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Prefazione
Il Nuovo Pensiero di Franz Rosenzweig e La stella della redenzione che lo precede rappresentano un impianto teorico di non immediata comprensione e di difficile attuazione poiché implica una messa in discussione dell’intero pensiero filosofico e teologico occidentale. Sono, forse, questi i motivi che hanno condotto i primi lettori di Rosenzweig, siano essi filosofi, teologi o ebrei, a non prendere in considerazione fino in fondo la sua proposta. Qualche anno dopo la morte, invece, il suo pensiero è stato riscoperto e valorizzato, fino a rappresentare un’importante eredità che Rosenzweig ha lasciato a tutti quegli autori che in seguito hanno indagato il rapporto con l’alterità e discusso la centralità moderna del soggetto. Nel tentativo di mostrare che un altro tipo di filosofia è possibile e che, anzi, è necessario riconcepire fin dalle fondamenta poiché essa è arrivata alla sua stessa fine, Rosenzweig però non riesce a distaccarsene pienamente. Infatti pur contrapponendo la vecchia filosofia al nuovo pensiero, quest’ultimo sembra essere nato dalle ceneri della prima verso la quale mantiene una fondamentale dipendenza.
Il presente lavoro, dunque, si propone di tracciare l’orizzonte teorico di Rosenzweig a partire dalla sua opera principale, La stella della redenzione, fino al
Nuovo pensiero, per mostrare che se da una parte Rosenzweig stesso si oppone
apertamente alla filosofia che dalla Ionia giunge a Jena, dall’altra permane come lascito indelebile una dipendenza non solo verso la filosofia in generale, ma soprattutto nei confronti di quella hegeliana, bersaglio polemico esplicito. Per tali motivi nel Primo Capitolo viene esposta la critica di Rosenzweig a quella che lui chiama la filosofia del Tutto, ovvero quella filosofia che ha la pretesa di essere onnincludente e totalizzante. Contro questa impostazione Rosenzweig si serve di un concetto ausiliario: il nulla. Grazie ad esso la morte, uno dei concetti più discussi del pensiero filosofico, non è nulla, ma un inesorabile qualcosa: la morte rompe la totalità perché è il contrassegno della particolarità e della contingenza proprie della creaturalità.
La filosofia del Tutto viene scalfita anche nel suo tipico modus operandi: la ricerca dell’essenza. Un approccio gnoseologico di questo tipo nei confronti di Dio, mondo e uomo, costringe, secondo Rosenzweig, a distaccarsi dal mondo
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reale e ad isolare questi tre fenomeni originari in un pre-mondo in cui non vige né il sapere intuitivo dell’esperienza, né le regole dello spazio e del tempo che sono invece fondamentali da un punto di vista conoscitivo.
Il Capitolo Secondo si concentra su due temi che saranno ripresi nell’intera filosofia del Novecento: il tempo ed il linguaggio. Rosenzweig rivaluta sia la filosofia che la teologia. In egual modo, infatti, attraverso la ricerca circa l’essenza hanno segnato la propria fine e solo un rapporto sororale può costituire la salvezza per entrambe. L’indagine si sposta sulle relazioni che intercorrono tra Dio, mondo e uomo: esse sono inserite in una prospettiva temporale che in linguaggio teologico sono creazione, rivelazione e redenzione. Il tempo ha il ruolo di ancorare il discorso alla realtà e perciò viene contrapposto alla ricerca circa l’essenza, la cui indagine è intemporale e quindi astratta rispetto alla realtà.
Il Capitolo Terzo esamina brevemente la preghiera e poi il ruolo assegnato all’ebraismo e al cristianesimo quale comunità eterne ovvero comunità che, seppur con molte differenze, portano avanti la stessa verità monoteistica. L’intersezione tra le figure Dio, mondo e uomo, e le relazioni che tra esse intercorrono, creazione, rivelazione e redenzione, permette a Rosenzweig di dar vita ad una figura, la Stella di David, che diviene il simbolo del sistema che propone, in esplicita contrapposizione al cerchio hegeliano.
Nel Capito Quattro viene colto l’invito che chiude La stella della redenzione: il testo deve andare oltre il testo e realizzarsi nella vita concreta. Tale invito è ancora una volta una critica alla ricerca circa l’essenza che ha come presupposto implicito la ricerca di qualcosa che è al di là e che è non comprensibile nel reale. La nuova filosofia è per Rosenzweig il contrario della contemplazione e diventa
nuovo pensiero nel momento in cui allarga i propri orizzonti e utilizza
l’esperienza come modalità conoscitiva che necessita del tempo. In seguito, viene presa in esame l’identità tra pensiero ed essere che risale a Parmenide e che culmina con Hegel. Rosenzweig conduce contro di essa una forte e valida polemica mostrando gli esiti totalizzanti e tautologici di tale filosofia che finisce per dimenticare il problema dell’essere e per astrarsi dal flusso del tempo. Per il nuovo pensiero la questione dell’essere e quella del tempo sono, invece, strettamente connesse. Mentre l’identità tra pensiero ed essere viene meno perché
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subentra il linguaggio: i tre tempi della realtà nella prospettiva rosenzweighiana sono scanditi da precise modalità del parlare. Esso viene esplicitamente contrapposto al pensare sulla base del fatto che parlare è legato al tempo e quindi alla realtà e agli altri, mentre pensare è puramente ideale, statico e condotto in solitudine. Ancora una volta dunque la questione si riduce alla dicotomia reale-ideale. Infine, dopo aver mostrato l’intento di Rosenzweig di contrapporsi alla filosofia e al pensiero fino ad allora costituito, è emersa al tempo stesso una fondamentale dipendenza che non permette all’autore di Kassel di distaccarsi appieno dalle categorie proprie della filosofia. In particolare, la sua volontà di fare della Stella un sistema di filosofia solleva non pochi dubbi sull’effettivo distacco: anche se esso si pone sotto il segno della diversità, il debito specificatamente nei confronti del sistema hegeliano non può essere ignorato. La pretesa di mettere in discussione l’intero pensiero filosofico senza l’utilizzo di categorie proprie della tradizione filosofica è ardua e non riesce del tutto, ma il tentativo rimane valevole soprattutto se si mette da parte questa pretesa ambiziosa e ci si concentra sulla portata del nuovo che il pensiero di Rosenzweig propone. Nasce da qui l’espressione filosofare oltre dove il filosofare permane, ma deve andare oltre il libro nella vita concreta. Inoltre il filosofare deve andare oltre sé stesso e divenire pensiero allargando le proprie prospettive ed infine può essere un filosofare che va oltre l’idealismo, anche se ciò implica un confronto con esso.