K E R R Y D R E W E R Y
Una storia di sentimenti nell’orrore di Hiroshima.
llustrazioni di Natsko Seki Traduzione di Elisa Puricelli Guerra
L’ultima di carta gru
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da Mondadori Libri S.p.A.
Proprietà letteraria riservata Testo © 2020 Kerry Drewery Illustrazioni © 2020 Natsko Seki
© 2020 Mondadori Libri S.p.A., Milano Pubblicato per la prima volta in Gran Bretagna nel 2020
da HOT K EY BOOKS 80–81 Wimpole St, London W1G 9RE
un marchio Bonnier Books UK Tutti i diritti riservati.
Kerry Drewery ha asserito il diritto morale a essere identificata come l’autrice dell’opera.
ISBN 978-88-17-14757-6
Titolo originale: The Last Pa per Cr a ne
Prima edizione
Prima edizione : luglio 2020 Realizzazione editoriale:
Lorenzo Gianni Pubblicato per
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Nota dell’autrice
Nel 1983, quando avevo undici anni, andai al cinema con un’amica a vedere Il ritorno dello Jedi. A quell’epoca, prima del film vero e proprio proiettavano un corto; e siccome incombevano ancora la Guerra Fredda e la mi- naccia dell’apocalisse nucleare, prima di Il ritorno dello Jedi proiettarono un lungometraggio pubblicitario che spiegava cosa sarebbe successo in caso di un attacco nucleare; il preavviso, dicevano, sarebbe stato troppo breve e molte persone non ce l’avrebbero fatta a torna- re a casa dalle loro famiglie.
Dopo averlo visto, non volevo più rimanere nel ci- nema; desideravo tornare a casa; volevo essere con mia mamma, mio papà e mio fratello in caso fosse arriva- ta la bomba. Tuttavia non me ne sono andata, e quella notte non c’è stata alcuna bomba, ma la paura ha conti- nuato a farsi sentire nel corso del tempo.
Negli anni successivi ho letto Giochi di guerra di David Bischoff, Quando soffia il vento di Raymond Briggs, ho guardato Ipotesi sopravvivenza, ho ascoltato
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Two Tribes dei Frankie Goes to Hollywood, e 99 Red Balloons di Nena.
La paura mi spingeva a cercare di capire.
Ho letto tutto quello che sono riuscita a trovare su Hiroshima, ma a quell’epoca non c’era ancora Internet, e le informazioni non erano diponibili così facilmente.
La minaccia della Guerra Fredda si è affievolita, io sono diventata adolescente, le cose sono cambiate, ma il ricordo della paura che ho sentito non è andato via.
Sono passati parecchi anni: i Paesi che possiedono armi nucleari sono aumentati, altri le stanno sviluppan- do, e mentre il quadro politico ha cominciato a cambia- re e la minaccia nucleare ha ripreso a incombere, sono incappata in un articolo su un sopravvissuto di Hiroshi- ma. Raccomandava un libro: Hiroshima di John Hersey.
L’ho ordinato, divorato, e mi ha fatto piangere
Credevo di avere compreso cosa era accaduto a Hi- roshima, ma non era così. Ho fatto leggere il libro ad altre persone e mi sono buttata su Internet e ho letto altri libri, ho guardato documentari, film… Volevo sa- pere tutto, volevo capire.
Ho guardato indietro alla storia, e alla minaccia che ancora incombeva su di noi. Cosa avevamo imparato?
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Sarebbe potuto accadere di nuovo? Il tempo aveva can- cellato il dolore? Stavamo dimenticando?
Quello era stato un momento della storia che avrebbe dovuto continuare a riecheggiare nel tempo, oppure pro- prio il tempo lo stava cancellando dalla nostra memoria?
In quanto scrittrice, ho provato il desiderio di ap- profondire. Non era mia intenzione stabilire chi avesse fatto cosa e perché e analizzare i forse e i ma; quello che mi interessava erano le persone, le loro storie, i so- pravvissuti, le vite e gli amori perduti, i futuri mancati, i rimpianti, la tristezza, il senso di colpa che così tanti hanno provato. La paura.
Questa ricerca mi ha spezzato il cuore.
Non sono giapponese. Non ho vissuto sulla mia pelle quello che è successo. Non conosco nessuno che era presente.
Ma non riuscivo ad abbandonare la storia. E ho con- tinuato a pensare che se le storie fossero raccontate solo dalle persone che le hanno vissute, allora a poco a poco tutto svanirebbe dal tempo e dalla memoria. Al- cune cose sono troppo importanti per scomparire; non dovrebbero mai essere dimenticate. Noi – tutti noi – abbiamo troppo da perdere.
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La paura non appartiene a una determinata decade, tipo di persona, Paese o cultura.
E neppure il senso di colpa.
O l’amore.
L’ultima gru di carta parla di tutte queste cose.
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In ricordo di mio nonno, Walter Gage – Lincoln Green, Tower Gardens, Il Country Hotel,
Madame Cholet che aveva una moneta da un penny nella tasca,
Jack il clown musicale, Stare seduta in braccio a te, Un sorriso in una fotografia.
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11 Noi
siamo storie.
Io,
mia madre, la nonna.
I miei amici.
Anche tu, nonno Ichiro.
Soprattutto Tu.
Credevo che le storie, come le vite, fossero linee rette.
Sbagliavo.
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