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SEZIONE I IL SISTEMA DELLA CROSS EXAMINATION NEL CODICE VASSALLI

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SEZIONE I

IL SISTEMA DELLA CROSS EXAMINATION

NEL CODICE VASSALLI

CAP I

DAL MODELLO INQUISITORIO ALL' ACCUSATORIO NELL' ESPERIMENTO DELLA PROVA TESTIMONIALE

1. Premessa: la contrapposizione ideale tra i due modelli sul punto

Il senso più autentico della distinzione tra i due archetipi processuali - per come si esprimono sul piano della ricerca istruttoria - deve cogliersi, secondo un'efficace sintesi, << nei diversi percorsi di formazione della prova, la quale è in un caso prodotta da una ricerca solitaria e segreta, nell'altro modellata dallo scontro di (proposte di) verità e tentativi di falsificazione >>1.

Ne consegue che, laddove si adotti un'impostazione di tipo accusatorio, << la possibilità offerta dal metodo dialettico2 di formazione della prova, di sottoporre a tentativi di falsificazione le verità del processo nel momento stesso in cui esse si formano,

1. Così G. Carofiglio, L'arte del dubbio, Palermo, 2007, p.221.

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costituisce garanzia di resistenza di tali verità, elevando il grado di probabilità che la conclusione dell'induzione giudiziaria sia vera, o (il che è lo stesso) riducendo il grado di probabilità che essa sia falsa >>3. Assodato il presupposto che la contrapposizione tra sistema accusatorio ed inquisitorio, in generale, si enuclea esclusivamente sul piano astratto dei tipi ideali (mentre i sistemi processuali storicamente dati rappresentano delle ibridazioni e sono perciò sempre definiti come misti)4, ci si potrà comunque spingere oltre le suggestive

espressioni riportate in apertura di questo paragrafo, per sondare quale sia - sul piano teorico - l' elemento caratterizzante ciascuno dei due modelli sotto il profilo della formazione della prova dichiarativa.

In linea di massima, si è ritenuto che la dicotomia possa ridursi ad una antitesi terminologica tra segretezza e contraddittorio5,circa l'individuazione di ciò che costituisce il proprium della ricerca della prova.

Per meglio dire, l'inquisitore compie una ricerca autoreferenziale della “verità”, prescindendo dal ricorso al raffronto dialettico tra le parti:

3. Così G. Carofiglio, L'arte del dubbio, loc. cit.

4. Per questo rilievo, vedi amplius V. Fanchiotti, voce Sistema accusatorio e sistema inquisitorio

(dir. comp. e stran.),in Enc. giur. Treccani, vol. XXIX, Roma, 1993, p.1.

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assume cioè le deposizioni testimoniali in segreto, senza avvertire l'esigenza di sottoporre la propria ricostruzione dei fatti al vaglio di accusa e difesa, le quali potrebbero - anzi - intralciare l'indagine unilateralmente condotta. Il verbale delle dichiarazioni raccolte è redatto sulla base della rielaborazione - operata dall'inquisitore in persona a mezzo di libera interpretazione - delle frasi pronunciate dal teste, delle quali si reputa sia il solo capace di catturare il significato più genuino6.

All'esatto opposto, i sistemi di tipo accusatorio si imperniano sui principi del contraddittorio e dell'oralità, che presiedono all'escussione della testimonianza: in particolare, l'oralità - come possibilità per chi ascolta di porre domande e ricevere estemporanee risposte - è coessenziale ad un'efficace valutazione di attendibilità e credibilità del teste, tanto che vale la “regola di esclusione” in virtù della quale ai fini della decisione non sono, in via di principio, utilizzabili le (precedenti) dichiarazioni scritte7.

In conclusione: ad un metodo di ricerca della verità squisitamente dialettico si contrappone la diversa tecnica di accertamento in cui il

6. Per i caratteri della prova testimoniale nel sistema inquisitorio, v. P. Tonini – C. Conti, Il diritto

delle prove penali, cit., p.12, sub. nt. 2.

7. Per i caratteri della prova testimoniale nel sistema accusatorio, v. P. Tonini – C. Conti, Il diritto

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giudice incarna il ruolo di dominus della prova 8.

In relazione ai contrapposti archetipi di sistema accusatorio (proprio degli ordinamenti di common law) e inquisitorio (affermatosi in quelli continentali), si sono storicamente manifestate - in via di prassi - <<due opposte degenerazioni>> : << ad una accentuata passività del giudice statunitense, causata dall'espandersi dei poteri delle parti, fa riscontro il predominio del ruolo attivo del giudice continentale, che costringe le parti a funzioni marginali e subalterne soprattutto nella dinamica delle acquisizioni probatorie >>9.

2. Il Codice Rocco e l'impronta inquisitoria dell'esame

testimoniale

Il sistema del Codice Rocco del 1930, che appare formalmente misto, è nella sostanza ancorato ad una vocazione inquisitoria, che si coglie analizzandone l'impianto: con riferimento, in specie, alla fase dibattimentale, la dottrina ha parlato di “monopolio assoluto” del

8. Cfr. E. Amodio, Il modello accusatorio statunitense e il nuovo processo penale italiano: miti e

realtà della giustizia americana, in E. Amodio, Processo penale diritto europeo e common law (dal rito inquisitorio al giusto processo), Milano, 2003, p.199.

9. Così E. Amodio, Il modello accusatorio statunitense e il nuovo processo penale italiano, loc. cit.

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giudice, vero e proprio dominus dell'esame delle fonti orali10.

In questo contesto, nel quale incombe esclusivamente sul giudice il potere-dovere di assumere le prove al fine dell'accertamento della “verità”, appaiono del tutto residuali la presenza e la partecipazione delle parti, volte piuttosto ad espletare una funzione di formale “controllo” sull'esercizio del potere giudiziale11.

Il Codice Rocco assegnava al giudice (presidente del collegio giudicante o pretore nel rito monocratico) il potere di esaminare direttamente il teste (ex art.448 c.p.p. abr.), aggiungendo poi che le parti e i difensori potevano << per mezzo del presidente o del pretore, fare domande >> (ex art.467 c.p.p. abr.).

Tuttavia, rispetto a tali ultime domande predisposte dalle parti, il giudice fungeva da filtro non solo con riguardo alla legittimità e pertinenza delle medesime, ma anche alla loro semplice opportunità12.

Ciò è confermato, del resto, dalla prassi della concreta incensurabilità in via autonoma dei provvedimenti di diniego dispensati dal giudice: si ammetteva che il suo eventuale errore nel rifiutare la domanda della

10. Vedi G. Frigo, sub. art. 498, in M. Chiavario (coordinato da), Commento al nuovo codice di

procedura penale, vol V, Torino, 1991, p.222 ss.

11. A tal proposito, vedi E. Selvaggi, voce Esame diretto e controesame, in Dig. d. pen., vol. IV, Torino, 1990, p.282.

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parte potesse venire in rilievo soltanto attraverso l'impugnazione del provvedimento conclusivo del processo, qualora ne risultasse in qualche modo viziato13.

Quindi, sulla scorta di tale arbitrario potere, era il presidente stesso a stabilire se potesse essere acquisita o meno una determinata prova14.

Anche laddove optasse per l'ammissione della domanda, come acutamente rilevato in dottrina, questi esercitava comunque << un filtro pesante, sia perché consentiva al teste di preparasi la risposta mentre la parte – soprattutto la difesa – poneva la domanda, sia perché la rielaborazione della domanda da parte del presidente o del pretore avveniva di necessità secondo gli schemi mentali inconsci (sensibilità ed acume psicologico) e consci (giudizio maturato circa il fatto) che gli erano propri >>15.

In particolare: << accadeva, poi, con frequenza che il potere mediatorio si esercitasse attraverso modificazioni e adattamenti della domanda, che ne stravolgevano il senso originario e la deviavano dagli obiettivi del proponente, per coordinarla alle ipotesi e ai

13. In tal senso, v. G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit., sub. nt. 6. 14. Così G. Frigo, sub. art.498, loc. cit.

15. Così A. Mambriani, Esame e controesame delle parti: spunti sistematici, in Arch. n. proc. pen., 1999, p.454.

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programmi … del mediatore >>16.

E' appena il caso di concludere che il presupposto logico-sistematico di tale distorto assetto era rappresentato dall'utilizzabilità degli elementi di prova raccolti nel corso dell'istruttoria e dalla conseguente cognizione di essi da parte del giudice anche prima dell'inizio del dibattimento: non a caso si è parlato di <<... una, per quanto larvata, “forza della prevenzione” che non era istituzionalmente escluso animasse il giudice >>17.

In buona sostanza, l'assunzione delle testimonianze in dibattimento finiva col risolversi in una mera replica - a scopo di rafforzamento - delle prove in precedenza raccolte: ai testimoni non restava che confermare quanto già riferito, onde scongiurare l'arresto subitaneo in udienza e il giudizio “immediato” (del vecchio Codice) per falsa testimonianza18.

16. Così G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.223.

17. Vedi, per questa considerazione, A. Mambriani, Esame e controesame delle parti, loc. cit. 18. Cfr., in tal senso, F. Callari, L'assunzione della testimonianza sulla scena del processo penale:

individuazione dei ruoli, tra giudice e parti, nella conduzione dell'esame dibattimentale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2013, p.1833.

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3. Verso il recepimento del modello adversary19: la nuova

escussione20 dibattimentale

Con riguardo agli esiti del percorso evolutivo in materia, dipanatosi a partire dall'avvento della Costituzione repubblicana e sfociato nel Codice Vassalli del 1988, viene alla mente, in chiave di summa del radicale cambiamento prospettico intervenuto, quanto affermato da autorevole dottrina: nel nuovo processo penale in vigore dal 1989, non si realizza più << un contraddittorio “sulla prova”, cristallizzatasi in una pregressa fase processuale, ma ... il contraddittorio “per una prova”, che deve essere formata attraverso i contrapposti interventi delle parti >>21.

Il più incisivo fattore di superamento del precedente assetto consiste inequivocabilmente nell'adozione dello strumento tecnico assurto a simbolo del modello processuale adversary: l'esame incrociato del

19. << E' adversary il processo nel quale la presentazione e la formazione delle prove viene affidata all'iniziativa delle parti, nell'ambito di un contesto procedurale rigidamente formale, davanti ad un giudice del fatto neutrale e passivo >>. (Così V. Fanchiotti, Sistema accusatorio e

sistema inquisitorio, cit., p.3).

20. << La escussione è la fase centrale del dibattimento, nella quale vengono utilizzate le prove, queste, cioè, vengono impiegate come strumenti per la costruzione della situazione di fatto e così per l'accertamento della verità. Escutere da ex-quotere significa battere, scuotere, in modo che il di dentro esca fuori; […] excutio est... etiam concutere scrutandi et explorandi causa, quindi anche scuotere, dibattere il mezzo di prova affinché la verità che è dentro di esso, ne venga fuori, e diventi pubblicamente manifesta >>. (Così G. Foschini, voce Dibattimento (diritto processuale

penale), in Enc. dir., vol. XII, Milano, 1964, pp.354-355).

21. Così D. Siracusano, voce Prova (III- nel nuovo codice di procedura penale), in Enc. giur.

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teste condotto direttamente ad opera di accusa e difesa, <<cadenzato in fasi separate e specificamente disciplinate>>: un istituto evocato nei dibattiti sulla riforma del processo penale italiano fin dagli anni '6022.

Viene anzitutto in rilievo, a fini esegetici, la legge delega n.81 del 1987 per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale e, in specie, l'art 2 della stessa, connotato dalla previsione secondo cui il c.p.p. deve attuare, nel processo penale, i caratteri del sistema accusatorio. A riguardo, è stato condivisibilmente constatato che il nuovo processo risultante dalla legge delega << rivela un'anima genuinamente accusatoria che convive con non pochi elementi tipici di una tradizione di stampo “europeo” >>23.

Nella direttiva di cui al punto n.73 dell'art. 2 della stessa legge delega è specificamente dettata la prescrizione dell'esame “diretto”24

dei testimoni, << …da parte del pubblico ministero e dei difensori,

22. Così V. Fanchiotti, voce Cross examination, in Enc. giur. Treccani, vol. X, Roma, 1991, p.1. 23. Così E. Amodio, Il modello accusatorio statunitense e il nuovo processo penale italiano, cit., p.220, laddove si intende far riferimento alla tradizione inquisitoria dell'Europa continentale. 24. Espressione utilizzata per significare, nel suo complesso, l'esame svolto ad opera delle parti senza il tramite del giudice. In tal senso, vedi V. Fanchiotti, Cross examination, loc. cit.; analogamente, v. amplius F. Rizzo, voce Esame e controesame, in Dig. d. pen., III Agg., Torino, 2005, p.429, il quale aggiunge che sarebbe << paradossale un'interpretazione restrittiva del termine “esame diretto” utilizzato nella legge delega: la stessa si porrebbe in evidente contrasto con il principio cardine che ha ispirato la riforma codicistica, ossia il metodo dialogico nella formazione della prova >>.

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con garanzie idonee ad assicurare la lealtà dell'esame, la genuinità delle risposte, la pertinenza al giudizio e il rispetto della persona, sotto la direzione e la vigilanza del presidente del collegio (o del pretore), che decidono immediatamente sulle eccezioni >>.

Seguendo la presente linea-guida, il legislatore delegato ha approntato, agli art. 498 e 499 c.p.p. (per il cui approfondito studio v. infra cap II e cap III, sez. I), una disciplina dell'esame incrociato della fonte dichiarativa che - pur non particolareggiata quanto quella dettata nei sistemi di common law - arginasse il rischio di distorsioni derivanti dal trasferimento alle parti dell'iniziativa relativa all'esame dei testimoni. Nel rischio in questione rientra a pieno titolo l'eventualità che una indiscriminata libertà di “esaminare” conduca all'esito di un accertamento non veritiero o comunque lesivo della personalità del dichiarante25.

In ogni caso, avendo riguardo all'impianto del codice Vassalli, si può constatare come il trasferimento alle parti dell'iniziativa in parola risulti, per così dire, sistematicamente necessitato, a motivo della prevista “ignoranza” del giudice dibattimentale circa la vicenda processuale, considerato che egli conosce soltanto gli elementi

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arguibili dal fascicolo del dibattimento (ex art. 431 c.p.p.) e quelli che apprende dall'esposizione introduttiva del pubblico ministero (ex art. 493)26.

Attraverso l'esame “diretto” delle parti, si consentirà poi al giudice di avere cognizione di quante più informazioni possibile e, contestualmente, cogliere tutte le contraddizioni afferenti a ciascuna singola fonte di prova orale, al fine di assumere una decisione adeguatamente ponderata, che sia la “migliore”27.

Un passo decisivo in funzione dell'esaltazione dello strumento tecnico dell'esame incrociato (e, più in generale, verso il definitivo inquadramento entro i ranghi del sistema accusatorio) è stato compiuto mediante la c.d. “costituzionalizzazione dei principi del giusto processo”, realizzata - sul modello del due process of law della tradizione angloamericana - dalla legge di revisione dell'art. 111 Cost., n.2 del 1999.

Interessa, in specie, l'introduzione nel rinnovato testo dell'art. 111 del principio del contraddittorio c.d. “ in senso forte”, cioè in relazione

26. Per questo specifico aspetto, vedi E. Selvaggi, Esame diretto e controesame, cit., p.282. 27. Cfr. F. Rizzo, Esame e controesame, cit., p.430.

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alla materia della prova nel processo penale, affermato dai commi 3 e 4. Tale canone allude, per un verso, al diritto delle parti di concorrere alla formazione degli elementi di prova che saranno posti dal giudice alla base della decisione finale; per altro verso, sotto il profilo della conoscenza giudiziale, eleva il principio dialettico a strumento privilegiato per acclarare i fatti28.

Lo stesso contraddittorio in senso forte non viene poi accolto dal nuovo testo dell'art. 111 Cost. in un significato unitario, ma si destruttura - a propria volta - in un aspetto oggettivo ed in uno soggettivo.29.

In particolare, la prescrizione di natura oggettiva - la quale rileva espressamente ai fini della nostra trattazione - trova espressione nel comma 4 primo periodo, laddove si afferma che il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova: si tratta di un enunciato finalizzato ad attribuire rilievo costituzionale al contraddittorio come metodo di conoscenza dei fatti30.

28. Per queste riflessioni di carattere introduttivo sul tema, cfr. P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle

prove penali, cit., p.35. Gli stessi AA. distinguono il contraddittorio nell'accezione qui richiamata

da quello c.d. “in senso debole”, riferito a tutti i tipi di processo ed affermato dalla prima parte del comma 2 dell'art. 111 Cost., secondo cui il soggetto che subirà le conseguenze del provvedimento giurisdizionale deve essere posto in condizioni di esporre le proprie difese prima dell'emanazione del stesso (cfr. p.22 op. cit.).

29. Per questa distinzione, v. C. Conti, Le due “anime” del contraddittorio nel nuovo art. 111

Cost., in Dir. pen. proc., 2000, p.197.

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E' stato per giunta rilevato in dottrina come la previsione di cui alla prima parte del comma 4 dell'art. 111 - se letta in negativo - implichi già di per sé una generale regola di esclusione probatoria, in virtù della quale non è possibile utilizzare come prove ai fini della decisione le dichiarazioni raccolte “unilateralmente” (cioè non in contraddittorio) nel corso delle indagini preliminari, se non nei casi eccezionali individuati dall'ultimo comma della disposizione costituzionale in esame (consenso dell'imputato, accertata impossibilità di natura oggettiva, provata condotta illecita)31.

All'esito delle riflessioni fin qui condotte, si può di certo avallare l'idea che il principio del contraddittorio nella formazione della prova alluda specificamente allo strumento operativo dell'esame incrociato, che ne costituisce l'essenziale << precipitato tecnico >>; anche se, << la generalità dell'enunciato consacra il canone del contraddittorio

p.198. Altri enunciati, per converso, accolgono il contraddittorio forte in senso soggettivo, che si configura come garanzia individuale dell'imputato: si ha riguardo, anzitutto, all'inciso centrale del comma 3, laddove si conferisce all'imputato la facoltà di interrogare (e far interrogare) le persone che rendano dichiarazioni a suo carico (trattasi del diritto a “confrontarsi” col proprio accusatore). Altra affermazione del contraddittorio in senso soggettivo si rinviene nel comma 4 secondo periodo, in virtù del quale, in caso l'accusatore intenda sottrarsi al contraddittorio, si avrà per conseguenza la sanzione processuale dell'inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni rese da costui durante la fase delle indagini preliminari (per queste osservazioni, cfr. loc. cit.).

31. V. per questa opinione P. Ferrua, La Corte costituzionale promuove la “regola d'oro” del

processo accusatorio, in Dir. pen. proc., 2002, p.401. Sempre con riguardo alle tre ipotesi

derogatorie previste dal comma 5 art. 111 Cost., è stato osservato come: << La previsione delle eccezioni rivela senz'altro una visione moderna del principio. Il contraddittorio [nella formazione della prova] non è considerato come un fine in sé, ma come un metodo che, ove si riveli inattuabile, non preclude l'impiego di strumenti equipollenti per perseguire comunque il risultato accertativo >>. (Così P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle prove penali, cit., p.37).

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quale “metodo conoscitivo universale”, di modo che esso, ove possibile, presiede all'assunzione di qualsiasi prova >>32.

Si aggiunge infine che l'irrinunciabile corollario del principio del contraddittorio nella formazione della prova - atto ad impedire il totale depotenziamento dell'esame incrociato quale strumento della sua attuazione - è rappresentato dall'obbligo di rispondere secondo verità incombente su colui che rende la propria dichiarazione dinanzi al giudice. In caso contrario, non potrà sostenersi che la prova si sia realmente formata “in contraddittorio”, ma, anzi, l'escussione incrociata risulterà viziata ab ovo ed il principio, non operativo nella sostanza, si ridurrà a <<mero flatus vocis>>33.

4. Il Codice Vassalli e gli istituti della common law : metodo

dialettico come strumento gnoseologico

In premessa logica alle valutazioni che si esprimeranno nei paragrafi a

32. In questi termini, v. P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle prove penali, cit., p.36. Secondo A. Mambriani, Esame e controesame delle parti, cit., p.455, tra il principio del contraddittorio per la formazione della prova e l'istituto dell'esame incrociato sussiste << … un rapporto tra fine e mezzo, tra principio e strumento del suo inveramento >>.

33. Vedi, per questa ultima osservazione, C. Conti, Le due “anime” del contraddittorio nel nuovo

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seguire, come sigillo della panoramica di istituti angloamericani fatti propri dal codice dell' '88, appare indispensabile richiamare il passaggio ad una concezione argomentativa della prova, che fa del metodo dialettico di escussione dei testimoni un vero e proprio “modello conoscitivo”34.

Ossia: se è vero che il fatto oggetto di prova è, per definizione, un fatto controverso, allora, proprio dall'attività di coloro che controvertono, esso potrà emergere in tutta la sua problematicità. Quindi, tanto più facilmente si approderà alla conoscenza del fatto storico, quanto più le parti contrapposte daranno luogo ad una ricerca “comune” della verità nello “scontro” delle alternative prospettazioni. Infatti, proprio perché depositarie di interessi contrastanti, esse dovrebbero essere più agevolmente in grado di estrapolare dalla fonte di prova <<tutto ciò che essa può dare>>35.

Il favor per la concezione argomentativa della prova è testimoniato, in termini assai suggestivi, dalle parole di Bobbio: << in quanto tende a giustificare e a guidare le scelte, il procedimento argomentativo è un antidoto alle tentazioni opposte del fanatismo e dello scetticismo, i

34. Tale funzione del metodo dialettico come strumento di conoscenza giudiziaria è esplicata in G. Frigo, sub. art. 498, cit., pp.240-242.

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quali, seppure per opposte ragioni, tendono a disconoscere il valore del ragionamento non vincolante, non accettando altra alternativa che tra la caparbia infatuazione in una verità assoluta che non ammette altre prove che quelle dimostrative e l'inerte e sfiduciata indifferenza là dove prove dimostrative non possono essere offerte >>36.

Nel retroterra culturale della dottrina anglo-americana è inveterata la convinzione che il più efficace e potente strumento gnoseologico nell'ambito del processo penale sia rappresentato proprio dal metodo dialettico di acquisizione della prova orale, e, in specie, al suo interno, dalla cross examination (come controesame in senso tecnico)37.

E' stato del resto autorevolmente affermato, ad ulteriore conferma di ciò, che << certo si può immaginare una procedura meno dinamica, in base alla quale le dichiarazioni dei testimoni, invece di essere contestate direttamente siano semplicemente confrontate tra loro e valutate da giudici e giurati […]. Una soluzione del genere sarebbe

36.Così N. Bobbio, Prefazione a C. Perelman – L. Olbrechts Tyteca, Trattato dell'argomentazione.

La nuova retorica, Torino, 1966, p.xix, citato da D. Manzione, Le nuove “regole” per l'esame testimoniale (a proposito dell'art. 499 c.p.p.), in Cass. pen., 1991, pp.1479-1480.

37.<< Purtroppo non è stato ancora trovato alcuno strumento processuale capace di sostituire il controesame dei testimoni quale metodo per separare il vero dal falso e per ricondurre affermazioni spropositate dentro lo spazio della verità. Il sistema è vecchio quanto il mondo. Infatti, ancora oggi può essere considerato un capolavoro di cross examination quello riferito da Platone e compiuto da Socrate nei confronti del suo accusatore, Meleto, quando il filosofo si difese dalla gravissima accusa di corruzione della gioventù ateniese >>. (Così F. L.Wellman, L'arte della

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però meno efficace, poiché non basta la pura e semplice competizione tra asserzioni contrastanti a far emergere la verità, mentre la dialettica in contraddittorio, con la verifica diretta della fondatezza delle prove e la messa a nudo di eventuali errori o menzogne, contribuisce grandemente alla giustezza della sentenza >>38.

Ciò detto, ad avviso di gran parte della dottrina di common law, sarà altrettanto sensato evitare una sterile idealizzazione dell'istituto, il quale, pur risultando spesso risolutivo della controversia, generalmente acquista una piena validità soltanto nel contesto generale del dibattimento39.

4.1. Gli ulteriori elementi di contatto

Ad un primo sommario sguardo risulta evidente come la più incisiva delle novità importate nel Codice Vassalli dal processo accusatorio di tradizione angloamericana, sia rappresentata dall'interrogazione rivolta al teste direttamente dalle parti40, prescindendo cioè dall'opera di

“mediazione espressiva” che era stata propria, sotto la vigenza del

38. Così M. Stone, La cross examination. Strategie e tecniche (ed. ita. a cura di E. Amodio), Milano, 1990, p.4.

39. V., in tal senso, M. Stone, La cross examination. Strategie e tecniche, cit., p.9.

40. Emblematica, a tale riguardo, la previsione dell'art.2 n.73 della legge delega n. 81/1987, per cui cfr. retro par. 3.

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Codice Rocco, del presidente del collegio (o del pretore nel rito monocratico). Tuttavia, tale acquisizione potrebbe risultare sterile se, a monte, non si fosse compreso che la matrice più profonda del cambiamento sta - in realtà - nell'accoglimento di quella diversa “cultura” del processo, imperniata sulla concezione argomentativa della prova (poc'anzi richiamata), in grado di rompere recisamente con il passato41.

A conferma di quanto appena osservato, nel c.p.p. italiano del 1865 si ammetteva - pur in ristrettissimi casi subordinati alla verificazione di date condizioni e, solitamente, in concorso col potere “ordinario” del giudice - che le stesse parti ponessero direttamente le domande al testimone42: appare tuttavia ovvio come non si possa certo arguire

dalla previsione in oggetto un progresso rispetto all'impostazione inquisitoria, non solo quando la facoltà di domandare senza il “filtro” del presidente fosse vincolata ad autorizzazioni discrezionali dello stesso, ma anche - in altri ordinamenti - in assenza di simili

41. Per la constatazione che la possibilità per le parti di porre direttamente le domande è elemento necessario ma non sufficiente a segnare il passaggio al modello processuale accusatorio, vedi G. Frigo, sub. art. 498, cit., pp. 225-226.

42. ex art 305 comma 2 c.p.p. 1865: << Dopo la deposizione [del testimone], l'imputato od accusato, o i suoi difensori, potranno interrogarlo per organo di chi dirige il dibattimento, sopra tutto ciò che crederanno utile al loro interesse. Potranno muovergli le loro interrogazioni anche direttamente, quando ne avranno domandata e ottenuta la permissione da chi dirige il dibattimento; il quale però potrà vietare che si dia risposta a quelle interrogazioni che stimi inopportune >>.

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restrizioni43.

Altra doverosa notazione preliminare si pone sul piano terminologico: le espressioni cross examination - in inglese - ed esame incrociato - in italiano - sono talora considerate intercambiabili. Questa tendenza costituisce un equivoco in quanto, semmai, l'espressione inglese potrà meglio tradursi col termine controesame, che allude ad una singola fase di quelle componenti il complessivo istituto dell'esame incrociato44.

Ciò premesso, si potrà comunque decidere di richiamare, per sineddoche45, l'istituto nella sua interezza a mezzo dell'espressione

cross examination46 (anche se nel presente elaborato ci asterremo dal

farlo, onde evitare di comprometterne la chiarezza espositiva).

Risalendo alla disciplina degli ordinamenti di common law si

43. Come ex c.p.p. spagnolo del 1882, in virtù del quale, dopo l'esame presidenziale il teste veniva interrogato dalla parte che lo aveva convocato, quindi dalle altre parti, con previsione del potere presidenziale di domandare chiarimenti sui fatti riferiti.

44. Vedi, per la presente notazione di ordine lessicale, G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.226.

45. Cfr., in tal senso, V. Denti, <<Cross examination>> e processo civile, in Foro it., 1987, p.326, citato da G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit.

46. Per l'uso risalente dell'espressione cross examination al fine di indicare l'insieme dei vari momenti dell'escussione testimoniale nei sistemi di common law (e non il solo controesame in senso tecnico), cfr., ad es., E. Florian, Delle prove penali, Milano, 1961, p.201.

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individuano i tre momenti - oggi recepiti dal Codice Vassalli - la cui progressione rappresenta l'escussione testimoniale in senso dinamico ed organico47.

a) direct-examination o examination in chief :

esame condotto dalla parte che ha richiesto la testimonianza, volto ad ottenere un minuzioso resoconto dei fatti di cui il teste è a conoscenza e che appaiano funzionali a suffragare la “tesi” della parte che lo ha introdotto.

Si presume che l'esaminatore sia venuto al corrente del retroterra di informazioni spendibili dal testimone già all'atto del previo vaglio della sua attendibilità.

Ne deriva che: << il clima psicologico tra interrogante e interrogato è, normalmente, conciliativo-collaborativo >>48.

b) cross examination in senso stretto:

controesame “eventuale”49, condotto dalla parte avversa a quella che

ha introdotto il teste e riconducibile a due possibili modalità: quando è as fact (sui fatti) sarà volto ad ottenere un resoconto di circostanze o

47. Per la descrizione analitica dei tre momenti dell'esame incrociato negli ordinamenti di common

law, v. G Frigo, sub. art. 498, cit., pp.227-228.

48. Così G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit.

49. Sulla opportunità o meno di procedere al controesame, cfr. più diffusamente infra par. 1, cap.

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fatti storici diversi, ovvero diversamente prospettati o concatenati rispetto alla ricostruzione operata nella direct examination. In tal modo si cercherà di confutare puntualmente la “tesi” della controparte, secondo uno schema che alcuni autori definiscono di cross examination costruttiva50, perché mirata ad elaborare una soluzione alternativa.

Per converso, quando è as credit, il controesame sarà volto a saggiare la credibilità del soggetto che era stato introdotto dalla controparte, fino al punto di potersi connotare in termini di cross examination distruttiva (o impeachment)51, in quanto finalizzata a destrutturare la “tesi” avversa dalle fondamenta.

In tale seconda fase dell'escussione, di norma, chi interroga non può avere contezza del complesso delle conoscenze rientranti nel “bagaglio” personale del teste. Di conseguenza << il clima psicologico del dialogo è – in tutto o in parte – almeno potenzialmente di conflittualità o di diffidenza >>52.

c) re-examination:

50. Per la distinzione, affermatasi negli odinamenti di common law, tra cross examination

costruttiva e distruttiva, cfr., ad es., M. Stone, La cross examination. Strategie e tecniche, cit.,

p.178 ss.. In ogni caso, sul tema, cfr. amplius infra par.4, cap. II, sez. II. 51. Cfr. amplius infra par. 4, cap. II, sez. II.

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riesame, del pari “eventuale”, condotto da chi aveva in precedenza esperito l'esame diretto del testimone. Sarà volto a consentire a colui che aveva introdotto quel teste di riaffermare la ricostruzione dei fatti delineata nell'esame e/o la credibilità del soggetto esaminato anteriormente53.

4.2. Gli elementi di distacco

Affermata la convergenza del nostro sistema processuale sugli elementi strutturali cruciali che individuano l'esame incrociato nella common law, si ritiene ancor più indispensabile far luce sui significativi fattori di “rottura” rispetto al modello importato.

Appaiono particolarmente degne di nota, a tal fine, soprattutto le considerazioni svolte da Amodio nello scritto posto in apertura all'edizione italiana (da lui curata) della già richiamata opera “aurea” di Marcus Stone in tema di cross examination54. Egli muove

dall'assunto che non si può parlare di una piena sovrapponibilità di contorni tra la figura dell'esame incrociato per come affermatasi nella secolare tradizione angloamericana e il suo omologo “impiantato”

53. V., ancora una volta, G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit.

54. Vedi E. Amodio, L'esame incrociato tra gli insegnamenti della prassi angloamericana e le

scelte del legislatore italiano, in M. Stone, La cross emanination. Strategie e tecniche, cit., p.xxii

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nell'ordinamento italiano a partire dal 1988: tra i due sistemi processuali sussistono infatti - a monte - invalicabili divergenze strutturali che si ripercuotono sulle modalità operative dell'istituto55. In primo luogo rileva l'assenza della giuria nel nostro ordinamento e, di conseguenza, il mancato recepimento del jury trial: la prova testimoniale è escussa dalle parti di fronte a giudici togati culturalmente avvezzi, almeno al momento dell'entrata in vigore del Codice Vassalli (25 anni fa), a dominare l'istruzione dibattimentale ponendo essi stessi le domande delle parti all'interrogato.

Questo retaggio del passato sembra determinare da noi un diverso atteggiamento dell'organo giudicante nei confronti del teste: mentre i giurati sono portati ad “empatizzare” con costui, che percepiscono come imbrigliato negli espedienti tecnici delle parti e quasi “vessato” nei momenti salienti dell'interrogazione, i nostri giudici togati muoverebbero da una <<precostituita diffidenza>> verso il soggetto chiamato a deporre, soprattutto quando introdotto dalla difesa56.

Ciò sarebbe vero << sia perché ritengono assistite da maggior valore di verità le ragioni dell'accusa rappresentata dallo Stato, sia perché

55. Cfr. in tal senso E. Amodio, L'esame incrociato, cit., p.xxiii. Nello stesso senso, v. E. Selvaggi,

Esame diretto e controesame, cit., p.282.

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sono a conoscenza, per esperienza professionale, della quantità di dichiarazioni false che penetrano nell'iter giudiziario >> 57.

Ne deriva - ove si sottoscriva il ragionamento dell'Autore - che ci si possa aspettare una diversa propensione dei giudici a seconda che il controesame sia condotto dall'accusa o dalla difesa: l'attitudine a “tutelare” maggiormente il teste introdotto dall'accusa e controesaminato dal difensore; la tendenza, per contro, a consentire un maggiore spazio di “manovra” e, quindi, maggiore libertà espressiva nel controesame del pubblico ministero58.

In secondo luogo, proprio in ragione della mancanza di una giuria, non sarà indispensabile ricorrere, nel corso dell'esame diretto, alla tecnica angloamericana delle short questions, intese come domande brevi volte a suscitare risposte il più possibile concise, << funzionali ad una esigenza di atomizzazione della conoscenza che si ritiene necessaria al fine di somministrare ai laici i dati probatori a dosi omeopatiche, così da evitare effetti fuorvianti nell'accertamento della verità >>59.

A fondamento dell'esclusione di questa tecnica sta il rilievo che un

57. Così E. Amodio, L'esame incrociato, cit., pp.xxiv-xxv. 58. In tal senso, v. E Amodio, L'esame incrociato, cit., p.xxv. 59. Così E. Amodio, L'esame incrociato, loc. cit.

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giudice “di professione”, formatosi all'uopo, il quale deve motivare i propri provvedimenti e a maggior ragione la decisione finale, sarà - almeno presuntivamente - immune dal rischio di fraintendere o mistificare il senso di risposte anche complesse e articolate60.

In terzo luogo, nel nostro processo non è dato parlare di teste dell'accusa o della difesa, a seconda della parte che ne ha richiesto la comparizione; si distingue invece tra testimoni a carico o a discarico, a garanzia del rispetto del principio dell'onere della prova sancito dall'art. 190 c.p.p., senza tuttavia lasciar presagire che il soggetto chiamato a rilasciare la deposizione “simpatizzi” per la parte che lo ha introdotto (tendenza assai più comune nei processi americani).

Nell'ordinamento italiano, infatti, il teste è chiamato a comparire in giudizio come “strumento” di conoscenza, nell'interesse generale della ricostruzione della verità processuale61.

Ne consegue che ciascuna delle parti potrà - a differenza che negli ordinamenti angloamericani62 - anche confutare la credibilità del teste

60. In tal senso, v. E. Amodio, L'esame incrociato, loc. cit. 61. Vedi E. Amodio, L'esame incrociato, cit., pp.xxv-xxvi.

62. In base alla tradizione di common law (pur parzialmente erosa in tempi più recenti), è fatto divieto di estendere l'esame diretto alla credibilità del teste che si è introdotto, usando all'uopo, per le contestazioni, precedenti dichiarazioni (anche scritte) di tale soggetto, rivelatosi “sfavorevole” alla propria tesi probatoria. Ciò in quanto si ritiene che l'aver chiamato proprio quel teste abbia per presupposto un riconoscimento della sua attendibilità: laddove “sfavorevole”, non sarà concesso di controesaminarlo mediante l'uso di domande screditanti, come se si trattasse di un teste richiesto dalla controparte. (Per queste notazioni comparatistiche, cfr. G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.230).

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che essa stessa ha introdotto, principalmente attraverso la contestazione delle dichiarazioni difformi rese da costui prima del dibattimento63.

Un quarto profilo distintivo del processo penale italiano rispetto, soprattutto, a quello statunitense, è rappresentato poi dal tendenziale superamento del c.d. “effetto sorpresa” sul piano probatorio, a motivo dell'onere, imposto a pena di inammissibilità ex art. 468 c.p.p., della pretrial discovery, garantita mediante preventivo deposito ad opera di ciascuna delle parti della lista dei testimoni dei quali richiede al giudice l'ammissione, con indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame64. Al contrario, nel sistema nordamericano, si impone

una <<discovery sostanzialmente limitata tale da confermare il carattere intrinsecamente segreto dell'inchiesta condotta dall'organo dell'accusa (prosecutor) >>65.

Ben diverso è il caso del teste rivelatosi propriamente “ostile” alla parte che lo ha introdotto, su cui vedi amplius par. 4, cap. I, sez. II.

63. Cfr., in tal senso, E. Amodio, L'esame incrociato, cit., p.xxvi. 64. Cfr., in tal senso, E. Amodio, L'esame incrociato, ult. loc. cit.

65. Così E. Amodio, Il modello accusatorio statunitense e il nuovo processo penale italiano, cit., p.181. Per meglio dire: << Negli Stati Uniti il prosecutor va al dibattimento senza far conoscere alla difesa i nomi dei testimoni e le dichiarazioni rese nella fase pretrial dagli stessi, potendo così servirsi del fattore sorpresa al fine di dimostrare la colpevolezza dell'imputato. […] La discovery è prescritta infatti limitatamente alle dichiarazioni rese dall'imputato […] >>. (Così E. Amodio, Il

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CAP II

L' ART 498 C.P.P.

1. I sintetici riferimenti a tre momenti distinti e consequenziali

<< Art. 498 - Esame diretto e controesame dei testimoni:

1. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l'esame del testimone.

2. Successivamente altre domande possono essere rivolte dalle parti che non hanno chiesto l'esame, secondo l'ordine indicato nell'articolo 496.

3. Chi ha chiesto l'esame può proporre nuove domande.

...omissis...66>>.

La struttura formale del testo, oltre a consentire di cogliere, prima facie, la positivizzazione del definitivo superamento del ruolo del giudice in qualità di “filtro” delle domande proposte dalle parti, allude ad un ordine sequenziale tra esame, controesame ed infine riesame, dedicando a ciascun momento dell'escussione testimoniale uno dei tre commi posti in successione67. Ciò in ossequio al principio di concentrazione68, che permea tutta la fase dibattimentale del processo. Sembra potersi evocare l'immagine di una <<fattispecie

66. I commi successivi dell'art. 498, concernenti l'esame testimoniale del minorenne ovvero del maggiore di età infermo di mente, affrontano tematiche specifiche che si è preferito non approfondire nella trattazione in corso, incentrata sulle generalità dell'esame incrociato.

67. V. amplius G. Frigo, sub. art. 498, cit., pp.243-246.

68. << Per esso [principio di concentrazione] il complesso degli atti, che costituiscono il dibattimento in tutte le sue fasi, deve svolgersi quanto è più possibile concentrato sia nello spazio che nel tempo. […] Con riguardo al tempo la concentrazione si specifica nel principio di continuità per cui, una volta iniziato, il dibattimento deve svolgersi senza soluzione di continuità per giungere alla sua chiusura. Le ragioni della concentrazione … riguardano principalmente l'efficacia del dibattimento del quale vengono così assicurati l'ordine, la coerenza e l'unità >>.(Così G. Foschini,

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procedimentale a formazione progressiva>>, che trova il proprio massimo perfezionamento ove tutte le tre fasi dell'escussione ricevano attuazione69.

L'appartenenza, evidenziata dal dettato normativo, dell'esame a chi ha introdotto il teste, del controesame - di seguito - a chi non lo ha introdotto e del riesame - di nuovo - al primo di tali soggetti, fa presupporre che non siano ammesse forme di interruzione fino all'esaurimento della sequenza di domande spettante a ciascuna delle parti, né intromissioni70.

Si è osservato come l'immediata successione tra le tre fasi dell'esame rappresenti << una condizione importante per la efficacia euristica dell'atto: contraddizioni, difficoltà od invece capacità di fornire spiegazioni chiare e subitanee, in genere, emergono meglio se l'atto non viene spezzato; una interruzione, consentendo al teste di rimeditare la materia, non giova, nella logica dell'esame, alla genuinità delle acquisizioni >>71.

69. In questi termini, particolarmente suggestivi, v. F. Callari, L'assunzione della testimonianza

sulla scena del processo penale, cit., p.1834.

70. Ciò è vero fatta salva la possibilità dell'intervento (d'ufficio) del presidente nel corso dell'esame incrociato, ex comma 6 art. 499 c.p.p. (su cui cfr. infra par. 6, cap. III, sez. I); nonché fatto salvo l'intervento giudiziale in caso di opposizioni formulate dalle parti durante l'esame dei testimoni, sulle quali, ex art. 504 c.p.p., il presidente dovrà decidere immediatamente e senza formalità. (Per la presente osservazione circa le ipotesi derogatorie alla regola della continuità dell'esame incrociato, v. P. Tonini, La prova penale, Padova, 1997, p.54).

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Questo impianto dell'escussione, fondato su un ordine preciso dei “turni”72, si contrappone al precedente assetto delineato nel Codice

Rocco dall'art. 467 abr. e dominato dalla caoticità: le domande poste al teste dalle parti processuali (sempre per mezzo del giudice) potevano liberamente sovrapporsi l'una all'altra anche nel corso dell'esame giudiziale, oltre che al termine di esso73.

La progressione cronologica, oltre che logica, tra esame diretto e controesame (che coinvolge anche il riesame, sebbene ciò non sia esplicitato testualmente) sembra essere rimarcata dall'uso dell'avverbio <<successivamente>> in apertura del comma 2 dell'art. 49874. Vi si prevede che all'esame diretto seguano le domande delle

parti che non hanno chiesto l'esame, secondo l'ordine previsto dall'art 496 comma 1 c.p.p. (salvo diverso accordo).

E' tuttavia opportuno precisare che il comma in questione non sembra postulare il solo controesame in senso stretto (proprio della parte che si pone in antitesi a quella che ha condotto l'esame diretto), ma doversi leggere estensivamente: con riferimento alle parti eventuali ed ulteriori rispetto a pubblico ministero e difesa dell'imputato,

72. Cfr., per l'impiego dell'espressione, A. Mambriani, Esame e controesame delle parti, cit., p.464.

73. Vedi G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.244. 74. In tal senso, G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.245.

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alluderebbe ad una possibile “appendice” dell'esame diretto.

Se si avalla tale ricostruzione, sarà quindi ad esempio data la possibilità - a norma del comma 2 dell'art. 498 - anche al difensore della parte civile di sottoporre a interrogatorio il teste introdotto dal pubblico ministero, con modalità analoghe a quelle che connotano l'esame diretto75.

A fondamento di una simile differenziazione tra la posizione della controparte e quella della parte <<cointeressata rispetto a quella richiedente>> sta l'evidente ragione che << l'esame ad opera delle parti che non hanno chiesto l'ammissione del teste ma hanno un interesse comune con il richiedente soggiace alle stesse regole dell'esame svolto dal richiedente medesimo ...>>76.

Il descritto meccanismo trifasico, nel complesso, ha la scopo di consentire a colui che ha introdotto il teste di ottenere, attraverso la sua escussione, l'acquisizione degli elementi di prova del fatto che ritenga idonei (in base alla strategia accusatoria o difensiva elaborata) alla dimostrazione in giudizio di una certa tesi. Riconosce inoltre, alle altre parti, la possibilità di un maggior approfondimento e chiarimento di quelle “zone” dell'oggetto della testimonianza che il richiedente

75. V. per questa precisazione G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.244.

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abbia volutamente lasciato “in ombra” o non reputato utile scandagliare; nonché l'occasione di controllare l'attendibilità del teste e l'esattezza delle sue dichiarazioni. In conclusione tutte le parti, pur agendo a tutela di un proprio interesse, contribuiranno al concretarsi della finalità dell'ordinamento: tendere ad un risultato processuale aderente, quanto più possibile, alla verità oggettiva77.

L'ultima riflessione “preliminare” alla quale ci si accinge concerne il dato che le locuzioni figuranti nei primi tre commi dell'art. 498 c.p.p. non appaiono esaustive al fine di individuare i temi costituenti oggetto delle relative interrogazioni: nel comma 1, riferibile all'esame diretto, si parla di “domande” che possono essere poste direttamente al teste da parte di chi lo ha richiesto; nel comma 2, riferibile al controesame, si afferma che “altre domande” possono essere poste da quelle parti che non abbiano richiesto l'esame diretto; nel comma 3, riferibile infine al riesame, che “nuove domande” possono essere poste da chi aveva richiesto in origine l'esame diretto.

Stanti gli scarni riferimenti testuali forniti dal legislatore, si rende necessaria un'indagine più accurata, che si spinga a superare le

77. Per queste riflessioni, cfr. G. Gianzi, Esame diretto e controesame dei testimoni, in Enc. dir., vol. III, Agg., Milano, 1999, p.594-595.

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ambiguità in via interpretativa.

1.1. I “ temi “ che possono costituire oggetto di ciascuna fase

a) l'esame diretto

Con riguardo, in primo luogo, ad una meno nebulosa individuazione dell' ”area” dell'esame diretto, ove si ragioni in un'ottica sistematica, sarà possibile trovare una soluzione alla questione richiamando l'istituto processuale della ”discovery probatoria anticipata totale”, operante sia tra le parti che nei confronti del giudice, la quale (come sottolineato retro, par. 4.2., cap. I ) consente nel nostro ordinamento il superamento del c.d. ”effetto sorpresa”. In tal modo, infatti, si consente ad ogni parte di conoscere preventivamente gli obiettivi probatori delle altre, e al giudice, altresì, di ammettere o escludere i mezzi di prova proposti da ciascuna delle parti.

In aggiunta, si rammenta la previsione dell'art. 493 comma 1 c.p.p., la quale, al medesimo fine, pone l'obbligo per pubblico ministero e difensori, in sede di richieste introduttive d'ammissione delle prove, di indicare << i fatti che intendono provare >>78.

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All'esito di questi richiami si può concludere che, nel corso dell'esame diretto, sarà possibile porre al teste le sole domande relative ai <<fatti>> che si intendono provare e, nell'ambito di questi, alle <<circostanze>> inserite nella lista testimoniale79.

Infatti, laddove si consentisse di estendere l'esame diretto oltre le <<circostanze>> previamente e tempestivamente indicate in lista (cioè anche a circostanze ulteriori e impreviste), sarebbe non solo neutralizzato il meccanismo della preventiva discovery, ma anche compromessa la previsione del comma 4 dell'art. 468 c.p.p., che riconosce il diritto alla “prova contraria”80. In base al richiamato

comma, proprio in relazione alle circostanze indicate in ciascuna delle liste, le altre parti - una volta venutene a conoscenza - possono chiedere la citazione a prova contraria di testimoni non compresi nella propria, ovvero presentarli direttamente al dibattimento.

Se ne ricava che, nell'eventualità straordinaria in cui si ammettesse una estensione dell'area dell'esame oltre l'assetto risultante dalla lista, sarebbe necessario estendere anche, correlativamente, quella del

79. In dottrina, in merito all'inammissibilità, nell'esame diretto, di domande su fatti e circostanze diversi da quelli indicati nella lista ex art. 468 c.p.p. o nell'esposizione introduttiva, salvo incorrere nella violazione del principio della piena discovery per l'assoluta lealtà del contraddittorio, v., per tutti, F. Plotino, Assunzione delle prove in dibattimento ad istanza di parte e d'ufficio, in Giur.

mer., 1994, p.222.

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diritto alla “prova contraria”, con esiti presumibilmente incontrollabili81.

Si aggiunge la constatazione che i limiti tematici dell'esame diretto potranno essere fissati dal contenuto della lista testimoniale soltanto a condizione che il correlato onere di presentazione non sia “aggirato” con l'espediente dell'indicazione di circostanze in termini estremamente generici, sfuggenti, approssimativi, per cui si consentirebbe de facto una qualsiasi “deriva” delle domande connesse82.

I divieti fino a qui esposti debbono ritenersi certamente validi, inoltre, anche con riguardo alla c.d. ”appendice” dell'esame diretto, consistente nell'interrogazione del teste condotta ad opera delle parti che non ne hanno chiesto l'esame ma hanno un interesse “comune”, quindi “omogeneo”, a quello di chi lo ha introdotto: altrimenti si consentirebbe potenzialmente ad esse di “accordarsi” con

81. Per un quadro completo delle osservazioni fin qui condotte in merito all'area dell'esame diretto, v., in particolare, G. Frigo, sub. art. 498, cit., pp.247-249.

82. Vedi G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit.; dello stesso avviso anche M. Bargis, voce Testimonianza

(diritto processuale penale), in Enc. giur. Annali II, tomo 1, Milano, 2008, p.1120 (secondo la

quale << va condivisa la critica a quell'orientamento giurisprudenziale che “svuota” la prescrizione […] accontentandosi di un' indicazione generica, come il capo d'imputazione o il fatto in esso descritto >>). Per converso, altra dottrina ha, non a torto, evidenziato come l'esame diretto incorrerebbe in limiti eccessivamente rigorosi se le parti fossero costrette ad indicare anticipatamente le circostanze in maniera talmente dettagliata da presentare << quasi una griglia delle domande formulabili nell'esame orale >>. (Così P. Ferrua, La testimonianza nell'evoluzione

del processo penale italiano, in Studi sul processo penale, vol. II – Anamorfosi del processo accusatorio, Torino, 1992, p.97).

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l'esaminatore diretto al fine di eludere, surrettiziamente, l'onere di preventiva discovery.

Queste stesse parti, laddove vogliano ampliare i temi oggetto delle proprie domande, saranno tenute necessariamente a specificare, nella rispettiva lista, oltre alla persona del testimone, anche le circostanze ulteriori su cui deve vertere l'esame83.

Quanto fin qui ricostruito non pare comunque porsi in contraddizione con l'accettazione di una seppur minima facoltà di “manovra” che - in virtù di una lettura sistematica e pur senza vanificare la ratio poc'anzi descritta dell'indicazione delle specifiche circostanze in lista - sembra potersi riconoscere all'esaminatore diretto in ordine alla formulazione dei quesiti84. E' ragionevole, cioè, credere

che quelle stesse circostanze non debbano arrivare ad << “ingabbiare” rigidamente la sfera d'azione dell'esame diretto, potendo quest'ultimo estendersi anche a circostanze non espressamente individuate […], purché queste risultino logicamente connesse con quelle oggetto della preventiva discovery >>85. Si allude, in definitiva, ad elementi

83. Per questa ultima riflessione, vedi G. Frigo, sub. art. 498, loc. cit.

84. Cfr., in tal senso, F. Callari, L'assunzione della testimonianza sulla scena del processo penale, cit., p.1841.

85. Così F. Callari, L'assunzione della testimonianza sulla scena del processo penale, loc. cit., il quale prosegue: << Si può, quindi, riconoscere che l'ambito delle domande proponibili nel corso dell'esame diretto del teste, pur essendo, in via di principio, predeterminato dalle circostanze […] tende poi a plasmarsi sullo sviluppo dell'escussione, nel senso che i temi di prova sono destinati a

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emergenti dalle risposte che il teste fornisce alle domande postegli durante l'escussione, i quali esercitano un'influenza sugli interrogativi successivi.

b) il controesame

Nell'intento di tracciare con maggiore precisione l'area del controesame, eventuale86, sarà anzitutto necessario prendere le mosse

dall'osservazione che nessuna disposizione processuale ne subordina l'ammissibilità ad una preventiva e apposita richiesta87.

Un'annosa questione affrontata dalla dottrina afferisce alla configurabilità o meno del diritto al controesame, nell'ipotesi in cui l'esame diretto non sia stato effettuato, a seguito di espressa rinuncia della parte che lo aveva richiesto.

La soluzione più ragionevole era sembrata quella di concludere che la possibilità del controesame fosse subordinata alla <<condizione

subire una restrizione o, viceversa, un ampliamento per effetto dei quesiti formulati e delle risposte ricevute >>.

86. Nel senso che << la controparte ha “facoltà” di porre domande alla persona già sentita nell'esame diretto >>, e non certo l'obbligo. (Così P. Tonini, La prova penale, cit., p.52).

87. In tal senso ,v. P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle prove penali, cit., p.132, ove è richiamata anche , a conferma di ciò C. App. Bologna, 2.2.1994, Brancaleoni; nello stesso senso, v. F. Rizzo,

Esame e controesame, cit., p.432. Precisa efficacemente A. Mambriani, Esame e controesame delle parti, cit., p.465, che: << Anzitutto il controesame suppone che il teste sia stato perlomeno

ammesso, poiché altrimenti, non opera il principio di acquisizione, secondo cui una fonte di prova ammessa […] entra nel processo ed è a disposizione di tutte le parti e del giudice a prescindere da chi l'abbia introdotta >>.

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essenziale>> costituita dal precedente effettivo espletamento dell'esame diretto88.

Tuttavia, l'art. 17 della legge n.397/2000 ha introdotto nell'art.495 c.p.p. il comma 4bis, che prevede il diritto di ciascuna parte a rinunciare ad una prova ammessa su sua richiesta, anche se soltanto a condizione che vi sia il consenso dell'altra parte, in ossequio al principio del contraddittorio.

In dottrina si è conseguentemente addivenuti alla conclusione seguente: laddove la parte richiedente - pur non avendo potuto rinunciare “formalmente” al mezzo di prova in difetto dell'altrui consenso - si astenga semplicemente dal porre domande al teste, dovrà di necessità ammettersi per la controparte la possibilità di un controesame sulle circostanze indicate in lista. Quindi, si è rinvenuta in questa fattispecie sui generis l'unica ipotesi consentita dal sistema di un controesame in assenza di previo esame diretto89.

88. Così E. Leone, Sull'ammissibilità del controesame o della controprova nell'ipotesi di rinuncia

all'esame principale, in Cass. pen., 1997, p.1522 ss.. L'Autrice sostiene che il controesame sarebbe

privo di una propria autonomia, e giustificabile solo in funzione di contrapposizione ad un esame diretto effettivamente condotto dalla parte avversaria. Esso si configurerebbe dunque in termini di diretta espressione del right of confrontation.

89. Per il riferimento a questa evoluzione della dottrina a seguito dell'introduzione del comma 4 bis nell'art. 495 c.p.p., cfr. F. Rizzo, Esame e controesame, cit., p.434. L'Autore sostiene inoltre che << ove la parte abbia rinunciato - senza il consenso dell'altra - al mezzo di prova e quest'ultima abbia proceduto al controesame >>, non si dovrà << riconoscere al rinunciante l'esercizio del diritto al riesame, in quanto lo stesso è inscindibilmente legato alla fase dell'esame diretto >>. (Così F. Rizzo, Esame e controesame, loc. cit.).

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Si distinguono, convenzionalmente, due diverse tipologie di controesame: esattamente come previsto negli ordinamenti di common law90, esso potrà essere condotto sui fatti, ovvero sulla credibilità.

Con riguardo al controesame sui fatti, la norma tace sull'ammissibilità di domande volte all'accertamento di fatti e circostanze non emersi nell'esame diretto91: la dottrina prevalente

ritiene necessario un collegamento ai fatti che sono stati oggetto dell'esame diretto, pur essendo consentite al controesaminatore domande incentrate su profili di realtà “trascurati” dall'esaminatore diretto, volte cioè a portare alla luce nuove angolazioni di quei fatti, o, addirittura, “circostanze nuove”92.

90. Cfr. amplius retro, par. 4.1., cap. I.

91. Per il rilievo del carattere “silente” della norma, vedi V. Fanchiotti, voce Cross examination, cit., p.7.

92. In tal senso, si veda per tutti G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.249. Si segnala, per completezza, la diversa interpretazione data da Cass. Sez. I, 5.11.1996, Di Gennaro, secondo cui: << la parte che non ha indicato il teste non può porre, in sede di controesame di quello introdotto da altra parte, domande su circostanze diverse da quelle specificate da chi ne ha richiesto l'esame al momento della presentazione della lista; se così non fosse, verrebbero frustrati i termini temporali ed i limiti di ammissibilità prescritti dal codice di rito per l'ingresso in processo delle prove indicate dalle parti... >>. Tale orientamento, seguito ad es. da G. Gianzi, Esame diretto e controesame dei

testimoni, cit., p.595, è stato considerato eccessivamente restrittivo da buona parte della dottrina,

tra cui, ad es. P. Tonini, ad avviso del quale sarebbero quantomeno ammissibili << domande che permettano di chiarire fatti rimasti oscuri >>. (Cfr. P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle prove

penali, cit., pp. 132-133). Per un'impostazione del pari radicale, rispetto a quella della Suprema

Corte (poc'anzi illustrata), cfr. per tutti M. Menna, Gli interventi del giudice dibattimentale

sull'acquisizione della prova, in Dir. pen. proc., 2007, p.705, il quale sostiene che non vi sarebbe

distinzione tra esame e controesame (lo stesso vale per il riesame) in relazione all'oggetto, ossia << circa le possibilità di estensione degli allargamenti tematici rispetto ai capitolati di prova ex art. 468 c.p.p. >>. Infine, per una efficace sintesi della contrapposizione dottrinaria sul punto, cfr.

amplius M. Bargis, Testimonianza, cit., p.1123, secondo cui tutto dipende dal presupposto di

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Quindi circostanze ulteriori potranno essere fatte emergere per la prima volta durante il controesame, << ma pur sempre entro i limiti di pertinenza determinati dalle domande rivolte e dalle risposte rese nel corso dell'esame diretto; limiti questi da considerare indispensabili per scongiurare il rischio che il tema della prova possa essere trasformato tout court in un “altro”... >>93.

Per contro, l'esclusione della proponibilità di domande su fatti che prescindano del tutto dal quadro che è stato delineato nella fase precedente dell'escussione, mira ad evitare che si sviluppi un “secondo” esame diretto. Del resto, laddove tale eventualità dovesse verificarsi, apparirebbe in ogni caso opportuno consentire al soggetto che aveva introdotto il teste un riesame condotto, in merito ai “fatti nuovi”, in termini più simili ad un vero e proprio controesame in senso tecnico94.

Il controesame sulla credibilità, invece, incontra il limite normativo fissato dal comma 2 dell'art. 194 c.p.p.: se è vero che l' <<esame>> (o,

circostanze indicate nelle liste, il tema di prova venga concretamente <<a riplasmarsi>> in seguito alle domande dell'esaminatore e alle risposte ricevute; in caso contrario, si ammetteranno nel corso del controesame domande a <<più ampio spettro>>, purché riferite all'oggetto della prova.

93. In questi esatti termini, v. F. Callari, L'assunzione della testimonianza sulla scena del processo

penale, cit., p.1844.

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in questo caso, il controesame) può estendersi anche alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutare la credibilità del teste, tuttavia - nel caso che il teste sia la persona offesa dal reato - è fatto divieto di porgli domande sulla propria personalità, salvo quando il fatto dell'imputato debba essere valutato in correlazione al comportamento della persona offesa stessa95.

In dottrina si è sostenuto che il controesame sulle circostanze concernenti la credibilità implicherebbe un'eccezione alla regola della discovery preventiva, o, meglio, una sorta di << zona franca al cui interno le parti possono operare incursioni senza essere gravate da oneri di preventiva deduzione e senza patire limiti derivanti dal provvedimento ammissivo >>96. Si tratterebbe, quindi, di un oggetto di

prova <<necessariamente libero>> (pur nel rispetto della regola di esclusione probatoria dettata dal comma 2 dell'art. 194), in quanto appare illogico imporre che la verifica della credibilità della fonte di prova personale (operabile in sede di controesame) sia rimessa alla scelta - circa l'individuazione dell' oggetto di prova - della parte che ha richiesto l'ammissione di quel teste97.

95. Vedi, per la presente osservazione in merito al controesame sulla credibilità, G. Frigo, sub. art. 498, cit., p.250.

96. Così A. Avanzini, La reiterazione del controesame, in Dir. pen. proc., 1997, p.1366.

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c) il riesame

Con riguardo al riesame, l'apparente ampiezza dell'espressione testuale “nuove domande” (art 498 comma 3) deve essere ridimensionata: colui che ha introdotto il testimone98 potrà, una volta

terminata l'interrogazione condotta dal controesaminatore, fruire di un nuovo spazio d'azione al solo fine di recuperare il filo logico dei fatti concatenati nel corso dell'esame diretto e messi in dubbio dalla parte avversa; ovvero, al limite, allo scopo di riaffermare la credibilità del teste (eventualmente sminuita) anche attraverso l'esposizione della ragione di contraddizioni nelle quali costui sia caduto99.

Ne deriva che il riesame è essenzialmente propedeutico ad un'”opera di restauro”, a seconda del tipo di danno arrecato dal controesame100. Al contrario, non si potrà utilizzare il riesame per formulare quelle domande che l'esaminatore abbia - per ipotesi - ritenuto di “riservare”

G. Gianzi, Esame diretto e controesame dei testimoni, cit., p.595, secondo cui il fatto che nel controesame debba saggiarsi l'attendibilità del testimone implica inevitabilmente <<una maggiore estensione dell'ambito delle domande ammissibili pur sempre nel rispetto del tema della prova >>. 98. La norma del comma 3 art. 498 fa riferimento unicamente a <<chi ha chiesto l'esame>>, escludendo che la possibilità del riesame sia concessa a quanti, in posizione “comune” a costui, abbiano comunque proceduto all'esame diretto del teste. (In tal senso, v. F. Callari, L'assunzione

della testimonianza sulla scena del processo penale, cit., p.1845).

99. Cfr, per la presente descrizione della funzione del riesame, P. Tonini, La prova penale, cit., p.53.

Riferimenti