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Capitolo 2 Gigi Guadagnucci, da artigiano del marmo ad artista emigrante

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Capitolo 2

Gigi Guadagnucci, da artigiano del marmo ad artista emigrante

2.1 La partenza da fuoriuscito

Giuseppe Guadagnucci nacque il 18 aprile del 1915 a Castagnetola in

provincia di Massa, ultimo di otto figli, e rimase a soli sei mesi orfano del padre Luigi, morto in guerra. La triste perdita spinse la madre, Teresa Vitaloni,512 e tutte le persone che conoscevano la sua famiglia a dare al bambino, in ricordo del genitore scomparso, il soprannome di Gigi, con il tempo ritenuto il vero nome anche dallo stesso Giuseppe, che si fece sempre conoscere negli ambienti artistici all’estero come Gigi Guadagnucci.513

Quest’ultimo, che arrivato all’età di dieci anni nel pomeriggio si recava dopo la scuola presso le cave di Brugiana per giocare con gli scarti del materiale estratto, rimase precocemente affascinato dalla lavorazione della pietra e iniziò a frequentare i laboratori grazie ai fratelli Giovanni e Bruno, impiegati presso la ditta Soldani, una delle tante aziende massesi specializzate nell’artigianato del marmo.514 Appena ne ebbe la possibilità, Gigi fece le sue prime esperienze come ornatista, rivelando non ancora adolescente doti inaspettate e specializzandosi nella decorazione floreale. Da questo momento la scultura rappresentò per il ragazzo un’attività da svolgere quotidianamente, allo scopo di apprendere una professione artistica in una realtà economica e sociale di provincia che non offriva la possibilità di acquisire una preparazione accademica. Anzi, sia lui che

512 Dei genitori dell’artista sono conservate nell’Archivio Guadagnucci (d’ora in poi AG) tre foto formato ritratto

a mezzo busto: un’immagine del padre in divisa militare e due della madre in età avanzata. L’archivio, disponibile anche in versione digitale, è stato allestito dalla dottoressa Sara Bastianini e conserva alcune centinaia di foto sulla vita dello scultore.

513 Nell’AG si trova una cartolina di Luigi datata 15 settembre 1915, due settimane prima della sua scomparsa, in

cui il soldato da Civadale, nel Friuli, avvertiva la moglie Teresa che entro poco tempo sarebbe tornato in Italia: “…siamo in lavoro per il cambio si viene in Italia forse per un mese e poi non sò dove, però stavo volentieri qui, ora mai ci avevo preso passione, non pensare ai mali stai bene tu e tutti, come al presente io…”. Dietro la cartolina c’è un ritratto dello scrivente insieme a un compagno dell’esercito.

514 Il precoce legame di Guadagnucci con la lavorazione del marmo viene ricordato in buona parte delle sue

biografie pubblicate su siti on line, tra cui l’official site dello scultore www.gigiguadagnucci.it e

www.turismo.intoscana.it. Sempre sulla vita dell’artista si veda l’articolo di Lella Tonazzini Gigi Guadagnucci,

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i fratelli nutrirono sempre grosse riserve nei confronti dell’Accademia delle Belle Arti, in particolare verso i professori ritenuti capaci soltanto di criticare, considerando più formativo l’impiego nei laboratori locali, dove si aveva la possibilità di collaborare con artigiani con un ampio bagaglio di esperienze e di ricevere un giudizio sulla qualità delle opere dall’opinione degli acquirenti.515 Guadagnucci, però, dopo alcuni anni dagli esordi nel settore del marmo, ormai diventato uno scultore con una discreta tecnica, iniziò a capire che l’attività svolta presso l’azienda Soldani non andava oltre il semplice artigianato; una professione che effettivamente richiedeva capacità non comuni, possibili da acquisire solo alle persone che dimostravano una particolare predisposizione verso la lavorazione della pietra, ma pur sempre una forma di scultura molto diversa dall’arte, perché pedissequa e quindi legata a modelli standard, che non consentiva l’interpretazione della figura. Era l’arte intesa come forma di comunicazione a interessare l’ornatista, che con il tempo comprese di non avere l’opportunità di apprendere uno stile superiore alle tecniche artigianali rimanendo legato al luogo di origine e sicuramente questa fu una delle ragioni che determinarono non solo la scelta di emigrare, ma anche di prolungare la sua permanenza in Francia per circa mezzo secolo.516

Alle necessità professionali, che lo avvicinavano agli emigranti con particolari abilità e conoscenze, nel 1936, l’anno in cui si trasferì a Ginevra, si aggiunse il timore di essere chiamato dall’esercito per il conflitto in Etiopia, malgrado non avesse ancora avuto una convocazione ufficiale, e non avrebbe mai sopportato di combattere per favorire i progetti di Mussolini e dei suoi gerarchi.517

515 La prima parte della vita di Guadagnucci, dall’infanzia fino alla partenza per Cernobio, è stata ricostruita

attraverso i dati raccolti durante l’intervista del 18 luglio 2011 rilasciata dall’artista presso la sua abitazione di Bergiola Maggiore.

516 Il legame dello scultore con l’artigianato, vissuto anche come attività di formazione prima di trovare la sua

vena artistica emigrando in Francia, viene illustrato nella tesi “Gigi Guadagnucci: arte, poesia e musicalità…

uno scultore da dietro le quinte…” scritta dalla dottoressa Sara Bastianini, Accademia delle Belle Arti di

Carrara, relatrice professoressa Monica Michelotti. L’autrice sottolinea come l’attività nei laboratori del marmo abbia condizionato Guadagnucci fino alla piena maturità, tanto che il suo stile deriva dalle abilità artigianali, impiegate per esprimere una profonda sensibilità artistica.

517 Le ragioni che spinsero Guadagnucci ad espatriare da clandestino sono state elencate in A. PAOLUCCI, La

scultura di Gigi Guadagnucci: una gioiosa avventura, in AA. VV., Gigi Guadagnucci, 2005, Galleria d’Arte

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Antifascista come i fratelli Bruno e Giovanni e la sorella Adelina, partiti in precedenza per la Svizzera,518 Gigi ritenne che l’emigrazione avrebbe rappresentato per lui come per gli altri membri della sua famiglia la migliore forma di protesta contro un regime che non solo criticava negli ideali, ma soprattutto nelle scelte di politica estera.

Il problema maggiore era trovare il modo di attraversare la frontiera: a metà degli anni trenta il fascismo aveva condotto all’apice il suo progetto contro l’emigrazione all’estero, stabilendo costanti controlli sui confini della penisola allo scopo di evitare la fuga di clandestini e avversari politici. Guadagnucci, che non aveva altra scelta se non emigrare proprio da clandestino con un passaporto falso, doveva trovare la maniera per non essere scoperto.

Presa la decisione di partire, chiese aiuto allo zio Vincenzo con cui aveva un solido legame affettivo, che gli consentì i contatti indispensabili per passare il confine. Vincenzo aveva un nipote residente a Cernobio, a sua volta sposato con la sorella di due contrabbandieri in grado di trovare una carta di identità svizzera per il giovane ornatista, perché ormai da tempo organizzati nel reperire documenti per trasferire merce di vario genere dai cantoni elvetici all’Italia.519 Venuto a conoscenza della visita a Massa del nipote dello zio, il nostro si precipitò immediatamente da lui, ricevendo l’attesa proposta di spostarsi sul confine con la Svizzera, dove avrebbe conosciuto i due fratelli che potevano rendere possibile la sua emigrazione. Da Vincenzo ricevette un po’ di denaro, che doveva essere sufficiente fino a quando non fosse giunto a Ginevra, la città dove viveva Adelina con la sua famiglia.

Nei giorni che precedettero l’espatrio da fuoriuscito Guadagnucci fu ospite dei due contrabbandieri; da loro ebbe il documento dove risultava di nazionalità elvetica e le istruzioni sul comportamento da assumere alla frontiera, dove per

518 Nell’AG sono conservate varie fotografie databili tra la fine degli anni trenta e i primi anni quaranta in cui lo

scultore si lascia ritrarre nel tempo libero in compagnia della sorella e dei fratelli, a dimostrazione dei continui contatti che i quattro emigranti mantennero vivendo all’estero. In alcune immagini Gigi compare in compagnia di Adelina, Bruno e altri amici di cui non sono resi noti i nomi, in altre foto si trova solo con Bruno.

519 Guadagnucci ha sottolineato, raccontando gli eventi che permisero il suo espatrio da clandestino, come la

giovane età gli avesse dato quella provvidenziale incoscienza indispensabile per non arrendersi di fronte alle difficoltà che, malgrado l’aiuto dello zio, erano effettivamente ingenti.

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non destare sospetti era necessario mostrarsi disinvolto. Per non giungere al momento fatidico del controllo impreparato, fece diverse prove durante cui i due fratelli recitavano la parte delle guardie fasciste di confine.

Dopo nemmeno una settimana dal suo arrivo a Cernobio, il nostro dovette affrontare la difficile prova: se non fosse stato scoperto avrebbe potuto prendere il treno per Ginevra, in caso contrario sarebbe stato arrestato e avrebbe dovuto rispondere del suo comportamento di fronte alla legge. Nella sala di attesa, mentre aspettava di comparire al cospetto della polizia, Gigi seguiva le indicazioni che gli erano state impartite: malgrado l’emozione cercava di apparire disteso, come se non avesse niente da nascondere, e per assomigliare al giovane della foto del documento che aveva in tasca fumava e portava un basco.520 Quando si trovò presso il punto di controllo, però, con sua grande meraviglia riuscì a passare senza alcun problema, anche perché non fu né perquisito né sottoposto a interrogatorio, rendendosi conto che la vigilanza era meno severa di quanto comunemente si pensava.521

Dopo il primo scalo ferroviario a Lugano, dove provò la tensione maggiore perché sapeva che se fosse stato scoperto poteva ancora essere ricondotto in Italia, Guadagnucci prese il direttissimo per Ginevra alle 24:00 del 6 gennaio 1936. Durante il viaggio mantenne un atteggiamento riservato per non dare modo al personale ferroviario e agli altri passeggeri di rendersi conto della sua condizione di clandestino. Il fuoriuscito a destinazione avrebbe riabbracciato non solo la sorella ma anche Giovanni e Bruno; il secondo fratello era partito in precedenza in qualità di studente e si era dovuto suo malgrado iscrivere all’Accademia, perché in Svizzera si preferiva che uno scultore avesse un titolo di studio o quanto meno fosse in procinto di conseguirlo. Espletate le formalità, però, Bruno si era impiegato presso il laboratorio ginevrino gestito dal signor

520 Le settimane che precedettero l’espatrio e l’arrivo a Ginevra sono state raccontate da Guadagnucci durante

l’intervista del 25 luglio 2011 rilasciata nella sua abitazione di Bergiola Maggiore. Lo scultore è solito riassumere i suoi ricordi come se fossero eventi di un romanzo, certo di quanto può apparire suggestiva la sua storia da fuoriuscito ed essendosi abituato a narrarla in modo avvincente a colleghi e amici, che spesso si recano a fargli visita.

521 Per i controlli previsti dal fascismo nelle zone di confine e in generale per la lotta del regime ai fuoriusciti cfr.

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Minazzi, un emigrante originario del nord Italia, per continuare a svolgere la sua attività nell’artigianato del marmo; quando ne aveva la possibilità, non essendo in clandestinità, faceva ritorno nel luogo di origine per rivedere i suoi familiari. Sempre nel 1936 Gigi fu processato a Massa e condannato come fuoriuscito con una multa ridotta grazie all’intervento del segretario della sede del partito fascista di Castagnetola. Quest’ultimo convinse il giudice che la fuga del giovane scultore era stata determinata dall’estrema necessità economica e non dal dissenso politico, ma non riuscì a evitare che gli fosse inflitta una pesante sanzione di due milioni e quattrocentomila lire, in realtà mai pagata, come mai fu scontata la pena di due anni e mezzo di reclusione dal momento che Guadagnucci rimpatriò per la prima volta solo dopo la caduta del regime.522 Il nostro giunse a Ginevra in una fredda domenica mattina di inverno, ormai con solo cinquanta centesimi in tasca; il suo unico punto di riferimento era l’indirizzo dell’abitazione della sorella, che doveva trovare in breve tempo se non voleva rischiare, a causa della bassa temperatura, di ammalarsi gravemente. Chiese informazioni a un taxista della stazione, cercando di farsi capire anche attraverso la gesticolazione, poiché non conosceva ancora il francese tranne alcune parole e i numeri fino a dieci.

Venne a sapere che il quartiere di Saint Jean si poteva raggiungere con il tram numero sei; in questa parte della città aveva il suo appartamento Adelina, all’indirizzo Rue Charle Giron. Giunto alla fine della corsa a mezzogiorno, una donna che riuscì a malapena a capirlo gli indicò la strada che doveva percorrere; il clandestino si precipitò verso quella direzione e con sorpresa si rese conto che la sorella abitava in una villetta posta in una zona di Ginevra dove risiedeva la popolazione con un soddisfacente tenore di vita.

Guadagnucci aveva il cuore in gola per l’emozione: sapeva che se non avesse trovato Adelina sarebbe rimasto senza un posto dove trascorrere la notte con il

522 Un certificato della Regia Procura di Massa datato gennaio 1936, richiesto unicamente a scopo di lavoro,

dimostra che lo scultore aveva la pedina penale pulita al momento della partenza da clandestino, quindi l’unica colpa che aveva commesso era essere fuggito per opporsi al fascismo, accusa che venne revocata con la caduta del regime.

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rischio di morire assiderato, perché l’assenza della padrona di casa significava che si era recata nel week end a sciare sulle Alpi con il marito. Mentre si avvicinava con preoccupazione al campanello dell’appartamento, sentì il rumore dei passi; era la sorella che, sorpresa di vederlo (infatti Gigi non la aveva avvertita del suo imminente arrivo), lo fece entrare.

2.2 L’integrazione linguistica e culturale nella società ginevrina

In poche settimane il fuoriuscito si adeguò allo stile di vita ginevrino, rivelando capacità di integrazione insolite in un emigrante, che denotavano il suo bisogno di aprirsi a forme culturali di maggiore respiro rispetto alla limitata realtà di provincia da cui proveniva.523 Da completo autodidatta imparò in poco tempo la lingua, anche se continuava a fare gaffe confondendosi sul significato di parole dal suono simile. In futuro, quando si trasferì a Parigi, tra i vari aneddoti legati al periodo in cui stava apprendendo il francese era solito ricordare una circostanza ritenuta dagli amici particolarmente comica. Nei primi giorni vissuti a Ginevra, quando l’ornatista si recava a fare colazione invece di chiedere alle bariste ”caffè au lait” (caffelatte) ordinava “caffè au lit” (un caffè a letto), dando motivo di credere che volesse fare delle allusioni fuori luogo, ma le ragazze non si offendevano, perché si rendevano conto che il malinteso era dovuto alla scarsa confidenza con la lingua del loro cliente.524

Grazie a Giovanni e Bruno anche Gigi poté impiegarsi presso il laboratorio di Minazzi, benché in un primo momento fosse ancora costretto a vivere nella scomoda condizione di clandestino, e attraverso questa occupazione riuscì a proseguire la sua professione di artigiano del marmo in un’azienda con una consistente clientela, al cui interno prestavano servizio vari operai retribuiti a cottimo, tutti di nazionalità svizzera tranne i Guadagnucci.

523 A. PAOLUCCI, La scultura di Gigi Guadagnucci: una gioiosa avventura, cit., p.18, dove l’autore ricorda

l’importanza che assunse nella formazione giovanile dello scultore il contatto prima con la società ginevrina e, poi, con la cultura francese, esperienze che in futuro favorirono il suo ingresso negli ambienti dell’arte internazionale. Paolucci sostiene che l’emigrazione dette la possibilità a Guadagnucci: “…di essere al posto giusto nei momenti giusti.”

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Il nostro, che si fece conoscere fin dai primi giorni per la sua singolare abilità nella decorazione floreale, alle qualità stilistiche aggiungeva la velocità di esecuzione, che gli consentiva di raggiungere elevate retribuzioni settimanali. Una volta, in tono scherzoso, Minazzi disse al suo dipendente che aveva stipendi più alti di un ministro di stato, ma nell’ambiente di lavoro Gigi non accettava né insinuazioni, né compromessi, perché aveva bisogno di guadagnare denaro essendo giunto all’estero soltanto con pochi centesimi. Così, infastidito dal comportamento dell’imprenditore, di fronte al suo sarcasmo ingiustificato arrivò a dire che se non andava bene la decorazione appena terminata l’avrebbe fatta a pezzi con la bocciarda525, ma se il suo lavoro era soddisfacente Minazzi non doveva più scherzare con lui in fatto di soldi.

Per regolarizzare la sua condizione il giovane ornatista riuscì ad avere il permesso di soggiorno facendosi ricevere da Léon Nicole, presidente del cantone di Ginevra,526 un incontro che rappresentò per lui un’occasione importante di integrazione. La mattina che fu ricevuto dall’influente politico, uscendo dal loro ufficio due impiegati lo ammonirono gentilmente, ma con tono deciso, a non parlare di politica, ricordandogli che si trovava nella condizione di ospite in un paese straniero. Anche se il permesso che ricevette era valido per alcuni mesi, quando Giovanni e Bruno vollero trasferirsi in Francia Gigi non esitò a raggiungerli appena ne ebbe la possibilità.

I due fratelli, che avevano trovato un’abitazione nell’Alta Savoia presso la località di Annemasse527, giungevano a Ginevra ogni giorno per lavoro dalla frontiera franco-svizzera, divenendo particolarmente abili ad attraversare il confine, su cui in realtà si effettuavano controlli poco accurati. Era stato Giovanni, che svolgeva attività di organizzatore politico contro il regime, ad

525 Speciale martello la cui testa in acciaio temperato presenta piccole e fitte punte di forma piramidale o conica e

il cui uso è documentato fin dal medioevo. Il lavoro attraverso la bocciarda si chiama bocciardatura. Fonte: it.wikipedia.org/wiki/Bocciardatura.

526 Per una breve biografia di Léon Nicole vedere il sito www.hls-dss.ch/textes/i/I3879.php. Il noto giornalista e

uomo politico a metà degli anni trenta riuscì a portare al potere il primo esecutivo con maggioranza socialista della storia della Svizzera.

527 Molte foto custodite nell’AG databili tra gli anni trenta e quaranta sono state scattate nelle località di

montagna dell’Alta Savoia e dimostrano l’interesse dello scultore e dei suoi fratelli per il paesaggio e il patrimonio naturale di questa area della Francia.

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aver preso accordi con i poliziotti elvetici e francesi sostenitori del socialismo, che lo aiutavano anche a consentire il trasferimento in Francia dei fuoriusciti residenti in Svizzera privi di regolare passaporto o carta di identità. Il suo costante impegno nell’opporsi a Mussolini dall’estero gli aveva valso la carica di segretario del Circolo Culturale Antifascista, la cui sede era situata sempre ad Annemasse, che gli consentì per tutto il periodo del regime un’attività politica costante e caratterizzata da frequenti contatti con oppositori destinati ad assumere cariche di rilievo nella futura repubblica italiana.

Nella loro abitazione i Guadagnucci ospitavano spesso alcuni di questi personaggi politici e fu in tali occasioni che Gigi, ancora molto giovane, conobbe Pietro Nenni, Giuseppe Saragat e Giuseppe Modigliani, tra i vari fuoriusciti giunti in Francia e legati da amicizia a Giovanni.528 Lo scultore aveva un grande rispetto verso l’amore per la libertà che univa questi uomini e spingeva i suoi fratelli ad adoperarsi per far passare ai clandestini la frontiera, una solidarietà che ai suoi occhi assunse ancora più valore quando, finita la guerra, l’antifascismo rivelò le varie correnti politiche di cui si componeva, che andarono a costituire le forze partitiche della repubblica.529

In futuro, dopo le vicende di Annemasse, il legame di amicizia e riconoscenza che continuava a unire i fratelli Guadagnucci ai vecchi compagni fuoriusciti si manifestò in varie circostanze, come accadde quando Saragat, ormai diventato Capo dello Stato, apparve in corteo in Piazza Aranci a Massa.530 Quel giorno Giovanni si fece largo tra la folla per salutarlo e, come fu trattenuto dalla vigilanza, fu lo stesso Saragat a richiamare le sue guardie del corpo, tra lo stupore generale del pubblico, per poter riabbracciare l’amico con cui avevano diviso le difficoltà della lotta al regime.

528 L’attività politica di Giovanni e Bruno proseguì durante tutta la prima metà degli anni quaranta e coincise con

il periodo successivo all’esperienza ginevrina di Gigi, quando quest’ultimo visse a Grenoble, prima del ritorno definitivo dei suoi fratelli a Massa.

529 Guadagnucci ha spiegato quali erano le sue impressioni sui fuoriusciti che erano soliti frequentare

l’abitazione di Giovanni e Bruno durante l’intervista rilasciata il 2 agosto 2011 presso la sua abitazione di Bergiola Maggiore.

530 L’incontro tra Giovanni e Saragat è ricordato dalla popolazione massese appartenente alla generazione dei

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Già negli anni trenta, però, malgrado l’interesse comune di combattere il regime, ognuno aveva un suo indirizzo e Gigi ricorda di aver colto in varie circostanze le diversità di opinioni durante le lunghe conversazioni serali.

I fuoriusciti parlavano a lungo delle strategie del regime, ravvisandone gli estremismi non solo nelle scelte di governo, ma anche nel modo di guidare la società e di garantire la sicurezza. Molti di loro erano senza carta di lavoro e non sapevano come mantenersi, ma erano pronti a svolgere anche i mestieri più umili pur di evitare il rimpatrio per non piegarsi ai nemici della libertà.

Maturando culturalmente con il passare degli anni lo scultore non negò mai di aderire all’ideologia socialista appresa attraverso l’esempio dei fratelli, anche se nello spirito precisava di ritenersi un anarchico, perché assolutamente libero da ogni condizionamento politico.531

Malgrado la scelta di rinunciare ad avere una residenza in Svizzera, il nostro per alcune settimane non abbandonò l’impiego presso l’azienda di Minazzi per i notevoli guadagni che questo lavoro gli consentiva e divenne abile al pari di Giovanni e Bruno a oltrepassare la frontiera per recarsi ogni giorno a Ginevra.532 I fratelli, invece, desiderosi di lasciare la condizione di dipendenti, avevano aperto un laboratorio ad Annemasse, vicino alla propria abitazione: nelle loro vicende professionali si riconoscono gli interessi economici e l’attenzione alla qualità della produzione eseguita all’estero che palesavano tutti i migranti impiegati nei più svariati settori, mentre per Gigi si presentarono con la sue successive permanenze a Grenoble e, infine, a Parigi533 necessità che andavano oltre tali obiettivi, legate alla ricerca di uno stile artistico adatto a esprimere le proprie idee e a comunicare le emozioni.

531 La vicinanza di Guadagnucci ai partiti politici di sinistra sia negli anni del fascismo che dopo l’avvento della

repubblica è dimostrato da due volantini pubblicitari del Partito Comunista custoditi nell’AG, in cui vengono elencati in modo dovizioso gli ideali e le regole di comportamento che il partito richiedeva a chiunque volesse prendere la tessera. I due documenti furono stampati nel 1954 e nel 1955, il secondo in occasione del decimo anniversario della Resistenza.

532 Nell’AG è conservato un documento dell’Office Departemental de Placement Gratuit datato 3 novembre

1936, da cui si apprende che alla fine di quell’anno lo scultore non era più clandestino, infatti si riportano il suo vero nome, la residenza ad Annemasse e la qualifica professionale di scultore.

533 Si può avere un’impressione della lunga permanenza di Guadagnucci all’estero attraverso quattro ritratti

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2.3 La vita a Grenoble

Dopo alcuni mesi dal trasferimento in Alta Savoia Guadagnucci iniziò a impiegarsi a tempo pieno presso il laboratorio di Giovanni e Bruno. Fu qui che conobbe un loro amico di nome Leone Pellegrini, residente nella vicina Grenoble, che rimase colpito dall’abilità del giovane ornatista e dalle sue capacità intellettive, tanto che chiese ai fratelli il permesso di portarlo nella sua città, dove avrebbe definitivamente imparato a “vivere alla francese”. Gigi era un amante dello sci e di altre discipline e per lui “vivere alla francese” significava la possibilità di praticare ogni sport con continuità,534 così si dimostrò entusiasta della proposta e anche Giovanni e Bruno compresero che al ragazzo si prospettava un’occasione irripetibile per crescere professionalmente e culturalmente, di conseguenza non fecero alcuna opposizione.

A Grenoble il nostro, sempre grazie a Leone, ebbe la carta di lavoro, ma dovette iscriversi nella corporazione dei costruttori con la qualifica di decoratore di opere architettoniche, confermando il suo legame con l’ambiente artigianale, perché per gli emigranti impiegati nei settori dell’edilizia era molto più facile ricevere i documenti. In realtà Gigi proseguì a lavorare il marmo, iniziando una collaborazione costante con una decina di laboratori535 i cui proprietari erano legati da una stretta amicizia con Bruno, senza avere alcun richiamo a livello burocratico per l’incompatibilità tra la sua vera professione e il mestiere per il quale aveva ricevuto la carta di lavoro. La sua situazione dimostrava come in Francia sia per gli emigranti regolari, sia per i rifugiati politici clandestini, si fosse creata una particolare libertà di azione ed erano tali opportunità che spingevano i dissidenti del regime di Mussolini a riparare in questo paese.

sua vita da emigrante: la giovinezza a Grenoble, gli anni della guerra e della ricostruzione, gli anni cinquanta e sessanta e gli anni settanta e ottanta.

534 Sulla grande passione dello scultore per lo sci rimangono numerose fonti iconografiche nell’AG, tra cui una

tessera della Federazione Francese di Sci e varie fotografie dove l’emigrante appare mentre pratica il suo sport preferito, a volte insieme ad amici e in altri momenti da solo. Sono particolarmente interessanti le immagini in cui Guadagnucci scia a torso nudo, che danno l’impressione della continuità con cui praticava la disciplina anche nei mesi estivi.

535 Del periodo in cui lo scultore visse a Grenoble è una lettera a lui indirizzata dalla marmeria Emile Billon del

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Erano i primi mesi del 1937. Per buona parte l’attività di Guadagnucci era riservata all’arte cimiteriale richiesta dalle famiglie abbienti, di cui molte di origine rurale e ancora legate all’agricoltura, che essendosi arricchite avevano interesse a dimostrare un discreto tenore di vita attraverso l’acquisto di monumenti funebri di grande valore. Su queste opere in marmo lo scultore emigrante realizzava bassorilievi raffiguranti il volto del defunto o personaggi ricorrenti della storia popolare francese, un esercizio utile per potenziare le sue abilità nello stile del ritratto a cui ebbe modo di lavorare a lungo in futuro per perfezionare la sua tecnica, dal momento in cui decise di abbandonare l’artigianato per dedicarsi unicamente all’arte.536

Insieme a Bruno, invece, portò a compimento la commissione più rilevante di questo periodo: la realizzazione dei capitelli da collocare sull’altare maggiore della basilica di Grenoble, un incarico che dimostrava come il lavoro realizzato fino a quel momento da Gigi e dai suoi fratelli in Alta Savoia non fosse passato inosservato. Gli artigiani emigranti operavano su un alto palco, da cui potevano vedere tutto l’interno della cattedrale, e si fermavano solo quando venivano celebrati i matrimoni, i funerali e le funzioni previste durante la giornata.537 L’opera, costituita da una decorazione naturalistica con fiori e foglie (ancora una volta l’ornatista rivelava una particolare predisposizione per questo genere di soggetti), era realizzata in marmo semiduro, una pietra più tenera del marmo di Carrara che Guadagnucci si era abituato a lavorare all’estero. Nella fase conclusiva il lavoro fu completato soltanto da Gigi a causa degli impegni che costrinsero Bruno a essere sempre presente nel suo laboratorio.

Oltre a impegnarsi nel settore artigianale per migliorare il suo tenore di vita, che fin dal periodo ginevrino aveva raggiunto in livello non facile da trovare presso la massa dei migranti italiani, a Grenoble Guadagnucci aprì un proprio atelier per dare libera espressione alle sue necessità artistiche e iniziò a studiare

536 Guadagnucci ha ricordato quanto fossero specifiche le richieste per le commissioni dei monumenti funebri

delle famiglie contadine dell’Alta Savoia.

537 L’abitudine dello scultore a intervenire su blocchi di marmo di grandi dimensioni si può dedurre anche da tre

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da autodidatta la storia dell’arte per conoscere in modo approfondito le tecniche dei grandi maestri della pittura e della scultura del passato.

Questo primo laboratorio lo ricevette in eredità da Emile Gilioli, stimato scultore di origine italiana che lasciò il suo studio al giovane amico quando decise di abbandonare Grenoble per trasferirsi definitivamente a Parigi.538 Gigi aveva voluto a ogni costo conoscerlo per avere la possibilità di avvicinare un connazionale che aveva già un suo spazio nel mercato della scultura all’estero,539 così una mattina pensò di andare da lui per presentarsi, ma come fu ricevuto, si rese immediatamente conto di quanto fosse diversa la carriera dell’artista da quella dell’artigiano. Se il migrante toscano in quel periodo poteva già vestire in modo elegante e permettersi un tenore di vita apprezzabile,540 Gilioli lavorava in un piccolo studio e, almeno apparentemente, non mostrava una condizione di particolare benestante. Quest’ultimo, però, aveva la preparazione culturale e la capacità di esprimere attraverso l’arte le proprie emozioni che desiderava acquisire Guadagnucci, da parte sua in possesso di una tecnica nello scolpire estranea al collega, essendosi formato nei laboratori artigianali. L’incontro tra i due scultori diede dei risultati interessanti, quantificabili nelle opere (alcune di grosse dimensioni posizionate in varie piazze ed edifici della città di Grenoble) realizzate in collaborazione. Lavorando in coppia, Gigi aiutava il collega a sbozzare la pietra, mentre Gilioli rifiniva le opere secondo la sua sensibilità, molto vicina allo stile di Arp.541

Il giorno che i due artisti si conobbero, Gilioli chiese a Gigi di dargli una dimostrazione del suo modo di scolpire, rendendosi subito conto di quanto fosse

538 538

Émile Gilioli, scultore francese (Parigi 1911 - ivi 1977). Dopo aver vissuto parte dell’infanzia in Italia,

nel 1928 frequentò la Scuola di Belle Arti di Nizza e nel 1931 si trasferì a Parigi. Influenzato da artisti del livello di Arp e Brancusi, si volse presto verso una ricerca astratta di forme costruite in blocchi compatti di materiali pregiati (onice, marmo, cristallo). È stato autore anche di cartoni per arazzi. Fonte: www.treccani.it/enciclopedia.

539 Guadagnucci ha spiegato quanto fu importante per Gilioli il sostegno della moglie, soprannominata Babet,

impegnata a promuovere e valorizzare le opere del consorte.

540 Nell’AG sono presenti varie immagini in cui lo scultore indossa abiti di buon livello, che denotano una cura

dell’aspetto fisico superiore rispetto a quanto poteva fare la maggior parte dei migranti italiani.

541 Arp è stato uno dei maggiori esponenti della scultura parigina della prima metà del XX secolo. Vicino al

Dadaismo e al Surrealismo, negli anni trenta, quando Gilioli stava trovando un suo spazio nel mercato francese dell’arte, il maestro si allontanò da questi movimenti per raggiungere una nuova forma di espressione in grado di rappresentare la realtà spirituale. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Arp.

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meno efficace la sua tecnica rispetto alle capacità manuali dei lavoratori del marmo toscani. L’affermato sculture rimase molto sorpreso dalla facilità e dall’immediatezza con cui il suo ospite riusciva a sbozzare la pietra, senza prendere misure o perdere tempo nel disegnare un progetto iniziale, e decise di proporgli una collaborazione che durò per alcuni anni.542

Il migrante, però, malgrado l’opportunità che gli era stata offerta, conservava ancora molte indecisioni sul suo futuro di artista; sapeva di non avere una formazione accademica e, di conseguenza, temeva di non possedere una preparazione sufficiente per ambire a dei risultati che andassero oltre un semplice lavoro pedissequo. Fu un articolo del critico Pierre Courthion a cancellare in lui ogni esitazione, dove si riportava una celeberrima frase di Donatello: “Ti posso insegnare l’arte di scolpire in una sola parola: disegna” e nella parte conclusiva dell’articolo (neanche fosse stato scritto appositamente per Guadagnucci) l’autore palesava le sue perplessità per i livelli di preparazione dell’Accademia delle Belle Arti.

Diversi anni dopo, partecipando a una mostra collettiva a Parigi, il nostro ebbe la possibilità di conoscere il critico e di esternare tutta la sua riconoscenza per aver avuto dal suo articolo la certezza di poter rendere la sua scultura uno strumento per comunicare.543 Gigi aveva presentato due lavori con la struttura classica delle sue opere, che assumono la forma di fiori, spesso realizzate in grandi dimensioni.544 A un tratto si avvicinò un distinto signore curioso di conoscerlo, a cui l’artista si sentì in dovere di raccontare la sua storia in riconoscenza dell’interesse che lo sconosciuto gli dimostrata, partendo dalla difficile esperienza di fuoriuscito a Ginevra e ad Annemasse, fino agli anni di

542 Guadagnucci ha raccontato di aver detto a Gilioli in quell’occasione: “Non si impressioni, lavoro il marmo da

sempre”, poiché quest’ultimo appariva assai stupito dall’abilità del suo ospite.

543 L’interesse che il noto critico ha sempre palesato per l’opera di Guadagnucci è dimostrato da un suo

contributo pubblicato su AA. VV., Gigi Guadagnucci, sculture 1957-1993, Bologna, Grafis Industrie Grafiche, 1993, pp. 7-8, che rappresenta, come tutto il volume, un omaggio alla lunga carriera dell’artista migrante. L’opera contiene anche interventi di Pier Carlo Santini e Jean Clair. Del periodo in cui Pierre Courthion si avvicinò a Guadagnucci sono alcuni articoli giornalistici degli anni sessanta e settanta: P. Courthion,

Guadagnucci, in «XXème Siècle», Parigi, 1964 e P. Courthion, Guadagnucci, sculpteur des formes qui s’envolent, in «XXème Siècle», Parigi, 1973.

544 In alcune opere mature dell’artista si nota il suo stile floreale, ereditato dalle origini di ornatista, come nelle

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collaborazione con Gilioli; quando giunse a parlare dell’articolo di Pierre Courthion, l’ammiratore rivelò di essere il noto critico e da quel momento tra loro ebbe inizio un lungo rapporto intellettuale.

Dalla fine degli anni trenta il migrante si cimentò costantemente nel disegno, in particolare nei ritratti femminili, essendo sempre stato un abile corteggiatore, e come modelle ebbe molte ragazze appartenenti alle famiglie facoltose di Grenoble, ma non rifiutava nemmeno soggetti maschili pur di sviluppare le sue abilità. Queste esercitazioni dovevano metterlo in grado di realizzare sempre uno studio grafico prima di scolpire. I suoi disegni non avevano pretese artistiche ma, come accade di frequente per gli scultori, erano solo finalizzati alla preparazione del successivo lavoro in marmo.545 Era stato l’ambiente culturalmente vivace di Grenoble a spingere Guadagnucci a mettersi in discussione per l’avanzamento non solo nelle abilità manuali, ma anche nella conoscenza delle grandi tecniche del passato, a cui probabilmente non avrebbe ambito se si fosse rilegato nei laboratori di Massa; lui stesso ammetteva che prima di dedicarsi ai classici era troppo ignorante per fare della vera arte.546 Fin dai primi tentativi di scultura artistica il nostro riuscì a conciliare la sua natura di artigiano legata all’abilità manuale, che gli aveva permesso di mettersi in evidenza sia nella velocità che nella qualità del suo lavoro dal periodo ginevrino, con una particolare sensibilità, indispensabile per materializzare nelle forme astratte del marmo le proprie idee.547 Il tutto si riassumeva in una tecnica che colpiva per la sua efficacia e precisione, strumento essenziale per riuscire a comunicare attraverso la scultura con una facilità e una spontaneità che rispecchiavano la personalità di Guadagnucci, sempre intento a lavorare senza

545 Alcune immagini custodite nell’AG ritraggono lo scultore intento a disegnare in luoghi appartati, con

un’espressione riflessiva dovuta alla concentrazione con cui affrontava questo quotidiano esercizio di formazione artistica.

546 Lo ha ammesso lo stesso Guadagnucci, ricordando una colorita frase di sapore toscano che era solito dire a chi

gli chiedeva perché aveva evitato di dedicarsi all’arte da giovanissimo: “Prima di conoscere la tecnica di Donatello attraverso Courthion non potevo fare arte perché ero ignorante come un tarpone.”

547 La frase “…nato artigiano e poi fattosi poeta…” mette in evidenza con poche parole l’obiettivo del lungo

cammino di formazione intrapreso da Guadagnucci e la sua doppia veste di operaio del marmo e di artista. L’espressione è stata presa da P.C. SANTINI, Marmo, magia, in AA. VV., Gigi Guadagnucci, sculture

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manifestare esitazioni, sbozzando in modo veloce il marmo e modellandolo tenendo presente le proprie necessità espressive.

Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale Gigi, fermo nella sua posizione di antifascista, decise di fare domanda per svolgere il servizio di leva nella Legione Straniera per avere la possibilità di opporsi ai regimi totalitari di estrema destra e dare il suo contributo affinché alla fine delle ostilità anche l’Italia potesse divenire una repubblica. Sempre in una prospettiva volta al futuro, considerando che avrebbe voluto continuare a vivere in Francia per la sua crescita artistica e culturale, il nostro sperava di integrarsi definitivamente per questo atto di coraggio contro i nemici della democrazia.548

Ma farsi accettare nella Legione Straniera non era affatto semplice: i volontari dovevano recarsi presso la città di Marsiglia per essere raccolti dagli ufficiali addetti alla selezione, che li facevano radunare dentro un grande salone completamente nudi allo scopo di scoprire se tra di loro si celavano spie del regime nazista o fascista. Guadagnucci riuscì a superare la prova e fu mandato presso il centro di addestramento situato a Sidi-bel-Abbès in Algeria549 (luogo di fondazione del corpo militare internazionale), dove per un anno dovette sopportare estenuanti esercitazioni, anche se non fu mai chiamato a combattere al fronte. Sopportò questa condizione con coraggio, trovando la forza nella convinzione che quanto faceva era indispensabile per tenere fede ai suoi ideali politici, e affrontò fin dalle prime settimane ufficiali e legionari di ogni paese dell’Europa Occidentale intenzionati a perpetrare dei soprusi alle reclute.

La Legione Straniera rappresentò per lui un’occasione utile ad aprirsi alla concezione di una società multietnica, esperienza che si andava ad aggiungere alle vicende da migrante vissute negli anni precedenti. Terminato il servizio di leva, Gigi tornò a vivere a Grenoble, dove un giorno ricevette la visita di due

548 Nell’AG è presente una sorta di breve vademecum del legionario che fu conservato dal volontario al ritorno

da Sidi-bel-Abbès in ricordo degli ideali che avevano ispirato la sua decisione. Da notare come nella prima regola si cerchi di suscitare rispetto per la Francia nei soldati stranieri, sostenendo che: “Legionario, tu sei un volontario al servizio della Francia con honore e fedeltà”.

549 Nell’AG sono conservate due fonti iconografiche in cui appare l’accampamento dei legionari a cui era stato

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gendarmi che gli consegnarono la pergamena su cui si attestava la sua partecipazione all’alto corpo militare internazionale, documento che lo rendeva di fronte all’opinione pubblica della Francia democratica un emigrante ormai integrato e degno di rispetto per l’impresa conseguita. Il riconoscimento fu sottratto nell’ultimo anno di guerra dalla polizia nazista, che si mise alla ricerca dello scultore venuta a conoscenza della sua posizione politica, costringendolo ad aggregarsi alla Resistenza francese.550

La collaborazione di Guadagnucci con i partigiani era in realtà iniziata già da prima, quando, per aiutare chiunque lottasse per la libertà e la democrazia contro i regimi totalitari di estrema destra, aveva realizzato numerosi documenti falsi (in prevalenza carte di identità, passaporti e carte di lavoro) destinati ai giovani francesi impegnati nella Resistenza, che avevano urgente necessità di varcare il confine con la Svizzera.551 Il procedimento per creare queste opere della contraffazione era semplice, ma richiedeva la capacità di riprodurre il sigillo di stato, procedura possibile da eseguire solo se si era in grado di scolpire con estrema precisione il marmo. Su una piccola lastra l’artista toscano incideva il simbolo al negativo, che poi veniva riportato attraverso un timbro di cera e dell’inchiostro sulla carta del documento falso.

Sconfitta la Germania Hitleriana, la sopravvivenza nelle città francesi per alcuni stranieri divenne molto difficile a causa della diffidenza degli autoctoni, che assunsero un comportamento particolarmente ostile nei confronti degli immigrati italiani e tedeschi, sospettati di aver aderito al fascismo o al nazismo e, di conseguenza, ritenuti potenziali nemici dei popoli democratici.552

550 Una copia del congedo dal servizio militare nella Legione Straniera è custodito presso l’AG; dal documento si

apprende che il volontario terminò la leva con buona condotta il 1 ottobre 1940.

551 Di una carta di identità falsificata dallo scultore migrante rimane una copia nell’AG, da cui si deducono i

criteri attraverso cui scelse le sue false generalità. Il nome di Joseph Girard lo prese dal suo vero nome (Joseph come Giuseppe, mentre Girard, il personaggio a cui era intitolata la strada dove abitava la sorella a Ginevra, iniziava con la g come Guadagnucci) mentre i nomi dei genitori diventavano Luis e Teresa Vita. Il documento fu regolarizzato grazie a un amico di Gigi, un medico figlio del sindaco di Cognin (località vicino a Grenoble), che attraverso il padre riuscì a farlo registrare.

552 Vedere VIAL E., In Francia, in AA.VV., Storia dell’emigrazione italiana, cit., volume II Arrivi, p. 143. Nel

1946 le posizioni xenofobe nei confronti dei migranti transalpini spinsero l’Alto commissariato per la Popolazione sostenuto da De Gaulle a richiedere l’arrivo di lavoratori dal Nord Europa per la ricostruzione, ma il Consiglio di Stato preferì gli stranieri provenienti dall’Italia Settentrionale, disponibili a ogni genere di lavoro.

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Un aneddoto spesso raccontato da Guadagnucci a colleghi e amici può chiarire che genere di tensione si andò a creare.553 Giunto a una festa paesana in una località non troppo distante da Grenoble insieme a Bruno, un altro migrante conosciuto da poco tempo che faceva il muratore, quando Gigi iniziò a chiamare in italiano il suo compagno che si era perso tra la folla, un autoctono si voltò verso di lui, chiedendogli con modi bruschi perché non parlava come gli altri: era un chiaro richiamo ad esprimersi in francese. Guadagnucci nel rispondere non ebbe esitazione e disse che lui non conosceva una sola lingua, come quel villanzone, perché aveva militato nella Legione Straniera e aveva la libertà di parlare come meglio lo aggradava.

L’episodio è significativo e merita un’attenta riflessione. Viene spontaneo chiedersi cosa avrebbe fatto l’amico Bruno se si fosse trovato nella condizione di Gigi, ma probabilmente non avrebbe avuto la sua stessa prontezza nel rispondere, un ardire che sicuramente non veniva solo dall’aver militato nella Legione Straniera, esperienza importante per l’inserimento nella società francese ma limitata a un breve periodo della vita. Il massese rivendicava la libertà di azione in virtù della sua preparazione artistica e colturale. Del resto si deve considerare che, malgrado il rapporto di amicizia, le prospettive dei due compagni erano profondamente diverse. Il primo era legato a un mestiere con una forma di professionalità se non proprio generica, meno specifica dell’attività di scultore, di conseguenza era interessato principalmente al ritorno economico e cercava di integrarsi nella comunità ospitante per vivere il più serenamente possibile il periodo dell’emigrazione.554 Guadagnucci, invece, proprio perché in possesso di una particolare abilità, era interessato a inserirsi in un ambiente ristretto della società francese, la comunità intellettuale. Il nostro acquisiva solo i comportamenti della popolazione culturalmente elevata e, in alcuni casi, con un apprezzabile tenore di vita, come praticare lo sport nel tempo libero o curare

553 Questo aneddoto e il successivo sono stati riferiti da Guadagnucci.

554 L’intervistato ha raccontato che negli anni trenta e quaranta erano numerosi i manovali e i muratori che si

trasferivano nelle città francesi per partecipare alla costruzione di infrastrutture e palazzi; alcuni di questi emigranti, in possesso di abilità professionali che li avvicinavano ai mestieri descritti nella prima parte della tesi, ambivano ad aprire con il denaro risparmiato proprie aziende edili.

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l’abbigliamento, abitudini estranee a tanti italiani all’estero, ma non era attratto dai modelli di vita popolari. La differenza di interessi tra i due amici torna spesso mettendo a confronto migranti con qualifiche lavorative di vario livello: lo straniero si sentiva maggiormente libero dai condizionamenti degli autoctoni quanto più la sua professionalità era specifica.

Alcuni anni prima, durante le ultime settimane di guerra, Guadagnucci si era già scontrato con un francese, un alto graduato dell’esercito ostile agli immigrati italiani. Un pomeriggio, mentre il giovane intellettuale stava cercando un collega (un lucidatore di nome Cocchi) nel quartiere “Isola verde”, sulle sponde dell’Isère sempre presso Grenoble, chiese ad alcuni militari se avevano visto passare il suo compagno; gli rispose un colonnello che era al corrente dell’inchiesta aperta nei suoi confronti per stabilire se avesse dei legami con il fascismo, dicendogli che il luogo in cui si trovava non era adatto ai transalpini, con un’allusione di chiaro disprezzo nei confronti degli italiani. Anche in questo caso la risposta dello scultore fu pronta e finalizzata a dimostrare all’ufficiale l’orgoglio per le sue origini, che non gli avevano impedito di servire la Francia in difesa della democrazia. Gigi chiese al colonnello quale fosse il corpo militare più decorato del suo Paese e, quando non giunse risposta alla domanda, continuò specificando che era la Legione Straniera, dove anche lui aveva militato. Di nuovo il servizio nelle armi da volontario risultava un punto di forza per non farsi sottomettere dagli autoctoni, utile a consolidare una posizione di privilegio nella comunità ospitante raggiunta attraverso la propria professione.

Con il tempo la diffidenza nei confronti degli italiani e dei tedeschi tra il popolo francese andò a scomparire, cambiamento favorito dall’avvento delle repubbliche democratiche in Italia e nella Germania Federale, che fecero dimenticare il periodo dei regimi totalitari di estrema destra, permettendo alla Francia di recuperare quell’apertura nei confronti dei migranti di ogni nazione che l’aveva contraddistinta durante il periodo tra le due guerre mondiali.

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2.4 Il breve rimpatrio e l’emigrazione a Parigi

Guadagnucci trascorse la seconda metà degli anni quaranta in Italia, in un soggiorno di tre anni durante il quale tornò a Massa per cercare di continuare la propria professione in patria,555 tentativo che finì per risolversi in una seconda emigrazione in Francia resa indispensabile dalla necessità di un ambiente aperto alle nuove forme artistiche. L’esperienza più significativa di questo periodo fu la mostra collettiva con il coetaneo Cherubino Binelli a Firenze, presso la Casa di Dante, allestita dal circolo “La Torre”, che si svolgeva dopo due anni dal rimpatrio di Gigi.556 Quest’ultimo espose una parte dei disegni a lapis realizzati tra la fine degli anni trenta e il periodo del secondo conflitto mondiale, che rappresentavano le sue fatiche maggiori nello studio di una propria forma di espressione. La mostra seguiva l’Esposizione Personale Interregionale d’Arte dell’anno precedente, che si era tenuta a Marina di Massa.

Sempre di questo periodo fu l’avvicinamento ad alcuni artisti locali ritenuti dall’emigrante capaci di una tecnica efficace, a cui consigliò più volte di seguirlo a Parigi quando avrebbe finalmente preso la decisone di ripartire; tale comportamento dimostrava come Guadagnucci, malgrado il suo rimpatrio, non avesse mai dimenticato l’ambiente artistico francese e progettasse di farvi ritorno non appena ne avesse avuto la possibilità. I colleghi massesi, tra i quali c’era il già citato Cherubino Binelli, però rifiutarono l’offerta, preferendo rifugiarsi nell’insegnamento presso gli istituti e i licei della loro città.

Questi artisti capivano quanto la loro scelta limitasse la possibilità di svolgere una carriera soddisfacente, ma se da giovani non si erano avventurati all’estero in parte per non nutrire sufficiente avversione per il fascismo e in parte per il loro tenore di vita abbastanza agiato, successivamente erano sopraggiunti i

555 Erano ormai trascorsi alcuni anni dal momento in cui l’emigrante aveva deciso di svolgere solamente la

professione di artista.

556 La dottoressa Sara Bastianini ha realizzato due documenti in formato pdf in cui sono elencate tutte le mostre

personali e collettive di Guadagnucci, aggiornando le informazioni riportate nell’appendice del volume Gigi

Guadagnuccci - i colori del bianco, Bologna, Grafiche Damiani, 2008, curata dalla galleria Forni, che resta

ugualmente un utile punto di riferimento per comprendere la continuità dell’attività svolta a livello internazionale dallo scultore migrante.

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legami familiari e i doveri che ne conseguivano a impedire loro di concentrarsi in modo totale nella scultura.557

Nel 1953 Guadagnucci fece ritorno in Francia,558 emigrando nella capitale per entrare a far parte delle correnti artistiche che nella prima metà del Novecento stavano sperimentando nuove forme stilistiche in scultura e in pittura, cosciente che in quel momento Parigi era il centro della cultura mondiale, città a cui era inevitabile fare riferimento se si desiderava avere contatti con i maggiori intellettuali provenienti da ogni parte del mondo.559 Fu a Parigi che il nostro ebbe la possibilità di avvicinare Giacometti, Picasso, Zadkine, De Pisis, Severini, César, Klein, Restany, tra i quali, alcuni divennero per lui compagni pronti a condividere soddisfazioni e difficoltà, mentre altri, come Picasso, furono soltanto semplici conoscenze con cui trascorrere alcune serate piacevoli a conversare di scultura.560 L’onestà e l’immediatezza di pensiero e di azione erano ancora i caratteri fondamentali della personalità di Gigi e si manifestavano in ogni circostanza, anche nei rapporti umani.

Di questi personaggi il migrante apprezzava l’estrema gentilezza e l’apertura a ogni tipo di contatto intellettuale, gestito con quella semplicità e quell’umiltà che caratterizzano gli artisti, sempre alla ricerca di idee e contributi che possano arricchire il loro bagaglio di preparazione. Solo i migliori avevano questa spontaneità e non pensavano ad apparire, perché alla cura dell’immagine preferivano il contenuto; pittori e scultori mediocri che si mescolavano tra i grandi nella speranza di poter vivere del loro riflesso erano facili da individuare e anche un giovane che cercava ancora una piena affermazione come

557 Guadagnucci dimostra ancora ammirazione per le abilità di questi vecchi compagni che non vollero seguirlo a

Parigi, ma racconta che da anziani, quando poté riabbracciarli, si rese conto di come provassero risentimento per la loro scelta. L’intervistato ha sostenuto: “Non hanno vissuto bene e hanno trascorso la terza età amareggiati per non aver mai provato a fare ciò che veramente desideravano”.

558 Osservando i documenti scritti dalla dottoressa Bastianini si nota che tra il 1952 e il 1958 Guadagnucci non

partecipò a nessuna altra mostra, probabilmente perché in quel periodo stava cercando di affermarsi negli ambienti artistici parigini. Dalla fine degli anni cinquanta iniziò una lunga serie di esposizioni che si susseguirono senza interruzioni: fino al fine degli anni settanta si trattò prevalentemente di mostre collettive, poi diventarono numerose anche le personali, che l’artista migrante tenne in tutto il mondo.

559 Sul ruolo di Parigi come capitale della cultura mondiale si veda quanto è già stato scritto in merito alla

letteratura e alla poesia nel quarto capitolo.

560 Guadagnucci ha raccontato il rapporto che lo legava agli artisti conosciuti nei primi anni di vita a Parigi

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Guadagnucci sapeva riconoscere i semplici mistificatori dai veri intellettuali. Era della frequentazione di questi ultimi che adesso Gigi sentiva di avere bisogno per portare a compimento il suo cammino di formazione, dopo circa dieci anni da quando aveva preso la difficile decisione di iniziare a vivere unicamente di arte, abbandonando il settore dell’artigianato.561

La vita da scultore a Parigi era cominciata pochi giorni dopo il suo arrivo, quando una sera vide in un caffè seduti a un tavolo Arp e alcuni suoi allievi, a cui l’emigrante si avvicinò senza esitazioni chiedendo: “Cari signori, da voi vorrei sapere qual è il mistero della scultura”; gli rispose tra i presenti un artista non ancora affermato, dicendo che: “La scultura è energia”. L’intervento del giovane sconosciuto piacque molto ad Arp, che lo invitò a presentarsi nell’orario di visita la settimana stessa presso il suo studio, impegno a cui Gigi non tenne fede, preferendo utilizzare il suo tempo nella ricerca di uno spazio per allestire un proprio atelier dove cominciare al più presto a lavorare.

Il suo obiettivo era trovare una sistemazione a Montparnasse, il quartiere dove abitavano tutti i grandi artisti del momento e dove era possibile stabilire rapporti intellettuali con loro se si aveva un talento da poter coltivare. Dopo il felice incontro con Arp, Gigi riuscì a stringere amicizia con il fotografo di Montparnasse, Brassai,562 presso cui si servivano tutti i migliori scultori parigini, che si impegnò per trovare all’immigrato un appartamento dove ricavare uno spazio per un proprio laboratorio. Oltre trent’anni dopo, quando Guadagnucci ormai anziano decise di fare definitivo ritorno a Massa (precedentemente si era limitato a brevi rientri nel luogo di origine, che con il passare del tempo erano divenuti sempre più frequenti) un artista francese non riuscì a impedire che sulla targa in cui compaiono i nomi di tutti i maggiori intellettuali vissuti nel quartiere parigino vi fosse impresso anche il suo nome.

561 La facilità con cui Guadagnucci ha sempre mantenuto rapporti con i colleghi è testimoniata nel suo archivio

fotografico, dove sono conservate immagini in cui si lascia ritrarre accanto a personaggi noti a livello internazionale. Tra le varie fonti si possono citare i documenti iconografici dell’incontro di alcuni anni fa con Henry Moore. Tutt’oggi, malgrado le difficoltà dell’età avanzata, lo scultore cerca di rendersi disponibile a questo genere di incontri.

562 Nell’AG è conservata una foto databile metà del Novecento in cui l’emigrante compare in compagnia di

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Negli anni in cui visse a Montparnasse il nostro non fu circondato solo da affermati scultori, ma anche da bellissime donne, che da lui si lasciavano ritrarre a lapis o immortalare nel marmo, facendo parlare molto di sé per i suoi sfuggenti amori la portinaia del palazzo in cui viveva. Era stata lei la prima a rendersi conto del suo particolare rapporto con Moniche, la bella figlia della proprietaria dell’edificio, che però rimase solo una delle tante passioni dell’artista.

A Parigi quest’ultimo superò definitivamente il suo stile classicheggiante, maturato con gli esordi attraverso lo studio delle tecniche del passato, ma in un secondo tempo da lui ritenuto tradizionale e impossibile da evolvere in una forma di espressione personale. Un’altra caratteristica che distingueva i maggiori artisti dai semplici scultori artigiani sprovvisti, malgrado la grande abilità nel lavorare il marmo, di una personalità stilistica, era l’originalità intesa non solo come semplice idea volta all’innovazione, ma come concezione di una forma di espressione alternativa, possibile soltanto attraverso uno studio finalizzato a superare i modelli già esistenti.563

Quando, alcuni anni dopo il suo arrivo a Parigi, il nostro ricevette la proposta di Restany di entrare nel gruppo del neorealismo il suo rifiuto fu immediato, ma non per fare un torto all’amico con cui aveva istaurato una lunga relazione intellettuale, ma perché preferiva rimanere libero nelle sue scelte artistiche, per dare sfogo alla sua ispirazione.564

Agli inizi degli anni sessanta ormai Guadagnucci si era inserito nel mercato dell’arte internazionale in modo stabile, realizzando un elevato numero di vendite, sufficienti non solo a garantire un apprezzabile tenore di vita, ma anche a consentire una selezione della clientela operata in base a criteri del tutto personali. In questo periodo di solito per ogni commissione che riceveva l’artista realizzava due sculture: una veniva venduta all’acquirente del momento e, per

563 Questo ideale di arte, che Guadagnucci è riuscito a riassumere in poche parole, va oltre la semplice originalità

di cui si parlava nelle scuole provinciali.

564 Nell’AG si trova un’immagine dello scultore con l’amico Restany, ormai ambedue anziani in visita alla

mostra di Remo Bianchi, che dimostra come tra loro si fosse mantenuto un buon rapporto malgrado la scelta fatta in passato dall’emigrante. Restany riuscì a capire che a spingere l’amico verso la sua posizione fu solo l’onestà intellettuale, per non tradire la sua vera ispirazione.

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come la vedeva lui, doveva servire ad assicurare il sostentamento (termine in cui Gigi comprendeva una serie di attività e lussi che pochi italiani in Francia si potevano permettere, benché questi ultimi ormai si stessero affermando come imprenditori edili da semplici muratori, cedendo i loro vecchi posti da dipendenti ai portoghesi e agli spagnoli), mentre l’altro pezzo veniva messo da parte per una vendita futura. In questo modo lo scultore con il passare di alcuni mesi riusciva a riempire il suo magazzino di opere che poi, solitamente, richiamavano l’attenzione dei collezionisti in prevalenza di origine americana, in possesso delle risorse economiche per realizzare grossi acquisti.

È quanto accadde quando Guadagnucci partecipò al premio Baurdelle dove espose i lavori accumulati in alcuni mesi, conquistando il primo posto che prevedeva un’apprezzabile cifra in denaro; la mostra fu visitata dal magnate argentino Bloch, uno degli editori affermati di Rio de Janeiro, che affascinato dalla precisione stilistica delle opere del vincitore, le comprò in blocco per collocarle in un museo personale e in alcune ville di sua proprietà.565

Attraverso i contatti instaurati vivendo a Parigi furono frequenti anche le commissioni per la realizzazione di opere di dimensioni monumentali. In totale l’artista creò una ventina di sculture collocate in prevalenza in Francia, destinate a istituti come scuole e facoltà universitarie o alle piazze cittadine, una forma di arte che Guadagnucci aveva già sperimentato a Grenoble con la collaborazione di Gilioli. Uno dei primi incarichi di questo genere, infatti, gli era stato proposto con la partecipazione al concorso per la scultura monumentale del parco Mistral sempre a Grenoble, per il quale realizzò un’opera dell’altezza di cinque metri. Nel 1982, pochi anni prima del definitivo ritorno in patria, lo scultore migrante richiamò l’attenzione del Magazine del National Geographic per un servizio in cui si parlava del marmo di Carrara, uscito sul numero di luglio dello stesso anno,566 dove l’intervistato sintetizzò il suo concetto di arte in un “dialogo

565 L’intervistato ha specificato che le grandi vendite di solito avvenivano con i compratori di origine statunitense

e sudamericana, che erano gli acquirenti migliori per gli scultori francesi e italiani abbastanza valenti da mettersi in evidenza.

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continuo con il marmo”567 La scelta redazionale di far seguire la sua opinione alla somma idea di Michelangelo di scultura come arte del togliere per portare alla luce la forma già presente nella pietra grezza e all’intervento di Yves Klein (che sosteneva di aver visto “…uomini sbozzare sassi” perché ogni pietra può divenire scultura) fu un riconoscimento alla lunga carriera di Guadagnucci. Questi per dialogo con il marmo intendeva una sorta di affinità con il materiale da lavorare, che doveva ispirarlo fin dalla sua forma allo stato grezzo, perché agli occhi di un artista non tutte le pietre posseggono le caratteristiche per divenire opere; lo scultore deve sentire il richiamo del marmo, solo se si crea questa intensa affinità è possibile stabilire un dialogo con il materiale per dare libero sfogo all’improvvisazione.

In alcuni casi per Guadagnucci il marmo ha rappresentato anche una sfida, indispensabile per raggiungere un livello stilistico sempre migliore e caratterizzato dall’originalità espressiva; una sfida che nella maturità dell’artista si è tradotta nella ricerca della lavorazione sottile della materia, un esercizio difficile da realizzare, ma che consente di curare la delicatezza delle forme. Il blocco compatto lavorato con questa tecnica è come se si scindesse in tante sculture piatte e sottili tra loro sovrapposte, creando una forma apparentemente irregolare, ma che nel suo insieme comunica l’armonia visiva, materializzazione dell’armonia delle note musicali, un’arte che diviene musica dell’immagine attraverso la ricerca dell’equilibrio nel movimento delle forme.568

Nella seconda metà degli anni ottanta il migrante iniziò il suo definitivo ritorno nel luogo di origine, maturando con il tempo una sorta di insofferenza per la metropoli che gli aveva concesso il successo artistico, malgrado a essa avesse legato gran parte della sua vita; insofferenza manifestata anche l’ultima

567 Nell’AG sono conservati vari documenti iconografici in cui lo scultore si trova alle cave del marmo per

rinnovare il suo contatto con la materia grezza. In un’immagine appare adagiato su un grande masso, mentre tiene tra le mani una pietra di piccole dimensioni osservandola attentamente, nell’atto di studiarne la forma fino nei più minimi particolari.

568 Tra i maggiori risultati di questo stile maturo è “Passaggio di meteora”, acquistata da un architetto di Los

Angeles e oggi conservata nel suo studio. Dell’opera con a fianco l’autore presso l’AG sono presenti le immagini, pubblicate anche su vari cataloghi. Si tratta di una scultura di medie dimensioni, dell’altezza di circa cinquanta centimetri, che dà l’impressione di essere formata da tanti dischi sottili sovrapposti.

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volta che si è recato a Parigi nel 2008 per l’ArtParis presso lo Stand della Galleria Forni, accompagnato da una bellissima modella, come era solito fare fin dagli anni dei suoi esordi nell’arte internazionale.

Oggi Gigi Guadagnucci all’età di novantasette anni vive nella sua casa di Bergiola Maggiore in provincia di Massa, circondato dalle cure della moglie Ines Berti e delle sue collaboratrici. Nel giardino dell’abitazione sono esposte alcune opere, tra cui “Passaggio di meteora”, “La Torre”, “Fuga”, “Fiamma” e “Sortilege 1”, che sono in realtà versioni monumentali di lavori precedenti.569 È in questo angolo di mondo, nascosto tra le montagne massesi, che l’artista continua a riceve le visite di colleghi e amici, con cui si intrattiene per rievocare le vicende della sua lunga vita di emigrante.

569 Nell’AG è conservata un’immagine dello scultore ormai in età avanzata posto tra le opere in mostra nel suo

giardino privato: la fotografia è stata realizzata volutamente in bianco e nero per dare l’impressione di un’atmosfera di riflessività, la stessa quiete indispensabile all’artista per istaurare il suo dialogo con il marmo.

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