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7. 1 Dosimetria teorica 7. Dosimetria

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Academic year: 2021

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(1)

7. Dosimetria

La valutazione del SAR, locale o globale che sia, richiede in ogni caso una misura e una stima del campo all'interno dell'oggetto esposto, che come innanzi detto non è affatto agevole e talvolta, specialmente nel caso degli esseri viventi, praticamente impossibile.

In altre parole la dosimetria è affrontata seguendo due filoni paralleli ma complementari: il primo affronta l'analisi dell'assorbimento di potenza da un punto di vista puramente teorico, attraverso la valutazione del campo indotto nel corpo utilizzando opportuni modelli di sorgenti di campo elettromagnetico e del campione; il secondo, invece, prevede delle misure dirette sul campione d’interesse, sottoposto ad opportune condizioni d’esposizione.

Nel seguito, affronteremo dapprima studi dosimetrici teorici del valore di SAR, ed in seguito descriveremo quelli sperimentali.

7.

1 Dosimetria teorica

Attualmente numerosi sono i metodi di calcolo utilizzati per stimare il SAR, anche se il programma maggiormente diffuso è il cosiddetto metodo delle differenze finite nel dominio del tempo (FDTD): un’analisi numerica assistita dal calcolatore che si basa sulla diretta risoluzione delle equazioni di Maxwell nel dominio temporale.

Tuttavia, si è voluto utilizzare un metodo diverso, non solo perché di più facile deduzione, ma soprattutto perché l’utilizzo e la conoscenza del suddetto software richiedevano tempi di studio eccessivamente elevati per poter esser affrontati in questo lavoro di tesi.

Il metodo a cui abbiamo fatto riferimento è quello proposto da P. A. Bottomley[1]. I suoi studi riguardano la stima della potenza assorbita dalla testa e tronco del corpo umano esposto a campi RF, durante un esame MRI.

(2)

Al fine di sottostimare i massimi livelli di esposizione, l’autore assume come linea guida la densità di potenza assorbita sulla superficie del corpo; egli stesso dimostra infatti che la deposizione di potenza nel corpo assume valore massimo sulla superficie.

La determinazione del SAR è stata facilitata schematizzando la testa ed il tronco come due tessuti cilindrici, di lunghezza infinita, ciascuno con conducibilità, densità e raggio diversi.

Data la non uniformità della distribuzione del SAR, come ulteriore semplificazione, si assume che B1(r,t) sia uniforme sulla sezione del cilindro e che

il tessuto sia omogeneo in modo che la densità di massa, ρ(r),e la conducibilità elettrica, σ(r), possano essere considerate costanti nel volume.

Per ciascuno è stato stimato il valore di SAR considerando un campo magnetico RF, B1(t), di ampiezza Brf, frequenza ν, e dapprima irradiato parallelamente

all’asse del cilindro:

x t B

t

B1( )= rf cos(2πν ) ˆ (16)

(3)

La soluzione adottata è stata quella di utilizzare la legge di Lenz, secondo la quale una spira piana, disposta perpendicolarmente ad un campo magnetico variabile nel tempo, presenta ai suoi capi una tensione indotta pari a:

⋅ = − = E dl dt dφ ε (17)

dove E è il campo elettrico indotto; Φ è il flusso magnetico concatenato con la spira: ) 2 cos( ) ( 2 1 t ndS R B t B rf S πν π φ =

⋅ = (18)

Sostituendo e risolvendo, dalle precedenti equazioni, otteniamo l’ampiezza del campo elettrico:

rf

RB

E =πν (19)

Considerando la conduttività elettrica, σ, del tessuto biologico, avremo una conseguente densità di corrente elettrica j(r,t) e deposizione locale di potenza dP(r,t): ) , ( ) , (r t E r t j =σ (20) dV t r E dV t r E t r j t r dP( , )= ( , ) ( , ) =σ 2( , ) (21)

Considerando un impulso di durata τ, periodo di ripetizione Tr e flip-angle di 90o,

il valore della densità di potenza assorbita sulla superficie (intesa per unità di massa), mediata sulla durata di un ciclo è data dalla seguente relazione:

(4)

r T E P τ ρ σ 2 2 = (22) dove ρ è la densità (kg /m3).

Il campo B1(t), polarizzato linearmente, in modo equivalente, può esser scomposto

come somma di due campi polarizzati circolarmente che ruotano in direzione opposta, secondo la seguente relazione:

D’altra parte si dimostra che i nuclei protonici sono sensibili ad uno solo dei suddetti campi, ossia alla componente che ruota nella stessa direzione della precessione; pertanto, riferendoci all’equazione relativa al flip-angle, segue che:

τ γ π

1

2 = B (24)

dove B1, per quanto sopra, risulta pari a:

2 1 rf B B = (25)

Sostituendo nella (17), otteniamo:

r rf T R B P τ ρ ν σπ 2 2 2 2 2 = (26) r r T R K T R P ρτ σν τ γ ρ σν π 2 2 2 2 2 4 2 = = (27)

dove K è una costante per H, data dalla seguente:

[

]

[

cos(2 ) sin(2 )

]

(23) 2 ) 2 sin( ) 2 cos( 2 ) ( 1 t x t y B y t x t B t B = rf πν )+ πν ) + rf πν )− πν )

(5)

(

)

2 16 2 6 2 2 2 4 10 81 , 6 10 58 , 42 234 , 1 2 8 2 ⎟⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ × = ∗ = ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ = = − Hz T K γ π π γ π (28)

Dalla relativa espressione, considerando le grandezze σ, ν, R, s, τ, e Tr espresse secondo il sistema MKS, verifichiamo che P abbia effettivamente le dimensioni di una potenza per unità di massa:

2 1 1 m A J T = (29) kg W A m s kg J m s T Hz m kg m m Hz P = Ω = Ω = 42 24 2 2 2 2 3 2 2 (30)

L’espressione per la potenza assorbita può essere generalizzata al caso in cui si utilizza un impulso con θ qualunque, di durata τ e duty cycle D, come di seguito riportato: 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 4 π τ ρ θ σν π ϑ τ ρ σν K R D D R K P ⎟ = ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛ = (31)

Allontanandosi dalla superficie, e spostandosi verso l’interno del tessuto, la distribuzione spaziale della potenza assorbita avrà la seguente espressione:

2 2 2 2 4 ) ( π τ ρ θ σν r T r K r P = (32)

cioè tende ad annullarsi in prossimità dell’asse del cilindro. Il SAR medio, P , si ottiene dall’integrale di volume:

2 ) ( 1 0 2 0 0 2 P dz dr d r r P L R P =

L

R

π ϕ = π (33)

(6)

dove L è la lunghezza di uno dei segmenti in cui è stato diviso il cilindro.

Analizziamo il caso in cui il campo RF è irradiato trasversalmente all’asse del cilindro, cioè parallelamente all’asse y:

Fig. 15 Campo RF irradiato trasversalmente all’asse del cilindro

In questo caso, il SAR sulla superficie di un tessuto cilindrico può essere stimato a partire dalla corrente indotta in una spira rettangolare, disposta come in figura.

Il flusso magnetico concatenato con la spira, in questo caso, sarà dato dalla seguente:

⋅ = = S rf t LB r dS n t B1( ) 2 cosϕ sin(2πν ) φ (34)

Procedendo come nel caso precedentemente considerato, possiamo scrivere le seguenti relazioni:

⋅ = − = E dl dt dφ ε (35)

Edl=4EXrcosϕ+2LEZ (36) ) 2 cos( cos 4 2E L πr ϕLν B πνt ε = =− (37)

(7)

rf

Z r B

E =2πν cosϕ (38)

dove EZ è la componente del campo elettrico indotto lungo Z; il contributo alla

forza elettromotrice, relativo alla componente lungo X del campo elettrico, non compare in quanto, considerato il cilindro infinitamente lungo, i termini ad esso corrispondenti si trascurano.

Proseguendo in maniera identica al caso precedente, considerando un impulso di durata τ, periodo di ripetizione Tr e flip-angle generico θ, otteniamo le seguenti espressioni: 2 1 rf B B = (39) τ γ ϑ = B1 (40) γτ ϑ ϕ πν ϕ πν cos 4 cos 4 r B1 r EZ = = (41)

Il valore di SAR si ottiene, come già visto, sostituendo il valore di EZ nella

seguente equazione: r T E r P τ ρ σ ϕ 2 ) , ( 2 ' = (42) 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 ' 16 cos 2 cos 16 ) , ( π τ ρ ϕ ϑ σν τ γ ρ ϕ ϑ σν π ϕ r r T r K T r r P = = (43)

Dall’ultima relazione osserviamo che il massimo valore di SAR, si ottiene in corrispondenza della superficie del cilindro:

2 2 2 2 ' ' ( ,0) 16 π τ ρ ϑ σν r T R K R P P = = (44)

(8)

Confrontando questo valore con quello ottenuto nel caso di polarizzazione assiale, ci rendiamo conto come il valor massimo del SAR è, in questo caso, quattro volte superiore:

P

P' =4 (45)

Integrando P(r,ϕ) sul volume di un segmento del cilindro, di lunghezza pari a L, otteniamo il valore di SAR medio:

4 ) , ( 1 ' 0 2 0 0 2 ' P dz dr d r r P L R P =

L

R

π ϕ ϕ = π (46)

Da un raffronto con il valore ottenuto nel caso di trasmissione assiale, possiamo notare che, in quest’ultimo caso, il valore di SAR medio è raddoppiato:

r T R P P τ γ ρ ϑ σν π 2 2 2 2 2 ' =2 =2 (47)

Se anziché considerare il cilindro infinitamente lungo, lo supponiamo troncato o comunque parzialmente esposto al campo RF, con lunghezza L≅ 2R, la componente EX del campo elettrico diventa circa uguale a quella lungo Z, EZ.

Quest’ultima approssimazione, ripetendo i vari passaggi, restituisce un valore di SAR, sia di picco che medio, uguali a quelli ricavati nel primo caso, cioè quello relativo al campo RF irradiato parallelamente all’asse del cilindro:

P P" = (48) r r T R T R K P P P τ γ ρ ϑ σν π π τ ρ ϑ σν 2 2 2 2 2 2 2 2 2 " 2 2 = = = = (49)

(9)

Nel nostro lavoro di tesi abbiamo utilizzato i risultati fin qui riportati, modificandoli opportunamente, in modo da adeguarli alle nostre condizioni sperimentali.

La nostra attenzione sarà, infatti, rivolta non all’assorbimento della radiazione da parte del corpo umano, bensì alla potenza assorbita da parte di uno specifico campione biologico, versato all’interno di una fiasca di materiale plastico e di dimensioni opportune.

Il campione sarà sottoposto ad un esame MRI, secondo un preciso protocollo sperimentale, e in una fase successiva, secondo specifici trattamenti biochimici, sarà studiata la genotossicità del campione stesso.

Nel seguito, riferendoci all’ultima espressione, R sarà il raggio della sezione circolare di un cilindro di lunghezza finita, avente volume equivalente alla quantità di liquido che introdurremo nella fiasca, come mostrato nella seguente figura:

Fig. 16 Schematizzazione della fiasca

Le dimensioni della fiasca sono le seguenti:

cm

(10)

cm

H =3,3 (51)

cm

P=7,4 (52)

Tuttavia la fiasca non sarà riempita completamente, infatti la quantità di liquido che introdurremo sarà pari a 30 ml.

Perciò nei calcoli successivi considereremo H’, cioè l’altezza raggiunta dal liquido, quando la fiasca è appoggiata sul piano (con la faccia di area maggiore parallela al piano stesso).

mm

H' =6 (53)

Considerando l’altezza del L del cilindro uguale a quella della fiasca, otteniamo il valore di R uguagliando le espressioni relativi ai volumi:

(

0,007178 0,001081

)

' 2 = H + L R π (54) cm H R 1,15 12 , 0 008259 , 0 ' = = π (55)

Vogliamo far notare che se avessimo proceduto nei calcoli considerando la fiasca posta in posizione verticale, il valore che avremmo ottenuto per R sarebbe stato molto simile a quello dato dalla relazione (55).

Utilizzando il pacchetto applicativo LabVIEW (Laboratory Virtual Instrument Engineering Workbench), elaborato dalla National Instruments, abbiamo realizzato un programma, il cui schema a blocchi è riportato in Appendice, attraverso il quale, fornendo i valori di tutte le grandezze, espressi secondo il sistema MKS, risolve l’equazione relativa al calcolo di "

P ; questo permetterà di velocizzare ed agevolare i calcoli analitici, quando, in fase di esperimento, saranno utilizzate diversi tipi di sequenze, ciascuna caratterizzata da parametri differenti.

(11)

7

.1.1 Misure di conducibilità elettrica

Tra i valori necessari alla risoluzione dell’equazione relativa alla stima del SAR, compare anche la conducibilità elettrica del campione biologico, σ; la conoscenza di quest’ultimo rappresentava per noi un ostacolo, non solo perchè la scheda tecnica del terreno di coltura non fornisce tale valore, ma anche perché l’esperimento prevede l’aggiunta di una quantità non indifferente di sangue, all’interno dello stesso; quest’ultima operazione avrebbe potuto modificare le caratteristiche elettriche del primo, falsando così le successive misure.

Per poter correttamente procedere nel nostro lavoro, abbiamo voluto realizzare due differenti sistemi di misura di conducibilità elettrica, cercando di valutare e affrontare, quanto più possibile, le problematiche ad essi connessi.

7.

1.2 Primo metodo

Il primo sistema di misura consiste di un recipiente di vetro, di due elettrodi di acciaio, opportunamente allocati e dimensionati, i quali saranno immersi nel liquido e collegati, tramite conduttori esterni, sia ad un generatore di frequenza variabile tra 0 Hz e 100 kHz, sia ad un potenziostato; quest’ultimo fornisce la misura dell’impedenza come modulo e fase.

(12)

Per ricavare la conducibilità si utilizza la seguente relazione: cell k R σ 1 = (56)

dove R è la parte reale dell’impedenza, σ è la conducibilità elettrica della soluzione, e kcell è la costante di cella.

Per procedere alla misura abbiamo dovuto dapprima calcolare kcell; tale valore,

infatti, non è noto e dipende dalla particolare geometria con cui è realizzata la cella.

Tab. 15 Standard di conducibilità per una soluzione di KCl 0.1M

T (oC) Conducibilità elettrica (mS/cm) 19 11.43 20 11.67 21 11.91 22 12.51 23 12.39 24 12.64 25 12.88 26 13.13 27 13.37 28 13.62 29 13.87

Pertanto si è proceduto ad una prima misura, utilizzando 125 ml di soluzione KCl 0,1 M; monitorando costantemente la temperatura (T=250C), dalla lettura del valore di R, noto il valore di conducibilità standard, si ricava la costante di cella, rispettivamente:

(13)

Ω = 827, R (57) m S m cm S 288 , 1 10 88 , 12 3 = = − σ (58) cm kcell 1 10 73 , 100 −3 = (59)

Calcolata kcell, abbiamo misurato la conducibilità della soluzione di nostro

interesse, dapprima senza l’aggiunta di sangue.

La lettura del corrispondente valore di R, ci ha permesso di risalire al valore della conducibilità della soluzione, come segue:

Ω = 4148, R (60) m S cm S 197 , 1 10 97 , 11 3 = = − σ (61)

Rifacendo la misura, questa volta però aggiungendo una quantità opportuna di sangue, abbiamo ottenuto:

Ω = 818, R (62) m S cm S 13 , 1 10 3 , 11 3 = = − σ (63)

7

.1.3 Secondo metodo

Proponiamo un secondo metodo per il calcolo del valore di conducibilità elettrica, partendo dall’idea proposta da I.Yu[2], rielaborandone ed adattandone opportunamente il procedimento secondo le particolari esigenze dei nostri scopi.

(14)

Questo metodo ha una variante importante rispetto al caso precedentemente esposto: quello di non necessitare, al fine della misura, del contatto diretto della soluzione con gli elettrodi; questa caratteristica è molto interessante in quanto evita le possibili alterazioni chimiche del dielettrico, conseguenti al contatto con gli elettrodi, nonché l’inquinamento degli elettrodi stessi.

La misura prevede l’utilizzo di una bobina, costruita avvolgendo del filo di rame attorno ad una provetta, al cui interno verseremo il campione di cui s’intende conoscere le proprietà elettriche.

In una schematizzazione ideale tali conduttori possono essere considerati induttori puri, privi di resistenza, in realtà presentano una parte resistiva che può influenzare il comportamento della stessa bobina.

Un parametro utilizzato per rappresentare le perdite dovute alla parte resistiva dei conduttori è il cosiddetto fattore di merito Qo; indicando il rapporto tra la potenza reattiva immagazzinata e quella attiva dissipata, tale parametro fornisce un indice della bontà del circuito e può essere espresso come:

0 0 0 R L Q =ϖ (64)

dove Lo è l’induttanza della bobina a vuoto, mentre Ro è la resistenza caratteristica dell’induttore che può essere considerata posta in serie.

Fig. 18 Schema equivalente della bobina a vuoto

Aggiungiamo in parallelo alla bobina un condensatore di capacità Co pari a 5.6 pF, in modo tale che la frequenza di risonanza, a vuoto, sia circa 64 MHz;

(15)

quest’ultima particolare scelta è dettata dalla necessità di dover determinare le proprietà dielettriche del campione biologico alla frequenza caratteristica della RM, pertanto imponiamo: 0 0 0 2 1 C L f π = (65)

da cui ricaviamo il valore dell’induttanza della bobina, Lo:

0 2 0 2 0 4 1 C f L π = (66)

Fig. 19 Circuito risonante

Il parametro Qo può essere espresso anche in maniera differente:

0 0 0 B f Q = (67)

in cui fo è la frequenza di risonanza e Bo è la banda passante del circuito risonante, calcolata a -3dB, entrambe ottenute da una prima misura effettuata sulla bobina “scarica”, come mostrato dalla seguente immagine:

(16)

Fig. 20 Sistema di misura

Come sonda RF utilizziamo un “dual-loop probe”, collegato tramite una coppia di cavi coassiali (RG58), intestati con connettori BNC, al N.A. (Network Analyzer) HP3577.

Attraverso la sonda è possibile analizzare la risposta in frequenza della bobina, e pertanto misurare fo e Bo, da cui ricavare Qo secondo le equazioni precedentemente esposte.

La sonda è realizzata con due spire circolari identiche, tra loro disposte parallele, adiacenti e tali da essere mutualmente disaccoppiate nello spazio libero; delle due spire, una sarà utilizzata come sorgente, l’altra come ricevitore di segnale.

Attraverso il N.A. alimentiamo la spira d’ingresso con una tensione sinusoidale, la quale induce una corrente I nella bobina da noi costruita; per reciprocità la bobina stessa induce un campo magnetico B e una tensione nella spira d’uscita (Fig. 21 a)).

(17)

In modo equivalente possiamo rappresentare l’effetto della tensione d’ingresso con il generatore E, posizionato sulla bobina e tale da generare la stessa corrente I (Fig. b)).

Fig. 21 Funzionamento e schematizzazione del “dual-loop probe”

Detta Zo l’impedenza di ciascuna spira, X la reattanza della bobina, e M la mutua induttanza tra la bobina e ciascuna spira, possiamo scrivere la seguente relazione:

0 2 0 ) ( 2 Z M jX R I E ω + + = (68)

trascurando il termine relativo alla mutua induttanza rispetto ad Ro, otteniamo:

jX R I E + = 0 (69)

Calcolato il valore di Qo, procediamo versando nella provetta il liquido di cui vogliamo misurare la conducibilità elettrica; dette Cs e Rs, rispettivamente capacità e resistenza equivalente del campione aggiunto, utilizziamo la seguente schematizzazione per rappresentare il nuovo sistema:

(18)

Fig. 22 Schema equivalente della bobina con l’aggiunta del dielettrico

A causa della polarizzazione e delle perdite del campione stesso, la frequenza di risonanza fo’e la banda B0’ che misuriamo in queste nuove condizioni avranno un

valore diverso.

In conseguenza a ciò, il fattore Q‘ovaria secondo quanto segue:

) ( 2 1 0 0 0 ' Cs C L f + = π (70) ' 0 0 ' 0 ' B f Q = (71)

D’altra parte essendo:

0 ' 0 0 ' 0 ' 0 ' 0 ' 0 ' 2 2 1 R L f R C f Q π π = = (72)

possiamo ricavare Rs come di seguito:

) ( 2 ' ' 0 0 ' Qo fo o Q o f Lo R R RS = − = π − (73)

(19)

0 2 0 ' 2 0 ' 4 1 L f C π = (74) 0 0 ' C C CS = − (75)

Fig. 23 Schematizzazioni tra loro equivalenti

Rappresentiamo l’effetto del campione come la serie di una Reff e di una Ceff, tali

che: eff eff eff C j R Z ϖ 1 + = (76) dove: S eff R R = (77)

e Ceff è ottenuta uguagliando le impedenze viste nelle due schematizzazioni di

fig.23:

(

S

)

S C C j C C Lo Lo j Cs C j + + − = + + 0 0 2 0 ) ( 1 ) ( 1 ϖ ϖ ω ϖ (78) eff eff eff eff j C C C LoC C C Lo j C j C j 0 0 2 0 0 1 1 ϖ ϖ ω ω ϖ − + = + + (79)

(20)

ossia: eff eff eff S S C C j C LoC C C C C j C C Lo 0 0 2 0 0 0 2 ) ( ) ( 1 ϖ ϖ ϖ ω + − = + + − (80) e quindi:

(

S

)

S eff C C C C C − + = 0 0 (81)

Riprendendo la definizione di tangente di perdita dielettrica:

' 0 ' " ε ϖε σ ε ε δ = = tg (82)

possiamo riscrivere quest’ultima come rapporto tra la potenza attiva dissipata e quella reattiva immagazzinata, ottenendo:

eff C Rs Ceff I I Rs Pa tg ϖ ω δ = =− 22 =− Pr (83)

In conclusione, noto il valore di Ceff, dalle due precedenti equazioni possiamo ricavare il valore della conducibilità elettrica, σ, attraverso la seguente espressione:

δ ε ϖε

σ = 0 'tg (84)

Seguendo questa procedura abbiamo eseguito più misure, utilizzando ogni volta una sostanza con ε’ differente.

(21)

Tab. 16 Costante dielettrica ε’ delle varie sostanze

In corrispondenza di ognuna, riportiamo nel seguente grafico i rispettivi valori di ε’ e Cs:

Liquidi Costante dielettrica ε’

H2O distillata 70 Acido Formico 58 Glicerolo 42,5 Alcool Metilico 33,1 Etanolo 24,3 Acetone 20,7 AcidoAcetico 6,2 Cloroformio 4,8 Olio 3,1 Aria 1

(22)

Attraverso quest’ultimo, interpolando linearmente otteniamo la seguente equazione: 982 , 13 279 , 11 − = x y (85)

la quale, verrà utilizzata ogni qualvolta si vuole determinare la costante dielettrica di una sostanza di cui non conosciamo le proprietà elettriche; infatti, dopo aver misurato il valore di Cs, sostituendo nell’ultima equazione, otteniamo ε’, che a sua volta ci permette di ricavare il valore di conducibilità elettrica, σ, attraverso la (84).

Avendone finora esposto la procedura, vogliamo di seguito applicare questo metodo per determinare le proprietà dielettriche del campione biologico di nostro interesse.

Utilizzando LabVIEW, abbiamo realizzato un programma, che riportiamo in Appendice, il quale, fornendogli in ingresso i valori di ε’, Co, fo, Bo, fo’e B0’,

(23)

Di questi risultati in particolare siamo interessati al valore di σ; questo, infatti, permetterà la risoluzione dell’espressione relativa alla stima della potenza assorbita dal campione, durante l’esposizione, e servirà a verificare e confrontare il valore di SAR che andremo a misurare nella successiva fase sperimentale.

7.

2 Dosimetria sperimentale

La validazione sperimentale del valore di SAR è stata realizzata effettuando la misura diretta del SAR all'interno del campione biologico; si può scegliere di procedere attraverso misure di campo elettrico o di temperatura, così come si deduce, facendo riferimento rispettivamente alle equazioni (6) e (5) precedentemente ricavate.

Nella nostra elaborazione abbiamo deciso di optare per la seconda possibilità, ovvero di risalire al valore di SAR effettuando misure della variazione di temperatura indotta nel campione esposto ai campi elettromagnetici.

A tal fine abbiamo utilizzato l’equazione di Pennes, che, come precedentemente accennato, permette di calcolare il bilancio di energia termica in un volume infinitesimo di tessuto biologico, e che per semplicità riscriviamo come:

SAR W W W dt dT c = M + B + C + (86)

dove WM tiene conto del riscaldamento dovuto all’attività metabolica, WB rappresentano le perdite di calore dovute alla conduzione del sangue, mentre WC sono le perdite di calore dovute alla conduzione termica.

Poiché i nostri sono esperimenti condotti in vitro, la precedente relazione è stata semplificata trascurando i termini WM, WB e WC, ottenendo cioè:

SAR dt

dT

(24)

Segue che la quantità di energia elettromagnetica assorbita dal campione, durante l’esperimento, dipende dalla durata dell’esposizione, dal calore specifico e dalla variazione di temperatura indotta nel campione stesso.

7.

2.1 Misure di calore specifico

Per poter procedere alla misura di SAR, poiché della soluzione utilizzata per verificare gli effetti genotossici delle RF non si conoscevano le proprietà termiche, abbiamo eseguito misure di calore specifico.

A tal fine abbiamo contattato il Dott. P.Gianni, presso la Facoltà di Chimica di Pisa, e in collaborazione con il Dott. G.Conti abbiamo effettuato la misura di calore specifico utilizzando un calorimetro differenziale a flusso, da egli stesso ideato.

(25)

Il principio di funzionamento consiste nella misurazione della differenza di temperatura tra due celle identiche, una riempita con il campione e l’altra con un liquido di riferimento, quando queste vengono riscaldate con la stessa potenza. In pratica lo strumento funziona in modo differenziale, ovvero si misura di continuo la differenza di temperatura tra una cella campione S e una di riferimento R, durane un periodo di tempo in cui, fermo restando il riempimento di R con il liquido di riferimento, la cella S è riempita prima con il liquido di riferimento e poi col campione.

Attraverso la pompa P1 viene mantenuto nel circuito un flusso costante di un

liquido di trasporto (acqua demonizzata e degassata).

All’inizio dell’esperienza l’acqua attraverso la pompa P1 viene prelevata da una

riserva e portata all’interno di un blocco metallico B; quest’ultimo, attraverso un termostato di precisione, viene mantenuto a una temperatura di 25oC, e ad una pressione di 50μ mmHg, attraverso una pompa diffusiva.

Il liquido trasportatore percorre un primo tratto di tubo all’interno del blocco B in cui si termostata, quindi percorre un tratto successivo (cella R) in cui, applicando un’opportuna tensione ad una resistenza scaldante avvolta sul tubo, viene aumentata la sua temperatura di circa di 2oC.

Il valore della temperatura viene letto, per mezzo di una resistenza al Pt, da un ponte di resistenza ASL mod.F17.

Successivamente il fluido esce dal blocco calorimetrico, ritorna a temperatura ambiente e vi rientra nuovamente attraverso un deviatore D.

Inizia, poi, un secondo percorso identico al primo durante il quale il fluido viene nuovamente riscaldato nella seconda cella S, la cui temperatura è pure monitorata da una resistenza al Pt.

Un computer, interfacciato con il ponte di resistenze ASL F17, permette di seguire l’esperienza, graficando l’andamento della differenza di temperatura tra le due celle R e S al passare del tempo.

Quando le due celle sono attraversate dallo stesso fluido, la tensione applicata alle due celle provocherà lo stesso innalzamento di temperatura, per cui si leggerà una differenza di temperatura pari a zero.

(26)

Se, per mezzo del deviatore D, si fa passare il liquido di trasporto attraverso uno dei due loops s1 o s2 contenenti la soluzione di cui si vuole misurare il calore specifico, allora lo stesso liquido di trasporto spingerà tale soluzione attraverso la cella S.

La differenza tra la capacità termica del campione contenuto in S e la capacità termica dell’acqua che continua a passare in R produrrà una variazione di temperatura tra le due celle.

L’andamento di ΔΤ in funzione del tempo in una tipica esperienza è illustrato nella figura seguente.

Fig. 25 Variazione di temperatura durante la misura

Dopo aver registrato la linea di zero (tratto 1), corrispondente alla situazione in cui in entrambe le celle fluisce acqua, si ruota il deviatore D per inserire nel circuito prima il campione contenuto nel loop 1, quindi il campione contenuto nel loop 2; si registrano i tratti 2 e 3 corrispondenti alla situazione in cui in S fluiscono in sequenza i due campioni.

(27)

Se il calore specifico volumetrico cs,v ( cs,v = csρ; ρ è la densità del liquido) del

campione è diverso da quello del riferimento, la differenza di temperatura ΔT devierà dallo zero precedentemente imposto che potrà essere ripristinato solo effettuando una variazione ΔP della potenza elettrica dissipata.

Il calore specifico del liquido di riferimento è quindi calcolato con la seguente equazione: ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ Δ + = R s r r s P P F c c 1 ρ ρ (88) R s P P P= − Δ (89)

ΔP è la differenza tra le potenze dissipate dalla resistenza R2 quando fluiscono il

campione e il riferimento, mentre F è un fattore correttivo.

Come risultato della prima misura, effettuata utilizzando il solo terreno di coltura, il valore di calore specifico e di densità ottenuti sono riportati di seguito:

kg K cal kg K J c=4093 =978 (90) 3 3 1008,3 0083 , 1 m kg cm g = = ρ (91)

Ripetendo la misura, dopo aver aggiunto al terreno di coltura, secondo le opportune proporzioni, il sangue, i valori ottenuti e utilizzati nel seguito degli esperimenti sono i seguenti:

kg K cal kg K J c=4047 =967 (92) 3 3 1013,2 0132 , 1 m kg cm g = = ρ (93)

(28)

7.

2.2 Protocollo sperimentale

La valutazione degli effetti biologici derivanti dall’esposizione ai campi magnetici durante un esame MRI, è stata effettuata mediante sperimentazione in vitro.

Nella tabella seguente riportiamo la composizione ed i dosaggi del sistema biologico da noi impiegato durante le successive esposizioni:

Tab. 17 Coltura di linfociti umani

Descrizione del

campione biologico Dosaggio

RPMI 1640 500 ml

FBS(Foetal Bovine Serum) 15 %

PHA(fitoemagglutinina) 1,5 %

Antibiotici 0,1 %

Sangue eparinizzato 10 %

Il principale costituente è il mezzo RPMI 1640, fornito dalla GIBCO Invitrogen Corporation, a cui viene aggiunto siero bovino, antibiotici, sangue umano e fitoemagglutinina (PHA), secondo le suddette proporzioni.

Come mostrato nella seguente figura, all’interno dello scanner MRI, in posizione centrale, sono state inserite nove fiasche, ciascuna contenente 30 ml di tale soluzione.

Queste fiasche, sono quelle che, durante la scansione MRI, saranno esposte a radiazione diretta; inoltre, al fine di valutare quanto la zona circostante lo scanner può essere considerata ‘sicura’ per gli operatori, abbiamo posizionato all’interno della stanza in cui è collocato lo scanner un’ulteriore fiasca, detta per l’appunto “room”.

(29)

Fig. 26 Disposizione delle nove fiasche all’interno dello scanner MRI

In particolare, nella tab. 18, riportiamo le sequenze di MRI che sono state scelte per l’esperimento, ciascuna affiancata dalla rispettiva durata.

Tab. 18 Sequenze utilizzate durante l’esperimento in vitro

Sequenza SAR (W/kg) Peak SAR (W/kg) Durata (s) 1. Local SPGR 0,24 0,48 0,12 2. Cine SPGR 0,04 0,08 3,40 3. Cine SPGR 0,04 0,08 3,40

4. Fast Spine Echo

(uno black blood) 0,66 1,33 1,37

5. Triple IR-FSE (fat-sat) 0,47 0,95 1,37 6. Gradient Echo (perfusion) 0,23 0,47 0,40 7. Gradient Echo (perfusion) 0,23 0,47 0,40 8. Gradient Echo (perfusion) 0,23 0,47 0,40

(30)

9. Fiesta-Shark 1,41 2,82 2,36 10. Fiesta-Shark 1,41 2,82 2,36 11. Spiral Cine 0,003 0,006 1,48 12. Fiesta-Shark 1,41 2,82 1,48 13. Fiesta-Shark 1,41 2,82 1,48 14. Fiesta-Shark 1,41 2,82 1,48 15. Fiesta-Shark 1,41 2,82 1,48 16.Fast SpineEcho

(uno black blood) 0,66 1,33 1,37

17. Triple IR-FSE

(fat-sat) 0,47 0,95 1,37

18. Fiesta-Shark 1,41 2,82 2,36

19. Cine SPGR 0,04 0,08 3,40

Nella stessa tabella e per ciascuna sequenza riportiamo anche i valori di SAR e di

peak SAR; questi ultimi sono i valori approssimati forniti dalla macchina all’inizio di ogni scansione secondo le modalità discusse nel precedente paragrafo 5.2, a cui rimandiamo per maggiori chiarimenti.

Facendo riferimento alla numerazione riportata nella tabella precedente, durante una prima fase dell’esperimento, le nove fiasche saranno sottoposte alle prime sei sequenze.

Quindi si procederà ad una seconda fase dell’esperimento eliminando, partendo dall’alto, due delle otto fiasche impilate, lasciando inalterata la posizione della fiasca contenente il termometro ed effettuando il secondo gruppo di sequenze (n. 7-11); procedendo in maniera analoga, eliminando ogni volta due fiasche, si passerà alla terza (sequenze n. 12-15) e quarta fase sperimentale (sequenze n. 16-19).

Secondo il procedimento esposto e volutamente scelto, le prime due fiasche saranno quelle che avranno assorbito la minor quantità di energia; al contrario, le ultime due fiasche saranno quelle che, essendo state sottoposte a tutte le sequenze,

(31)

In tal modo, al termine dell’esame MRI, eseguendo il test del MN sulla soluzione contenuta nelle due fiasche eliminate in ciascuna fase sperimentale, si è potuto valutare e confrontare l’effetto biologico indotto sul campione espositivo durante la relativa esposizione.

Dal punto di vista dosimetrico, secondo quanto esposto nel precedente paragrafo 7.2, possiamo quantificare la potenza assorbita dal campione durante ciascuna esposizione, se si è in grado di misurare l’incremento di temperatura, in un intervallo di tempo limitato.

Pertanto, essendo gli esperimenti condotti in vitro, come generalmente accade secondo la metodica dosimetrica, possiamo riferirci all’espressione semplificata dell’equazione di Pennes: t T c SAR Δ Δ = (94)

Ossia, avendo misurato il calore specifico, c, possiamo determinare il valore di SAR assorbito dalla soluzione contenuta all’interno della singola fiasca, monitorando, per l’intera durata dell’esperimento, le relative e conseguenti variazioni di temperatura.

A tal fine ci siamo serviti di un sensore a fibre ottiche, modello FOT-M (Fiber Optic Temperature), fornito dalla FISO, di cui si riportano le caratteristiche in Appendice.

È un termometro che presenta una risoluzione di 0,1oC e che, per la sua particolare caratteristica di essere immune ai campi RF, si presta particolarmente per essere utilizzato in applicazioni clinici, quali un esame MRI, nonché nel seguito delle nostre sperimentazioni.

Inserito il termometro all’interno della fiasca in esame, a contatto diretto con il liquido, prima di dare inizio all’esperimento vero e proprio, per non falsare le successive misure, abbiamo atteso un tempo sufficiente affinché la soluzione potesse portarsi a regime termico con la temperatura della stanza che, per motivi di sicurezza, è mantenuta ad un valore di circa 23 o C.

(32)

Tab. 19 Sequenze utilizzate durante l’esperimento in vitro Sequenza SAR (W/kg) Peak SAR (W/kg) Durata (min) 1.Fast SpineEcho 2,95 5,9 13 2.Fast SpineEcho 2,95 5,9 13 3.Fast SpineEcho 2,95 5,9 13

Nella tabella precedente, riportiamo le particolari sequenze su cui abbiamo impostato l’esperimento, ciascuna affiancata dalla rispettiva durata, e valori di

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