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Simulazione di un caso concreto: lesione complessa del ginocchio

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Academic year: 2022

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Simulazione di un caso concreto:

lesione complessa del ginocchio

Avv. Santiago Arguello*

SCHEMA DI MEMORIA DIFENSIVA PER IL DANNEGGIATO P.M., 33 ANNI, COMMERCIANTE AMBULANTE.

Si ipotizza, per non divagare su tematiche non di particolare interesse in questa sede, che non vi siano, nella fattispecie in esame, contestazioni circa la piena responsabilità del convenuto nella causazione del sinistro, e quindi circa la totale fondatezza della pretesa risarcitoria del signor P.M. in punto an debeatur.

Oggetto della vertenza sarà pertanto unicamente l’individuazione del risarcimento spettante al signor P.M.

Tre sono le voci di danno di cui si chiede l’integrale ristoro:

danno biologico, danno patrimoniale e danno morale DANNO BIOLOGICO

Secondo la valutazione medico-legale redatta da Prof.

Vasapollo, al danneggiato è residuato un tasso d’invalidità permanente nella misura del 9%, nonché 50 giorni d’invalidità temporanea totale; è stata infine riscontrata una lesione alla capacità reddituale del danneggiato, tenuto conto delle lesioni subite e del lavoro normalmente esercitato (venditore ambulante), quantificata nella misura del 5%.

Si osservino innanzitutto le richieste a titolo di danno biologico.

Come più analiticamente rilevato dal Prof. Vasapollo, la documentazione medica in atti conferma l’esistenza di un attendibile nesso di causalità tra le lesioni ed il sinistro per cui si discute.

Sul punto si rimanda alla relazione medica, di cui è opportuno qui richiamare alcuni aspetti salienti.

Ci riferiamo, in primo luogo, all’evidente compatibilità tra la localizzazione delle lesioni (arti inferiori) e la dinamica del sinistro (investimento di un motociclista), laddove è plausibile che l’urto inferto da un veicolo investitore, e la conseguente caduta, possano interessare gli arti inferiori, e più specificatamente il ginocchio.

* Avv. Foro di Bologna

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Ulteriore conferma circa l’esistenza di un attendibile nesso di causalità si rinviene nel breve lasso di tempo intercorso tra il sinistro ed il rilascio della documentazione medica da parte del Pronto Soccorso, nonché dal contenuto della documentazione medica medesima, ove le lesioni riscontrate appaiono di recente verificazione.

Da considerare infine, a tal proposito, come le lesioni lamentate siano supportate anche da precisi elementi obiettivi (per i quali ancora si rimanda alla relazione del Prof. Vasapollo) e non solo dal quadro sintomatologico riferito dall’attore.

Tutto ciò considerato è possibile quindi addivenire ad un giudizio di compatibilità ed attendibilità eziologia tra il sinistro e le lesioni lamentate.

Non può condividersi a tal riguardo quella isolata giurisprudenza di merito che, in tema di lesioni cosiddette

“micropermanenti”, sembrerebbe escludere la possibilità per il danneggiato di evadere l’onere probatorio circa l’esistenza del nesso di causalità in termini meramente probabilistici.1

Innanzitutto la prova del nesso causale può essere variamente graduata circa il probabile collegamento eziologico con l’evento dannoso, ma non potrà mai raggiungere il grado di certezza; l’assunto dei giudici di merito porterebbe quindi, inaccettabilmente ed in aperto contrasto con l’art. 32 cost., a negare tutela risarcitoria in tutte le ipotesi di lesioni micropermanenti.

In secondo luogo, ed al di là di ogni sfumatura applicativa, l’assunto non ha alcun pregio logico-giuridico: l’esistenza di una lesione micropermanente potrebbe tutt’al più indurre a ritenere inesistente (salvo prova contraria, come si vedrà più avanti) una relativa lesione alla capacità reddituale del soggetto danneggiato,2 attesa la ragionevole inattitudine di modeste lesioni in valore percentuale ad incidere negativamente nella sfera lavorativa del soggetto; non potrà in ogni caso incidere sulla prova del nesso causale, la cui esistenza prescinde dall’entità delle lesioni.

In altri termini in tema di micropermanenti può sì essere giustificato, sul piano della ricostruzione probatoria della fattispecie, un trattamento differenziato rispetto a sinistri di maggiore gravità, ma solo per quanto riguarda la prova della loro esistenza o della loro incidenza patrimoniale sul reddito del danneggiato; lo stesso non

1 Giudice di Pace di Roma, 11 maggio 1998, in Riv. Giur. Circ. Trasp., 1999, 146 e Giudice di Pace di Arezzo, 13 agosto 1998, in Foro It., 1999, I, 1077

2 in questi termini si è occupata di micropermanenti la giurisprudenza prevalente – cfr. ex plurimis, Cass.

20 gennaio 1997, n. 535, in Resp. Civ. Prev., 1998, 154; Cass. 28 aprile 1997, n.3635, in Rass. Giur.

Umbra, 1997, 691; Cass. 25 settembre 1997, n.9399, in Riv. It. Med. Leg., 1999, 591

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può dirsi circa la prova del rapporto eziologico, prova il cui inasprimento potrebbe essere giustificato unicamente da altre circostanze, quali, ad esempio, la modesta entità dei danni riportati dalle autovetture.

Tant’è vero che, a ben vedere, le conclusioni a cui è pervenuta la giurisprudenza di merito poc’anzi citata vennero determinate non solo e non tanto dalla presenza di lesioni micropermanenti, ma anche, e soprattutto, dalle risultanze istruttorie che denunciavano una modestissima entità dei danni materiali relativi ai veicoli coinvolti nel sinistro.

Ma si tratta, com’è evidente, di una circostanza estranea al caso di specie, considerato che la caduta da un ciclomotore in seguito ad un investimento costituisce un fatto assolutamente compatibile, ictu oculi, con le lesioni al ginocchio così come delineate nella relazione medico-legale.

Detto ciò, e considerata quindi dimostrata l’esistenza del nesso di causalità, occorre soffermarsi brevemente sul problema delle lesioni preesistenti.

Quanto agli aspetti eminentemente medico-legali, si rimanda alla relazione del Prof. Vasapollo, nella quale viene escluso, dopo attente considerazioni basate in larga misura su elementi obiettivi, che le lesioni per cui si chiede il risarcimento potessero essere, anche solo parzialmente, preesistenti al sinistro del 22 novembre 1999.

Ciò che invece occorre brevemente analizzare in questa sede è il rapporto tra l’eccezione di preesistenza e la ripartizione dell’onere probatorio.

Atteso che, come rilevato poc’anzi, l’attore ha fornito la prova, sia pure in termini meramente probabilistici (ma sulla base di rilievi medico-legali obbiettivabili), dell’esistenza di un rapporto di causalità tra il sinistro e le lesioni lamentate (e ciò anche in rapporto a quelle pregresse), incomberà a controparte, qualora intenda eccepire l’esistenza di un fatto ulteriore (il precedente incidente) idoneo ad interrompere, sia pure parzialmente, il nesso di causalità, darne la relativa prova.

In mancanza, non sarà possibile negare l’esistenza del rapporto causale così come assunto dall’attore.

Allo stato, pertanto, mancando una tale prova, sia pure presuntiva, non pare possano sorgere dubbi circa l’esistenza del nesso eziologico tra il sinistro ed il danno, anche con specifico riguardo alle lesioni preesistenti.

Parimenti non può essere posta in dubbio l’esistenza di entrambe le componenti del danno biologico, quella statica e quella

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dinamica, così come individuate dalla giurisprudenza più recente della Suprema Corte (ove viene recepita un’accezione ampia del bene salute comprendente tutte le funzioni naturali afferenti al soggetto nel suo ambiente).

Quanto alla componente statica, si richiama il contenuto della relazione del Prof. Vasapollo, ove si delinea, traendo spunto anche da elementi oggettivi, una sicura lesione dell’integrità psicofisica in sé e per sé considerata del signor P.M.

Quanto alla componente dinamica (riguardante il bene salute nel complesso delle attività realizzatrici della persona umana, siano esse ludiche, familiari, sociali ecc.), non pare dubitabile l’esistenza di un danno di natura biologica: la lesione legamentosa del ginocchio, interferendo sulle capacità di deambulazione del danneggiato, è senza dubbio idonea, secondo un criterio dell’ id quod plerumque accidit, a limitare l’individuo in tutti o comunque nella maggior parte dei rapporti sociali in cui si realizza la sua personalità.

Ciò a maggior ragione ove si consideri che il signor P.M.

praticava abitualmente, seppure a livello dilettantistico, il Tennis e lo Jogging: l’impedimento futuro a praticare gli sport abituali implica una compressione biologica della salute del danneggiato (in quanto limitativa alla realizzazione della personalità nel suo aspetto ludico).

La componente dinamica del danno biologico qui delineata, dovrà essere adeguatamente valorizzata in sede di quantificazione dei pregiudizi patiti, tramite un opportuno incremento risarcitorio rispetto al danno biologico normalmente riconosciuto per questa specifica percentuale di invalidità permanente.

Si richiede inoltre, sempre quale ristoro del danno biologico

“dinamico”, un ulteriore quid pluris idoneo ad integrare il pregiudizio estetico patito dal signor P.M. in ragione degli esiti cicatriziali dell’intervento (esiti di non lievi dimensioni, trattandosi di operazione chirurgica ai legamenti del ginocchio); sulla necessità di tenere conto, quanto al risarcimento del danno biologico, del danno estetico, si veda Cass., 8 maggio 1998, n.4677.

Ritiene questa difesa che la localizzazione del taglio cicatriziale (ginocchio) è comunque idonea, attese le notevoli dimensioni, a determinare, anche se in misura minore rispetto alla diversa ipotesi di cicatrice al volto, una seppur minima limitazione della sfera relazionale dell’individuo (specie se di giovane età) e quindi a giustificare un incremento risarcitorio del danno biologico.

In conclusione, si può ritenere che nella fattispecie in esame, pur formalmente realizzandosi un’ipotesi di danno cosiddetto

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micropermanente, in quanto circoscritto entro il 10% di invalidità permanente, si è in realtà concretizzato un danno biologico nella sua accezione più ampia (aspetto statico e dinamico), comprendente anche un’ipotesi, seppur minima, di pregiudizio estetico.

Ciò deve condurre il giudicante all’utilizzazione di un metodo di calcolo che appaia il più possibile idoneo, pur nel rispetto delle esigenze di omogeneità risarcitorie, a garantire alla fattispecie in esame il più alto grado di elasticità o, se si preferisce, di personalizzazione del danno.

Si richiama a questo proposito una recente decisione della Suprema Corte la quale, pur ammettendo la legittimità del ricorso a metodi standardizzati di quantificazione del danno biologico, impone in ogni caso che essi siano idonei a garantire flessibilità ed adeguatezza rispetto alla specificità del caso concreto (Cass.

6873/00).

Sul punto, considerata l’assenza di criteri cogenti di quantificazione del danno biologico (al momento in cui viene scritta la presente memoria è ancora in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il disegno di legge n.4339, norma che, peraltro, non potrebbe comunque trovare applicazione nei sinistri avvenuti prima della sua entrata in vigore), ci si rimette alla valutazione equitativa e discrezionale del Giudice.

Da escludersi in ogni caso, per la sua rigidità e la sua afferenza ad una forma di pregiudizio (lesione della capacità redittuale) ontologicamente non riconducibile al danno biologico, l’applicazione del criterio cosiddetto “del triplo della pensione sociale”, individuato dall’art. 4, comma 3, legge 26 febbraio 1977, n.39.

Si chiede, sempre a titolo di danno biologico, il risarcimento corrispondente al periodo di invalidità temporanea totale (50 giorni), la cui determinazione giornaliera viene rimessa anch’essa alla valutazione discrezionale del Giudice, salvo naturalmente l’obbligo di dare adeguata motivazione del criterio adottato.

DANNO PATRIMONIALE

Altra richiesta risarcitoria attiene al danno patrimoniale conseguente alla diminuzione della capacità reddituale del danneggiato.

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Si consideri a tal proposito che la tipologia della lesione riportata (lesione legamentosa al ginocchio), incidente sull’efficienza deambulatoria, comporterà, attesa l’occupazione Professionale del signor P.M. (venditore ambulante), una sicura contrazione reddituale futura da ricollegarsi ad una diminuita capacità di attendere alle mansioni (prevalentemente fisiche) legate alla specifica occupazione esercitata.

Non pare infatti possa porsi in dubbio che la difficoltà deambulatoria, legata ad una correlata diminuzione a sopportare carichi pesanti, limita notevolmente l’attività di venditore ambulante, che si concretizza, anche se non in via prevalente, in attività di natura fisica quali l’installazione della bancarella, lo spostamento della merce, l’allestimento dell’esposizione.

Pertanto non vi sono dubbi circa la possibilità di configurare, nella fattispecie de qua, l’esistenza di un danno patrimoniale conseguente alla diminuita capacità di produrre reddito.

Si cita al riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione la quale, con orientamento pacifico, ammette anche in ipotesi di “micropermanenti” la possibilità di ammettere una diminuzione della capacità reddituale, pur richiedendo che tale diminuzione venga provata.3

Parimenti, la stessa Cassazione ha ulteriormente precisato che la prova in tal senso può essere anche presuntiva: “ L’accertamento di postumi permanenti, incidenti con una certa entità (in quanto l’invalidità cosiddetta micropermaente è una componente del danno biologico) sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l’automatico obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale (art.2043 c.c.), conseguenza della riduzione della capacità di guadagno – derivante dalla ridotta capacità lavorativa, specifica e generica – e quindi di produzione di reddito, e perciò incombe al danneggiato la prova del lucro cessante – anche presuntiva, perché proiettato nel futuro…..”.4

3 Cass. 9 dicembre 1994, n. 10539; Cass. 4 dicembre 1998, n.12319

4 Cass. 19 febbraio 1998, n.1764

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Quanto all’esatta determinazione del danno patrimoniale, dovrà essere considerato come base di calcolo, ai sensi dell’art. 4 legge 26 febbraio 1977, n. 39 (applicabile in ipotesi di azione diretta ai sensi della legge 990/69 nei confronti di impresa assicuratrice), il reddito lordo risultante dalla dichiarazione dei redditi più alta degli ultimi tre anni (ossia la dichiarazione dei redditi relativi all’anno 1998, che qui si produce); l’importo annuo così determinato dovrà essere moltiplicato per i coefficienti di capitalizzazione (o meglio, per il coefficiente relativo all’età del danneggiato al momento della liquidazione) di cui alle tabelle allegate al R.D. 9 ottobre 1922, n.1402, e moltiplicato altresì per la percentuale di menomazione della capacità reddituale (5% secondo la valutazione del Prof.

Vasapollo).

Si precisa che la somma risultante da tale calcolo non dovrà subire l’abbattimento (mediamente nella percentuale del 20%) relativo al presumibile scarto tra vita fisica e vita lavorativa, posto che tale abbattimento può dirsi abbondantemente compensato dall’inadeguatezza delle tabelle di capitalizzazione di cui sopra, le quali, è opportuno ricordarlo, traggono spunto da parametri di sopravvivenza elaborati nei primi anni del ‘900, ove le condizioni e la durata della vita media erano ben inferiori alle attuali.5

Questo per ciò che concerne il danno patrimoniale futuro.

Quanto al vero e proprio danno emergente, dovranno essere risarcite innanzitutto le spese mediche sostenute dal signor P.M.

(medicinali, cure fisioterapiche ecc.), che ammontano, come da documentazione allegata, a lire ……..; parimenti dovrà essere risarcita la contrazione di reddito subita dal signor P.M. nel tempo successivo al sinistro, contrazione derivante sia dal periodo d’invalidità temporanea totale sia dalla già accertata diminuzione della capacità lavorativa specifica.

L’importo di tale ultimo pregiudizio corrisponde a lire

………, considerando la somma algebrica tra reddito maturato globalmente dal sinistro ad oggi ed il reddito maturato, tenuto conto di un periodo corrispondente (16 mensilità), in epoca antecedente al sinistro.

5 si veda, a tal proposito, Cass. 1 luglio 1998, n.6480

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Si osservi infine che il signor P.M., durante il periodo di invalidità totale, ha dovuto interrompere la propria attività con conseguente interruzione degli incassi (la Professione di venditore ambulante è fortemente personalizzata e non consente, in tempi rapidi, la sostituzione del titolare), da cui la conseguente necessità di ricorrere al credito bancario per far fronte alle spese correnti per il mantenimento proprio e della famiglia.

Per tali motivi dovrà essere riconosciuta una somma corrispondente agli interessi bancari pagati dal danneggiato, che ammontano, come si evince dalla documentazione allegata, a lire

………….6

DANNO MORALE

Si chiede infine il risarcimento del danno morale quale utilità sostitutiva delle sofferenze patite, la cui effettiva verificazione è indubitabile considerando, in particolare, il ricovero ospedaliero, il lungo periodo di invalidità temporanea totale e la necessaria sospensione dell’attività lavorativa.7

Si osservi come esistano tutti i presupposti per il riconoscimento di tale voce di danno: l’astratta configurabilità di un reato (lesioni colpose) e la positiva (e non presuntiva) dimostrazione della colpa del conducente del veicolo investitore.

Tale voce di danno dovrà essere riconosciuta nella misura di una frazione (da 1/3 a 1/2) del danno biologico complessivo (ossia comprendente sia l’invalidità temporanea totale sia l’invalidità permanente), modalità questa ritenuta legittima dalla Suprema Corte nel caso vengano tenute in debita considerazione le particolarità del caso concreto.8

6 sulla risarcibilità del danno in caso di ricorso al credito bancario, si veda Cass. 19 febbraio 1998, n. 1764

7 sulla necessità che anche il danno morale venga rapportato al momento relazionale della vita del danneggiato si veda Cass. 2 dicembre 1988, n. 12233

8 per tutte si veda Cass. 9 gennaio 1998, n. 134

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