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Prot. 101/2012 Roma, 31 ottobre 2012 ALLE ORGANIZZAZIONI PROVINCIALI DEI PANIFICATORI L O R O S E D I

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Prot. 101/2012 Roma, 31 ottobre 2012

ALLE ORGANIZZAZIONI PROVINCIALI DEI PANIFICATORI

L O R O S E D I

OGGETTO: Termini di pagamento. Art. 62 Legge 27/2012.-

Di seguito un generale e quanto più schematico possibile commento dell’art. 62 del cosiddetto “Decreto Sviluppo” (convertito nella Legge 27 del 24 marzo 2012, entrata in vigore il 24 ottobre) nonché del relativo Regolamento emanato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, anche alla luce delle osservazioni rese dal Consiglio di Stato nel parere espresso in data 8 ottobre 2012; con l’obiettivo di fornire le prime linee di indirizzo alle aziende di panificazione interessate dall’applicazione della normativa in questione, recante la

“Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed alimentari”, e con la precisazione che, per ogni ulteriore approfondimento, si rinvia al sito www.panificatorifvg.it.

(I)

QUALE E’ L’AMBITO DI APPLICAZIONE?

La disciplina in commento si applica:

(A) dal punto di vista oggettivo: cessioni ad effetti differiti di prodotti agricoli e alimentari, dovendo intendersi:

= per cessione qualsiasi operazione di scambio assimilabile alla vendita, che abbia

- effetti differiti, ossia si caratterizzi per lo svolgimento nel tempo delle modalità di esecuzione delle prestazioni di consegna della merce e di pagamento del prezzo (con esclusione, quindi, delle cessioni istantanee, nelle quali la prestazione del fornitore è contestuale a quella di pagamento del prezzo da parte dell’operatore che riceve la merce),

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- e ad oggetto:

• prodotti agricoli, ossia i prodotti dell’allegato I di cui all’art. 38, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea;

• ovvero prodotti alimentari, ossia i prodotti di cui all’art. 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002.

NOTA BENE! Assume rilevanza fondamentale nella disciplina in esame il concetto di deteriorabilità del prodotto ceduto, determinando l’obbligo di pagamento, anziché nel termine di 60 giorni, in quello ridotto a 30 giorni.

Sono definiti come tali i prodotti che rientrano in una delle seguenti categorie:

a) prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a sessanta giorni;

b) prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;

c) prodotti a base di carne che presentino le seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aW superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5;

d) tutti i tipi di latte.

Come si vede, sembrerebbe che qualunque alimento riporti una data, sia essa di scadenza che di termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni, rientra nella classificazione di prodotto alimentare deteriorabile. Pertanto non vi sarebbe una differenza di trattamento, sempre ai soli fini della norma in esame, tra prodotti che riportano in etichetta la scadenza vera e propria (da consumarsi entro…) e quelli recanti l’indicazione da consumarsi preferibilmente entro… la

quale, evidentemente, non integra “ipso facto” un termine definitivo di durata del prodotto. E ciò perché la durata è sempre stabilità da produttore.

Vale la pena peraltro, e sempre e solo ai fini della determinazione se trattasi di alimento deperibile o meno, che non dovrebbe rilevare in alcun modo la data di consegna del prodotto stesso, magari avvenuta a meno di sessanta giorni dal termine minimo di conservazione o dalla data di scadenza:

ciò che importa è solo e soltanto la durabilità così come fissata dal produttore. Pertanto, a fronte della consegna di un prodotto anche a pochi giorni dalla sua scadenza, se il termine di durata

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assegnato dal produttore è superiore ai 60 giorni il prodotto, comunque, non potrà definirsi come deperibile e il termine massimo di pagamento sarà di 60 giorni.

Si noti, inoltre, come la norma si applichi indistintamente ai prodotti siano essi sfusi che confezionati e a tutti i tipi di latte. Ciò implicherebbe che vengono considerati prodotti deteriorabili anche il latte a lunga conservazione e perfino quello in polvere, salvo diversi ed ulteriori chiarimenti ad oggi non disponibili

Il Consiglio di Stato, infatti, ancor prima di esprimere un parere sul Regolamento stesso, sottolinea come “lo scopo della nuova normativa è quello di garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare attraverso l’eliminazione di ingiustificato squilibrio contrattuale tra le parti” In altri termini, e ricordato come l’art. 62 non si occupi solo e soltanto di ritardi di pagamento ma soprattutto di pratiche commerciali sleali, ciò che si vuol far notare è che la norma interviene a difesa della parte contrattualmente più debole per evitare che una posizione dominante nei rapporti commerciali (ad esempio grande distribuzione – piccolo fornaio artigiano) porti alla fissazione di condizioni inique motivate soltanto da un rapporto di forza commerciale sbilanciato.

(B) da punto di vista soggettivo: a tutti gli operatori della filiera agroalimentare (c.d. Trade, intermediari, fornitori, produttori, e anche Pubblica Amministrazione);

con esclusione:

= del consumatore finale, ossia della “persona fisica che acquista i prodotti agricoli e/o alimentari per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”;

= delle cooperative di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 228/2001, delle organizzazioni di produttori di cui al D.Lgs. n. 102/2005 e degli imprenditori ittici di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 4/2012.

(C) dal punto di vista spaziale/temporale: alle consegne nel territorio italiano.

(NOTA BENE! Può capitare, nei rapporti contrattuali tra operatori di diversa nazionalità (ad esempio fornitore straniero e operatore che riceve la merce italiano) che sia prevista, in base alle norme del c.d. diritto internazionale privato, l’applicabilità del diritto straniero, sebbene la consegna della merce debba avvenire in Italia. Orbene, essendo le norme in commento c.d. norme ad applicazione necessaria, ossia norme sottratte alla disponibilità delle parti (nel senso che non

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sono ad applicazione volontaria), laddove sia prevista l’applicabilità di una norma straniera incompatibile con la disciplina in questione, quest’ultima si applicherà sempre e comunque in luogo delle prime (naturalmente se la consegna avviene in Italia).

(II)

QUALE E’ LA RATIO?

Prima ancora di passare all’esame della struttura della disciplina in commento è bene chiarirne la ratio che la ispira e che, conseguentemente, ne caratterizza la portata e lo stesso ambito applicativo.

Come precisato dal Consiglio di Stato nel richiamato parere, al di là di sia pur presenti riferimenti alla disciplina di tutela dei consumatori contenuti in particolare nel regolamento ministeriale, lo scopo della disciplina in esame è ancor prima e soprattutto costituito dalla necessità di evitare posizioni di abuso di dipendenza economica ovvero squilibri di forza commerciale e/o contrattuale tra i diversi operatori della filiera agroalimentare. Si tratta, insomma, di vera e propria tutela della concorrenza e, non a caso, chiamata agli accertamenti e alla irrogazione delle relative sanzioni è l’Autorità competente in materia, ossia l’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per il tramite della Guardia di Finanza; concorrenza da perseguire innanzitutto attraverso il raggiungimento della maggiore trasparenza possibile nei suddetti rapporti.

Considerare l’articolo 62 del cosiddetto “Decreto Sviluppo” una semplice regolamentazione dei ritardi di pagamento può quindi essere fuorviante e pericoloso soprattutto per quanta riguarda le sue modalità applicative. Il Consiglio di Stato, infatti, ancor prima di esprimere un parere sul regolamento stesso, sottolinea che “lo scopo della nuova normativa è quello di garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare attraverso l’eliminazione di ingiustificato squilibrio contrattuale tra le parti”. In altri termini, è ricordato come l’art. 62 non si occupi solo e soltanto di ritardi di pagamento ma soprattutto di pratiche commerciali sleali, ciò che si vuol far notare è che la norma interviene a difesa della parte contrattualmente più debole per evitare che una posizione dominante nei rapporti commerciali (ad esempio grande distribuzione – piccolo fornaio artigiano) porti alla

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fissazione di condizioni inique motivate soltanto da un rapporto di forza commerciale sbilanciato.

Il che significa altresì che, in particolare le norme relative alle prassi commerciali (di cui appresso si dirà), mentre troveranno senz’altro applicazione nei rapporti tra operatori aventi diversa forza contrattuale, potrebbero non trovarla a fronte di relazioni imprenditoriali basate su posizioni di equilibrio di entrambe le parti (ad esempio fornitore di farina e panettiere).

(NOTA BENE! Sin da ora è dunque bene precisare che difficilmente un’impresa medio-piccola, quale è di norma l’azienda di panificazione artigianale, potrà assumere una posizione di preminenza commerciale/contrattuale nei confronti di un altro operatore della filiera agroalimentare; con la conseguenza che difficilmente si potrà imputare alla stessa azienda una condotta e/o pratica sleale. Sarà semmai probabile il contrario, soprattutto nei rapporti con la GDO, dalla quale, pertanto, si dovrà pretendere la piena e corretta applicazione della normativa in esame).

(III)

QUALE E’ LA STRUTTURA?

L’art. 62 e il relativo regolamento che ne reca le modalità applicative contiene norme in materia di:

1) caratteristiche (essenzialmente di forma) delle cessioni;

2) termini di pagamento e interessi;

3) buone o sleali prassi commerciali.

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Le caratteristiche delle cessioni

Come sopra anticipato lo scopo della normativa in questione è la tutela della concorrenza e la concorrenza si tutela, innanzitutto, determinando la nascita e lo svolgimento di relazioni commerciali trasparenti. Orbene, la trasparenza si ottiene essenzialmente con la forma scritta che, pertanto, dovrà contraddistinguere ogni relazione tra gli operatori della filiera agroalimentare, unitamente alla sottoscrizione.

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In proposito, si segnala che, sebbene il testo del regolamento applicativo abbia escluso l’obbligo della sottoscrizione, il Consiglio di Stato ha ritenuto l’esonero di detto obbligo non conforme all’art. 62 che, in quanto norma primaria, non può essere derogata da una fonte secondaria, quale è il predetto regolamento.

Fermo restando l’obbligo della scrittura e della sottoscrizione, la normativa lascia un certo margine di libertà alle parti nell’impiego delle modalità e della documentazione utilizzabile nel disciplinare i rapporti commerciali

Ed infatti, oltre al contratto (che sarebbe sempre lo strumento preferibile per regolare i rapporti commerciali, ma che ci si rende conto che, in alcuni casi, per ragioni di tempistica e/o di mera opportunità, non sempre è possibile stipulare), è possibile far ricorso ad altri documenti, quali ad esempio:documenti di trasporto, bolle di consegna, ordini, scambi di comunicazioni, anche antecedenti la consegna, nonché le fatture.

Questi documenti, che potranno anche essere trasmessi in forma elettronica o a mezzo telefax, oltre ad essere sottoscritti (anche con la firma elettronica o digitale), dovranno recare, a pena di nullità, la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, nonché il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento ed essere integrati con la seguente dicitura: “assolve gli obblighi di cui all’articolo 62, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”.

SANZIONI: sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a euro 20.000,00.

L’entità della sanzione è determinata facendo riferimento al valore dei beni oggetto di cessione

E’ comunque bene che ogni azienda di panificazione, non tanto e non solo al fine di osservare la normativa in commento, quanto e soprattutto per fare in modo che le proprie controparti contrattuali, generalmente più forti commercialmente e contrattualmente, la osservino e, in caso contrario, siano assoggettate al regime sanzionatorio e al pagamento degli interessi moratori (di cui si dirà in prosieguo), utilizzi e, soprattutto, pretenda l’impiego, di uno dei richiamati documenti, con relativi contenuti e sottoscrizione.

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(2)

I termini di pagamento e gli interessi

(2.1)

I termini di pagamento e le modalità di fatturazione

Il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merci deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni e per tutte le altre merci entro termine di sessanta giorni.

I termini di pagamento decorrono dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura.

Qualora siano oggetto di un’unica cessione beni con termini di pagamento diversi il cedente deve emettere fattura separata per cessioni di prodotti assoggettate a termini di pagamento differenti.

Ai fini della determinazione degli interessi dovuti al creditore in caso di ritardo di pagamento assume, pertanto, rilievo decisivo la fattura, la cui data di ricevimento è validamente certificata solo nel caso di consegna a mano della stessa, di invio a mezzo di raccomandata A.R., di posta elettronica certificata (PEC) o di impiego del sistema EDI (Electronic Data Interchange) o altro mezzo equivalente, come previsto dalla vigente normativa fiscale.

(NOTA BENE! A tale proposito non si può non rilevare come la prevista possibilità della consegna a mano della fattura, se non vistata e datata dal ricevente, mal si concili con le alternative elencate (raccomandata AR, PEC, ecc) tutte a data certa. Pertanto sarà opportuno che l’eventuale consegna a mano preveda una copia di ricevimento con data controfirmata dal ricevente della stessa; ché, altrimenti, in mancanza di certezza circa la data di ricevimento della fattura, si assume che la fattura sia ricevuta nella data di consegna dei prodotti.

Sembrerebbe pertanto che, qualora non sia possibile stabilire la data effettiva di consegna della fattura, la data di riferimento sia quella del singolo Documento di Trasporto. In tal caso si ritiene

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corretto assumere che i termini di pagamento, analogamente a quanto previsto per le fatture, decorrano dall’ultimo giorno del mese della consegna effettiva).

SANZIONI: Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento stabiliti e’ punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a euro 500.000. L’entità della sanzione viene determinata in ragione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi.

(2.2)

Gli interessi moratori

Come sopra detto, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merci deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni e per tutte le altre merci entro termine di sessanta giorni.

Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi è maggiorato di ulteriori due punti percentuali ed è inderogabile.

Per interessi si intende: interessi legali di mora o interessi ad un tasso concordato tra imprese stabilito nel contratto, che decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento. Al riguardo è opportuno precisare che il tasso di interesse può essere concordato tra le parti solo in eccesso rispetto a quello legale, avendo il richiamato parere del Consiglio di Stato chiaramente evidenziato l’impossibilità di determinare un tasso inferiore rispetto a quello legale. Ad oggi si precisa che gli interessi moratori sono pari al 10%, essendo costituiti dal tasso degli interessi legali di mora di cui all’art. 5 del DLgs 231/2002 che è determinato in misura pari al saggio di interesse del principale strumento di rifinanziamento della BCE, attualmente fissato al 1% e da maggiorarsi di un ulteriore 7%, cui vanno aggiunti gli interessi di mora concordati tra le parti e, comunque, in misura non inferiore al 2%.

In altri termini, qualora nel contratto non venisse definito il tasso di interesse che verrà applicato per i ritardi di pagamento, si dovrà far riferimento agli interessi legali di mora

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che saranno a loro volta pari al tasso di riferimento come definito dalla vigente normativa nazionale e, specificatamente applicabile come di seguito indicato:

- per il primo semestre dell’anno in questione è quello in vigore il 1° gennaio di quell’anno;

- per il secondo semestre dell’anno in questione è quello in vigore il 1° luglio di quell’anno;

E’ anche opportuno ricordare che il pagamento degli interessi decorre automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge, ossia ha effettuato la consegna della merce;

b) il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore, con onere della prova in capo a quest’ultimo di dimostrare, appunto, che il ritardo non è ad esso imputabile.

E’, in ogni caso, vietato trattenere l’intero importo di una fornitura a fronte di contestazioni solo parziali relative alla fornitura oggetto di contestazione.

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Le buone e/o sleali prassi commerciali

L’ultima parte della normativa in esame si dedica alla disciplina delle prassi commerciali, riportando in un apposito elenco quelle che sono da considerarsi prassi commerciali corrette e quelle da ritenersi scorrette.

Come sopra anticipato questa parte della normativa vede le aziende di panificazione non tanto come “soggetti attivi” della condotta eventualmente sanzionabile, quanto e soprattutto come “soggetti passivi”, considerato che si verifica con maggiore frequenza la possibilità che sia la piccola e media impresa a trovarsi in una posizione di svantaggio

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contrattuale o commerciale nelle relazioni che si svolgono all’interno della filiera agroalimentare rispetto all’ipotesi inversa.

Si ripete che, a prescindere dall’elencazione delle pratiche commerciali sleali riportate nella richiamata normativa, ciò che rileva è se vi sia o meno una situazione di abuso di potere di mercato e/o di vantaggio economico non giustificato;

Di conseguenza le aziende di panificazione saranno chiamate più che a osservare detta disciplina a farla osservare dalle proprie controparti contrattuali, eventualmente aventi maggiore forza contrattuale o commerciale (leggasi GdO).

Nel rinviare al richiamato elenco, nella presente sede di primo commento alla normativa in questione può osservarsi come le prassi commerciali abusive si distinguano nelle seguenti categoria:

- clausole relative alla data o al periodo di pagamento, ovvero escludenti gli interessi moratori o il rimborso dei costi per il recupero del credito (si presume in via assoluta che la clausola è abusiva allorché escluda gli interessi moratori, mentre se ne presume l’abusività fino a prova contraria, in capo all’operatore contrattualmente più forte, se è escluso il rimborso dei suddetti costi di recupero del credito;

- prestazioni accessorie non direttamente e nemmeno indirettamente riferibili alle prestazioni principali oggetto del contratto, quali ad esempio:

1) imposizione di scontistica;

2) cosiddetti contributi di inserimento o di esposizione;

3) contributi promozionali;

4) garanzie di margine attraverso l’imposizione di pagamenti;

5) anche la restituzione dell’invenduto, al di fuori del nesso sinallagmatico (ossia a prescindere da un corrispettivo per il fornitore) può integrare una prassi abusiva;

- prezzi al di sotto dei costi di produzione.

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(NOTA BENE! Al riguardo si evidenzia che Il CdS è intervenuto anche sulla questione dei

“prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione dei prodotti”, rilevando come detta fattispecie dovrebbe essere meglio precisata considerato che la stessa andrebbe messa in relazione con la libertà dei singoli operatori di fissare il prezzo di vendita indipendentemente dal costo sostenuto per la produzione; sicché, sempre ad avviso del CdS,” potrebbe essere preferibile un rinvio al concetto di costo di produzione medio, come rilevato da fonti oggettive ed imparziali “ Sempre a tale proposito, il CdS si pone anche il problema di come tale previsione , “anziché tuelare la concorrenza, possa determinare effetti distorsivi del mercato premiando irragionevolmente le imprese inefficienti che hanno elevati costi di produzione e penalizzando quelle virtuose che li avrebbero abbassati inutilmente “ penalizzando in definitiva il consumatore finale. Sennonché dovrebbe essere sempre il riferimento alla “ratio legis” sulla necessità di tutelare la parte contrattuale più debole qualora vi sia un evidente sbilanciamento di forze, il criterio ispiratore cui far riferimento per stabilire se il prezzo sottocosto integri o meno una prassi commerciale sleale: potrebbe infatti essere relativamente semplice pretendere da parte, ad esempio, della GDO, che un fornitore ceda sottocosto uno o più dei suoi prodotti facendo leva sul rapporto commerciale complessivo e condizionando a tale cessione la continuazione del rapporto stesso. Tale ipotesi viene in parte considerata dal CdS ai punti 19 e 20 del parere dove prende in esame, ed in modo piuttosto critico, il fatto che la “illiceità di una pratica commerciale sleale dovrebbe derivare automaticamente dalla diffusione della pratica stessa…e non sarebbe necessario dimostrate che la parte abusi del proprio potere di mercato o negoziale per ottenere un vantaggio economico non giustificato e ingiustificatamente gravoso” Secondo il CdS, in tal modo si fa “gravare sull’operatore economico autore della pratica contestata l’onere di discolpasi” che non ritiene si tratti di una previsione razionalmente giustificata e comunque di difficile applicazione pratica.)

Sanzioni: il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a euro 3.000,00; Sono fatte salve le azioni in giudizio per il risarcimento del danno derivante dalle violazioni della presente disposizione, anche ove promosse dalle associazioni comunque rappresentative a livello nazionale.

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(IV)

ENTRATA IN VIGORE E DISCIPLINA TRANSITORIA

Sono previsti diverse fasi per l’entrata in vigore della disciplina in commento:

a) per quanto riguarda forma e contenuto delle cessioni dei prodotti agricoli e alimentari è prevista la data del 24 ottobre 2012; mentre per i rapporti già in essere alla predetta data è previsto l’obbligo di adeguamento entro il 31 dicembre 2012;

b) per quanto riguarda l’osservanza dei termini di pagamento e il rispetto delle buone prassi commerciali la disciplina di cui all’art. 62 e relativo Decreto Ministeriale attuativo si applica automaticamente a tutti i rapporti, già esistenti o nuovi a partire dal 24 ottobre 2012.

Nell’allegare i testi normativi richiamati in commento si inviano cordiali saluti

(Avv. Luca Mazzeo)

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