici». Voi, democratici cristiani sardi, però, avete disat- teso anche questo insegnamento, che pro-

viene dalla vostra parte, e avete elaborato e formulato un piano con pochi tecnici, con i burocrati e con pochi politici. I Comitati zonali di sviluppo non devono essere umi- liati come è stato fatto, ma devono essere incoraggiati e sostenuti con attribuzioni di poteri sempre più ampi, con una considera- zione non restrittiva delle funzioni e degli scopi per cui sono sorti.

Nel corso del dibattito è stato più volte richiamato l'impegno, la funzione cuì do- vrebbero assolvere le aziende di Stato. E l'onorevole Masia ha ricordato nel suo inter- vento alcuni temi che sono stati trattati in un recente convegno tenutosi a Roma, orga- nizzato dal Centro Studi e Piani Economici.

In questo convegno, che non era certamen- te comunista, e al quale hanno preso parte il Ministro Bo, i presidenti dell'I.R.I. e del- l'E.N.I., uno dei relatori era proprio il pro- fessor Lombardini, cioè l'esperto assente.

Egli doveva rispondere ad alcune domande, dire se una politica di piano possa o no pre- scindere dall'apporto e dal contributo delle imprese a partecipazione statale. La rispo- sta è stata che «una politica di programma- zione non può assolutamente prescindere dal- l'apporto dell'impresa pubblica tanto nella fase di elaborazione del piano, quanto nella fase di concreta attuazione del piano stesso».

E' stato inoltre sottolineato che le par- tecipazioni statali dovranno rappresentare uno degli strumenti essenziali della politica pianificatrice. Nel Piano che stiamo discu- tendo, la funzione delle partecipazioni sta- tali è completamente ignorata. Le imprese statali non hanno partecipato alla sua ela- borazione e non parteciperanno alla sua ese- cuzione concreta, se non nella misura in cui decideranno, se lo riterranno opportuno, ma non certamente in concorso con la Regione e per conseguire determinati obbiettivi. Ma non è improbabile che la Giunta abbia pre- so contatti con le imprese statali, e noi chie- diamo qual è stato l'apporto alla elaborazio- ne del Piano, quale sarà l'apporto alla sua esecuzione da parte dell'industria di Stato, quali precisi impegni sono stati assunti dai rappresentanti di queste aziende, quale pre- cisa collocazione, nella fase di attuazione del Piano, avrà l'industria di Stato. Vogliamo

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sapere in quale modo si intende fare assol- vere una funzione essenziale (cosi come voi andate dicendo nei vostri convegni, colleghi democristiani) nella politica di piano alle partecipazioni statali. Perchè, nello schema che ci è stato presentato niente di ciò è stato detto.

Non si tratta, in questo caso, di indica.

re un principio di politica economica nel qua- dro di una politica di programmazione, ma di rispettare e di applicare particolarmente l'articolo 2 della legge 588. Noi dobbiamo sottolineare che l'azione politica della Giunta è carente ed è in ritardo nel chiedere l'inter- vento dello Stato in materia di industrializ- zazione. Ecco il terreno ove la Giunta deve ingaggiare parte della sua battaglia politica contro le scelte dei gruppi monopolistici, ispi- rata da prospettive immediate di massimo realismo. Ecco un altro terreno ove si regi- stra uno dei cedimenti più clamorosi della politica della Giunta.

Le scelte dei gruppi monopolistici sono la causa continua degli squilibri e dell'impo- verimento delle nostre zone. Noi diciamo che queste scelte devono essere contrastate per assicurare uno sviluppo diffuso in ogni sin- gola zona, per poter accogliere le proposte che vengono formulate dai Comitati zonali di sviluppo, per soddisfare l'esigenza delle masse contadine dell'interno delle Province sarde, che appaiOno, ancora una volta, desti- nate all'abbandono. Questi vincoli, questi condizionamenti deve contenere il Piano, se vogliamo considerare giustamente la funzio- ne cui deve assolvere la suddivisione territo- riale in zone omogenee della nostra regione, se vogliamo, cioè, che tale fatto non rappre- senti una semplice formalità, se non addirit- tura, per qualcuno, l'attribuzione di una ba- ronia elettorale, particolarmente in questo periodo.

Noi non possiamo accettare, onorevole Soddu, il criterio delle piste di atterraggio.

Sappiamo benissimo quali sono le industrie e le imprese che possono considerarsi capaci di un atterraggio tranquillo. Le imprese e le industrie monopolistiche sono sempre pron- te ad atterrare laddove è possibile il massi- mo sfruttamento, come l'esperienza sarda in- segna, come insegna tutta l'esperienza delle

zone arretrate e depresse. E sappiamo quale posizione assumono queste imprese, questi raggruppamenti, perchè così come esse sono sempre pronte ad atterrare, altrettanto pron- te, però, sono a decollare quando le risorse, le ricchezze e i profitti non sono più quelli di prima. Proprio in questi giorni, dalla mi- niera dell'Argentiera, da dove per decenni hanno decollato le risorse del sottosuolo, ha decollato tutta la società sfruttatrice, abban- donando intere famiglie nella più nera mise- ria, senza alcuno scrupolo.

Le sollecitazioni, quindi, ad approntare l'atterraggio di certe industrie rappresenta- no un esplicito sostegno alla espansione mo- nopolistica, una esplicita confessione dell'at teggiamento di subordinazione del potere pubblico alla volontà e alle decisioni degli uomini che dell'espansione monopolistica so- no i fautori, i realizzatori e i beneficiari. Voi, onorevole Soddu, in realtà preparerete le piste e gli aeroporti per l'atterraggio di quel- le industrie, di quegli uomini che operano le loro scelte sacrificando gli interessi del popolo sardo.

Poichè il Piano non affronta il proble- ma del rinnovamento strutturale, particolar- mente nel settore agricolo, delle singole zone e non comporta un intenso sviluppo del pro- cesso di industrializzazione, così come han- no indicato alcuni Comitati zonali di svi- luppo, -- mi riferisco ancora una volta a quello di Olbia — è semplicemente fuori luogo parlare di rapidi sviluppi e di supera- mento degli squilibri. Se la programmazio- ne non affronta questi due aspetti del pro- blema sardo, noi non risolveremo i proble- mi degli squilibri settoriali e zonali. Una po- litica economica programmata, che voglia ridurre gli squilibri ed avviarsi a cancellar- li completamente, deve soddisfare essenzial- mente queste due esigenze : rinnovamento strutturale nelle campagne, intenso e diffu- so processo di industrializzazione. Altrimen- ti gli squilibri non si supereranno mai, ono- revoli colleghi, e i dati che abbiamo a no- stra disposizione lo confermano. Voi sapete, onorevoli colleghi, che fino a due, tre anni fa, il processo di industrializzazione è stato continuo ed intensissimo nel Centro-Nord dell'Italia, e che soltanto negli ultimi due

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armi si è registrata una leggera tendenza che ha modificato la situazione a favore del Mezzogiorno, ma questa ripresa è estrema- mente bassa e limitata, per cui non è possi- bile confidare nello sviluppo naturale o nel- le iniziative dei gruppi privati.

Sarebbe utile, o non sarebbe inutile, fare anche un breve discorso sullo sviluppo industriale, discorso che ha fatto anche l'o- norevole Casu stamane. E credo che noi dobbiamo precisare che l'intervento dev'es- sere riservato alle aziende di Stato, ed è questo che noi chiediamo e rivendichiamo...

COVACIVICH (D.C.), Assessore ai tra- sporti e turismo. E lo sappiamo !

MANCA (P.C.I.). Noi abbiamo più vol- te manifestato la nostra preferenza per le industrie di Stato. Ma sarebbe bene ricorda- re quali sono le industrie ad alta produttivi- tà, perchè gli accenni dell'onorevole Casu risultano in parte insufficienti, in parte poco chiari. E' noto che le industrie ad alta pro- duttività, che svolgono una funzione dina- mica di incentivazione e che consentono una rapida ed intensa accumulazione di capitali

— quelle che ci interessano, dunque — sono essenzialmente le industrie chimiche, le in- dustrie petrolchimiche, le industrie metal- meccaniche e anche le industrie elettriche.

Questo tipo di industrie in Sardegna è già insediato o è in corso di insediamento, sep- pure in proporzioni limitate, ed è in mano ai privati. Non mi risulta che, ad esempio, per la zona industriale di Sassari-Portotor- res-Alghero, vi sia, fino a questo momento, alcun impegno da parte dell'industria di Sta- to. Dobbiamo tener presente che nella real- tà sarda assume una notevole importanza il fatto che le iniziative siano realizzate dai gruppi privati oppure dalle aziende dello Stato per la possibilità che viene offerta alla autorità politica di intervenire o meno.

Noi dobbiamo considerare alcuni aspetti negativi delle industrie indicate. Per esem- pio, sappiamo che esse hanno una tendenza costante a sostituire rapidamente il capitale al lavoro, meccanizzando al massimo il pro- cesso produttivo. In una regione come la no- stra, ove vi è bisogno di un assorbimento im-

mediato di mano d'opera per eliminare la disoccupazione, non è consigliabile l'insedia- mento di queste industrie, se non si tratta di aziende a partecipazione statale o di azien- de di Stato. L'assorbimento di manodopera di queste industrie si presenta anche assai lento, ed il divario tra reddito globale e red- dito di lavoro tende ad accentuarsi, mentre uno dei nostri obbiettivi, invece, è quello di diminuire, nel quadro di un aumento gene- rale del reddito, il divario tra il reddito glo- bale e il reddito di lavoro. Quindi, una poli- tica di prograAlmazione indirizzata solamen- te all'aumento globale del reddito e non an- che alla diminuzione tra reddito globale e reddito di lavoro, è da respingere e da com- battere, non soltanto nella situazione sar- da, ma, credo, anche in altre situazioni.

Non si può assolutamente accettare una politica economica e una programmazione che mirino unicamente all'aumento globale del reddito, comunque sia conseguito, per- chè per il principio su cui si fonda la zona territoriale omogenea, l'aumento equilibra- to dei redditi, il carattere di organicità del Piano non avrebbe alcun senso. Eppure, ono- revoli colleghi, noi rischiamo di incammi- narci per questa strada. Si noti, infatti, la localizzazione delle attività industriali degli imprenditori privati che si sono serviti dei finanziamenti C.I.S. Sassari, che è la zona omogenea numero 1, è al primo posto con il 41 per cento — dico 41 per cento ! — degli investimenti realizzati e da realizzarsi in Sardegna. Cagliari, dodicesima zona, è al secondo posto con il 33 per cento degli inve- stimenti realizzati e da realizzarsi. Questi sono i due effettivi poli di sviluppo della Sar- degna, almeno per quanto riguarda gli inve- stimenti industriali effettuati con il finanzia- mento C.I.S. Abbiamo poi, al terzo posto, Lanusei, zona numero 10, con il solo 10 per cento degli investimenti e Iglesias, zona nu- mero 11, col 2,90 per cento. Poichè il Piano si propone di assecondare le scelte dei pri- vati preferendo Sassari e Cagliari, io mi chiedo come si possano raggiungere gli ob- biettivi fissati dall'articolo 1 della legge 588, cioè i più rapidi ed equilibrati incrementi di reddito delle varie zone. Possiamo citare al- tre indicazioni contenute nel Piano per quan-

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Resoconti Consiliari — 247 7 — Consiglio Regionale della Sardegna

IV LEGISLATURA

e/miri

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to riguarda il settore agricolo, che sono int- postate presso a poco con lo stesso criterio.

Secondo il Piano, perciò, avremo da tira parte un limitato e contraddittorio sviluppo lungo una parte, della costa sarda, in fun- zione sempre dell'esclusivo interesse dei pri- vati, e dall'altra parte avremo i serbatoi di mano d'opera non soltanto per i poli di svi- luppo della Sardegna, ma anche per il Nord Italia e per l'estero. Si verificherà, quindi la ulteriore disgregazione, l'impoverimento del- le popolazioni contadine. L'onorevole Asa- ra sa della previsione di un ulteriore esodo di 500 mila unità, lavorative dal Mezzogiorno verso il Nord d'Italia. Alla fine del periodo, che viene considerato di dieci anni, un milio- ne e 300 mila unità lavorative si rende- ranno disponibili e, poichè l'Italia meridio- nale potrà occuparne soltanto 800 mila, le rimanenti- 500 mila dovranno emigrare ver- so il Nord d'Italia. E una parte, non vi è dub- bio, di queste 500 mila unità lavorative sono sarde.

Pertanto, quando l'onorevole Asara sta- mane sosteneva la necessità che una Commissione o una rappresentanza di que- sto Consigliò si rechi nei luoghi di emigra- zione dei Sardi per convincerli a rientrare, non gli si poteva credere. Fra l'altro, bada- te, onorevoli colleghi, che industriali italiani del Nord, non consiglieri regionali democri- stiani della Sardegna, si recano in Francia, in Belgio e anche in Germania con il preciso scopo di dare la caccia agli emigrati e con- vincerli a rientrare in Italia. Essi offrono un posto sicuro e buone condizioni di lavoro, e salariali; eppure il più delle volte faticano a trovare operai disposti a seguirli. E' vera- mente illusorio, quindi, ritenere che sia rea- lizzabile la proposta dell'onorevole Asara.

Aggiungo che ai signori reclutatori di mano d'opera è capitato anche qualche incidente, cioè sono stati sorpresi dalla polizia. e gen- tilmente accompagnati alla frontiera italia- na. Quanto a noi, non possiamo certamente andare ad offrire posti di lavoro nè altro ; perciò appare ridicola. la iniziativa che l'o- norevole Asara ci propone. Noi, come -dice- vo prima, avremo i serbatoi di mano d'ope- ra non soltanto per i poli di sviluppo in Sar-

degna, ma anche per il Nord Italia e per l'estero.

Non si può contestare che l'esigenza po- litica della programmazione sia nata insie- me con la volontà, di:eliminare gli squilibri e di accelerare Io sviluppo. Ma non elimina gli squilibri nè accelera lo sviluppo, il Piano che stiamo discutendo'! Rappresenta un sem- plice ed elementare tentativo di coordina- mento della politica economica tradizionale.

Non è necessario, quindi, fare appello alla miseria e alle sofferenze del popolo sardo, a questa o a quella particolare esigenza loca- le, perchè è sufficiente fare appello alla vo- stra coscienza e al vostro senso morale, af- finché ciascuno di voi, pur mantenendo fede ai propri principi' politici, esprima, alla luce della esperienza di questi giorni, un parere contrario al Piano in esame. Dobbiamo im- pedire, onorevoli colleghi,, che venga perpe- • trato ai danni del popolo sardo un ulteriore inganno, che potrebbe essere fatale per lo sviluppo futuro dell'economia della nostri Isola. (Consensi a sinistra).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'o- norevole Spano. Ne ha facoltà.

SPANO (D.C.). Signor Presidente, ono- revoli colleghi, con tutta tranquillità, anche per rispondere all'appello ora fatto dall'ono- revole Manca alla nostra coscienza, mi pare di poter ripetere qui in assemblea ciò che ho detto in Commissione, quando ho affermato che, forse, i primi a non essere del tutto sod- disfatti del documento in discussione siamo proprio noi della maggioranza. Naturalmen- te, la nostra insoddisfazione nasce da cause diverse e arriva a conclusioni profondatnen- te diverse da quelle dei colleghi dell'opposi- zione.

Certamente, tutti noi avremmo deside- rato un documento più preciso, più elabo- rato, più perentorio nelle richieste e nell'in- dicazione dei traguardi minimi dell'attuazie- ne del Piano, un documento più coordinato' con i programmi statali e anche più aderen- te alle effettive necessità messe in evidenza nei dibattiti che si sono tenuti in seno ai vari Comitati zonali. Ma non posatami) non considerare le difficoltà obbiettive di fronte

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alle quali la Giunta regionale si è trovata nel- l'elaborare il documento. Difficoltà. che ne hanno condizionato le decisioni e che hanno certamente impedito di presentare al Consi- glio il documento che la stessa Giunta cer- tamente avrebbe voluto. Difficoltà, che na- scono dalla ristrettezza di tempo, che è nota,

dal

fatto che l'attrezzatura degli uffici è an- cora da completare, dalla novità assoluta del- l'esperimento — per la prima volta in Italia si prepara un esperimento di pianificazione regionale —, dalla particolare situazione in cui è venuto a trovarsi in questi mesi anche il Governo centrale alla vigilia dello sciogli- mento del Parlamento.

Tutto ciò deve essere ricordato e ci con- sente di affermare, con tutta tranquillità, e

•• -Con tutta coscienza, che è davvero ingenero- so gettare la croce addosso alla Giunta, al Presidente, all'Assessore Deriu, come hanno fatto in questi giorni i colleghi dell'opposi- zione, dimenticando un lavoro appassionato, degno di encomio, che certamente è stato utile e che verrà, giudicato prezioso e neces- sario anche ai fini degli ulteriori sviluppi e perfezionamenti del Piano di rinascita che stiamo per iniziare.

In fondo, si sono avuti appena 5-6 mesi di tempo, che sono stati assorbiti dal lavoro necessario per la strutturazione del Centro di programmazione, del Comitato degli esper- ti, per il reperimento anche delle persone qualificate, che non era facile trovare e con- vincere a venire in Sardegna per mettersi a disposizione della Regione. Si tratta di diffi- coltà obbiettive, che è necessario, onestamen- te e francamente, riconoscere, per poter va- lutare giustamente l'impegno e il lavoro del- la Giunta regionale...

GHIRRA (P.C.I.). Vi sarà statn_ anche qualche difficoltà, soggettiva, forse.

SPANO (D.C.). Vi saranno state anche difficoltà

di natura

soggettiva, come in tutte le attività degli uomini, certamente; però è necessario anzitutto ricordare le difficoltà obbiettive, quelle che hanno condizionato il lavoro della Giunta in questi mesi. Una

dif- ficoltà obbiettiva, onorevole Ghirra, è costi- tuita, per esempio, dal ritardo con cui alla

designazione dei membri del Comitato di cónsulta,zione sindacale ha provveduto qual- che organizzazione sindacale, che poi si é lamentata perchè il Comitato è entrato in funzione con un certo ritardo.

Va ricordata anche la mancata organiz- zazione degli uffici dell'Assessorato della ri- nascita, dipesa non da cattiva volontà, della Giunta, ma dal fatto che il Consiglio, con una decisione che forse oggi potrebbe esse- re considerata certamente non prudente, ha imposto, per questo caso particolare, le as- sunzioni del personale con concorsi. Sta di fatto che l'Assessorato non ha ancora il suo organico completo e oggi sta andando avan- ti con pochissimi funzionari, i quali debbono

prodigarsi per sopperire alle molteplici

ne- cessità connesse con la elaborazione del Pia- no. I concorsi sono stati indetti, ma ancora il risultato non si conosce. Anche questa è stata una difficoltà che ha pesato nella ela- borazione del documento che ci è stato pre- sentato e che va ricordata, appunto, per me- glio valutare la situazione nella quale la Giunta si è trovata ad operare in questi mesi.

Certo, teoricamente, sarebbe stato più saggio e anche più logico attendere e pre- sentare al Consiglio regionale il Piano dopo le elezioni politiche, perchè

,

avremmo avuto la possibilità, di discutere e di trattare con

un Governo centrale pienamente • responsabile,

che avesse davanti a sè tutta una legislatura e fosse quindi in grado di prendere degli im- pegni a lunga scadenza, tali da consentirci di muoverci in una linea più chiara. Presen- tando con calma il documento, avremmo avuto la possibilità, di elaborarlo più accu- ratamente, con più attenzione e preciso

stu- dio dei vari Comitati. E ci sarebbe stata,

in- dubbiamente, da parte dei Comitati di zona, una valutazione più serena di quelli che era- no e sono gli intendimenti della Giunta. Non mi si vorrà dire, infatti, che i Comitati di zona abbiano avuto la possibilità di valutare serenamente gli intendimenti della Giunta.

I Comitati di zona hanno espresso, attraver-

so gli ordini del giorno, che sono stati ab-

bondantemente letti e riletti dagli oratori

dell'opposizione, delle opinioni non sempre

sufficientemente vagliate, appunto perchè

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uno studio accurato e approfondito del do- cumento non c'è stato...

GHIRRA (P.C.I.). Ma non per colpa dei Comitati.

SPANO (D.C.). Ma io non do la colpa ai Comitati. La realtà è che i Comitati, nel- l'elaborare gli ordini del giorno, non hanno fatto che rispondere a sollecitazioni molto varie, anche di natura elettoralistica, caro, onorevole Ghirra, ma non hanno potuto con- durre uno studio approfondito del documen- to, perchè mancava il tempo. A mala pena, uno studio approfondito lo abbiamo potuto fare in Commissione e in Consiglio.

Certo è che la presentazione del docu- mento dopo le elezioni ci avrebbe consenti- to di ottenere, da parte dei Comitati di zona, una valutazione più serena degli intendimen- ti della Giunta e degli orientamenti che pre- siedono all'elaborazione del Piano. E biso- gna riconoscere che un maggior lasso di tempo avrebbe anche consentito alla Giunta di considerare con maggior attenzione_ le conclusioni cui i Comitati di zona con mag- gior serenità sarebbero pervenuti. Il fatto è che noi ci troviamo ad operare, praticamen- te, in assenza di un programma di sviluppo economico nazionale e questo ci porta a pre- cedere i tempi e quindi a fare un qualche cosa che teoricamente non avremmo potuto fare.

In Italia si sta parlando da molto tem- po di programmi, che sono rimasti in mente Dei, senza ricordare quelli contenuti, addi- rittura, nella legge di bonifica dei '32 — che non sono stati realizzati — e potremmo cita- re quelli urbanistici regionali di cui parlava la legge del 1942, e altri più recenti, come il Piano di sviluppo del Mezzogiorno, il Piano della Calabria, il Piano verde, il Piano scuo- le, il Piano dei porti, il Piano degli ospedali, lo schema Vanoni. Ma, nonostante questi piani, che hanno impegnato e impegnano il bilancio dello Stato per oltre 5 mila miliar- di di lire, e nonostante si vada anche deli- neando, in misura sempre più precisa, una chiara volontà pianificatrice democratica, ancora in Italia manca un piano di sviluppo economico nazionale, per cui noi Sardi ci

troviamo a precedere i tempi.

La volontà pianificatrice nazionale sta nascendo dall'esigenza sempre più sentita di porre ordine nel processo di sviluppo eco- nomico, dall'esigenza di garantire una con- creta e maggiore solidarietà, collettiva, e dal- la necessità di fare ragionate previsioni, non puramente passive, sullo sviluppo economi- co. E io sono convinto che dopo le prossime elezioni, qualunque sia il loro risultato, il Governo che verrà, costituito si troverà di fronte alla necessità, di affrontare il proble- ma definitivamente per arrivare alla deli- neazione di un piano econòmico nazionale di sviluppo. La realtà, è, però, che oggi quel piano ancora non c'è, e che noi ci troviamo

— ripeto — ad operare precedendo i tempi, nell'impossibilità, reale, concreta di 'definire•

esattamente un piano regionale. Noi, questa possibilità, l'avremmo avuta piena e com- pleta soltanto se avessimo conosciuto in ter- mini precisi le linee del piano nazionale.

Questa possibilità, •oggi ancora, obbiettiva- mente, non c'è, e bisogna. ricordarlo.

Teoricamente, quindi, avremmo fatto bene — sembrerebbe cosa logica — ad atten- dere le elezioni, per presentare il Piano, come dicevo prima, con maggior serenità. Ma la realtà sarda, che tutti quanti noi abbiamo presente, non poteva esimere la Giunta re-, gionale, e la maggioranza che oggi ha la re- sponsabilità, in Sardegna della cosa púbbli- ca, dal dare inizio all'attuazione del Piano di rinascita nonostante le difficoltà. La realtà sarda, infatti, ci presenta una prostrazione • pressochè generale dell'economia, una espan- sione sempre più preoccupante del fenome- no dell'emigrazione, che minaccia di giunge- re ad un punto di rottura capace di compro- mettere qualsiasi ulteriore possibilità, di svi- luppo economico, e sociale. Una realtà che ci presenta l'attenuazione progressiva nelle no- stre popolazioni della speranza e della fidu- cia, per cui noi eravamo e siamo costretti a correre il rischio di una scelta anticipata, come quella che è stata fatta con il docu- mento che la Giunta regionale ha presentato al Consiglio regionale.

Il rinvio a dopo le elezioni avrebbe por-.

tato la discussione del documento del Piano di rinascita certamente a ottobre-novembre,

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e, praticamente, avremmo iniziato l'attuazio- ne del Piano, a conti fatti, forse con un ritar- do di un anno. Questo ritardo forse avrebbe significato la perdita, in partenza, di 5-6 mi- liardi di lire, se teniamo conto sia della sva- lutazione in atto, sia dell'aumento costante, sempre più preoccupante, che si è riscontra- to negli ultimi tempi nei costi dei salari del- l'agricoltura e dell'industria, e delle materie prime. Si ricordi che i salari agricoli son passati, in un solo anno, dall'indice 136 nel novembre 1961 a 169 nel novembre 1962, i salari dell'industria da 138 nel 1961 son pas- sati a 149 nel 1962, ed il costo del lavoro in- dustriale, da 142 nel 1961 è salito a 154 nel 1962. Ecco perchè il ritardo di un anno pro- babilmente avrebbe prodotto una perdita iniziale sui fondi a disposizione di 5-6 miliar- di di lire. E noi ci assumeremmo oggi una responsabilità veramente grave, se avessimo paura di operare quella scelta anticipata cui siamo costretti dalla realtà, che non consen- te alcun rinvio.

Il documento per il Piano costituisce un accertamento realistico delle risorse oggi esistenti, non di un accertamento delle di- sponibilità necessarie al suo sviluppo com- pleto. Il documento presenta una linea sche- matica di possibili interventi, costituisce una linea prograltunatica di sviluppo e mette nel- lo stesso tempo in evidenza — così ha voluto la Giunta — l'assoluta insufficienza dei fon- di che oggi sono stati messi a disposizione della Sardegna.

Quando si dice, come si fa nella rela- zione di minoranza, che la Giunta, presen- tando il documento, intenderebbe conclude- re la fase rivendicativa, si afferma cosa non rispondente al vero. Nessuno di noi, infatti, ha mai detto che la fase rivendicativa è chiusa. La rinuncia a quell'atteggiamento querulo e pietoso, che tante volte ci è stato rimproverato — a torto o a ragione, non so — non significa rinuncia a rivendicare davanti al Governo centrale il riconoscimen- to dei nostri diritti. Ed è proprio la Giunta che, nel presentare il Piano di rinascita; met- te in evidenza l'assoluta insufficienza dei 400 miliardi di lire. Ecco infatti cosa dice nella presentazione l'onorevole Deriu: «Si ha pure il dovere di richiamare il fatto im-

portantissimo che il Piano, come si è visto, ha potuto mettere in evidenza in termini as- solutamente inoppugnabili che lo stanzia- mento straordinario ed aggiuntivo previsto dalla legge 588 non è sufficiente ad aihriare a soluzione completa tutti i problemi di fon- do... per cui si lasciano ancora sussistere situazioni negative, che è necessario invece eliminare completamente. Questa constata- zione induce a considerare non esaurite, con le provvidenze della legge 588, la funzione e la portata dell'articolo 13 dello Statuto spe- ciale, e a richiedere, nel contempo, un ulte- riore eccezionale impegno dello Stato per colmare le non poche lacune che permango- no e per risolvere definitivamente i proble- mi che il Piano lascia aperti in termini di strutture economiche e di ordinamenti so- ciali».

Più chiari di così non si poteva essere, e si è quindi lontani dal vero quando si afferma, come si è fatto all'inizio della re- lazione di minoranza, che la Giunta ha ri- nunciato a difendere i giusti diritti della Sardegna e che ha passivamente accéttato la realtà. Il Piano non è certamente una for- mula miracolistica. Miracoli non se ne fanno più, oggi ; nemmeno i piani elaborati in Pae- si dove è possibile una pianificazione di tipo autocratico, che non tiene assolutamente conto delle esigenze delle libertà individuali e che sacrifica alle esigenze dello Stato qual- siasi diritto all'individuo...

MANCA (P.C.I.). In certi Paesi si so- stengono con i milioni, i piani.

SPANO (D.C.). Lo so, onorevole Man- ca ; però, con tutto il denaro e nonostante tante lacrime e tanto sangue, non sono stati risolti i problemi di fronte ai quali si trova- no l'Unione Sovietica e i Paesi ad economia simile. Se è vero, come è vero, che anche in Russia, nel nuovo clima, si comincia a discutere sull'opportunità di modificare cer- ti vecchi sistemi, 9he hanno dimostrato di, non essere... (Interruzione dell'onorevole Manca).

PRESIDENTE, Onorevole Manca, ella ha parlato, indisturbato, per un'ora e mez-

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zo, salvo errore. La prego di non interrom- pere l'oratore.

SPANO (D.C.). Certi schemi che, natu- ralmente, a voi comunisti sono cari e che noi respingiamo nettamente, crollano oggi anche sul piano economico. Il fallimento di certi piani è notorio, specialmente in certi settori, e ci dice che, anche avendo la possi- bilità, di manovrare tutte le leve del potere, non si riesce ad ottenere i risultati comple- tamente soddisfacenti che voi...

GHIRRA (P.C.I.). Ma l'alternativa di cer- ti piani non è la pianificazione che voi cre- dete.

SPANO (D.C.). Lei parlerà dopo, ono- revole Ghirra, mi lasci continuare.

PRESIDENTE. Onorevole Ghirra, se è iscritto a parlare, aspetti il suo turno.

SPANO (D.C.). Anche nei Paesi comu- nisti si sta formandd una coscienza che re- spinge il dogma politico, le costrizioni del- la libertà, l'eccessiva burocratizzazione, che hanno caratterizzato l'attuazione dei piani, una coscienza che è contro i costi di produ- zione eccessivamente pesanti, contro la man- canza negli imprenditori di una responsabi- lità personale, contro tutto ciò che è causa di sprechi. I risultati andrebbero meglio valu- tati da parte di coloro cui si rivolgono le vostre parole, colleghi comunisti. Essi do- vrebbero esaminare con più attenzione i pre- tesi risultati miracolistici con cui cercate di convincere la pubblica opinione. Nemmeno le vostre formule riescono sempre a ottene-

re risultati soddisfacenti. Le formule che noi proponiamo nascono da concezioni com- pletamente diverse. Noi ci muoviamo sfor- zandoci di rispettare la libertà dell'iniziati va privata, che abbiamo sempre ritenuto e riteniamo una molla insostituibile nello svi- luppo economico.

Il Piano in esame non è, come ha detto qualcuno, puramente indicativo dei settori di intervento convenienti per l'iniziativa pri- vata, perchè questo lusso noi non ci possia- mo permettere, e forse non se lo possono

permettere nemmeno i Paesi ad alto livello di reddito. E' un Piano di tipo misto, se così vogliamo chiamarlo, che rappresenta un tentativo di armonizzare- è contempe-

rare l'iniziativa privata con l'iniziativa pubblica, alla luce delle esigenze generali dello sviluppo. Come abbiamo detto prima, . non è un piano completo e definitivo, appun-

to perchè ignoriamo oggi le linee precise di quel programma di sviluppo economico na- zionale che ancora attende di essere elabo- rato e che si potrà conoscere — riPeto — solo quando il Governo centrale, dopo le prossime elezioni, lo avrà delineato.

Non è un Piano completo e definitivo, non è un Piano che chiude la fase rivendi- cativa perchè, come dicevo, denuncia chia- ramente "assoluta insufficienza dei fondi stanziati dallo Stato, e mette fin d'ora sul tappeto l'esigenza della loro integrazione, sostenendo che essi non consentono di rag- giungere obbiettivi completi. Il Piano indica i traguardi che si possono raggiungere con le attuali risorse, ma nessuno ha detto, e tanto meno la Giunta regionale, che essi sono definitivi. Noi riteniamo che un processo di sviluppo economico e sociale della Sardegna non possa contentarsi dei limiti ai quali ci consente di arrivare la disponibilità dei fon- di che ci è stata assegnata.

Sull'aggiuntività, ieri, mi pare, l'onore- vole Cardia faceva un'affermazione esatta, Il discorso sull'aggiuntività è astratto e in- concludente, se lo si fa oggi, perchè manca un piano di sviluppo economico nazionale.

Sarà possibile farlo soltanto quando si avrà conoscenza piena delle linee di sviluppo na- zionale. Solo allora, infatti, in sede di trat- tative con lo Stato, si potrà garantire, non caso per caso, ma nella globalità, l'aggiunti- vità degli interventi del Piano. Noi intendia- mo, per soddisfare il diritto all'aggiuntività, ottenere l'impegno dello Stato di dare alla Sardegna, durante l'attuazione del Piano, ciò che le compete per il raggiungimento di un livello medio di vita, che sia almeno pari a quello nazionale.

Non intendiamo, con i fondi del Piano di rinascita, sostituirci allo Stato, ma sol- tanto completare alcune opere che, in atte- sa del suo definitivo intervento diretto, per

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alcuni anni rimarrebbero praticamente inu- tilizzate e improduttive. E' nostro interesse che queste opere, che sono costate allo Stato decine e decine di miliardi, diventino subito, nel lasso di tempo più breve possibile, pro- duttive e diano quindi la possibilità di avvia- re lo sviluppo economico della Sardegna.

Peraltro; gli impegni finanziari dello Sta- to, considerando opera per opera, soprattut- to attraverso i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, sono stati mantenuti. Non possiamo negare che il programma del- la Cassa per il Mezzogiorno a tutto il 1965 sia stato finanziato. Qualche opera non è stata completata, ma unicamente perchè i fondi durante i lavori sono risultati insuffi- cienti. Per chiarire meglio il concetto che presiede all'intervento della Regione attra- verso il Piano nel caso di opere inizialmente finanziate dallo Stato, voglio citare un caso.

Come ricordavo anche in Commissione, il programma della Cassa per il Mezzogiorno per il Campidano di Cagliari, fino al 1965 prevedeva un intervento per la diga sul Flu- mendosa, per la diga sul Mulargia, per la galleria di derivazione e del canale addutto- re.; poi un intervento per la rete di distribu- zione irrigua su 25 mila ettari, e poi ancora interventi per il consorzio di bonifica. Tutte queste opere sono state integralmente finan- ziate e i fondi in parte sono stati già spesi e in parte saranno spesi nei prossimi due anni.

L'unica Opera non completata è quella che si riferisce alla rete di distribuzione irrigua su 25 mila ettari, perchè i soldi preventivati non bastano. Non Soltanto in Sardegna, ma un po' in tutto il Mezzogiorno d'Italia è ca- pitato che durante la realizzazione di gran- di opere i fondi stanziati inizialmente si sia- no rivelati insufficienti. Ho qui una relazio- ne del professor. Ramadoro, presidente del- la sezione riforma fondiaria in Puglia, Luca- nia e Molise, il quale dice : «Se esaminiamo i programmi della Cassa 1950-1965, dobbia- mo constatare come i grandi complessi irri- gui del Portoreofanto, di Varano, di Lesina e delle acque sotterranee del tavoliere cen- trale; risultano finanziati solo per 18 mi- liardi circa, contro una previsione di circa 22. Ma se si completa la previsione delle spe- se occorrenti con quelle che saranno neces-

sarie per assicurare l'integrale irrigazione delle acque disponibili, si vede che i finan- ziamenti disposti rappresentano circa un quarto delle reali necessità future». Pratica- mente sono stati previsti inizialmente 18 mi- liardi ; moltiplicando 18 per quattro si ot- tiene la somma di 72 miliardi...

CARDIA (P.C.I.), relatore di minoran- za. Ma, per quanto riguarda la Sardegna e i famosi 25 mila ettari da irrigare, i fondi per le trasformazioni priv4e chi li deve dare?

SPANO (D.C.). Aspetti, non ho finito ancora, onorevole Cardia, risponderò anche a lei.

Potrei citare qualche altra opera, nel Mezzogiorno, che ancora non è stata com- pletata, e non perchè il finanziamento sia mancato, ma perchè ha sbagliato chi lo ha previsto, trascurando, per esempio, la levi- tazione dei costi. Per quanto riguarda i 25 mila ettari, la Cassa sta facendo le opere per la rete di distribuzione su 13 mila e 900 ettari. Però, c'è acqua sufficiente per irri- gare altri 27 mila ettari. Perchè il Piano non dovrebbe intervenire? Noi, se accettassimo il discorso per la difesa dell'aggiuntività, come vien fatto dalla vostra parte, onorevo- le Cardia, dovremmo non intervenire e la- sciare...

CARDIA (P.C.I.), relatore di minoran- za. Ma a cosa serve l'acqua, se non si danno ai contadini i danari per le trasformazioni?

SPANO (D.C.). I danari destinati ai contadini per le trasformazioni ci sono, sia nel Piano di rinascita, sia nel Piano verde, sia nei fondi ordinari. Come fa lei a dire che non' ci sono, onorevole Cardia? C'è un, primo stanziamento, che è largamente suf- ficiente per i primi bisogni e, man mano che la rete irrigua verrà completata, si faranno altri stanziamenti. D'altro canto, la comple- ta realizzazione dell'opera non può avveni- re nel giro di due o tre anni, anche parchè i contadini in molte zone non sono nemmeno preparati a lavorare in coltura irrigua dopo aver lavorato per tanto tempo m coltura

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asciutta. Se accettassimo il vostro ra- gionamento, onorevole Cardia, noi non do- vremmo intervenire, mentre ci si propone di intervenire per completare il programma iniziale della irrigazione di 25 mila ettari, costruendo, nei prossimi due anni, altri due canali ripartitori che interesseranno, tra l'al- tro, delle zone già pronte come quella di Sa Zeppara dove è stato già fatto dal Flumendo- sa un appoderamento...

CARDIA (P.C.I.), relatore di minoran- za. Voi state accelerando la bonifica di tipo fascista.

SPANO (D.C.). Onorevole Cardia, a lei sono cari altri modelli, ma a noi sembra giusta la strada che proponiamo, perchè ci dà la possibilità, di rendere efficienti opere importantissime in tempo minore di quan- to ne occorrerebbe se attendessimo l'inter- vento definitivo da parte dello Stato.

E' logico che nella sede e nel momento opportuni, quando si coordinerà il Piano con gli interventi statali, ci si batterà per ottenere dalló Stato l'integrazione di quei fondi che oggi vengono spesi per il comple- tamento di opere inizialmente previste a suo totale carico. E una garanzia dell'ag- giuntività, a parte l'impegno della Giunta di lottare in sede di coordinamento, la offre la stessa continuità dell'attività della Cassa per il Mezzogiorno. Ormai appare sempre più evidente che la Cassa per il Mezzogior- no, dopo il 1965, continuerà la sua attività.

Tra tante dichiarazioni, basti ricordare quel- la rilasciata recentemente dal professor Pe- scatore secondo cui «nel Mezzogiorno dovrà trovare posto almeno per un ventennio anco- ra, accanto all'intervento ordinario, l'inter- vento straordinario in una proiezione che abbracci tutti i settori delle opere pubbli- che». E ancora : «Il Mezzogiorno non è an- cora Maturo, nelle sue strutture amministra, tive locali, per ricevere le provvidenze devo- lute dagli enti territoriali non dalla legisla- zione generale. Vi sono ancora in quelle strutture deficienze tecniche finanziarie che rendono, in molti casi, non funzionante in concreto il sistema dell'intervento generale dello Stato, che è condizionato al concorso

di quegli enti». Quindi, onorevoli colleghi, noi riteniamo che l'aggiuntività del Piano sia garantita dall'opera che la Giunta regio- nale intende svolgere in sede di coordina- mento dei nostri programmi con i program- mi ordinari dello Stato, nonchè dalla pre- senza ancora per il futuro della Cassa per il Mezzogiorno.

Per quanto riguarda le critiche dei Co- mitati di zona, ho detto prima che questi si sono trovati, a causa delle limitazioni di tempo, nella impossibilità materiale di stu- diare, approfondire e vagliare serenamente il documento presentato dalla Giunta. Voi sostenete, onorevole Manca, che il documen- to ha suscitato insoddisfazione generale, e che ha carattere elettoralistico, ma questo non è logicamente possibile. Infatti se aves- simo perseguito interessi elettoralistici, a- vremmo contentato tutti... (interruzioni).

Certamente: se avessimo voluto fare del documento uno strumento elettorale, avrem- mo accontentato tutti e, quanto meno, non ci saremmo attirati le proteste di qualche Comitato di zona e proprio quelle di alcuni Sindaci democristiani che hanno ritenuto di poter difendere gli interessi e le esigenze locali sostenendo ordini del giorno di pro- duzione socialcomunista. Noi auspichiamo che i Comitati di zona possano veramente funzionare e dare quel contributo originale che ci aspettiamo. Essi sono espressione diretta delle esigenze della base, se così vo- gliamo chiamarla, e siamo Convinti che da parte loro un apporto decisivo vi sarà. In questa fase non è stato possibile, come avremmo voluto, come sarebbe stato auspi- cabile e desiderabile, valorizzare compiuta- mente i Comitati di zona, proprio perchè non c'è stato tempo. Avremo però, certo, la possibilità, nel corso dell'attuazione, del Pia- no, di far sì che i Comitati di zona diano tutto il prezioso apporto in vista del quale sono stati istituiti.

Vorrei adesso fare qualche osservazione sulla industrializzazione. E' stato detto in Commissione e ripetuto in Consiglio — e verrà certamente ancora ripetuto — ed è stato scritto in particolare nella relazione di minoranza, che la Giunta ha preferito su- bordinare tutto lo sviluppo industriale agli

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— 2484 Consiglio Regionale della Sardegna Resoconti Consiliari

IV LEGISLATURA CXXIII SEDUTA 5 MARZO 1963

interessi dei gruppi monopolistici. E' la soli- ta solfa, questa, onorevole Cardia, che noi siamo ormai abituati a sentire. Voi con la vostra tecnica, nella quale siete maestri, da anni state battendo sullo stesso tasto, e noi vi abbiamo sempre risposto che i monopoli sapremo benisSimo, al momento opportuno, combatterli, ma che fino a quando ci sarà utile la loro funzione noi li utilizzeremo, chiamandoli in Sardegna. Noi intendiamo fa- vorire lo sviluppo economico e sociale del- la Sardegna, utilizzando anche l'apporto di capitali e di esperienze che ci possono ve- nire dai gruppi monopolistici. La Democra- zia Cristiana ha dimostrato abbondante- mente di non essere schiava dei monopoli e lo ha dimostrato quando, con i voti determi- nanti dei suoi parlamentari, ispirandosi alla sua ideologia e non mutuando niente da al- tre ideologie, ha eliminato decisamente il monopolio elettrico. E, se sarà necessario schierarsi contro altri monopoli, la Demo- crazia Cristiana saprà farlo ancora al mo- mento opportuno.

Noi, però, riteniamo che l'iniziativa pri- vata abbia diritto di cittadinanza in Italia, e contiamo anche su di essa, oltre che sull'ini- ziativa statale, per ottenere lo sviluppo eco- nomico e sociale dell'Isola. In fondo, il mi- racolo economico italiano si deve, oltre che all'iniziativa dello Stato, anche, e potremmo dire in molti casi in misura prevalente, alla iniziativa privata. Siamo sictri che l'inizia- tiva privata rappresenterà la molla insosti- tuibile dello sviluppo economico e sociale della Sardegna e siamo sicuri che, se assu- messimo contro di essa la posizione a voi tanto cara, finiremmo col compromettere le possibilità di questo sviluppo.

E' stato detto che la Giunta si è supina- mente allineata con la politica fatta dal Cre- dito Industriale Sardo, perchè ha partecipa- to alle deliberazioni di questo istituto attra- verso i suoi rappresentanti. Ebbene, le indi- cazioni che emergono da quella politica sono utili, perchè rivelano le tendenze spontanee in atto per l'industrializzazione della Sarde- gna da parte dei privati. Non si vuole cer- tamente supinamente accettare o seguire queste .tendenze, ma conoscerle per correg-

gerle, se necessario, o per intervenire in mo- do diverso...

CONGIU (P.C.I.). Nella relazione sonò indicati i miliardi chiesti, al C.I.S. E' un rife- rimento preciso, onorevole Spano. Sono 25 miliardi, 32...

SPANO (D.C.). Onorevole Congiu, è detto chiaramente e ripetutamente che il riferimento è fatto unicamente per rilevare le tendenze spontanee che si sono rivelate in Sardegna in questi anni...

PRESIDENTE. Onorevole Spano, la pre- go di proseguire senza raccogliere le inter- ruzioni.

SPANO (D.C.). Fino a quando vi saran- no fondi disponibili, si assisteranno le indu- strie che sono già in Sardegna. Perchè non si dovrebbe farlo, se i fondi ci sono? La po- litica del C.I.S. è tanto criticata e viene pre- sentata addirittura come una disgrazia per la Sardegna, ma io vorrei proprio sapere se si sono considerate le prospettive che essa può offrire. Alla fine del 1962, i finanziamen- ti deliberati o richiesti al C.I.S. ammonta- vano complessivamente a oltre 220 miliardi di lire, per un investimento complessivo di oltre 330 miliardi e per una occupazione di 23.464 unità, con un costo medio per addet- to di 14 milioni di lire. Questo costo è anco- ra eccessivamente alto e non collima con il costo che la Giunta ha assunto come ipo- tesi per lo sviluppo industriale della Sar- degna, in relazione alle possibilità di occu- pazione della manodopera. Ma bisogna con- siderare che il costo unitario attribuito alla occupazione operaia nei complessi petrolchi- mici è eccessivamente alto. Sono stati ri- chiesti da imprese di questo settore, e in parte già concessi, finanziamenti per 52 mi- liardi di lire, per un investimento comples- sivo di 74 miliardi e 289 milioni di lire, e per 1.561 unità occupate, con una media per unità — veramente alta, ripeto, come in tutti questi tipi di industria — di 47 milioni e 600 mila lire.

Vi è chi sostiene che le industrie petrol- chimiche — è stato detto in Commissione e

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