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1. EPIDEMIOLOGIA GLOBALE DEL SUICIDIO E TENTATIVI DI SUICIDIO

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1. EPIDEMIOLOGIA GLOBALE DEL SUICIDIO E TENTATIVI

DI SUICIDIO

Il suicidio è definito come atto di uccidere se stessi, l’atto deve essere deliberatamente avviato ed eseguito dalla persona interessata nella piena consapevolezza del suo risultato fatale.

Secondo le stime dell’OMS nel 2012 nel mondo sono avvenuti circa 804.000 decessi per suicidio. Questo indica un tasso annuale di suicidi standardizzato per età di 11,4 per 100.000 abitanti il che lo rende la 15° causa di morte in tutto il mondo (WHO, Preventing suicide 2014).

Mappa 1 - Tassi di suicidio standardizzati per età per 100,000 abitanti in entrambi i sessi. (OMS 2012)

Poiché il suicidio in alcuni paesi del mondo è illegale e in generale è un argomento che tocca la sensibilità delle persone, è probabile che il dato sia sottostimato.

Sebbene il tasso di suicidalità standardizzato per età nei paesi ricchi sia leggermente superiore a quello dei paesi a basso e medio reddito, 12,7 contro

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a basso e medio reddito, visto che la loro popolazione è molto più grande. (Figura 1.1)

Figura 1.1 - Suicidi globali per età e livello di reddito dei paesi. (OMS 2012)

La differenza nei tassi è ancora più evidente se si confrontano i dati a livello regionale.

Ad esempio nelle Americhe il tasso di suicidi standardizzato per età è basso, 6,1 per 100.000 abitanti, mentre nel Sud Est Asiatico è del 17,7 per 100.000 abitanti, un fattore tre volte maggiore (WHO, Mortality database 2013).

Nella maggior parte dei paesi il suicidio è prevalente nei maschi. Nei paesi ricchi il rapporto uomini/donne che muoiono per suicidio è di 3:1 e scende a 1,6:1 nei paesi a basso e medio reddito.

A livello globale i suicidi rappresentano il 56% di tutte le morti violente. Nei paesi ad alto reddito il suicidio costituisce la principale causa di morte violenta (81%) sia negli uomini che nelle donne mentre nei paesi a basso e medio reddito rappresenta il 44% delle morti violente negli uomini e il 70% nelle donne (WHO, Methods and data sources…2014).

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Le possibili cause di questa differenza tra uomini e donne possono essere ricondotte ai diversi metodi di affrontare lo stress e le preoccupazioni, alla disponibilità dei diversi mezzi di suicidio, al diverso consumo di alcol, alle differenze dei disturbi mentali e al ruolo che questi fattori giocano nei diversi paesi.

Le differenze tra i sessi ci sono anche se consideriamo l’età. I tassi di suicidio sono più bassi nei giovani al di sotto dei 15 anni e più alti negli anziani con età superiore ai 70 anni sia per gli uomini che per le donne, sia nei paesi ad alto, medio e basso reddito. (Figura 1.2)

Figura 1.2 - Tasso di suicidi sul rapporto uomo-donna per fasce di età e livello di reddito dei paesi. (OMS 2012)

A livello mondiale tra i giovani adulti con età compresa tra i 15 e i 29 anni il suicidio è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali mentre tra gli adulti con età compresa tra 30 e 49 anni è la quinta, senza una significativa differenza tra i sessi (WHO, Mortality database 2013).

La maggior parte dei suicidi avviene in modo impulsivo come risposta a fattori di stress psicologici e questo influisce sulla scelta del mezzo di suicidio che

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A livello globale l’ingestione di pesticidi, l’impiccagione e le armi da fuoco sono tra i più comuni metodi di suicidio (Ajdacic-Gross et al., 2008). Nei paesi ad alto reddito i due metodi più usati sono l’impiccagione e le armi da fuoco, negli Stati Uniti per esempio le armi da fuoco rappresentano il 46% di tutti i suicidi (Brent et al., 2003; Anglemyer et al., 2014). Nella maggior parte dei paesi europei, l’auto-avvelenamento con farmaci rappresenta il secondo o terzo metodo più comune di suicidio e di tentativi di suicidio (Hegerl et al., 2009). Per i paesi a basso e medio reddito non ci sono molti dati ma secondo la letteratura scientifica uno dei metodi principali è l’auto-avvelenamento, per il facile accesso ai pesticidi (Wu et al., 2012; Gunnell et al., 2007).

Molti altri metodi però sono usati per suicidarsi e la scelta varia a seconda dei gruppi di popolazione. Ad esempio, nelle aree altamente urbanizzate come Cina, Hong Kong e Singapore un metodo comune è lanciarsi dai grattacieli, in Giappone l’inalazione di gas tossici e in Cina l’inalazione di monossido di carbonio (Chang et al., 2014).

Un altro dato significativo è il numero dei tentati suicidi definiti come comportamento potenzialmente nocivo autoinflitto con esito non fatale. L’analisi di essi è importante per due ordini di motivi: il primo perché il tentativo di suicidio ha un importante impatto sociale ed economico per la comunità a causa dei costi per curare l’infortunio e sulla famiglia per le eventuali disabilità conseguenti al gesto; il secondo perché il tentativo di suicidio è il fattore predittivo più importante per altri tentativi e successivi suicidi. Si calcola infatti che quasi il 40% di coloro che hanno tentato il suicidio aveva già compiuto un precedente tentativo e che l’1% di coloro che tentano il suicidio si suiciderà negli anni successivi (Cassano et al., 2006).

1.1 IL FENOMENO SUICIDARIO IN ITALIA

Tra i paesi OCSE l’Italia registra uno dei livelli più bassi di mortalità per suicidio. Tra il 1993 e il 2009 la mortalità è diminuita significativamente da

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8,3 a 6,7 suicidi ogni 100.000 abitanti. Il Nord Est e il Nord Ovest sono le aree con una mortalità per suicidio più elevata, il Centro e le Isole oscillano sui valori prossimi alla media nazionale mentre il Sud ha livelli nettamente inferiori. Un fattore discriminante è anche il grado di istruzione. Infatti vi è una maggiore propensione al suicidio tra persone con titoli di studio medio-bassi e una età superiore ai 45 anni (ISTAT, I suicidi in Italia 2012).

Secondo l’ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, le morti per suicidio nel 2012 in Italia sono state circa 4.000, corrispondenti a un tasso standardizzato per età di 4,7 per 100.000 abitanti. L’80% dei morti per suicidio sono uomini, 7,6 per 100.000 abitanti, con un rapporto di genere che è passato dal 2,1 del 1980 al 3,8 del 2011.

Il suicidio in Italia rappresenta la seconda causa di morte più frequente tra i giovani con età compresa tra i 15 e i 29 anni, con un numero di vittime analogo a quello causato dai tumori (13% del totale) e inferiore solo a quello causato dagli incidenti stradali (35% del totale). Per le donne della stessa età la mortalità per suicidio si colloca al terzo posto con una proporzione analoga a quelle delle malattie cardiovascolari (8% del totale) e preceduta dai decessi per tumore (26%) e per incidenti stradali (24%).

L’impiccagione è il metodo più frequente usato dagli uomini per togliersi la vita (50%) seguito dall’uso di armi da fuoco (16%) e da precipitazione da luoghi elevati (15%).

Anche per le donne l’impiccagione è uno dei metodi più frequenti (31%) insieme alla precipitazione (34%), seguito dall’annegamento (9%) e dall’avvelenamento da farmaci (7%). A differenza di quanto si registra in altri paesi, i decessi causati da avvelenamento da pesticidi e altre sostanze chimiche rappresentano una proporzione piuttosto bassa del totale di suicidi

(1,5% negli uomini e 2,8% nelle donne) (Vichi e Conti, 2014).

Queste stime dovrebbero essere abbastanza precise in quanto la maggior parte degli eventi viene esaminata in medicina legale anche se ci sono casi che non

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vengono riportati in quanto registrati come morti naturali o morti dovute a condotte azzardate (ISS).

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