Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE N. Reg.Ric.
PER IL LAZIO - SEZIONE III Anno composto dai signori
Stefano Baccarini PRESIDENTE
Germana Panzironi COMPONENTE, relatore Diego Sabatino COMPONENTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5466/06 Reg. Gen., proposto dalla Società Studiosperini, s.r.l. ed altri, in persona dei rispettivi rappresentanti, in giudizio con gli avv. De Portu Claudio e Calabrese Marco ed elettivamente domiciliato in Roma, via Eustachio Manfredi n. 17;
contro
l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliata presso la medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
Soc. Protos SOA s.p.a., non costituita;
per l'annullamento
- Della determinazione del Consiglio dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici del 6-4-2006 n. 3, pubblicata sulla GURI del 27-4-2006 avente ad oggetto “Attività promozionale all’esercizio dell’attività di attestazione”;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’ atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre 2006, relatore il consigliere Panzironi, gli avvocati delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso ritualmente notificato le società in epigrafe hanno adito il TAR per ottenere l'annullamento, previa sospensiva, della determinazione del Consiglio dell'Autorità del 6.4.2006 n. 3 avente ad oggetto le Attività promozionali all'esercizio delle attività d'attestazione.
A sostegno dell'impugnativa i ricorrenti hanno dedotto l' illegittimità del provvedimento per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si è costituita in giudizio 1'Autorità per la vigilanza sui LL PP per eccepire l'infondatezza del ricorso avversario e chiederne il rigetto.
All’odierna udienza, il ricorso è passato in decisione.
D I R I T T O
Il presente gravame è volto all’annullamento del provvedimento dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici relativo all’attività di promozione svolta in relazione all’esercizio delle attività di attestazione delle SOA.
Gli istanti deducono l’illegittimità di tale delibera per violazione del proprio diritto di iniziativa e di organizzazione economica, nonché del diritto di esercizio di impresa, per violazione di legge, con particolare riferimento alla norma dell’art. 12 del d.P.R. n. 34/00 che, imponendo alle SOA il divieto di avvalersi di personale esterno per l’espletamento dell’attività istituzionale, è stata applicata in modo erroneo con riferimento all’attività dei promotori, estranea a quella istituzionale.
Le censure sono fondate, nei limiti appresso indicati.
Con il provvedimento gravato, ossia la determinazione n. 3/2006 del 6 aprile 2006, pubblicata nella G.U. n. 97 del 27 aprile 2006, l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, rilevato che l'attività di promozione commerciale in favore delle SOA viene svolta prevalentemente da soggetti esterni alle società, in base alla forma contrattuale atipica del procacciatore d'affari, caratterizzata dalla mancanza di un vincolo di stabilità e di un diritto di esclusiva, ha imposto unilateralmente l'inserimento dei promotori commerciali nell'organico delle SOA
Tale misura era stata motivata dall'organo di vigilanza con la necessità di rimediare alle distorsioni che sarebbero connesse, a giudizio dell' Autorità, all'attività dei promotori commerciali, in quanto la posizione dei promotori quali soggetti esterni all'organico delle SOA
produrrebbe comportamenti patologici, in grado di compromettere gli obiettivi di efficienza e corretto funzionamento del sistema unico di qualificazione nel mercato dei lavori pubblici.
Le modalità con cui i promotori, in qualità di consulenti delle imprese di costruzione, sarebbero in grado di influenzare in maniera rilevante le condizioni di mercato, consisterebbero, per quel che risulta all' Autorità: a) nel determinare il passaggio di "pacchetti" di imprese da una SOA all'altra; b) nel predisporre spesso direttamente la documentazione da presentare ai fini della qualificazione aggirando il divieto, per i soggetti esterni alle SOA, di svolgere prestazioni relative all'attività di attestazione; c) nel proporre alle imprese obiettivi di qualificazione non realistici, sollecitando verifiche compiacenti delle SOA, sino ad arrivare, nei casi più gravi, alla falsificazione dei certificati di esecuzione dei lavori.
Il provvedimento impugnato, tuttavia, non interviene solo relativamente ai promotori, ma ridefinisce integralmente le condizioni di esercizio dell'attività promozionale e dispone che essa possa essere svolta soltanto da soggetti presenti nell'organico delle SOA, rinvenendo la legittimazione ad adottare una misura così stringente nella giurisprudenza più recente in materia di qualificazione dei lavori pubblici, che riconosce poteri di vigilanza e controllo sia sulle SOA sia sulle singole attestazioni, nonché utilizzando come parametro normativo di riferimento l’art. 12, comma 2 del d.P.R. 25.1.2000, n.
34, secondo il quale "per l'espletamento delle loro attività le SOA non
possono ricorrere a prestazioni di soggetti esterni alla loro organizzazione aziendale";
Nell’ambito di un intervento così rilevante nonché invasivo dell’autonomia negoziale dei soggetti coinvolti, l’Autorità avrebbe dovuto procedere mediante un meccanismo di consultazione delle parti interessate, con moduli partecipativi più avanzati anche di quelli previsti in generale dalla legge sul procedimento, anche per una completa acquisizione di elementi e proposte utili a risolvere i problemi segnalati con eventuali modalità e soluzioni alternative.
La determina appare, inoltre, viziata per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.
L’Autorità, pur nell’ambito dei vasti poteri attribuiti dalla legge, ha fatto cattivo uso della propria libertà d’azione, in quanto ha imposto una soluzione estremamente pesante per le SOA, mentre avrebbe potuto agire secondo altre direzioni, di minor impatto per i soggetti regolati.
Deve infatti notarsi che lo scopo dell’amministrare a mezzo di un potere neutrale di regolazione è quello di dare attuazione ad un interesse, certamente pubblico, al corretto funzionamento del settore in esame. Per questa ragione, tale scopo viene normalmente raggiunto a mezzo di un triplice livello di intervento: mediante una attività normativa inerente le regole di corretto funzionamento del settore;
mediante una conseguente attività di vigilanza sulle regole così poste;
ed eventualmente mediante successivi interventi, anche di carattere sanzionatorio, nel caso di mancato rispetto delle norme stesse.
Nello svolgimento del primo di questi compiti, l’autorità indipendente agisce per la realizzazione di un interesse già integralmente considerato in sede legislativa, e quindi opera nell’ambito di un sistema delimitato da norme. Le regole di corretto funzionamento, ossia le regole di diritto poste dalle autorità nell’ambito della proprie potestà normative, legittimano la loro presenza nell’ordinamento se ed in quanto si conformano al sistema e ne sono rispettose. Ciò che viene in rilievo, non è il procedimento, ma l’esito finale dell’opera di costruzione della regola, il suo profilo contenutistico, ossia la norma applicata al caso in esame.
Nel fare questo, il soggetto indipendente non agisce come un frammento del potere esecutivo, incidentalmente attributario di un pieno potere normativo. Anche nel caso di amministrazione neutrale, infatti, il sistema (ma anche l’esperienza e la storia dell’amministrazione pubblica) impedisce una accettazione incondizionata della cd. delegation doctrine, e postula invece che la potestà normativa venga precisata ed arricchita facendo ricorso ad altri principi, parimenti evincibili dall’ordinamento.
In questo caso, ed è vicenda che pare opportuno sottolineare, i principi di proporzionalità e di minore incisività sono elementi che ben possono intervenire nella conformazione della regola di diritto materialmente applicata dalla pubblica amministrazione, trattandosi di parametri con ipotizzati agganci addirittura costituzionali.
La rilevanza di tali principi è tale da imporre, quale esito di un apprezzamento “di ordine rigorosamente giuridico”, un obbligo di
considerazione di soluzioni alternative. Va cioè ponderato se, oltre alla soluzione effettivamente adottata dalla Autorità di vigilanza, esistano e siano praticabili altri ulteriori meccanismi di controllo del problema (certamente reale e sentito) che ha animato la determinazione assunta e qui gravata.
Ad esempio, può essere indicato l’impiego del potere di controllo riservato alla stessa Autorità, al fine della individuazione delle condotte illegittime, ma del pari potrebbero essere possibili soluzioni ancora più articolate (quale l’imposizione di un onere di segnalazione dei contratti stipulati a mezzo di promotore, anche al fine di evidenziare situazioni di distorsione di mercato o altre ipotesi ancora).
È cioè ipotizzabile il ricorso a sistemi che aumentino il ventaglio di opzioni possibili (che al momento sono sostanzialmente due, ossia non valersi dell’attività di promozione, oppure svolgerla in proprio con personale dipendente), e che quindi consentano la graduazione, anche economica, degli oneri gravanti sulle SOA.
Ciò non esclude che l’Autorità di vigilanza possa poi in concreto ritenere non praticabili altre misure, ma appare necessario che la decisione concreta sia comunque frutto di una scelta oculata, e coerente con i principi dell’ordinamento.
Il problema esaminato dall’Autorità poteva dunque consentire, almeno in ipotesi, soluzioni alternative e meno gravose per il settore regolato, soluzioni che non risultano vagliate in sede deliberativa. La mancata considerazione delle altre possibilità incide sulla regola di diritto
messa in atto dall’Autorità, che appare viziata proprio nei sensi indicati dalle ricorrenti in questo motivo di doglianza.
La determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici n.
3/2006 va quindi annullata.
Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate in €. 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 ottobre 2006.
Stefano Baccarini PRESIDENTE Germana Panzironi ESTENSORE