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L’ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICIE DEI MUSCOLI MASTICATORI:

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Academic year: 2022

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L’ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICIE DEI MUSCOLI MASTICATORI:

QUALE UTILITÀ CLINICA?

Tommaso Castroflorio

*

I segnali bioelettrici generati dal nostro organismo e la loro interpretazione hanno da sempre affascinato i ricercatori. Decodificare ed estrarre informazioni dai segnali generati dai muscoli rappresenta la possibilità di comprendere i meccanismi alla base dei movimenti del corpo umano. Il movimento della mandibola e le forze craniomandibolari sono originati dalla contrazione di muscoli che, nei mammiferi, funzionano come una singola unità, coinvolgendo gruppi di tre o più muscoli di entrambi i lati del neurasse (Hannam, 2001). Questi complessi schemi motori sottintendono raffinati meccanismi di controllo da parte del SNC, raffinati meccanismi facilitati dall’anatomia dei muscoli masticatori e dalla loro complessa architettura interna. Le conoscenze acquisite relative all’anatomia dei muscoli masticatori derivano da studi su cadavere. Oggigiorno sono disponibili metodiche di analisi muscolare che permettono di ottenere informazioni anatomiche in vivo. La conoscenza di dati anatomici assume importanza per la creazione di modelli sperimentali e, ovviamente, per l’applicazione clinica di nuove biotecnologie.

1.1. ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICIE DEI MUSCOLI ELEVATORI DELLA MANDIBOLA

L’elettromiografia di superficie (sEMG) fornisce indicazioni circa le proprietà muscolari, in modo non invasivo, attraverso la superficie cutanea intatta. Il segnale elettromiografico, o mioelettrico, rappresenta la somma di tutti i contributi elettrici delle unità motorie (MUs) attive durante il periodo di osservazione e non indica solo lo stato di attivazione del muscolo, ma fornisce altresì informazioni circa le strategie di controllo del muscolo da parte del sistema nervoso centrale (Basmaijan, 1967). In altre parole, l’elettromiografia di superficie costituisce uno strumento di misura del fenomeno bioelettrico della contrazione muscolare.

L’American Academy of Neurology, con una revisione della letteratura pubblicata nel 2000 (Pullman et al., 2000), sulla base di evidenze di classe III (ovvero evidenze basate non su studi analitici bensì su “case reports” o “case series”), definisce l’elettromiografia

* Libero professionista, Torino

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di superficie come uno strumento accettabile per l’analisi kinesiologica dei disordini del movimento, per differenziare diversi tipi di tremore, miocloni e distonia, per valutare i disturbi del passo e della postura e per valutare le misure psicofisiche di reazione e i tempi di movimento. Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi sforzi per lo sviluppo di una tecnica oggettiva e non invasiva per l’analisi dell’attività muscolare (Merletti &

Hermens, 2000), ovvero da quando sono stati dimostrati i vantaggi offerti dalla sEMG rispetto all’analisi elettromiografica invasiva, ad aghi o fili. In particolare, la ripetibilità della metodica di superficie è risultata superiore, aprendo nuove possibilità per il monitoraggio a lungo termine dell’attività muscolare (Disselhorst-Klug et al., 2000).

Il facile accesso anatomico offerto dai muscoli masticatori, ed in particolare dai muscoli massetere superficiale e temporale anteriore, ha permesso una grande diffusione della SEMG in odontoiatria, sia nel campo della ricerca di base sia nel campo clinico. Gasser e Erlanger nel 1944 vinsero il Premio Nobel per aver mostrato sul monitor di un oscilloscopio il segnale elettrico proveniente dai muscoli della spalla di un uomo, e solo dopo 5 anni Moyers (1949) pubblicò un articolo circa l’analisi EMG dei muscoli masticatori nei suoi pazienti ortodontici. Carlsoo (1952) e Pruzanski (1952, 1953) fornirono le prime indicazioni circa l’uso dell’EMG nella ricerca odontoiatrica, e le prime misure relative alla valutazione dell’attività elettrica dei muscoli masticatori durante la funzione. Møller (1966) investigò per primo la masticazione, riportando una attenta analisi dell’attività dei muscoli elevatori ed abbassatori della mandibola, seguito da Ahlgren (1967). Grossfeld (1965) e Moss e Greenfield (1966) introdussero l’impiego della sEMG in odontoiatria per la diagnosi e per il monitoraggio della terapia. Un importante contributo alla diffusione della metodica provenne da Jankelson (1969) che sviluppò un approccio neuromuscolare all’odontoiatria proponendo una puntuale metodica EMG (Fig. 1.1), accompagnata da una serie di appositi strumenti di misura, per la diagnosi ed il monitoraggio della terapia.

Nonostante la rapida diffusione della metodica, pochi ricercatori focalizzarono la loro attenzione sull’affidabilità ed accuratezza degli strumenti disponibili. De Luca (1977) sottolineò l’importanza di un’accurata utilizzazione della sEMG, enfatizzando come il facile accesso alla metodica potesse facilmente condurre ad errori di misura e dunque di interpretazione dei segnali mioelettrici. La letteratura odontoiatrica disponibile sull’argomento dimostra come gran parte degli autori non abbia compreso i limiti della metodica (Lund et al., 1995; Miles, 2004).

Il segnale elettromiografico che registriamo attraverso la superficie cutanea è costituito dai sottostanti processi fisiologici e da una moltitudine di fattori non fisiologici, o meglio metodologici, che influenzano le caratteristiche della registrazione. L’influenza di questi fattori è stata discussa ed analizzata in letteratura (Roy et al., 1986; Li and Sakamoto, 1996; Farina et al., 2001; Farina et al., 2002 a,b) ed è stato dimostrato che un uso appropriato della sEMG rende questo esame uno strumento potente ed efficace per l’analisi dell’apparato stomatognatico, per la comprensione della fisiologia dei muscoli elevatori della mandibola (consultare ad esempio: Palla and Ash, 1981; Naeije, 1984;

Lyons et al., 1993; Ferrario et al., 1993; Macaluso et al., 1994; Svensson, 2000;

Wang et al., 2000; Ferrario et al., 2000; Svensson et al., 2001; Buzinelli and Berzin,

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2001; Chung et al., 2002; Ueda et al., 2002; Icardi, 2003; Proeschel e Raum, 2003;

Ferrario et al. 2007), dato che un ben controllato protocollo sperimentale può ridurre in modo drastico gli effetti dei fattori non fisiologici (Castroflorio et al. 2006).

Pertanto il principale campo di applicazione dell’elettromiografia di superficie dei muscoli masticatori resta quello della ricerca. Per la pratica clinica di tutti i giorni esiste una ragionevole e sufficiente evidenza scientifica per sostenere l’uso della sEMG allo scopo di quantificare l’attività posturale dei muscoli masticatori e di insegnare ai pazienti come rilassare i propri muscoli con le tecniche di biofeedback: questo, ovviamente, non vuol dire che la sEMG possa essere usata per la diagnosi di disordini temporomandibolari (DTM) (Baba et al., 2010), soprattutto quando parliamo di elettromiografia a riposo dei muscoli masticatori. Infatti le misure EMG a riposo sono dell’ordine di pochi microvolt (con intervalli fisiologici indicati tra 1,5μV e 2,5μV per i muscoli massetere e temporale anteriore), in una situazione in cui il rapporto attività muscolare/rumore elettrico è tutt’altro che favorevole. A conferma di ciò diversi lavori scientifici hanno dimostrato come la sensibilità, ovvero la capacità del test di individuare in una popolazione di riferimento i soggetti malati, delle misure di sEMG a riposo dei muscoli masticatori nei soggetti con DTM di natura muscolare, sia molto bassa con variazioni tra il 15% e il 47% e quindi assolutamente inaccettabile per il trasferimento alla pratica clinica come strumento diagnostico (Baba et al., 2010). Nella routine odontoiatrica rimane la possibilità di impiegare questi dati EMG a riposo come documentazione di accompagnamento, e non diagnostica, della cartella clinica del paziente DTM.

La letteratura scientifica dimostra come l’applicabilità clinica della sEMG possa divenire realtà quando l’attività elettrica dei muscoli masticatori venga registrata durante il massimo serramento volontario. In questo caso opportune procedure di standardizzazione e un protocollo ben controllato permettono misure affidabili e riproducibili (Castroflorio et al., 2008). Inoltre quando questo tipo di sEMG standardizzata è stata testata come protocollo diagnostico per differenziare pazienti DTM e pazienti con disordini muscoloscheletrici del collo, la sensibilità e la specificità, ovvero la capacità del test di individuare in una popolazione di riferimento i soggetti sani, sono risultate rispettivamente 86% e 92% (Ferrario et al. 2007). Recentemente (Tartaglia et al., 2008) è stato dimostrato come questa procedura permetta di discriminare tra pazienti appartenenti a diversi sottogruppi dei criteri diagnostici di ricerca per i DTM (Dworkin e LeResche, 1992), ma non tra soggetti con DTM di natura muscolare e soggetti sani ad esempio, dimostrando che la procedura strumentale ideata presso l’Università di Milano, può supportare la diagnosi clinica ma non sostituirsi a questa come peraltro sempre sostenuto dagli Autori.

Recentemente sono stati introdotti nel mercato odontoiatrico dei dispositivi EMG portatili dedicati allo studio dell’attività dei muscoli masticatori durante il sonno e dunque alla diagnosi del bruxismo: nella pratica clinica questa diagnosi si basa, nella maggior parte degli studi odontoiatrici, esclusivamente su quanto riferito dal paziente e su quanto dedotto dall’ispezione clinica. L’uso di questi strumenti portatili permette la registrazione delle contrazioni muscolari e dunque l’oggettivazione del sospetto diagnostico: bisogna

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comunque ricordare che la diagnosi di bruxismo associato al sonno può essere formulata solo in seguito a valutazione con videopolisonnografia. Uno dei dispositivi EMG portatili più innovativi (GrindCare) è caratterizzato dal presentare una funzione di feedback che determina una stimolazione elettrica transcutanea di bassa intensità al verificarsi di contrazioni muscolari sopra soglia, mentre un altro di questi strumenti (BruxMeter)permette di registrare in contemporanea l’attività elettrica dei muscoli masticatori e quella del cuore, in modo da identificare le contrazioni immediatamente precedute da un aumento della frequenza cardiaca e dunque effettivamente legate al bruxismo. Le necessarie validazioni scientifiche (trial clinici) di questi strumenti sono tuttora in corso.

CONCLUSIONI

L’elettromiografia di superficie dei muscoli masticatori rappresenta uno strumento molto importante nella ricerca applicata allo studio della fisiologia dell’apparato stomatognatico ed alla fisiopatologia dei disordini temporomandibolari. L’utilizzo nella pratica clinica come strumento di raccolta dati e non di diagnosi può essere raccomandato solo per protocolli di analisi ben standardizzati e opportunamente supportati da serie pubblicazioni scientifiche. Questa precisazione, apparentemente ridondante, è necessaria: esistono purtroppo clinici che basano la propria attività quotidiana sull’analisi EMG dei muscoli masticatori in base a protocolli e strumenti il cui supporto scientifico è rappresentato spesso da report aneddotici, caratterizzati da errori metodologici importanti come la mancanza di un gruppo di controllo, la mancanza di una ipotesi nulla, la presenza di pregiudizi che necessitano dimostrazione (ad es.

Cooper e Kleinberg, 2008).

I risultati delle ricerche in atto sulla fisiologia dell’apparato stomatognatico e sulla fisiopatologia dei disordini temporomandibolari sono estremamente importanti di per sé, ma anche per poter individuare cosa è opportuno misurare dal punto di vista elettromiografico e dunque poter trasferire alla pratica clinica gli strumenti tecnologici ed i protocolli più opportuni all’ulteriore futuro miglioramento dell’odontoiatria.

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