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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) D E C I S I O N E

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(1)

TRG

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 3690/2008, proposto da GS s.p.a.

rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Scanzano e Filippo Brunetti ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo Studio dei difensori, Via XXIV Maggio n. 43;

CONTRO

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ex lege domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

E NEI CONFRONTI DI

- AGENZIA DELLE ENTRATE – Ufficio di Milano 6,

- AGENZIA DELLE ENTRATE – Direzione regionale Lombardia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 795 del 2 aprile 2008;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’Agenzia delle Entrate;

Reg. Dec.

N. 3690 Reg. Ric.

Anno 2008

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Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla Camera di Consiglio del 8 luglio 2008 il Consigliere Bruno Mollica;

Udito altresì, l’avv. Brunetti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO e DIRITTO

1.- La società GS s.p.a. impugna la sentenza di T.A.R. indicata in epigrafe, con la quale è stato rigettato il ricorso dalla medesima proposto per l’annullamento del diniego di accesso agli atti formalizzato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate di Milano in data 31 dicembre 2007.

Espone l’appellante:

- di aver presentato, a seguito di avvisi di accertamento notificati in data 25.1.2007, due istanze volte a sollecitare l’annullamento in autotutela degli stessi e di aver adito, nelle more della definizione del procedimento di secondo grado, la Commissione tributaria provinciale di Milano con distinti procedimenti giurisdizionali;

- di aver ricevuto, in data 20 dicembre 2007, la notifica di provvedimento di annullamento parziale in autotutela dell’avviso di accertamento n.

R1U03801616/2006 a seguito del parere della

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Direzione regionale della Lombardia del 13.12.2007, richiesto a norma dell’art. 4, comma 1, del D.M. 11 febbraio 1997 n. 37;

- di aver chiesto, in data 21.12.2007, in vista dell’udienza di trattazione dinanzi alla Commissione Tributaria, copia del parere espresso dalla Direzione regionale della Lombardia e citato nel provvedimento di annullamento parziale ai fini della difesa nell’ambito del contenzioso pendente;

- di aver proposto, a seguito del diniego di accesso del 31 dicembre 2007, il precitato ricorso dinanzi al T.A.R. per la Lombardia, respinto con la sentenza n. 795 del 2 aprile 2008, che viene impugnata con l’odierno ricorso in appello.

A sostegno dell’impugnativa la società GS deduce i seguenti motivi, proposti sotto diversi profili:

- Difetto di motivazione su punto decisivo della controversia – Violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990, in particolare artt. 3, 10, 24 e 25 – Violazione e falsa applicazione D.P.R. 352/1992 e D.P.R. n. 184 del 12.04.2006 – Violazione e falsa applicazione del D.M. n. 603 del 29.10.1996 nonchè del D.M. n. 37 del 11.02.1997 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 212/2000 (statuto del contribuente);

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- In via subordinata: illegittimità costituzionale dell’art.

24, comma 1, della legge n. 241/1990 e della legge n.

212/2000 per violazione degli artt. 3, 21, 24 e 97 Cost.

ove fossero da interpretare nel senso che sono inaccessibili gli atti preparatori di atto finale di procedimento tributario concluso riguardanti direttamente il richiedente e necessari per la cura e/o difesa di interessi giuridici.

Resiste l’Agenzia delle Entrate e prospetta, in particolare, una interpretazione dell’art. 24 cit. in senso assolutamente preclusivo alla accessibilità ai documenti di cui trattasi, sostenendo altresì l’infondatezza delle residue doglianze proposte.

2.- La sentenza impugnata – pur ritenendo condivisibile, in linea di principio, la tesi della società ricorrente secondo cui il diritto di accesso rispetto ad un atto endoprocedimentale non può essere limitato al solo caso in cui il richiedente intenda contestare la legittimità dell’atto finale dello specifico procedimento, ma deve essere esteso a tutti i casi in cui la conoscenza del medesimo si configuri come strumentale ad un pieno esercizio della tutela giurisdizionale con riferimento all’impugnazione anche di altri atti collegati, e ritenendo per converso destituito di fondamento giuridico quanto affermato dall’Amministrazione in ordine alla pretesa inoppugnabilità del diniego di esercizio del potere di

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autotutela – assume conclusivamente che il semplice richiamo alla norma dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 (come sostituito dall’art. 16, comma 1, della legge 11 febbraio 2005 n. 15), contenuto nella nota del 31 dicembre 2007, a prescindere da ogni ulteriore motivazione, del tutto superflua, deve ritenersi sufficiente a denegare l’esercizio del diritto di accesso, prevedendo espressamente tale disposizione l’esclusione ex lege dall’accesso medesimo anche “nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano”.

La difesa dell’Amministrazione sostiene, in tale linea, che in materia tributaria il legislatore ha voluto dettare una normativa più rigorosa e restrittiva di quella generale, stabilendo una completa inaccessibilità agli atti, in qualunque momento, anche quando è ormai conclusa la sequenza procedimentale.

Ritiene il Collegio che, secondo una lettura della disposizione costituzionalmente orientata, la norma debba essere intesa nel senso che la inaccessibilità agli atti di cui trattasi sia temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di

“segretezza” nella fase che segue la conclusione del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo.

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Diversamente opinando si perverrebbe alla singolare conclusione che, in uno Stato di diritto, il cittadino possa essere inciso dalla imposizione tributaria – pur nella più lata accezione della “ragion fiscale” – senza neppure conoscere il perchè della imposizione e della relativa quantificazione.

Nè possono rinvenirsi elementi interpretativi in altro senso nella diversità testuale tra l’originario articolo 24 – che stabiliva che “non è comunque ammesso l’accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all’art. 13”, tra i quali erano contemplati anche quelli tributari – e quello introdotto dalla sostituzione operata dall’art. 16 della legge 205/2000, già sopra riportato.

La ratio della modifica – che la difesa erariale individua nella volontà legislativa di estendere, rispetto al passato, la regola della inaccessibilità in campo tributario a tutti i documenti, anche quelli relativi a procedimenti già conclusi – ben può essere rinvenuta, per converso, nella esigenza di armonizzazione lessicale tra i ridetti articoli.

Del resto, è lo stesso articolo 24, al secondo comma, con norme di chiusura, a configurare la garanzia di accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria ai richiedenti per curare o per difendere i propri interessi giuridici, col solo limite relativo ai documenti contenenti dati sensibili e giudiziari: e non si vede come possa curare o difendere i propri interessi giuridici nella materia che ne

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occupa il soggetto cui sia precluso l’accesso agli atti di cui trattasi.

3.- Va ancora osservato che il provvedimento impugnato in prime cure (nota prot. 2007/126812 del 31.12.2007) denega l’accesso al controverso parere emesso dalla Direzione regionale nel corso del procedimento tributario

“in quanto manca il presupposto previsto dalla legge, costituito dall’interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, avendo l’Ufficio “il potere, ma non il dovere giuridico, di ritirare l’atto viziato” e, correlativamente, “il contribuente non vanta alcun diritto a che l’Ufficio eserciti un tale potere”.

A fronte dell’insussistenza dell’obbligo dell’Amministrazione di annullare il provvedimento a seguito della presentazione dell’istanza di autotutela, non sarebbe riconosciuta al contribuente alcuna azione avverso l’eventuale diniego, per cui la conoscenza degli atti interni al riesame risulterebbe ininfluente.

Sfugge all’Amministrazione che la asserita inconfigurabilità di un obbligo a provvedere non preclude ex se l’azione intesa alla verifica della legittimità dell’eventuale diniego, non essendo ammissibile nell’ordinamento l’esercizio di un potere “ad libitum”:

sussiste invero un interesse a tale verifica ed il titolare di tale interesse è legittimato ad acquisire, a procedimento

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concluso, la conoscenza degli atti infraprocedimentali che incidono su tale interesse.

4.- Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.

5.- Le spese del doppio grado possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di 1° grado e annulla il provvedimento del 31 dicembre 2007 impugnato.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 8 luglio 2008 con l’intervento dei signori:

Giovanni VACIRCA Presidente Pier Luigi LODI Consigliere Bruno MOLLICA Consigliere, est.

Sandro AURELI Consigliere Raffaele GRECO Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Bruno Mollica Giovanni Vacirca IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

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Depositata in Segreteria

Il 21/10/2008

(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186) Per il / Il Dirigente

Rosario Giorgio Carnabuci

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