8
2.
LASER AD IMPULSI ULTRACORTI
Con lo sviluppo tecnologico, la possibilità di utilizzare laser ad impulsi ultracorti ha aperto nuove possibilità di ricerca e applicazioni industriali dell’ablazione laser, perché la fisica dell’ablazione con impulsi estremamente brevi è molto diversa da quella con impulsi laser più lunghi, consentendo di ridurre al minimo le zone termicamente alterate e la formazione di materiale rifuso, consentendo di ottenere una migliore finitura superficiale e precisione dimensionale delle lavorazioni.
Negli ultimi 30 anni sono stati fatti grandi progressi sia nella descrizione teorica dei meccanismi di asportazione sia nelle indagini sperimentali. Tuttavia, una completa comprensione di tutto il processo non è ancora disponibile a causa della natura complessa dello stesso. Si devono infatti considerare non solo le condizioni di lavorazione, ma anche le proprietà del materiale come, ad esempio, l’assorbimento di radiazione, la conduzione di calore e la formazione di plasma. Queste proprietà non possono però essere considerate con valori stazionari, ma variano a causa della mancanza di equilibrio termico locale, caratteristica dell’interazione tra materiale e laser ad impulsi ultracorti.
Si ha inoltre, a causa dalla dipendenza dalla temperatura delle quantità come l'assorbimento o la conducibilità termica, la presenza di forti processi non lineari che rendono complessa la modellazione del processo fisico.
2.1. Interazione laser-materiale
Il laser è un dispositivo in grado di emettere radiazione elettromagnetica (luce) attraverso il processo di emissione stimolata. La luce si muove nello spazio come un’onda, ma quando giunge sul materiale, essa si comporta come una particella di energia, il fotone. Un’importante proprietà della luce è che essa è priva di massa, e i fotoni non hanno carica: possono quindi essere concentrati in uno spazio molto piccolo, ovvero focalizzati, senza che essi si respingano a vicenda.
Quando la radiazione elettromagnetica colpisce la superficie del materiale, hanno luogo vari fenomeni quali la riflessione, rifrazione, assorbimento, e scattering. Uno dei fenomeni più importanti per l’applicazione del laser nella lavorazione dei materiali è l’assorbimento della radiazione. Tale fenomeno dà luogo infatti a vari processi quali riscaldamento, fusione, vaporizzazione, formazione di plasma, etc., su cui si basano le tecniche di lavorazione odierne. L’entità di tali effetti dipende principalmente dalle caratteristiche elettromagnetiche della radiazione e dalle proprietà termo-fisiche del materiale. I parametri laser che giocano un ruolo importante nella lavorazione sono l’intensità del fascio, la lunghezza d’onda, l’angolo di
9 incidenza, la polarizzazione e la durata dell’impulso laser; mentre le principali caratteristiche del materiale che influenzano le operazioni laser sono la capacità di assorbimento, la conducibilità termica, il calore specifico, la densità e i calori latenti.
2.1.1. Assorbimento della radiazione
L’assorbimento della luce può essere spiegato come l’interazione della radiazione elettromagnetica con gli elettroni (sia liberi che legati) del materiale. La radiazione può interagire solo con gli elettroni, perché gli elementi del nucleo sono troppo pesanti per seguire l’andamento del campo elettromagnetico. Quando la radiazione investe il materiale, esercita una forza sugli elettroni, mettendoli in agitazione. Tale forza può essere espressa mediante l’equazione:
= + ×
dove:
= carica dell’elettrone = velocità dell’elettrone = velocità della luce.
Se si ritiene che il campo elettrico e magnetico ( e rispettivamente) trasportino la stessa quantità di energia, è evidente dall’equazione sopra che il contributo del campo magnetico è inferiore a quello del campo elettrico di un fattore / . L’assorbimento della radiazione quindi, comporta un aumento dell’energia cinetica degli elettroni liberi, e un’eccitazione degli elettroni di legame. La degradazione di questa energia porta dopo vari gradi alla generazione di calore. Quindi, il processo di assorbimento è talvolta indicato come fonte di energia all’interno del materiale e viene utilizzato per determinare l’entità di vari effetti sul materiale durante le interazioni laser-materiale.
L’assorbimento della radiazione laser è solitamente espresso con la legge di Beer-Lambert:
( ) =
dove:
= intensità della radiazione incidente ( ) = intensità alla profondità
10 = distanza di attenuazione, cioè la lunghezza dopo la quale un fascio incidente su un materiale risulta attenuato di un fattore 1/
Il coefficiente di assorbimento è definito come il reciproco della distanza di attenuazione:
= 1
Per un materiale molto assorbente, il coefficiente spazia in un range di 104 ÷ 105 mm 1, mentre la distanza di penetrazione tra 10 4 ÷ 10 5 mm.
Uno dei parametri importanti che influenzano gli effetti delle interazioni laser-materiale è il fattore di assorbimento del materiale per le radiazioni laser. Può essere definito come la frazione di radiazione incidente che viene assorbita ad incidenza normale. Per un materiale opaco, il fattore di assorbimento (o assorbanza) , può essere espresso come:
= 1
dove è la riflettività del materiale. I valori di e possono essere determinati a partire da misurazioni ottiche.
2.1.2. Effetti termici
L’energia assorbita dal materiale durante l’interazione laser-materiale è convertita in calore mediante la degradazione della forma di energia iniziale, dovuta all’eccitazione degli elettroni liberi e di legame. La conversione dell’energia della luce in calore e la successiva conduzione determinano il campo di temperatura all’interno del pezzo. A seconda dell’innalzamento della temperatura, si possono verificare vari effetti: oltre al riscaldamento, la fusione e la vaporizzazione del materiale. Inoltre, la ionizzazione del vapore durante l’irraggiamento laser può portare alla generazione di gas ionizzato (plasma).
Per comprendere gli effetti del fascio laser sul materiale irradiato occorre prendere in considerazione le dinamiche degli elettroni e del reticolo. Per indurre un qualsiasi effetto, la luce deve essere assorbita, e tale assorbimento può essere pensato come una fonte di energia all’interno del materiale. Tale fonte di energia, benché prodotta dal fascio incidente, può evolversi secondo una dinamica propria a seconda della risposta degli elettroni e del reticolo cristallino.
11 Per le tipiche lunghezze d’onda dei laser industriali, i fotoni sono assorbiti dagli elettroni all’interno delle bande di transizione, inducendo quindi una condizione di non equilibrio, che «termalizza» mediante interazioni elettrone-elettrone e elettrone-fonone (quasiparticella che descrive un quanto di vibrazione in un reticolo cristallino rigido). La durata della condizione di eccitazione di un elettrone dipende in primo luogo dalle collisioni elettrone-elettrone, ed è quantificabile dalla teoria del liquido di Fermi [5] come:
=
dove:
= tempo nell’ordine del femtosecondo = energia di Fermi
= differenza fra l’energia dell’elettrone eccitato e quella di Fermi. Nelle condizioni tipiche dell’ablazione laser in ambito industriale si ha
1 10 fs
A causa dell’estrema velocità di interazione, tale processo di termalizzazione può essere indagato solo con impulsi nell’ordine del femtosecondo. Con impulsi di durata maggiore, la termalizzazione elettrone-elettrone avviene durante l’impulso, e la dinamica della temperatura degli elettroni segue sostanzialmente quella dell’impulso. Gli elettroni, tuttavia, non collidono fra se stessi e basta, ma interagiscono anche col reticolo, mediante gli urti elettrone-fonone. Per indagare la dinamica elettrone-fonone è possibile utilizzare l’approccio semplificato proposto da P.B. Allen [2], il quale ha ricavato un’espressione del rateo di variazione della temperatura elettronica dovuto allo scambio energetico col reticolo:
=
dove:
= temperatura degli elettroni = temperatura del reticolo
12 Il tempo di accoppiamento elettrone-fonone dipende dalla temperatura degli elettroni, da una costante di accoppiamento caratteristica del materiale e dalla frequenza di Debye (frequenza massima teorica di vibrazione degli atomi che costituiscono il reticolo) attraverso l’equazione:
= 2
Per 10 , e utilizzando un valore tipico della frequenza di Debye per i metalli, il tempo di accoppiamento elettrone-fonone risulta circa pari a
0,1 ÷ 1 ps
Quindi, il trasferimento di energia dal bagno di elettroni al reticolo è circa due ordini di grandezza più lento di quello fra elettroni. Da queste considerazioni, è possibile dedurre che gli elettroni e il reticolo possono sviluppare una dinamica indipendente, e l’evoluzione delle temperature e può essere descritta mediante due equazioni separate, ma accoppiate:
= ( ) ( , ) + ( )
= ( , )
dove:
= calore specifico del bagno elettronico = calore specifico del reticolo
( ) = potenza assorbita per unità di volume
( , ) = velocità di trasferimento dell’energia fra gli elettroni e il reticolo ( ) = fattore che tiene conto della diffusione del calore nel bagno elettronico.
Queste due equazioni rappresentano il famoso modello TTM (Two-Tempereture model) sviluppato da Anisimov nel 1975 [7]: è evidente che le due equazioni sono utili fino a che la durata dell’impulso risulta comparabile con i tempi di accoppiamento fra gli elettroni e fra elettroni e reticolo. Se la durata dell’impulso è molto maggiore, gli scambi energetici avvengono durante l’impulso, e le due dinamiche sostanzialmente coincidono.
13 In figura 2.1 vengono mostrati i grafici della temperatura del bagno elettronico e del reticolo, ottenute mediante simulazione TTM [5] su rame, per varie durate dell’impulso. Nel primo caso (impulso 50 fs) la temperatura del reticolo non ne risente mentre nel caso opposto (impulso 500 ps) le temperature di reticolo e bagno elettronico sono coincidenti.
2.1.3. Regimi di ablazione
Pur non essendo ancora definita una mappa strutturata che permetta di mettere in relazione i fenomeni di ablazione con le proprietà della radiazione, è comunque possibile distinguere tre regimi di ablazione, in funzione della intensità della radiazione e della durata dell’impulso:
Ablazione fredda Ablazione calda
Espulsione di materiale fuso
14 In figura 2.2 viene mostrata la mappa dei regimi di ablazione; sono indicate qualitativamente la soglia di ablazione (tratto continuo), la massima energia d’impulso disponibile (zona grigia), e la soglia per portare il materiale oltre il punto critico (linea a tratti) in cui consistono diverse fasi. Per durate dell’impulso elevate, la radiazione interagisce anche con il materiale ablato in fase gassosa (soglia formazione plasma, linea punteggiata).
Ablazione fredda
L’ablazione fredda è caratterizzata da un’interazione del fascio col materiale sempre in fase solida. I processi di assorbimento dei fotoni da parte degli elettroni e la termalizzazione, prima fra gli elettroni e successivamente fra elettroni e reticolo, sono conclusi col materiale sempre nello stato condensato. Pochi picosecondi dopo, la temperatura del reticolo sale rapidamente, e inizia il processo di ablazione. Il tempo necessario per il rilassamento dell’energia del bagno elettronico in calore può essere messa in relazione con le temperature finali degli elettroni e del reticolo [9] [10]:
= + = ( + )
dove e sono costanti collegate alle frequenze di collisione, in particolare:
15 =
=
Simulazioni numeriche per impulsi nei femtosecondi [11] e picosecondi [12] mostrano che il materiale passa attraverso uno dei quattro possibili percorsi all’interno del diagramma di stato del materiale in seguito all’interazione fascio-materiale a seconda dell’intensità del flusso incidente (fig 2.3).
In prossimità della soglia di ablazione, la simulazione prevede fenomeni di spallamento (curva 1 in figura 2.2b), sia per impulsi fs che ps. In tale fenomeno non è presente nessuna fase gassosa, mentre i carichi di natura termica superano il limite di snervamento del materiale, provocando il distacco di scaglie di materiale. All’aumentare del flusso incidente, il percorso passa dalla fase di nucleazione (2), in cui il materiale attraversa la fase liquida così come la zona con coesistenza di fase liquida e solida, e termina nell’area che prevede la fase liquida e gassosa. Volendo dare un’interpretazione del fenomeno, la nucleazione è caratterizzata dalla formazione di bolle di vapore in un bagno di materiale fuso. Per gli ultimi due meccanismi di ablazione, l’ablazione avviene fuori dalle zone liquido-solido e liquido-vapore, avendo come effetto che la massa è separata dalla superficie poco prima del raggiungimento dell’equilibrio termodinamico. I due percorsi si differenziano per la formazione di cluster, che avvengono nella frammentazione (3) e sono assenti nella vaporizzazione (4).
Fig. 2.3 – Diagramma di stato del materiale per impulsi >100 ps (a) e per impulsi della durata nell’ordine dei fs (b) [11] [12]
16 Ablazione calda
Per impulsi di durata prossima ai 100 ps l’assorbimento della radiazione dà luogo al processo di ablazione calda. Le temperature del bagno di elettroni e dei fononi sono due grandezze termodinamiche ben definite. Si verifica il rilassamento verso una temperatura comune
= =
così come la formazione di un flusso dissipativo di calore. Tale regime di ablazione porta ad una lavorazione meno precisa, in quanto si verificano fenomeni di risolidificazione del materiale al termine dell’impulso e la zona termicamente alterata ha dimensioni maggiori rispetto al regime di ablazione fredda.
Espulsione di materiale fuso
Per impulsi nell’ordine del nanosecondo, l’evaporazione assume un ruolo preponderante nell’assorbimento dell’energia, ma solo una piccola quantità di moto viene trasferita al bagno di materiale, risultando così in un’espulsione di materiale fuso. Aumentando ulteriormente la durata dell’impulso, fino alla soglia dei microsecondi, l’energia è usata prevalentemente per fondere il materiale, mentre l’evaporazione agisce introducendo una potente forza motrice, che trasferisce una discreta quantità di moto al materiale fuso mediante un’onda di ritorno sulla superficie liquida, provocando l’espulsione di materiale fuso. Il materiale, depositandosi ai lati del bordo di ingresso, dà origine a una scarsa qualità della lavorazione.
2.2. Sorgenti ad impulsi ultracorti
Dagli albori dell’invenzione del laser, c’è stata una continua ricerca finalizzata allo sviluppo di sorgenti in grado di produrre impulsi sempre più corti. Fino a pochi anni fa, impulsi della durata di pochi nanosecondi erano i più brevi, ma grazie allo sviluppo tecnologico, oggi si hanno a disposizione laser al femtosecondo.
Il vantaggio principale degli impulsi corti o ultracorti risiede nella capacità di generare con laser di bassa potenza un’elevata densità di energia che, focalizzata in spot molto piccoli, permette l’ablazione riducendo al minimo la zona termicamente alterata (HAZ, «Heat Affected Zone»).
2.2.1. Definizione impulso ultracorto
La definizione di impulso ultracorto può essere data considerando l’interazione laser-materiale. Quando la superficie è colpita da un fascio di fotoni, essi sono assorbiti nello strato superficiale
17 del materiale dagli elettroni in circa 10 15 s (1 fs). La degradazione dell’energia fotonica in calore avviene in circa 10 12 s (1 ps). Nell’intervallo fra l’assorbimento e la conversione in calore, l’energia è immagazzinata all’interno del bagno elettronico. Considerando l’intensità del fascio incidente pari a , il suo andamento in profondità è esprimibile mediante la legge di Beer-Lambert, vista in precedenza.
Una quantità importante è la profondità di penetrazione , definita a partire del coefficiente di assorbimento del materiale come
= 2
nella quale è possibile assumere che la maggior parte dell’energia del fascio sia stata assorbita. Tale profondità per i metalli è nell’ordine dei 10 nm. In termini molto approssimativi, ciò significa che l’energia laser scalda uno strato di 10nm di metallo in 1 ps. L’energia degradata in calore in questo strato tenderà a diffondersi verso l’interno: la profondità di penetrazione del calore è esprimibile mediante la formula
= 4
dove:
= diffusività termica, cioè rapporto tra conducibilità termica e prodotto di densità e calore specifico del corpo in oggetto
= tempo di diffusione
Nel caso di un acciaio, si ottiene in 10 fs una profondità di penetrazione di 1 nm, mentre durante un impulso di 1 ps, il calore si diffonde per 10 nm.
Da queste considerazioni, si ritiene un impulso ultracorto quando la profondità di diffusione termica d durante l’impulso è dello stesso ordine di grandezza o inferiore della profondità di penetrazione ottica . La profondità di penetrazione ottica dipende prevalentemente dal materiale e dalla lunghezza d’onda, mentre la profondità di diffusione termica dipende prevalentemente dalle proprietà del materiale. Per questo motivo, la durata di un impulso per essere definito ultracorto può variare a seconda del materiale: si va dal nanosecondo per la plastica, fino al picosecondo per i metalli. In genere comunque, si considerano ultracorti gli impulsi di durata inferiore al picosecondo [13].
18 2.2.2. Confronto tra sorgenti a impulsi corti e ultracorti
Nell’ablazione con sorgenti impulsate, a seconda della durata degli impulsi, si instaurano differenti meccanismi di interazione laser-materiale. Per impulsi brevi, nell’ordine del micro e nanosecondo, il processo di ablazione è dominato dalla conduzione di calore, dalla fusione, dall’evaporazione e dalla formazione di plasma. L’energia dell’impulso è assorbita sulla superficie del pezzo e la conduzione di calore porta alla formazione di un campo di temperatura che si espande in profondità. A seconda del picco di temperatura raggiunto, il materiale può fondere, evaporare, o raggiungere lo stato di plasma. L’ablazione è causata sia dall’evaporazione che dall’espulsione di materiale fuso: a seconda della durata dell’impulso e della sua energia, si assiste al predominio di uno o dell’altro meccanismo. Per impulsi laser nell’ordine del pico e femtosecondo, l’interazione laser-materiale vista in precedenza perde di validità: a causa dell’elevata intensità del fascio laser, avvengono fenomeni di assorbimento non lineare, detti appunto multifotone, e inoltre, a causa dell’estrema velocità di interazione, l’energia non può essere trasferita dalla nube elettronica al reticolo istantaneamente. Diventa necessario un modello in grado di distinguere fra temperatura del reticolo e temperatura degli elettroni, il cosiddetto Two Temperature Model di Anisimov già citato in precedenza.
Con impulsi di durata inferiore al picosecondo è possibile concentrare l’illuminazione unicamente nella prima fase del processo di trasformazione del materiale. Come mostrato in figura 2.4, l’area irradiata risulta immediatamente fortemente eccitata e, dopo un breve periodo di trasferimento di energia, l’intero volume di materiale eccitato viene asportato. Per impulsi più lunghi (fig. 2.5), all’inizio, solo la parte centrale è debolmente eccitata e lo diventa fortemente al procedere della durata dell’impulso, mentre la zona circostante lo sarà debolmente. Successivamente, ma ancora durante l’impulso, la parte centrale si distacca dal materiale mentre
19 la zona circostante diventa fortemente eccitata. Allo stesso tempo, il materiale asportato continua ad assorbire la radiazione laser, portandosi allo stato di plasma che, per impulsi ancora più lunghi, è riscaldato dall’effetto di bremsstrahlung inverso (assorbimento di fotoni da parte di una particella carica in un campo esterno) e, quindi “sputterato” sulla superficie del pezzo [14].
Il rateo di asportazione di un laser a impulsi nell’ordine del micro e nanosecondo è superiore a quello di un laser a impulsi nel pico e femtosecondo. Tuttavia, impiegando laser con impulsi ultracorti la lavorazione risulta più pulita e più definita. Questo fenomeno è dovuto al fatto che l’area termicamente alterata (HAZ) attorno alla zona esposta all’illuminazione risulta molto piccola.
La figura 2.6, che illustra il modello TTM, mette in evidenza che le modifiche del materiale iniziano solo dopo che è stato raggiunto l’equilibrio termico fra il reticolo e il bagno di elettroni, che dipende dalla frequenza con cui avvengono le collisioni tra fononi ed elettroni.
Questa caratteristica del laser a impulsi ultracorti è alla base della recente diffusione a livello industriale per creare microstrutture con elevata precisione dimensionale e morfologica, con ridotta presenza di zone termicamente alterate e la conseguente riduzione di problemi quale ad esempio la rideposizione di materiale.
20
2.3. LIPSS (Laser Induced Periodic Surface Structures)
L’uso di impulsi ultracorti comporta un ulteriore aspetto rilevante in termini di finitura superficiale. La tessitura superficiale della superficie tipica delle lavorazioni laser a impulsi ultracorti è infatti spesso costituita da una struttura denominata LIPSS (Laser Induced Periodic Surface Structures).
I LIPSS sono stati ampiamente osservati negli ultimi decenni, sebbene il meccanismo di formazione e i parametri che influenzano la periodicità e la morfologia di tali strutture non siano ancora stati pienamente compresi. L’interesse della ricerca è però elevato per le loro possibili applicazioni, per le proprietà tribologiche e ottiche dei materiali e la creazione di nanostrutture sulle superfici lavorate.
La formazione spontanea di queste strutture, definite anche ripples o nanogrooves, è stata studiata fin dagli anni 60 del secolo scorso, in particolare per la prima volta nel 1965 da Birnbaum [15], che osservò la presenza di increspature superficiali con un periodo vicino alla lunghezza d’onda del laser utilizzato (laser al rubino) su materiali semiconduttori.
Studi successivi hanno esteso questo fenomeno riportandone l’osservazione su una varietà di materiali, come altri tipi di semiconduttori, metalli e dielettrici, utilizzando anche fasci laser continui o con impulsi relativamente lunghi.
Queste strutture si formano sia con fascio laser statico, sia con il fascio che scansiona la superficie del materiale.
21 2.3.1. Formazione dei LIPSS
Nel 1982, H. M. van Driel [16] propose il modello GSS, General Surface Scattering Model, per spiegare la formazione dei LIPSS;
La formazione di LIPSS, generati utilizzando fasci laser continui o con impulsi relativamente lunghi, viene infatti attribuita, in funzione della densità di energia del fascio, all’interferenza tra il fascio laser incidente e l’onda elettromagnetica riflessa dalla superficie.
La rugosità superficiale gioca poi un ruolo importante, per il fatto che grazie a questa si ha la rottura della simmetria che innesca la formazione di strutture periodiche, in quanto è stata notata la nascita di frange nelle zone adiacenti a irregolarità della superficie, come avviene nel caso in cui si abbia un numero limitato di impulsi laser per unità di superficie. Tuttavia, con ulteriori colpi laser si ha un motivo superficiale che mantiene una struttura stazionaria, indipendente dalle condizioni iniziali [17].
Nel modello GSS, van Driel suddivide la superficie del materiale in due regioni (fig. 2.7): 0 zona “selvedge”, di spessore , dove si trova confinata la rugosità superficiale; < 0 zona di materiale pieno
22 Il fascio laser viene modellato come un’onda piana infinita di lunghezza d’onda , dove:
polarizzazione s (dal tedesco senkrecht, perpendicolare al piano di incidenza) o p (parallela al piano di incidenza)
= angolo di incidenza (fig. 2.7)
= componente del vettore onda parallela alla superficie, nel piano di incidenza( , ) (fig. 2.7)
Per definire la polarizzazione del fascio laser occorre riferirsi alla natura di radiazione elettromagnetica della luce. Una radiazione elettromagnetica è un fenomeno ondulatorio dato dalla propagazione in fase del campo elettrico E e del campo magnetico H, oscillanti in piani tra loro ortogonali e ortogonali alla direzione di propagazione. Dal momento che il vettore del campo magnetico è perpendicolare a quello del campo elettrico, la descrizione della propagazione dell’onda è fatta prendendo in considerazione solo l’oscillazione del campo elettrico. Quando è possibile individuare la direzione del campo elettrico oscillante, si dice che la luce è polarizzata. Nel caso di onda piana il campo elettrico oscilla su un unico piano mentre l’onda avanza, come illustrato in figura 2.8, per un’onda che propaga in direzione z mentre il vettore campo elettrico oscilla nel piano ( , ). Nel caso in cui un’oscillazione derivi dalla somma di due onde che vibrano su piani tra loro perpendicolari, il vettore campo elettrico può assumere, in particolari condizioni di ampiezza e di sfasamento, un movimento che segue una traiettoria circolare a una velocità angolare pari alla pulsazione dell’onda considerata. In tal caso si parla di polarizzazione circolare. Quando la luce è invece completamente non polarizzata, o polarizzata in modo random, il vettore campo elettrico può assumere qualsiasi direzione nello spazio, che è la situazione che si verifica ad esempio per la radiazione emessa da una lampada a filamento.
23 Anziché studiare la formazione dei LIPSS nello spazio reale, come funzioni dipendenti da = ( , , ), il processo è stato studiato nel dominio di Fourier, spazzato con un vettore = , parallelo alla superficie.
Con questo approccio quindi si cerca di prevedere il vettore d’onda dei LIPSS, e quindi il loro orientamento e la loro periodicità
= 2
Se infatti la superficie coperta di LIPSS appare nello spazio reale molto complessa, è possibile che riportandola nel dominio di Fourier si possano capire più semplicemente le strutture presenti nello spazio reale.
Un requisito per l’applicazione del modello è che lo spessore della zona di rugosità della superficie sia molto minore rispetto alla lunghezza d’onda del laser.
Fig. 2.8 – Rappresentazione schematica dell’andamento del campo elettrico (E) e magnetico (H) associato ad un’onda elettromagnetica piana
24 In queste condizioni, il fascio laser che colpisce lo strato di rugosità “selvedge” crea dei campi elettrici “scattered”, che vanno ad interferire con il campo riflesso. Questo provoca sulla zona sottostante un assorbimento di energia non omogeneo
,
dove:
, = fattore di efficacia, che quantifica l’efficacia con cui la rugosità porta a un non omogeneo assorbimento
= componente nello spazio di Fourier della rugosità = vettore dell’onda incidente
= vettore d’onda delle strutture morfologiche
La principale ipotesi è che il LIPSS nasca dove è più elevato, perciò saranno , e a governare il fenomeno.
La funzione viene calcolata probabilisticamente attraverso 2 parametri, un filling factor (fattore di riempimento) e uno shape factor (fattore di forma); questa funzione varierà lentamente (nello spazio) nel caso di superfici con rugosità distribuita omogeneamente. Al contrario, , presenta un andamento caratterizzato da forti picchi; quindi nel momento in cui un LIPSS comincia la sua crescita, cambierà per seguire il picco di , , intensificando l’assorbimento e la formazione della struttura.
La funzione , è calcolabile in funzione della lunghezza d’onda, dell’angolo di incidenza, della polarizzazione del fascio [12].
Il modello GSS proposto da van Driel trova conferma dalle osservazioni sperimentali condotte con laser con impulsi della durata nell’ordine del nanosecondo; per i laser ad impulsi più corti, dell’ordine del femtosecondo, la morfologia generata presenta però un comportamento non previsto dal modello, con la periodicità dei LIPSS che si discosta da quella attesa, che ha quindi suggerito che fossero implicati anche altri processi.
Recentemente sono stati identificati in diversi materiali due tipologie distinte di LIPSS:
LSFL, Low Spatial Frequency LIPSS, con periodo vicino alla lunghezza d’onda del laser, ottenibili con fasci laser continui o pulsati;
25 HSFL, High Spatial Frequency LIPSS, con periodo molto più piccolo della lunghezza d’onda del laser, ottenibili con laser a impulsi nell’ordine del picosecondo e femtosecondo.
Se la formazione della prima tipologia può essere spiegata col modello visto sopra, per gli HSFL sono stati proposti negli ultimi anni molti differenti meccanismi, come ad esempio la variazione nel transitorio delle proprietà ottiche di superficie, fenomeni di autorganizzazione, il decadimento della luce laser in plasmoni superficiali (il plasmone rappresenta le oscillazioni di plasma, ovvero delle densità superficiali di carica), e il cambiamento delle proprietà ottiche della superficie a causa delle nanostrutture superficiali in formazione; tuttavia, il meccanismo di formazione è ancora in discussione in letteratura [17].
2.3.2. Caratteristiche geometriche
Essendo la loro formazione dovuta all’interazione tra il fascio laser incidente e l’onda elettromagnetica riflessa dalla superficie, i LIPSS sono generalmente orientati perpendicolarmente alla direzione della polarizzazione del fascio laser e la loro spaziatura è direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda del laser.
L’angolo di incidenza del fascio laser e la sua polarizzazione hanno un forte effetto sulla formazione delle strutture superficiali.
In [16] infatti è stato osservato che la combinazione tra angolo di incidenza del laser e la sua polarizzazione produce diversi pattern di rifrazione (fig. 2.9) nello spazio reale, e quindi nello spazio di Fourier; questo porta quindi ad individuare diverse caratteristiche geometriche per la combinazione dei parametri.
26 Gli esperimenti di ablazione laser al femtosecondo su materiali diversi hanno rivelato una grande diversità di nanostrutture auto-organizzate sul fondo dell'area di ablazione, spaziando tra matrici di nanosfere fino a strutture allungate che si biforcano.
È stato investigato [19] l’effetto della polarizzazione del fascio laser come parametro di controllo per la formazione di queste nanostrutture. Agendo sulla polarizzazione, si vede che questa ha un grande effetto sull’orientamento dei LIPSS; sono state condotte prove con polarizzazione lineare, circolare ed ellittica
È stato osservato che la polarizzazione ellittica produce un orientamento delle increspature in direzione ortogonale all’asse maggiore dell’ellisse di polarizzazione; inoltre anche la morfologia dei LIPSS è sensibile alla polarizzazione, mostrando dei LIPSS più allungati per la polarizzazione lineare mentre si hanno generalmente LIPSS circolari o nanosfere nel caso di polarizzazione circolare.
In fig. 2.10 sono mostrate le strutture prodotte utilizzando un fascio laser di 800 nm di lunghezza d’onda, con impulsi di 120 fs su silicio, con diversi tipo di polarizzazione, lineare, circolare ed ellittica, con diversi valori di inclinazione dell’asse maggiore dell’ellisse di polarizzazione [19].
POL
P S RC LC
0°
30°
Fig. 2.9 – Pattern di rifrazione per diverse combinazioni di angolo di incidenza e polarizzazione del fascio laser [16]
27 Anche sulla superficie interna di microforature realizzate tramite trepanning su carburo di tungsteno, con impusi di 150 fs e lunghezza d’onda di 800 nm [20], si assiste ad una dipendenza dell’orientamento dei LIPSS in funzione della polarizzazione del fascio laser. In figura 2.11 è l’angolo tra la normale alla superficie del foro e la direzione della polarizzazione del fascio. L’angolo indica quindi le componenti p e s del campo elettrico. Per la polarizzazione circolare,
Fig. 2.10 – Immagini dei LIPSS ottenuti con diverse polarizzazioni del fascio laser (simbolo in alto a destra) e diversi angoli dell’asse principale dell’ellisse di polarizzazione (angolo in
28 che corrisponde ad = 0° e = 180°, si hanno LIPSS orientati perpendicolarmente al piano di incidenza (piano normale alla superficie). Al variare dell’angolo si assiste quindi a una variazione dell’angolo di orientamento dei LIPSS.
2.3.3. Effetto dell’accumulo di energia
Con l’aumento del numero di impulsi, e quindi dell’energia depositata dal laser sulla superficie del materiale, si ha sulla superficie stessa la nascita e l’evoluzione della struttura periodica. Man mano che si incrementa il numero di impulsi insistenti su una stessa zona, si è osservato [21] che
Fig. 2.11 –
29 i LIPSS diventano più disordinati, in particolare nella zona con maggiore profondità di ablazione, aumentando il numero di biforcazioni delle strutture allungate e diminuendo la loro regolarità.
È perciò evidente che la morfologia dei LIPSS, variando con un numero crescente di impulsi, può essere interpretata da un effetto di accumulo dell’energia apportata dal laser sulla superficie. Assumendo che il profilo spaziale e temporale del laser sia gaussiano e quindi la distribuzione di energia del laser sia data da:
( , ) =
dove:
= massimo della densità di energia dell’impulso laser incidente = durata dell’impulso
= distanza dall’asse dello spot del laser (supposto a simmetria cilindrica) = estensione spaziale trasversale del fascio laser
la densità di energia sarà significativamente più alta al centro rispetto alle zone periferiche colpite dal laser, per cui si avrà una evoluzione della morfologia della struttura più rapida nelle zone centrali.
Oltretutto occorre considerare che è necessario superare un valore di soglia della densità di energia (in genere leggermente superiore alla soglia di ablazione) per avere la generazione di LIPSS sulla superficie; perciò per ottenere una superficie uniforme sarà necessario, nel caso di fascio che scansioni la stessa, combinare velocità di scansione e distanza tra diverse righe di scansione in modo tale da avere un valore di energia accumulata quanto più costante su tutta l’area (al di sopra della soglia di generazione dei LIPSS).