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CAPITOLO 5 Finanza Etica

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CAPITOLO 5

Finanza Etica

1. Il nuovo ruolo del risparmio 2. Rapporto tra banche e ambiente 3. Finanza etica

4. Fondi etici 5. Banca etica 6. Micro-credito

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1. Il nuovo ruolo del risparmio

Negli ultimi anni la società ha chiesto, con voce sempre più forte, l’adozione di comportamenti socialmente responsabili da parte degli operatori economici. L’intensificarsi della domanda di Corporate Social Responsibility, definita nel Libro Verde: “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” del 2001 come: «l’integrazione su base volontaria, da parte delle

imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate», ha coinciso soprattutto con

l’avvento della recente crisi economico-finanziaria e con la consequenziale emersione di scandali finanziari, venuti a galla a causa della perdita di fiducia degli operatori che, per gran parte degli anni ’90, aveva sorretto le borse.

Come la storia in più occasioni ci ha dimostrato, spesso l’avvento di questi periodi di “bassa congiuntura” è determinato da un disequilibrio del rapporto tra finanza ed economia. Ogniqualvolta la finanza prende il sopravvento, e quindi da strumento dell’economia ne diventa il cuore pulsante, inevitabilmente si ingenerano pesanti ripercussioni sull’economia reale. Se da un lato i fenomeni finanziari sono utili, se non addirittura indispensabili, per i compiti d’intermediazione e d’interrelazione svolti nella produzione e nello sviluppo di nuovi beni e servizi che vengono progressivamente immessi sul mercato; dall’altro lato una loro eccessiva espansione minaccia pericolosamente la stabilità e l’espansione dell’economia reale. Si rinviene proprio in questa finanziarizzazione dell’economia1 la causa a monte della grande depressione del 1929. Nel primo dopo guerra l’economia mondiale aveva ripreso a crescere grazie all’implementazione di uno “schema triangolare” tra Stati Uniti, Germania e gli altri Paesi dell’Europa Occidentale che funzionava più o meno in questo modo:

• gli USA garantivano alla Germania gli investimenti necessari per ricostruire la propria economia;

1 Tale termine viene utilizzato per indicare quella realtà in cui il risparmio finanziario non è più visto come supporto all’attività della produzione e del commercio, ma come una realtà autonoma avente come obiettivo prevalente la crescita quanto più rapida possibile del capitale.

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• la Germania era così in grado di pagare le riparazioni di guerra ai Paesi europei vincitori del conflitto mondiale;

• i Paesi dell’Europa Occidentale acquistavano ingenti quantitativi di beni di consumo dagli USA.

Questo meccanismo si inceppò quando, a fronte degli elevati profitti ottenuti dalla borsa di Wall Street, i risparmiatori, imprenditori e banchieri americani ritennero più profittevole speculare tutto in borsa anziché investire nell’economia reale europea. Quest’ultima, a seguito della riduzione del flusso finanziario in entrata, subì un rallentamento che determinò un brusco calo delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti, con conseguente crisi di sovrapproduzione. Tutto questo portò, il 29 ottobre 1929, al crollo della borsa valori di Wall Street; la quale segnò l’inizio della più grave crisi economica e finanziaria della storia. Oggi come ieri, la bassa congiuntura che da alcuni anni stiamo vivendo è stata nuovamente causata dal prevalere della finanza sull’economia reale. Dopo la stagflazione degli anni ’702, l’economia è tornata a crescere concentrandosi sempre più sul segmento finanziario. La borsa, da luogo ideale in cui far incontrare i risparmiatori desiderosi di investire i loro capitali e gli imprenditori capaci di farli fruttare, è divenuta una realtà a sé stante. I flussi finanziari vengono convogliati su strumenti finanziari, come i derivati3, debolmente connessi alla realtà economica. Le azioni vengono acquistate non più per partecipare alla gestione dell’impresa e alla conseguente ripartizione degli utili, ma semplicemente per speculare sulle variazioni del prezzo di mercato di questi

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Il termine “stagflazione” fu coniato proprio negli anni ’70, a seguito del primo shock petrolifero del 1973; che determinò non solo la stagnazione dell’economia, ma anche il continuo aumento dei prezzi (inflazione). Fino a quel momento si riteneva improbabile, se non addirittura impossibile, una coesistenza dei due fenomeni dato che:

• i periodi di stagnazione dell’economia erano tradizionalmente caratterizzati dalla caduta dei prezzi (deflazione);

• l’aumento dei prezzi era visto come un “male necessario” che accompagnava i periodi di crescita economica.

Successivamente, a seguito della crescente rilevanza assunta dai mercati oligopolistici dell’energia, delle materie prime nonché dai settori dei servizi scarsamente concorrenziali, il fenomeno dell’inflazione è diventato sempre più indipendente dal ciclo dell’economia.

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Titoli il cui prezzo è legato al valore di mercato di uno o più beni, e la cui ratio è la copertura da un rischio finanziario connesso a quei beni stessi. Negli ultimi anni i derivati sono diventati lo strumento prediletto della speculazione, soprattutto per quanto riguarda le vendite allo scoperto (impegno a vendere, in una certa data, un determinato bene che non si possiede ancora al momento della sottoscrizione del contratto).

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titoli. Siamo quindi di fronte ad una nuova figura di azionista, un’azionista-speculatore interessato non più alla sopravvivenza e sviluppo dell’impresa nel lungo periodo, ma alla possibilità di realizzare nel breve periodo delle plusvalenze a seguito dell’uscita dall’azionariato. Per soddisfare le attese di questi nuovi azionisti, conformandosi ad un’ottica di breve periodo, i manager hanno concentrato la loro attenzione nel far apparire migliori gli indicatori finanziari che, innalzando la fiducia degli investitori, sostengono il valore dei titoli, questo anche a costo di falsificare la contabilità e le poste di bilancio. Tale comportamento poco lungimirante e lesivo della solidità aziendale è stato oltremodo incentivato dal riconoscimento ai manager di remunerazioni legate ai valori dei titoli (stock option).

Come ha dimostrato la recente crisi economico-finanziaria, la finanziarizzazione dell’economia ha raggiunto oggi livelli veramente eccessivi. In questa nuova realtà che si è venuta a creare, il benessere globale viene perseguito erroneamente attraverso il solo benessere finanziario, trascurando l’importanza vitale dell’economia reale, e cioè della produzione e dell’utilizzo dei beni e dei servizi, per il benessere collettivo. Ciò acuisce la disparità esistente tra coloro che hanno e che avranno sempre di più, e coloro che non hanno e che non avranno mai. Il fatto che la speculazione abbia superato l’investimento produttivo, rende qualsiasi ripresa fragile e il sistema economico globale squilibrato e instabile. Da quanto detto sopra si evince la necessità di reinstaurare quello stretto legame esistente tra finanza ed economia reale. In particolar modo, oggigiorno si richiede non solo che i flussi finanziari vengano convogliati verso attività produttive, ma ciò deve avvenire nel rispetto dei principi di CSR. Nasce così la figura dell’investimento socialmente responsabile4.

Gli intermediari finanziari svolgono un ruolo cruciale nel determinare la sostenibilità delle altre imprese e dello stesso sistema economico. Per quanto riguarda le prime, si osserva che spesso le imprese ricorrono (in misura più o

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Strumento attraverso cui un’istituzione finanziaria può realizzare il proprio impegno di responsabilità sociale. Entrando più nello specifico, l’investimento socialmente responsabile è la pratica in base alla quale considerazioni di ordine ambientale e/o sociale integrano le valutazioni di carattere finanziario che vengono svolte nel momento delle scelte di acquisto o vendita di un titolo o nell’esercizio dei diritti collegati alla sua proprietà.

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meno rilevante) al credito bancario a causa dell’incapacità dell’autofinanziamento di assicurare una fluida rotazione del capitale circolante nonché un congruo finanziamento dei progetti di investimento. In particolare dal punto di vista aziendale il finanziamento, cioè il procacciamento dei fondi finanziari necessari per lo svolgimento dell’attività economica, costituisce uno dei principali problemi della fase d’impianto e più precisamente la prima operazione aziendale (il processo produttivo inizia infatti con la conversine del denaro in fattori produttivi e si conclude con la vendita dei prodotti finiti). L’azienda può decidere di coprire il proprio fabbisogno finanziario ricorrendo, in tutto o in parte, al capitale di rischio (conferimento in denaro o in natura da parte dell’imprenditore individuale o dei soci della società, vincolato all’attività economica a tempo indeterminato e avente remunerazione variabile dipendente dall’andamento della gestione) oppure al capitale di credito (somme prese a prestito da terzi per un tempo determinato, come mutui bancari o prestiti obbligazionari, aventi una remunerazione fissa). Questa delicata scelta deve essere assunta tenendo necessariamente in considerazione diversi fattori di natura ambientale (es: politiche monetarie e fiscali attuate dalle autorità governative), aziendale (es: forma giuridica), personale (capacità patrimoniale del soggetto economico) ed economica (costo del finanziamento), in modo da individuare la soluzione economicamente più conveniente.

Per quanto riguarda la dipendenza del sistema economico dagli intermediari finanziari, è dovuta al fatto che a tali istituti spetta il compito di incanalare, direttamente o indirettamente, i flussi di risparmio verso le imprese e gli impieghi più compatibili con la sostenibilità dello sviluppo. Sotto questo aspetto si osserva che l’introduzione sistematica del criterio di sostenibilità come criterio di selezione e di pricing degli impieghi, può essere fondato e credibile soltanto se anche la banca, per prima, adottando un orientamento CSR presta attenzione alle implicazioni ambientali e sociali dei propri comportamenti. Ad ogni modo, l’autovalutazione tramite la redazione di un rapporto di sostenibilità (bilancio ambientale e/o bilancio sociale) serve a rafforzare l’interiorizzazione nel management e negli amministratori dell’istituto di credito la coscienza della

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responsabilità sociale (cioè la consapevolezza delle implicazioni etiche dell’attività propria della banca), in modo da migliorare il coordinamento delle iniziative ambientali e sociali esistenti e promuoverne altre più efficaci e impegnative.

2. Rapporto tra banche e ambiente

Sempre più spesso, quando ascoltiamo la radio o guardiamo la televisione, siamo chiamati a fare i conti con notizie attinenti l’ambiente e la sua importanza per la vita sul pianeta. Notizie quali il mutamento delle stagioni, lo scioglimento dei ghiacciai, il problema dello smaltimento dei rifiuti, i disastri naturali (come lo storico tsunami del 26 dicembre 20045) o le catastrofi ambientali provocate da incidenti industriali (quale ad esempio l’incidente della BP del 20 aprile 20106) hanno contribuito allo sviluppo, all’interno della società moderna, di una maggiore consapevolezza circa l’importanza della tutela dell’ambiente come elemento dal quale dipende la qualità della vita. È in virtù di questa maggior attenzione alla vita in senso generale, che ciascun individuo (persona fisica, istituzione, impresa) è chiamato ad apportare il proprio contributo, se pur minimo, per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile; cioè “uno sviluppo

5 È ormai impresso nella memoria il ricordo “indelebile” di quel violentissimo terremoto che, poco prima dell’una di notte del 26 dicembre 2004, colpì l’Oceano Indiano a largo della costa nord-occidentale di Sumatra originando una serie di onde anomale, alte fino a 15 metri, che abbattendosi sulle regioni costiere dell’Indonesia, dello Sri Lanka, dell’India, della Thailandia, della Birmania, del Bangladesh, delle Maldive, nonché della Somalia e del Kenya (distanti oltre 4.500 km dall’epicentro del sisma) provocarono centinaia di migliaia di vittime.

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Dal punto di vista degli incidenti petroliferi, il disastro ambientale più grave della storia di sempre vide coinvolta la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, situata a circa 80 km dalla costa della Louisiana, affittata dalla Transocean alla BP per la modica cifra di 500.000$ al giorno. Il 20 aprile 2010, mentre si stava completando la trivellazione del Pozzo Macondo, un’esplosione sulla piattaforma innescò un violentissimo incendio che provocò 11 vittime e 17 feriti, e causò due giorni dopo l’affondamento della piattaforma dal valore di circa 560 milioni $. Il conseguenziale malfunzionamento delle valvole di sicurezza, poste all’imboccatura del pozzo sul fondale marino, permise la fuoriuscita incontrollata di greggio (circa 53.000 barili di petrolio al giorno); fuoriuscita che fu arrestata in modo definitivo il 4 agosto 2010, dopo una serie di tentativi infruttuosi. Questo disastro non solo causò il riversamento di quasi 5 milioni di barili di petrolio in mare (pari a 780 milioni di litri di greggio), con conseguenti danni all’ecosistema marino e litoraneo (si contarono molteplici vittime tra: plancton; numerose specie di pesci; tartarughe marine; squali; delfini; capodogli; tonni; granchi; gamberi; ostriche; pellicani; varie specie di uccelli litoranei e migratori) nonché alla salute umana (proliferazione, nel breve e medio termine, di malattie respiratorie e della pelle dovuti alla contaminazione per via inalatoria; aumento nel lungo termine dei casi di tumori, aborti spontanei e neonati di basso peso alla nascita o pretermine a seguito dell’accumulo di idrocarburi nella catena alimentare), ma determinò ingenti danni economici all’industria locale della pesca e del turismo, in aggiunta all’aumento del prezzo del petrolio.

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129 capace di soddisfare i bisogni della attuale generazione, senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri” (definizione contenuta

nel Rapporto Brundtland del 1987). In uno scenario preoccupante, bisognoso di recuperare la qualità della vita, è la stessa società che chiede con maggior insistenza alle imprese di ogni settore, compreso quello creditizio, di occuparsi seriamente del problema ambientale. In un contesto di mercato come quello attuale, la variabile ambientale ha quindi acquistato un importante valenza competitiva. Comportamenti poco rispettosi dell’ambiente da parte delle imprese danneggiano, se scoperti, non solo l’immagine aziendale e la sua legittimazione sociale, ma si traducono anche in significative perdite di quote di mercato.

Quindi anche il settore bancario, sebbene abbia impatti diretti limitati sulla sostenibilità dello sviluppo, deve prendere parte a questo impegno.

In particolare, il settore creditizio gioca un ruolo fondamentale nell’orientare ed incentivare le scelte degli altri attori con le proprie. L’adozione di comportamenti rispettosi dell’ambiente da parte delle banche può infatti innescare un efficace processo di diffusione di valori etico-ambientali negli altri operatori economici7. Per questo motivo, già da alcuni anni le banche hanno sviluppato una certa sensibilità al tema ambientale. Attenzione che le ha portate ad intraprendere diverse iniziative in ordine sia al loro impatto diretto che indiretto sull’ambiente. Per quanto riguarda l’impatto diretto8 (cioè quanto inquina la banca con la sua attività) bisogna innanzitutto sottolineare che le banche, rispetto alle realtà

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Nel settore bancario e creditizio sono di maggiore interesse non tanto gli impatti ambientali direttamente generati dallo svolgimento delle attività ordinarie, quanto piuttosto quelli ascrivibili alle imprese-clienti. È ormai condivisa da molti la convinzione che, la concessione di finanziamenti selezionata sulla base del livello di inquinamento possa indurre le imprese ad adottare iniziative volte a migliorare le proprie performance ambientali.

8 Al punto 6.2 “Aspetti ambientali diretti” dell’allegato VI del Regolamento (CE) n° 761/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 si legge “Si annoverano tra questi aspetti le attività dell’organizzazione sotto il suo controllo gestionale; essi possono includere (elenco non esaustivo):

a) emissioni nell’aria b) scarichi nell’acqua

c) limitazione, riciclaggio, riutilizzo, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi e di altro tipo, specialmente dei rifiuti pericolosi

d) uso e contaminazione del terreno

e) uso delle risorse naturali e delle materie prime (compresa l’energia) f) questioni locali (rumore, vibrazioni, odore, polvere, impatto visivo, ecc.) g) questioni di trasporto (per le merci, i servizi e i dipendenti)

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industriali, durante lo svolgimento della propria attività hanno un esiguo impatto sull’ambiente; infatti l’inquinamento ambientale da esse prodotto riguarda soprattutto i consumi di carta (la cui produzione è fortemente inquinante e rischia di mettere a repentaglio la sostenibilità delle foreste), di energia elettrica e riscaldamento. Per questo motivo, al fine di ridurre il proprio impatto diretto sull’ambiente, gli istituti di credito prestano particolare attenzione:

− alla riduzione dell’uso della carta negli uffici, attraverso l’implementazione di una rete Intranet in grado di collegare tutti i dipendenti dell’istituto di credito;

− al riciclaggio dei rifiuti, in particolare della carta e del materiale hardware; − alla riduzione dei consumi energetici con l’installazione di opportuni sistemi

di illuminazione, di riscaldamento e refrigerazione dei locali;

− alla riduzione delle emissioni inquinanti dei mezzi di trasporto attraverso l’introduzione del tele-lavoro o lo sviluppo della banca telematica;

− …

Perseguendo obiettivi quali:

• promuovere la propria immagine verso la clientela;

• migliorare la comunicazione con enti, istituzioni e opinion leader; • migliorare il dialogo con i vari stakeholder;

• fidelizzare la clientela;

• ampliare la quota di mercato;

• rafforzare il legame con il territorio di appartenenza; • accrescere la propria trasparenza;

• monitorare e valutare le proprie performance ambientali;

gli istituti di credito, in alcuni casi, hanno provveduto alla redazione del bilancio ambientale9 e/o hanno intrapreso un percorso di certificazione ambientale, in

h) rischio di incidenti ambientali e di impatti sull’ambiente conseguenti, o potenzialmente conseguenti, agli

incidenti e situazioni di potenziale emergenza i) effetti sulla biodiversità”.

9 La Fondazione ENI Enrico Mattei definisce il bilancio ambientale come “uno strumento contabile in grado di fornire un quadro organico delle interrelazioni dirette tra impresa e ambiente naturale, attraverso

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linea con il Regolamento EMAS 761/200110 o con lo standard ISO 1400111, che permette loro di valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali perseguendo l’obiettivo di una crescita economica sostenibile.

Come sopra accennato, la prospettiva più interessante della relazione banca-ambiente è rappresentata dall’impatto ambientale indiretto dell’istituto di credito (dalla banca infatti dipende il finanziamento dell’investimento delle imprese affidate, che può essere potenzialmente pericoloso per l’ambiente). Prima di procedere con la trattazione, è utile chiarire che cosa si intenda per “aspetto ambientale indiretto”. Secondo il Regolamento EMAS 761/2001, l’aspetto ambientale indiretto è quello generato da un’attività produttiva o di erogazione di servizi sul quale non è possibile esercitare un controllo completo, dato che chiama in causa il comportamento messo in atto da un soggetto esterno all’impresa12. Le banche, quindi, con il loro operare possono innescare nei vari

l’opportuna rappresentazione dei dati quantitativi e qualitativi relativi all’impatto generato dalle attività produttive e dello sforzo economico e finanziario sostenuto dall’impresa per la protezione dell’ambiente”. 10 Il sistema comunitario di eco-gestione e audit (EMAS: Eco-Management and Audit Scheme) è uno strumento volontario proposto dalla Comunità Europea, rientrante tra quelli attivati nell’ambito del V Programma d’azione europeo a favore dell’ambiente, al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (imprese; enti pubblici;..), aventi sede nel territorio della Comunità Europea o al di fuori di esso, per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni su una corretta gestione ambientale. Scopo di EMAS è quindi quello di contribuire alla realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile, evidenziando il ruolo e le responsabilità delle imprese. L’obiettivo perseguito consiste nel promuovere miglioramenti continui delle prestazioni ambientali delle organizzazioni mediante: l’introduzione e l’attuazione da parte delle organizzazioni di un sistema di gestione ambientale; la valutazione sistematica, obiettiva e periodica dell’efficacia di tale sistema; l’informazione sulle prestazioni ambientali e un dialogo aperto con il pubblico ed altri soggetti interessati (attraverso, ad esempio, la pubblicazione di una dichiarazione ambientale); la partecipazione attiva, e la conseguente formazione, dei dipendenti dell’organizzazione al sistema di gestione ambientale suddetto.

Il primo Regolamento EMAS n° 1836 è stato emanato nel 1993, sostituito poi nel 2001 dal Regolamento n° 761, a sua volta sostituito nel 2009 dal Regolamento 1221.

11 Lo standard internazionale ISO 14001, progettato per aiutare le imprese a mantenere alto il valore del business e gestire efficacemente la responsabilità ambientale, è un sistema di gestione riconosciuto a livello mondiale che fornisce una struttura per la gestione delle prestazioni ambientali. Attraverso l’implementazione di una solida gestione ambientale l’impresa può: ridurre la quantità di rifiuti prodotti; migliorare la propria efficienza, a seguito della riduzione degli sprechi e dei consumi di energia; ridurre i costi ambientali e di gestione; soddisfare le crescenti aspettative dei clienti in termini di responsabilità sociale d’impresa; accrescere la fiducia degli stakeholder; dar prova del rispetto dei requisiti legislativi in tema ambientale.

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Al punto 6.3 “Aspetti ambientali indiretti” dell’allegato VI del Regolamento (CE) n° 761/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 si legge “A seguito delle attività, dei prodotti e dei servizi di un’organizzazione possono riscontrarsi aspetti ambientali significativi sui quali essa può non avere un controllo gestionale totale.

Essi possono includere (elenco non esauriente):

a) questioni relative al prodotto (progettazione, sviluppo, trasporto, uso e recupero/smaltimento dei rifiuti),

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soggetti economici comportamenti virtuosi. La tematica “ecologica” può infatti influenzare le istituzioni finanziarie e creditizie:

a) nella selezione degli interlocutori;

b) nella valutazione del merito di credito (le banche possono essere indotte a predisporre delle linee di finanziamento ad hoc a favore delle imprese più ecologiche, quali ad esempio quelle che producono prodotti a marchio ecolabel. Si pensi al riguardo, all’emissione di obbligazioni green con cui è possibile raccogliere fondi destinati all’erogazione di prestiti a tassi agevolati a favore di imprese impegnate nella qualifica ambientale);

c) nella valutazione del rischio ambientale (il quale, in fase di valutazione delle attività di impresa, rappresenta un’importante indice di solidità e impegno. Fino a qualche anno fa, la valutazione e la gestione del rischio ambientale nelle procedure di affidamento del credito, intese come misurazione dei rischi finanziari, legali, di immagine e di reputazione, veniva valorizzato soprattutto, se non addirittura in via esclusiva, nei confronti di imprese operanti in settori ad alto rischio ambientale, quale ad esempio il settore petrolchimico. I rischi ambientali sono particolarmente insidiosi quando le imprese affidate hanno una dimensione media o piccola, in quanto in queste realtà le competenze sulle tematiche ambientali sono spesso carenti. A complicare le cose si aggiunge il fatto che in un contesto economico caratterizzato prevalentemente da imprese medio-piccole individuare il responsabile dell’inquinamento risulta piuttosto difficile, ciò per contro va a disincentivare il rispetto delle regole. Le banche si trovano in difficoltà nel valutare i rischi ambientali, in quanto il monitoraggio caso per caso di questi

c) nuovi mercati,

d) scelta e composizione dei servizi (ad esempio, trasporti o ristorazione), e) decisioni amministrative e di programmazione,

f) assortimento dei prodotti,

g) bilancio e comportamenti ambientali degli appaltatori, dei subappaltatori e dei fornitori.

Le organizzazioni devono poter dimostrare che gli aspetti ambientali significativi associati alle loro procedure d’appalto sono stati identificati e che gli impatti importanti ad essi collegati sono trattati nel loro sistema di gestione. L’organizzazione dovrebbe cercare di assicurare che i suoi fornitori e coloro che agiscono per suo conto si conformino alla politica ambientale dell’organizzazione quando svolgono le attività oggetto del contratto.

In caso di aspetti ambientali indiretti un’organizzazione deve esaminare l’influenza che essa puo` avere su questi aspetti e le possibili misure per ridurne l’impatto.”

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rischi risulterebbe troppo oneroso. Per cui, al fine di superare questi problemi, sono stati messi a punto dei modelli di scoring che in base a certe caratteristiche oggettive, come quelle territoriali o settoriali, attribuiscono un punteggio presuntivo di rischio ambientale a ciascuna piccola-media impresa; in questo modo saranno soggette ad un’analisi più approfondita solo quelle imprese che hanno superato una data soglia di rischio presuntivo)13. A tal fine questi istituti possono avvalersi di strumenti quali:

• la predisposizione di un albo dei fornitori utile per l’approvvigionamento dei prodotti più ecologici;

• l’attuazione di campagne di sensibilizzazione degli interlocutori interni ed esterni;

• la realizzazione di siti web interamente dedicati all’ambiente e alla sicurezza; • il reperimento delle informazioni sulla politica ambientale dei clienti;

• il diniego di finanziamento di fronte ad iniziative dannose per l’ambiente; • la creazione di fondi etici e/o fondi ambientali;

• …

In particolare, questa maggiore attenzione da parte delle istituzioni finanziarie e creditizie ai comportamenti ambientali delle aziende clienti prende avvio dall’esempio americano, in cui vige un sistema di responsabilità del finanziatore nei confronti del soggetto finanziato14. Negli USA la banca è quindi “in qualche modo” responsabile della condotta tenuta dal soggetto da lei finanziato. Questa responsabilizzazione induce l’istituto di credito a prestare una crescente attenzione e ponderazione nella scelta dei soggetti da finanziare; infatti, investire in un’azienda esposta al rischio di causare danni ambientali o di incorrere in

13 L’adozione di una politica del credito nel cui ambito il rischio di insolvenza viene valutato considerando anche il rischio ambientale a carico dei soggetti finanziati (i quali possono subire una forte riduzione della capacità di rimborso qualora siano tenuti ad effettuare onerosi risarcimenti), permette di contenere gli effetti negativi che si ripercuotono sul sistema bancario a causa di errate, o addirittura assenti, gestioni ambientali delle imprese clienti, e di incanalare il risparmio verso gli impieghi più sostenibili.

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Mentre negli Stati Uniti e in alcuni Paesi del nord Europa la giurisprudenza ha sancito in alcuni casi il principio di responsabilità indiretta del finanziatore dell’investimento che ha provocato i danni ambientali; nell’Unione Europea il legislatore ha previsto il principio della responsabilità oggettiva di colui che inquina che deve pertanto risarcire i danni anche in assenza di prove di dolo o colpa, purché il nesso causa-effetto sia dimostrabile, il che accresce considerevolmente il rischio indiretto delle banche.

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sanzioni penali e amministrative a causa di non conformità alle normative vigenti può essere fonte di significative passività economiche.

Alla luce di quanto sopra, un numero crescente di istituzioni finanziarie e creditizie, operanti anche sul territorio comunitario, hanno intrapreso azioni volte a selezionare gli investimenti in base a criteri di efficienza ambientale, contribuendo così alla sensibilizzazione degli operatori economici circa la questione ambientale. Inoltre risulta opportuno sottolineare che il sistema creditizio è sempre più disponibile a finanziare aziende attive sul fronte della riduzione dell’inquinamento (quali ad esempio le aziende operanti nel settore di smaltimento rifiuti oppure quelle produttrici di tecnologie di abbattimento).

A questo tipo di iniziative si sono recentemente affiancati (a partire dal 2001), anche nel nostro Paese, i primi interventi a favore delle aziende che intraprendono azioni di miglioramento ambientale.

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Molte tra le più importanti banche del mondo (tra cui troviamo a livello nazionale Unicredito e Monte dei Paschi di Siena) hanno ufficializzato il loro impegno nella promozione dello sviluppo sostenibile con la sottoscrizione della

IMPATTO AMBIENTALE

Banca

INDIRETTO (molto rilevante) - predisposizione di un albo fornitori; - attuazione di campagne di sensibilizzazione dei vari interlocutori;

- predisposizione di linee di finanziamento ad hoc per le imprese più ecologiche; - diniego di finanziamento di fronte ad iniziative dannose per l'ambiente;

- ... DIRETTO

(poco rilevante)

- riduzione dell'uso della carta, mediante l'implementazione di una rete Intranet;

- riciclaggio dei rifiuti; - riduzione dei consumi energetici, attraverso l'installazione di opportuni sistemi di illuminazione, riscaldamento e refrigerazione dei locali; - ....

Redazione del bilancio ambientale. Percorso di certificazione

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Dichiarazione UNEP “Statement by Financial Institutions on the Environment

and Sustainable Development ”, emanata a Rio de Janeiro nel 199215. Questa dichiarazione riconosce la tutela dell’ecosistema come una forma di responsabilità collettiva a cui nessuna impresa deve sottrarsi; in particolare invita le imprese operanti nel settore creditizio ad attuare una gestione ambientale consapevole e proattiva sia sul piano diretto (assicurare che nelle proprie operazioni interne si applichino i metodi migliori del management ambientale compresi l’utilizzo efficiente dell’energia, il riciclaggio e la riduzione dei rifiuti; sviluppare le relazioni d’affari con partner, fornitori e aziende contraenti sulla base di parametri ambientali altrettanto elevati) che indiretto (riconoscere che l’identificazione e la quantificazione dei rischi ambientali devono essere parte delle normali verifiche di valutazione e di gestione del rischio; attuare, quando ritenuto opportuno, una valutazione di impatto ambientale; sviluppare prodotti e servizi bancari favorevoli alla protezione dell’ambiente).

A livello nazionale, in conformità al credo soggiacente alla Dichiarazione UNEP, l’UniCredito e la Monte di Paschi di Siena hanno firmato, nel 2000, un Protocollo d’Intesa con il Ministero dell’Ambiente, nel quale viene ribadita la centralità della variabile ambientale elevata ad elemento competitivo e di successo per l’azienda. Sotto quest’ottica si desume la rilevanza dell’attuazione non solo di interventi a difesa del patrimonio naturale, ma anche di opere di sensibilizzazione delle imprese di piccole e medie dimensioni circa la tematica ambientale. Procediamo quindi con l’esaminare gli strumenti finanziari attivati, rispettivamente da Unicredito e da Monte dei Paschi di Siena, a beneficio delle aziende non bancarie.

Per quanto riguarda Unicredito si segnala:

• il “green bond”, un prestito obbligazionario sottoscritto da grandi imprese (soprattutto multinazionali) al fine di far affluire alla Banca fondi ad un costo di poco inferiore a quello applicato su operazioni di approvvigionamento analoghe quanto a durata; fondi che saranno utilizzati per erogare

15 Nei primi anni del 2000 le banche aderenti alla Dichiarazione UNEP (United Nations Environmental Programme) erano più di 170 e rappresentavano ben 45 Paesi.

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finanziamenti agevolati ai fornitori, di piccole e medie dimensioni, dei sottoscrittori del prestito obbligazionario in questione. Così facendo questi soggetti di dimensioni ridotte possono far fronte alle esigenze finanziarie connesse al processo di certificazione ambientale (un percorso di certificazione comporta degli oneri che spesso molte piccole e medie imprese non sono in grado di sostenere). Attraverso il green bond non solo si consolida il rapporto esistente tra i sottoscrittori e le imprese beneficiarie, ma viene data maggior visibilità pubblica a tutti e tre i soggetti coinvolti (i sottoscrittori beneficiano della visibilità offerta dal Ministero dell’Ambiente, UCI e UNEP; la banca acquisisce visibilità presso gli organismi istituzionali come soggetto in grado di influenzare positivamente le strategie industriali delle imprese; i beneficiari acquistano visibilità pubblica, una visibilità che prima non avevano).

• la “Formula A” studiata per le piccole e medie imprese che intendono attivare un sistema di gestione ambientale. Questa forma di sostegno si articola in tre prodotti distinti, ma al contempo integrati tra loro, che sono:

1) prestito agevolato per le imprese minori, di qualunque settore; 2) prodotti assicurativi per i danni ambientali;

3) assistenza consulenziale in campo ambientale (es: analisi ambientale iniziale; assistenza nella definizione della politica ambientale, delle procedure di sistema e delle procedure operative del sistema di gestione ambientale; assistenza nell’audit; assistenza nella stesura della dichiarazione ambientale funzionale per la registrazione EMAS).

• il “Global Environmental & Ethical Fund” è un fondo di natura etica, creato dalla controllata Pioneer Investment Sgr, che investe in titoli azionari e strumenti finanziari selezionati in funzione del grado di responsabilità etico-ambientale delle società emittenti. A tal fine il Comitato Etico, creato nel 2002, ha previsto una serie di criteri negativi di esclusione (sono in ogni caso escluse le imprese operanti nei settori: militare, del tabacco, della produzione di alcolici, dell’energia nucleare, delle armi da fuoco e del gioco d’azzardo) e una serie di criteri positivi di selezione delle imprese che

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adottano politiche proattive nella gestione ambientale e basate sul rispetto dei diritti umani.

Per quanto riguarda invece Monte dei Paschi di Siena, le iniziative/prodotti da lei attivati sono:

• finanziamenti agevolati a coloro che intendono attuare azioni a salvaguardia del patrimonio naturale, assistiti dalla garanzia del Fondo Europeo Investimenti;

• “Focus Ambientale”, un prestito abbinato ad una polizza assicurativa sul rischio ambientale volto ad aiutare le piccole e medie imprese nel sostenimento dei costi relativi alla certificazione;

• “Ambiente Sicuro”, un pacchetto volto ad aiutare le aziende del settore agroalimentare e agroindustriale nell’ottenimento della certificazione ambientale. Questo pacchetto si compone di tre servizi:

1) erogazione di un prestito; 2) copertura assicurativa;

3) servizi di consulenza da parte di operatori altamente qualificati.

• “Ducato Ambiente”, fondo etico che investe in società rispettose dell’ambiente e dei diritti dell’uomo. Gli investimenti vengono selezionati in base a principi etici, di tutela dell’ambiente e corporate responsibility, fissati da un comitato scientifico consultivo che affianca il team di gestione del fondo.

• “Ducato Civita”, fondo etico che investe in titoli azionari ed obbligazionari emessi da società rispettose dell’ambiente e dei diritti dell’uomo; parte dei ricavi conseguenti alla gestione del fondo vengono usati per finanziare le iniziative coordinate dall’Associazione Civita volte alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale.

• “MPS - Banca Verde ” (società controllata originariamente chiamata Istituto Nazionale di Credito Agrario) rappresenta oggi il vero braccio operativo del Gruppo bancario MPS per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia dell’ambiente. La sua missione consiste nel divenire per il Gruppo MPS il

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centro di eccellenza per la progettazione e la messa in rete di servizi consulenziali e di prodotti finanziari specifici. A tal riguardo:

− cura la progettazione e l’erogazione di finanziamenti a medio e lungo termine nel settore dell’ambiente e dell’agricoltura;

− fornisce servizi consulenziali riguardo ad aspetti tecnici, fiscali ed assicurativi associati ad interventi finanziari dell’UE;

− assiste le imprese e gli enti pubblici nella determinazione di soluzioni progettuali, riguardanti linee di produzione e processi produttivi, in grado di determinare significativi miglioramenti delle tecnologie esistenti sul piano qualitativo e nel rispetto delle esigenze ambientali e della tutela del territorio, anche al fine dell’implementazione nelle piccole e medie imprese di sistemi di gestione ambientale.

3. Finanza etica

Oggigiorno sempre più spesso sentiamo parlare di “finanza etica”, ma che cos’è? E soprattutto da dove nasce la finanza etica? Innanzitutto preme sottolineare la natura dinamica del rapporto esistente tra finanza ed etica. Un rapporto che ha subito profondi cambiamenti nel corso del tempo. In un primo momento questi due concetti erano considerati estranei ed inconciliabili tra loro tanto che, dai tempi di Aristotele fino al Medioevo, l’esistenza di un interesse nel prestito di denaro (indipendentemente dalla sua entità) era considerato “usura”. In un secondo tempo, con il trascorrere dei secoli, la remunerazione per l’uso del denaro è stata riconosciuta legittima; ed è proprio grazie a questo cambiamento di prospettiva che l’economia ha potuto sbocciare e proliferare. Negli anni più recenti si è assistito ad un nuovo cambiamento del rapporto esistente tra finanza ed etica. Come è stato denunciato da più parti (si ricorda al riguardo lo stesso intervento del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, al termine

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dell’anno 200016), oggi si assiste ad un uso estremizzato del risparmio sempre più avulso dall’economia reale. Al giorno d’oggi, a seguito della finanziarizzazione dell’economia, l’obiettivo perseguito dal risparmio è quello di accrescere il più possibile e in tempi rapidi il capitale e non più, come invece accadeva in passato, quello di supportare lo sviluppo delle attività di produzione e del commercio (attraverso l’investimento l’individuo persegue il solo obiettivo di migliorare il proprio benessere finanziario, e non più quello di contribuire al miglioramento del benessere sociale). È proprio a seguito di questo “scollamento”, insostenibile per la società civile, tra uso del denaro e crescita economica generalizzata che emerge la necessità di finanza etica.

Ma che cos’è la finanza etica? Innanzitutto è opportuno premettere che ad oggi non esiste una definizione univoca di finanza etica, né tanto meno un quadro legislativo di riferimento a livello internazionale; per questo motivo, a seconda del significato attribuito a questa espressione, possono essere ricompresi prodotti ed attori molto diversi tra loro. Detto questo, possiamo procedere nel dire che la

finanza etica è quel pensiero economico contemporaneo che ha come fine l’uso

del denaro come mezzo e non come scopo, avendo a riferimento la persona umana. In altre parole, la finanza etica è un modo di fare finanza rispettoso dell’ambiente e dell’uomo, che tiene conto di tutto il ciclo di utilizzo del denaro. Essa rappresenta un vero e proprio approccio alternativo all’idea tradizionale di finanza in quanto, senza ripudiarne i meccanismi di base (es: attività di intermediazione; raccolta e prestito di denaro;..), ne riformula i valori di riferimento, e cioè:

• la persona e non il capitale; • l’idea e non il patrimonio;

• l’equa remunerazione dell’investimento e non la speculazione.

Più specificatamente la Finanza etica, considerando come parametro di riferimento oltre al rischio e al rendimento anche il riflesso dell’investimento

16 Con le seguenti parole Antonio Fazio denuncia il pericolo sotteso all’eccessiva finanziarizzazione dell’economia “nell’attuale economia globale per ogni 1000 £ di capitale investito in attività produttive, vi sono 6000£ investite in attività finanziarie non produttive, vale a dire aventi natura genericamente speculativa”.

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sull’economia reale, intende modificare i comportamenti finanziari in senso più sociale e finanziare tutte le attività coerenti con uno sviluppo “umanamente ed ecologicamente” sostenibile; quali ad esempio:

• il settore non profit;

• il commercio equo e solidale; • l’agricoltura biologica;

• la produzione eco-compatibile;

• e più in generale tutte quelle attività imprenditoriali che producono sul territorio un beneficio sociale ed ambientale (imprese CSR).

Quindi questo nuovo modo di fare finanza non nega i meccanismi economici tradizionali, ma semplicemente li lega a scelte di valore in merito allo sviluppo futuro della società17, proponendo sia ai risparmiatori che agli investitori di aderire a valori comuni riconosciuti, condivisi e perseguiti con coerenza.

Secondo un’impostazione più rigida, affinché un prodotto finanziario possa essere definito “etico” deve necessariamente rispettare tre criteri afferenti:

1) la raccolta del denaro; 2) l’impiego del denaro;

3) il comportamento complessivo dell’intermediario.

Per quanto riguarda la raccolta di denaro, il primo criterio si riferisce al fatto che il risparmiatore etico tende a rendere il proprio gesto di risparmio un fattore di utilità collettiva; infatti l’investitore non punta solo al ritorno economico, ma anche a favorire attività con requisiti di responsabilità sociale ed ambientale. Per queste ragioni il risparmio raccolto presenterà delle caratteristiche peculiari in termini di destinazione e di livello di remunerazione. Secondo un’impostazione rigida, affinché un prodotto sia considerato etico è quindi necessario che venga provato il rigore morale della provenienza del denaro, oltre che la sua veicolazione verso investimenti con valenza sociale.

17 Il Manifesto della Finanza etica, documento promosso dall’Associazione Finanza Etica in occasione del Convegno “Verso una carta d’intenti per la finanza etica italiana” del 1998, afferma al punto 1 che la finanza eticamente orientata finanzia attività di promozione umana, sociale e ambientale, valutando i progetti col duplice criterio della vitalità economica e dell’utilità sociale.

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Per quanto concerne il secondo criterio, un prodotto può essere definito etico quando la politica degli impieghi è rivolta soprattutto a valorizzare le persone, in conformità a quanto indicato nel Manifesto della Finanza Etica18.

Infine per quanto riguarda l’ultimo criterio, per poter effettivamente parlare di finanza etica è necessario che non solo l’operatività del singolo investimento, ma anche l’intero comportamento economico dell’intermediario sia conforme a determinati criteri etici19. Quindi, secondo un’impostazione rigida, non rientrano nel concetto di finanza etica né i comportamenti caritatevoli che gli operatori economici pongono in essere per esigenze di immagine o per poter godere di vantaggi fiscali; né gli investimenti presentati come etici da investitori tradizionali che, senza modificare la propria filosofia di fondo, fanno ciò al solo fine di coprire un’ulteriore nicchia di mercato.

Questo approccio sistematico per la valutazione dei prodotti finanziari etici può essere integrato dall’introduzione di altri tre criteri:

1) criterio di esclusione, volto ad escludere tutti coloro che per il loro comportamento complessivo non possono partecipare ad alcun titolo (investitore, intermediario o beneficiario) al programma di finanza etica;

2) criteri di priorità, in una scala di valori socialmente apprezzabili;

3) criterio basato sulla costruzione di uno schema metodologico, definito e condiviso, su cui modellare il proprio comportamento.

Come visto sopra, in tempi recenti si è andato ad affermare un concetto di etica nuovo, diverso da quello vigente in passato, che amplia la sua visuale e rivolge la sua attenzione allo sviluppo umanamente ed ecologicamente sostenibile a livello

18

Al punto 6 del Manifesto della Finanza Etica si legge “La finanza eticamente orientata ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale e ambientale. Individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi preferenziali, introducendo nell’istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale e ambientale. Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell’ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili .”

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Il punto 7 del Manifesto della Finanza Etica recita “La finanza eticamente orientata richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l’attività. Qualora invece l’attività di finanza etica fosse soltanto parziale, è necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In ogni caso l’intermediario si dichiara disposto ad essere ‘monitorato’ da istituzioni di garanzia dei risparmiatori”.

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globale (i valori della persona e dell’ambiente devono guidare il comportamento complessivo dell’istituzione). In passato il concetto di etica era più ristretto; più precisamente era considerato etico operare per uno sviluppo sociale ed economico del proprio territorio, sensibilizzare la gente alla cultura del risparmio, nonché consentire ai piccoli artigiani di accedere ai canali del credito senza ricorrere necessariamente agli usurai. Questo concetto di etica portò così alla nascita, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, delle prime banche mutualistiche; istituzioni che contribuirono fortemente al riscatto delle economie locali, in particolar modo di quelle rurali.

Negli anni recenti questo riferimento alla solidarietà, proprio dei vecchi statuti “mutualistici”, è scomparso a seguito del raggiungimento degli originari obiettivi sociali. Obiettivi che, oggi, non possono essere rielaborati in senso etico, in quanto gran parte dell’azionariato delle banche mutualistiche è profit-oriented. Gli azionisti si sono trasformati in investitori ed in quanto tali rivolgono la loro attenzione non più agli scopi mutualistici, che un tempo muovevano l’istituzione, ma alla redditività dell’investimento azionario. Le banche tradizionali, anche se di origine mutualistica, non sono quindi in grado di elaborare un nuovo concetto di etica, nel quale sono i valori della persona e dell’ambiente a guidare il comportamento complessivo dell’istituzione. Nel XX secolo, l’esigenza prepotente di solidarietà in campo finanziario ha portato così alla nascita di nuove istituzioni:

• fondi comuni etici; • banche etiche; • micro-credito.

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MANIFESTO DELLA FINANZA ETICA

L’economia e la finanza eticamente orientate si pongono domande e cercano risposte sulle conseguenze delle azioni economiche. Quali conseguenze comporta una attività produttiva o finanziaria per la vita delle persone, per il bene comune, per l’ambiente naturale ?

La finanza etica:

1. Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano: non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell’etnia o della religione e neanche sulla base del patrimonio curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati. Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale ed ambientale, valutando i progetti con il duplice criterio della vitalità economica e della utilità sociale. Le garanzie sui crediti sono un’altra forma con cui i partner si assumono la responsabilità dei progetti finanziati. La finanza etica valuta, al pari delle garanzie di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di garanzie personali, di categoria o di comunità che consentono l’accesso al credito anche alle fasce più deboli della popolazione.

2. Considera l’efficienza una componente della responsabilità etica: non è una forma di beneficenza: è un’attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile. L’assunzione di responsabilità, sia nel mettere a disposizione il proprio risparmio, sia nel farne un uso che consenta di conservarne il valore, è fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità.

3. Non ritiene legittimo l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro: il tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell’utilizzo del risparmio, una misura dell’impegno a salvaguardare le risorse messe a disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetto vitali. Di conseguenza il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, è diverso da zero, ma va mantenuto il più basso possibile, sulla base di valutazioni economiche, ma anche sociali ed etiche.

4. E’ trasparente: l’intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento dell’istituzione finanziaria e le sue decisioni d’impiego e di investimento.

5. Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell’impresa non solo da parte dei

soci, ma anche dei risparmiatori: le forme possono comprendere sia meccanismi

diretti di indicazione delle preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di partecipazione alle decisioni. La finanza etica è così portatrice di un messaggio forte e coraggioso di democrazia economica.

6. Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed

ambientale: individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi privilegiati,

introducendo nell’istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale ed ambientale. Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell’ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili.

7. Richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta la attività: qualora invece l’attività finanziaria eticamente orientata fosse soltanto parziale, è necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In ogni caso l’intermediario si dichiara disposto ad essere monitorato da istituzioni di garanzia dei risparmiatori.

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4. Fondi etici

La diffusione dell’investimento indiretto sul mercato azionario ha portato alla nascita della figura degli investitori istituzionali (es: società assicurative; fondi pensione; fondi di investimento; società di gestione del risparmio;…), operatori economici chiamati ad amministrare il risparmio di molte persone che altrimenti non avrebbero né il tempo né le competenze necessarie per gestire adeguatamente i propri capitali.

È all’interno di questa categoria di operatori economici che troviamo i cosiddetti

fondi etici; cioè fondi comuni di investimento che orientano la scelta di impieghi

azionari ed obbligazionari verso criteri di selezione collegati a parametri di sostenibilità socio-ambientale20. I fondi etici nascono negli Stati Uniti attorno agli anni ’2021, ma è solo con gli anni ’60-’70 che si assiste ad una loro espansione. L’emersione di scandali finanziari, la graduale presa di coscienza in ordine a problemi ambientali e problemi riguardanti le minoranze hanno generato delle precise richieste nei confronti sia della classe politica che delle imprese (negli USA, quest’ultime controllano buona parte dell’economia)22. È proprio a seguito di questa consapevolezza circa l’esistenza di esternalità di mercato, che l’investimento etico inizia ad essere visto come un mezzo utile a correggere e migliorare il funzionamento del mercato23. Un mezzo che è chiamato a fare i conti con il problema implicito della volontarietà delle scelte etiche; problema evidente soprattutto in Paesi, come gli Stati Uniti, a forte tradizione laica e liberale. Si fa però strada l’idea secondo cui, il comportamento etico volontario

20 Rientrano nella categoria dei fondi etici anche i cosiddetti fondi verdi, cioè quei fondi che, prestando particolare attenzione alle problematiche ambientali, privilegiano investimenti in imprese impegnate nel rispetto della natura e/o attive nei settori dell’ecologia, dell’energia alternativa e della sanità.

21

Il Pioneer Fund è stato il primo fondo comune etico creato. Si occupava della gestione degli investimenti finanziari di alcune istituzioni religiose statunitensi, evitando l’acquisto di titoli emessi da imprese operanti in settori collegati ai vizi umani (alcool, tabacco, gioco d’azzardo).

22 Questa attenzione del mondo della finanza ai problemi etici, fu vista da alcuni come una risposta di semplice marketing nata negli USA e poi diffusasi anche in Europa. Dopo anni di depressione delle borse, dovuta in parte a congiuntura sfavorevole e in parte ai grandi scandali finanziari di quei tempi, si rese necessario proporre ai clienti qualche cosa di nuovo. Dal momento che i risparmiatori americani, per assicurarsi pensione e benessere in vecchiaia, dovevano ad ogni modo investire in qualcosa, l’idea di marketing fu quella di costituire fondi etici che investissero in titoli di aziende socialmente responsabili. 23 La differenza esistente tra investimento etico e filantropia consiste nel fatto che il primo vuole agire al cuore del sistema economico, invece la filantropia non rientra nel meccanismo del mercato. Nonostante questo, una crescita assai diffusa di determinati atteggiamenti filantropici soggettivi potrebbe creare le condizioni per un pesante mutamento del mercato.

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può essere utile sia alla collettività che agli investitori, in quanto la mancata attenzione alle esternalità potrebbe, ad esempio, creare futuri reclami contro l’azienda che, in un secondo momento, potrebbero tradursi nell’emissione di sanzioni (sotto quest’aspetto, il tener conto delle esternalità che possono gravare in futuro sull’azienda è, in linea di principio, in piena armonia anche con il liberismo più radicale). È sempre in questo periodo che prende avvio un acceso dibattito in ordine alla responsabilità sociale dell’impresa.

Dalla fine degli anni ’70 ad oggi, nonostante una serie di fattori economici e sociali (tra cui: inflazione; crescita della spesa pubblica;…) abbiano dato nuovamente forza alle scuole neoliberiste che enfatizzano il ruolo del mercato e del profitto, avviando così un processo di smantellamento dello stato sociale in molti Paesi industrializzati24, lo sviluppo dei fondi etici non ha subito effetti negativi. Le ragioni di questo comportamento apparentemente anomalo sono da rintracciare nel fatto che:

24 Alcuni studiosi, tra cui Gianfranco Rusconi, ritengono che il fallimento dell’est Europa e dell’URSS (all’interno dei quali fu costruito un modello di stato sociale totalitario dimostratosi nel tempo poco efficiente), hanno fatto in parte dimenticare l’indebolimento dei risultati “tatcheriano” e “reganiano” registrato a partire dalla seconda metà degli anni ‘80.

oppositori

• CAVALLI DI BATTAGLIA:

• efficienza dei mercati finanziari e del libero

mercato in genere;

• diritti dell'azionista.

sostenitori

• PUNTI DI FORZA:

• dovere morale;

• filantropia;

• esternalità;

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• la filantropia è stata quasi sempre promossa e sostenuta anche dagli aderenti alla scuola liberista (secondo la quale, la vera responsabilità sociale dell’impresa è quella di massimizzare i profitti nel rispetto delle regole del gioco), in quanto vista come alternativa più efficiente alla tassazione;

• la presenza di diversi problemi in società estremamente pluraliste, come quella statunitense, ha evidenziato sia l’esigenza di rispondere a diversi interlocutori (che possono in qualche modo minare l’equilibrio dell’impresa), sia la necessità di rispettare doveri di pubbliche relazioni.

A partire quindi dagli anni ’60-’70, si è assistito ad un’evoluzione dell’investimento responsabile; sviluppo scomponibile in quattro tappe:

a) negli anni ‘70, i fondi etici si limitano ad escludere dai loro portafogli gli investimenti in settori industriali considerati non etici (quali: il tabacco; la produzione di armi;…), senza effettuare alcuna selezione delle imprese rientranti nei settori accettati;

b) a partire dalla seconda metà degli anni ‘80, i fondi scelgono le società da inserire nei propri portafogli in base al contributo che esse apportato nel campo socio-ambientale;

c) negli anni ’90, i fondi oltre a promuovere la sostenibilità, intendono perseguire un congruo rendimento finanziario;

d) ad oggi, i fondi selezionano i titoli da inserire nel proprio portafoglio avvalendosi dell’uso integrato di criteri negativi “di esclusione” e di criteri positivi “di inclusione/selezione”. Sotto questo aspetto un ruolo importante è svolto dai criteri contenuti nel documento “Le regole delle regole” del 2002, redatto dall’Osservatorio Finetica25 per sopperire alla lacuna esistente in materia di regolamentazione dei fondi etici.

25 Nel 1998, a seguito di una joint venture tra la Pontificia Università Lateranense e l’Università Bocconi, sono stati creati Finetica (la cui azione è rivolta alla ricerca nel campo della finanza etica e degli investimenti socialmente responsabili) e l’Osservatorio (avente come scopo quello di fornire informazioni al mondo accademico e finanziario sui principi che dovrebbero regolare la finanza etica), i cui obiettivi sono:

• individuare “le regole” in tema di attività finanziaria ed etica che investitori, intermediari o imprese possono tradurre in comportamenti concreti o regole specifiche;

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I fondi etici, a seguito di questo intenso sviluppo (che ha interessato soprattutto il contesto anglosassone, dove vengono distribuiti più dell’80% dei fondi etici esistenti al mondo), sono giunti a gestire un patrimonio superiore al 2% degli asset dei fondi di investimento aperto e prodotti similari nel mondo26. I fondi etici, a differenza degli altri fondi comuni di investimento, hanno come obiettivo quello di conciliare la logica tradizionale del profitto con la responsabilità socio-ambientale. Questa volontaria contrazione degli investimenti possibili, li porta a sostenere tre oneri addizionali:

• valutare l’impatto attuale della dimensione etica della finanza non solo attraverso un’analisi del mercato attuale e potenziale dell’investimento socialmente responsabile, ma anche tramite una definizione propositiva degli indirizzi e dei confini che tale mercato sarebbe opportuno prendesse. L’Osservatorio ha inoltre l’obiettivo di essere al centro del mondo della finanza etica, un mondo in continua evoluzione, attraverso la costituzione di una rete di alleanze e partnership di livello internazionale e di un network informativo aggiornato sulle tendenze in atto e sulle esperienze già esistenti a livello mondiale; organizzare convegni, dibattiti, momenti divulgativi sui temi dell’etica e dell’economia.

26 Nel 2002 il patrimonio gestito dai fondi etici ammontava a quasi 236 miliardi di euro; di cui oltre 1,5 miliardi di euro gestito dagli otto fondi etici presenti in Italia.

CRITERI NEGATIVI

• sono escluse le imprese che operano in Paesi che: non

rispettano i principi fondamentali dell'uomo; sono guidati da un regime oppressivo; non hanno un'adeguata legislazione. • sono altresì escluse le imprese

operanti in settori con produzioni potenzialmente dannose per la salute e per l'ambiente e/o che comportano lo sfruttamento delle persone (es: tabacco; armi; energia nucleare; pesticidi; biotecnologie;...)

CRITERI POSITIVI

• valutazione dell'impatto

dell'impresa sull'ambiente, sulla comunità, sulla politica delle pari opportunità e sulla

comunicazione non obbligatoria per legge;

• analisi dell'output, delle regole interiorizzate per il governo d'impresa e delle problematiche sollevate dal rapporto impresa-dipendenti

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• costi iniziali di transazione per le politiche di esclusione e di “targeting” su titoli già scelti (che vanno ad aggiungersi ai tradizionali costi di transazione imposti dal mercato);

• costi di lungo periodo connessi all’onorario manageriale (l’onere di effettuare anche la ricerca di aziende etiche rende più complesso e costoso il compito di amministrare il fondo);

• crescita del rischio e di tutto ciò che è connesso alla riduzione delle opportunità di investimento e di diversificazione.

Per questo motivo è importante che, in base al principio di trasparenza, il risparmiatore-investitore sia preventivamente informato sulle caratteristiche del portafoglio del gestore e quindi dei vincoli morali che il gestore si autoimpone. In questo modo, ai fini della scelta, l’investitore socialmente responsabile27 potrà valutare se un determinato fondo etico corrisponde o no alla propria personale visione di eticità. Per un maggiore controllo, alcune società di gestione (es: il Sistema Etico del Sanpaolo Imi) si sono dotate di un “comitato etico” che vigila affinché venga mantenuto uno stile di gestione orientato all’eticità e alla responsabilità d’impresa28.

Di fronte a questo intenso proliferare di fondi etici, in particolar modo a partire dagli anni ’90, molti studiosi si sono interrogati sulla possibilità che portafogli comprendenti investimenti orientati al Socially Responsible Investing potessero ottenere performance superiori a quelle del mercato in generale. Molti scettici, in linea con le posizioni di Friedman, ritengono che l’introduzione di vincoli al problema della composizione ottima di portafoglio leda la redditività del fondo, in quanto va a ridurre il numero delle alternative accessibili.

I dati empirici evidenziano tuttavia che le restrizioni non deprimono la redditività dei prodotti etici, essendo questa il frutto dell’abilità dei gestori e di una congrua

27

L’investitore socialmente responsabile, detto più comunemente investitore etico, è la singola persona, famiglia, azienda o organizzazione finanziaria e non che nelle scelte di investimento utilizza, in modo consapevole, oltre ai classici criteri economico-finanziari (rendimento, rischio, liquidità, scadenza, trattamento fiscale,…), altre variabili basate su principi etici, sociali e/o ambientali.

28 Ogni quattro mesi, il comitato etico è chiamato a verificare la rispondenza degli investimenti prescelti ai criteri etici dichiarati nel regolamento dei fondi. Queste valutazioni assumono la veste di un giudizio di conformità espresso a consuntivo, per cui un “asset allocation” non rispettoso della politica di gestione dichiarata risulterà non conforme, a danno della credibilità etica del gestore.

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diversificazione nel paniere di società; anzi in alcuni casi sono emersi profili di rischio-rendimento altamente competitivi e gradi di efficienza talvolta superiori a quelli dei prodotti non socialmente responsabili29. Le iniziative etiche hanno permesso altresì una maggiore fidelizzazione dei clienti.

Questa riscoperta d’interesse al settore azionario da parte delle famiglie ha portato alla creazione di importanti strumenti di valutazione delle performance sostenibili di impresa, tra cui merita citare gli indici di borsa etici. Questi indici riclassificano mediante il ricorso a criteri ambientali e sociali30 i tradizionali indici utilizzati quali benchmark di riferimento dai gestori e dagli investitori. Soltanto il titolo emesso da un’impresa che integra la ricerca del profitto con la salvaguardia della collettività ha il diritto di entrare a far parte di tali indicatori. Confrontando su tempi medio-lunghi l’andamento degli indici etici con quello degli indici generali di borsa è possibile farsi un’idea della performance delle imprese più socialmente responsabili rispetto a quella delle altre imprese31.

Gli indicatori etici presentano però dei limiti:

• le imprese vengono scelte guardando alla visibilità e alla trasparenza con cui trattano le problematiche socio-ambientali, e non all’effettivo contenuto dell’attività (ne consegue la difficoltà di distinguere il quantum di valore creato ascrivibile all’impegno reale da quello invece attribuibile alla politica di comunicazione);

29 Moskowitz, il precursore degli studi afferenti al filone della finanza socialmente responsabile, nel 1972 a partire da un’indagine svolta su un campione di imprese sensibili agli investimenti sociali mostra che l’attenzione posta al comportamento sociale e ambientale delle imprese risulta conveniente, in quanto l’attenzione a quei comportamenti fornisce all’investitore una serie di informazioni rilevanti circa la qualità del management e la presenza di altri elementi in grado di contribuire a migliori performance, più che compensando l’effetto negativo connesso alla riduzione della diversificazione potenziale del portafoglio.

30 Gli indici etici, al fine di sintetizzare l’andamento in borsa delle azioni di società considerate socialmente responsabili, utilizzano: criteri negativi per escludere dall’indice le azioni di società che presentano caratteristiche indesiderate sotto il profilo etico (es: operano nel settore del tabacco, della pornografia,…); criteri di selezione volti a individuare le imprese che si sono distinte per la loro responsabilità sociale.

31 L’indice Sociale Domini 400, introdotto nel 1990 dal fondo americano Domini, è stato il primo indice etico proposto all’attenzione dell’opinione pubblica. Questo indice ha registrato, dal 1990 ad oggi, un andamento sistematicamente migliore di quello dell’indice generale S&P 500. Andamento similare è stato registrato anche dal Dow Jones Sustainability Index e dal FTSE4Good, rispettivamente dal 1993 il primo e dal 1996 il secondo, se messi a confronto con la versione generale del proprio indice borsistico (rispettivamente Dow Jones Globale per il primo; FTSE generale per il secondo).

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151

• la mancanza di lunghe serie storiche di dati ostacola la depurazione del trend dell’indice da componenti cicliche e contingenti.

In conclusione, i fondi etici non solo offrono buone prospettive di ritorno, ma contribuiscono allo sviluppo del senso sociale e a incoraggiare pratiche di business sostenibili. Il fondo infatti, in linea con la propria filosofia di investimento diretta al beneficio della comunità, seleziona le aziende sia sotto il profilo economico che sociale.

5. Banca Etica

Sul finire del XX secolo abbiamo assistito al nascere di nuovi istituti che hanno accresciuto le fila di quella categoria di intermediari finanziari considerati alternativi alla finanza classica; stiamo parlando delle cosiddette Banche Etiche. Tali istituzioni hanno registrato una forte proliferazione sul piano internazionale, perseguendo obiettivi diversi a seconda del contesto in cui si sono radicate. Più specificatamente:

• le banche etiche operanti nei Paesi sviluppati perseguono due ordini di obiettivi, il primo consiste nel finanziare la clientela ritenuta “non bancabile” dagli intermediari tradizionali; il secondo obiettivo consiste nel recuperare, attraverso l’uso consapevole del denaro, un impegno civile, umano ed ambientale che da tempo era caduto nel dimenticatoio a causa del prevaricare di una logica individualista orientata alla massimizzazione del capitale.

• le banche etiche operanti nei Paesi sottosviluppati, ricorrendo all’istituto del micro-credito, si prefiggono invece come obiettivo quello di liberare dalla miseria milioni di persone che vivono, o meglio sopravvivono, al di sotto della soglia di povertà.

Le banche etiche, pur perseguendo obiettivi etici legati allo sviluppo dell’ambiente e alla sua tutela, al commercio equo e solidale, alla salute e al riscatto sociale, devono essere amministrate secondo sani principi economici e finanziari. Si legge infatti al punto 2 del Manifesto della Finanza Etica

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- deve provenire dalla persona che ha la disponibilità del bene giuridico protetto e, quindi, dal paziente; nessuna efficacia giuridica può essere riconosciuta