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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato. in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) DECISIONE

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N. 04815/2010 REG.DEC.

N. 06640/2004 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6640 del 2004, proposto da Cooperativa edilizia

“La Ruvese”, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo F. Ingravalle e Francesco Laurora, ed elettivamente domiciliata, unitamente ai difensori, presso lo studio Nanna in Roma, viale Giulio Cesare n. 71;

controcontro

Comune di Ruvo di Puglia, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Petrarota, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso lo studio Moscarini in Roma, via Sesto Rufo n. 23;

per l’annullamentoper l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 170 del 20 gennaio 2004;

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visto il ricorso in appello, con i relativi allegati,

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

relatore all’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2010 il consigliere Diego Sabatino;

nessuno è comparso per le parti;

udito per le parti l’avv. Clarizia, su delega dell’avv. Petrarota;

considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 6640 del 2004, la Cooperativa edilizia “La Ruvese” proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 170 del 20 gennaio 2004 con la quale era stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Ruvo di Puglia per l’annullamento della deliberazione della giunta municipale del Comune di Ruvo di Puglia n.191 del 21.9.1999, ad oggetto “Recupero somme occorse per la corresponsione delle indennità di esproprio in favore della ditta Zanni Fiore a seguito della transazione sottoscritta in data 18.5.1999 e per le spese legali”, con cui si dispone il recupero nei confronti della cooperativa La Ruvese della somma di lire 137.307.145 a titolo di ulteriore costo per acquisizione delle aree per realizzazione programma di edilizia economica e popolare; e di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale, compresa la nota di trasmissione della citata deliberazione prot.19335 del 29.9.1999..

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso:

- di aver avuto in assegnazione da parte del Comune di Ruvo di Puglia, con

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delibera di consiglio comunale n.139 del 13.7.1984, i suoli del piano di zona approvato con delibera consiliare del 18.11.1983, per la realizzazione di alloggi sociali;

- che in data 27.11.1985 veniva stipulata la convenzione per la concessione e la regolamentazione del diritto di superficie;

- che successivamente gli originari proprietari dei suoli oggetto di tale programma edilizio (signori Zanni-Fiore) intrapresero innanzi il Tribunale di Trani giudizio contro il Comune di Ruvo di Puglia al fine di ottenere il risarcimento del danno da illegittima apprensione del suolo di loro proprietà e due giudizi avanti la Corte di Appello di Bari per la determinazione delle indennità di occupazione d’urgenza e di esproprio relativamente allo stesso suolo;

- che con la delibera impugnata, il Comune di Ruvo, dato atto della intervenuta transazione dei giudizi civili citati per la somma complessiva di lire 400.000.000, disponeva nei confronti della cooperativa ricorrente il versamento della somma di 137.000.000 quale maggior costo di espropriazione a seguito della citata transazione.

Costituitosi il Comune di Ruvo di Puglia, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, sotto il profilo dell’esigibilità delle somme.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante riproponeva le ragioni già sostenute in primo grado, in merito al contenuto della convenzione.

Alla pubblica udienza del 20 aprile 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è infondato e va respinto nei limiti di seguito precisati.

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2. - La Sezione ritiene innanzi tutto di doversi soffermare sul fondamento giuridico della richiesta, da parte del Comune di Ruvo di Puglia, di vedersi rimborsare dalla cooperativa edilizia “La Ruvese”, assegnataria di un lotto nell’ambito di un programma di edilizia economica e popolare, le somme corrisposte a titolo di indennità di espropriazione e di occupazione dei suoli, come determinate in sede giudiziaria di fronte al ricorso della parte espropriata.

Come già affermato in giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7820), l'art. 35 della legge n. 865/1971 prescriveva la realizzazione del P.E.E.P. in pareggio quanto meno per il costo di acquisizione delle aree e per gli oneri delle opere di urbanizzazione (ed in disparte la successiva estensione del principio, a norma dell'art. 16 del decreto legge 22 dicembre 1981 n. 786, convertito in legge 26 febbraio 1982 n. 51, anche agli oneri finanziari connessi all'operazione). Invero, detto art. 35 L. n. 865/1971 statuiva espressamente che la convenzione stipulata dal Comune per concedere il diritto di superficie sulle aree incluse nel P.E.E.P doveva prevedere il corrispettivo della concessione in misura pari al costo di acquisizione delle aree nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione realizzate o da realizzare, allo scopo evidentemente di assicurare la copertura delle spese complessivamente sostenute o da sostenere da parte dell'Amministrazione. Sulla base di questa ricostruzione, è stato ritenuto del tutto coerente che spetti al Comune il diritto di recuperare quanto speso sia per l'acquisizione delle aree sia per la loro urbanizzazione, anche qualora le somme fossero espressamente state pattuite in convenzione.

La detta estensione, peraltro, non è idonea a rendere immune l’azione dell’ente pubblico dalle sue responsabilità per l’azione illegittima, tant’è che

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si espressamente statuito che nell’ipotesi in cui l’acquisizione delle aree da destinare alla realizzazione dei piani di edilizia economica e popolare avvenga “non già attraverso le procedure espropriative di legge, bensì come effetto di un fatto illecito che, da un lato, determina l'acquisto della proprietà del suolo di mano pubblica e, dall'altro, fa sorgere nei proprietari delle aree il diritto al risarcimento del danno per la perdita della proprietà ai sensi dell'art. 2043 c.c., il principio dell’integrale copertura dei costi sostenuti per l'acquisto viene meno, atteso che si è fuori dalla lettera e dalla ratio dell'art. 35 L.865/1971, non potendosi fare ricadere sui concessionari delle aree e loro aventi causa i maggiori costi determinatisi in forza di una acquisizione delle aree realizzate attraverso un fatto civilisticamente illecito, quale l'occupazione acquisitiva” (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 577).

Il principio dell’integrale copertura dei costi di acquisto delle aree è quindi espressione di una garanzia economica nei confronti dell’ente procedente, ma contiene in sé anche un principio di garanzia giuridica verso il beneficiario, che è tenuto verso il Comune nei soli limiti impostigli dalla legge e dal corretto comportamento dell’amministrazione, legato alla corretta acquisizione delle aree nel rispetto della procedura espropriativa prevista dalla legge.

3. - Esaminata la questione del fondamento della pretesa, viene in rilievo la concreta esigibilità della prestazione, contestata dalla cooperativa con il primo motivo di diritto, dove si evidenzia come l’amministrazione, in sede di convenzione, si sia espressamente vincolata alla ripetizione delle somme eventualmente corrisposte a seguito di una decisione giudiziale di rideterminazione delle indennità dovute, solo nel caso in cui vi fosse una sentenza, peraltro divenuta definitiva, mentre invece nella fattispecie in

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esame si tratta di una transazione a seguito della proposizione di tre diverse azioni giudiziarie.

Premesso che il motivo di impugnazione non riguarda i fatti posti a fondamento della transazione, e che dagli atti non è dato cogliere quanto e come l’esistenza di tre diverse azioni (di cui due aventi riguardo alla quantificazione dell’indennità di esproprio ed una fondata sulla richiesta di risarcimento del danno) abbia influito sulla quantificazione dell’accordo tra privati e Comune, occorre in questa sede esaminare solo se l’esistenza di un contratto solutorio sia titolo idoneo per l’amministrazione a richiedere alla cooperativa edilizia il pagamento delle somme aggiuntive.

Come bene evidenziato dal giudice di prime cure, anche la soluzione transattiva, che svolge una funzione analoga alla definizione giudiziale della controversia, va inserita nelle ipotesi che consentono la traslazione sugli assegnatari dei costi di acquisizione delle aree. Ciò non è solo coerente con una visione teleologica della problematica, in quanto altrimenti si giungerebbe a precludere ogni soluzione concordata ed a richiedere così al Comune di perseverare nelle liti e quindi aggravare i costi di acquisizione delle aree, ma appare anche legato alla stessa formulazione contenuta nella convenzione del 27 novembre 1985. Qui, infatti, si legge che la possibilità del recupero delle somme è prevista nel testo nel solo caso in cui “il costo di acquisizione dovesse mutare a seguito di determinazione legislativa o regolamentare o di sentenza definitiva che fissino una misura diversa dell’indennità di espropriazione”, imponendo consequenzialmente alle parti di procedere agli “opportuni conguagli ed a versare le eventuali differenze”.

Emerge quindi come il Comune si sia tutelato, nel solco della disciplina normativa, da tutte le evenienze che potessero intervenire sulla concreta

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quantificazione del dovuto, ottenendo che in un momento successivo possano aver luogo ulteriori aggiustamenti in relazione alle debenze. In questa ottica, l’attenzione della convenzione, più che ancorata al dato formale, fa riferimento alle conseguenze economiche che derivano dalle possibili mutazioni del quadro di riferimento.

Deve quindi ritenersi che, nel caso specifico, non sia infondata la pretesa dell’amministrazione, basata su un titolo contrattuale che ha risolto una vertenza concernente la fase espropriativa, di conseguire la traslazione dei costi sostenuti in capo ai diretti beneficiari della sua azione, trattandosi di fattispecie coerente con il dato normativo, ragionevole nel senso di operare per la riduzione dei costi e aderente alla convenzione intercorsa tra le parti.

4. - L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 6640 del 2004;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente Pier Luigi Lodi, Consigliere

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Antonino Anastasi, Consigliere Anna Leoni, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 22/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186) Il Dirigente della Sezione

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