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L EDUCAZIONE FINANZIARIA E I SUOI RIFLESSI PER L INDUSTRIA DEL RISPARMIO

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Academic year: 2022

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Il presente documento è proprietà di Prometeia Spa. Sono vietati qualsiasi utilizzo, divulgazione e/o riproduzione, anche parziali fuori dal contesto formativo, se non espressamente autorizzati. I contenuti del presente documento non sono in alcun caso da intendersi sostitutivi della Normativa interna tempo per tempo vigente.

1 INDICE

INTRODUZIONE

I. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI EDUCAZIONE FINANZIARIA

II. I RIFLESSI DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA SULLE ATTIVITÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO

III. IL RUOLO DEL CONSULENTE FINANZIARIO NELLA DIFFUSIONE

DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA

CONCLUSIONE

L’EDUCAZIONE FINANZIARIA E I SUOI RIFLESSI

PER L’INDUSTRIA DEL RISPARMIO

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Il presente documento è proprietà di Prometeia Spa. Sono vietati qualsiasi utilizzo, divulgazione e/o riproduzione, anche parziali fuori dal contesto formativo, se non espressamente autorizzati. I contenuti del presente documento non sono in alcun caso da intendersi sostitutivi della Normativa interna tempo per tempo vigente.

2 INTRODUZIONE

Benvenuto in questa lezione dedicata all’educazione finanziaria e i suoi riflessi sull’industria del risparmio.

Al termine della lezione sarai in grado di:

- comprendere l’importanza e il ruolo dell’educazione finanziaria nell’industria del risparmio

- comprendere i benefici dell’educazione finanziaria sulle conoscenze, sui comportamenti e sulle attitudini dei risparmiatori in Italia

- comprendere il contributo fondamentale che il consulente può dare nel processo di diffusione dell’educazione finanziaria al cittadino

I. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI EDUCAZIONE FINANZIARIA

L’educazione finanziaria può essere definita come il processo attraverso il quale gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti, concetti e rischi finanziari, e sviluppano attitudini e conoscenze atte a:

- comprendere i rischi e le opportunità finanziarie;

- effettuare scelte informate e consapevoli;

- sapere a quali canali fare riferimento per essere coadiuvati nell’effettuazione di tali scelte;

- intraprendere azioni mirate al miglioramento della propria situazione finanziaria.

Insieme alla nascita di sistemi di rafforzamento dei presidi di tutela dei risparmiatori, come la direttiva MiFID II, e al continuo ampiamento dell’offerta di prodotti finanziari, un buon livello di educazione finanziaria è riconosciuto a livello globale come un requisito fondamentale e necessario per la stabilità del sistema finanziario.

In particolare, sull’importanza dell’educazione finanziaria l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si è espressa come segue:

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Il presente documento è proprietà di Prometeia Spa. Sono vietati qualsiasi utilizzo, divulgazione e/o riproduzione, anche parziali fuori dal contesto formativo, se non espressamente autorizzati. I contenuti del presente documento non sono in alcun caso da intendersi sostitutivi della Normativa interna tempo per tempo vigente.

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“L’educazione finanziaria è una capacità fondamentale e può fare la differenza nella vita delle persone, sulle loro opportunità e sui loro successi. Costituisce uno dei principali fondamenti per il benessere, per l’imprenditorialità, per la mobilità sociale, per la crescita inclusiva.”

Un basso livello di educazione finanziaria, per contro, porta con sé una serie di rischi, come ad esempio:

- l’insostenibilità della crescita economica nel lungo periodo;

- l’instabilità dei mercati finanziari;

- l’allocazione non ottimale del risparmio delle famiglie con una bassa consapevolezza dei rischi.

È proprio nella mitigazione di quest’ultimo fattore di rischio che il consulente può offrire un contributo di valore.

APPROFONDIMENTO - MiFID II

Una ulteriore “spinta” allo sviluppo della cultura finanziaria arriva dalla Direttiva europea MiFID II. Al fine di garantire al Cliente un servizio di qualità, è previsto che il personale delle imprese di investimento, che presta servizi di investimento e/o servizi accessori, dimostri di possedere conoscenze, competenze ed esperienze adeguate. L’attenzione alle competenze e conoscenze permette di abilitare un processo virtuoso che, da un lato, permette al personale delle imprese di investimento di svolgere un’azione mirata ed efficace e, allo stesso tempo, rende la clientela sempre più consapevole dei propri investimenti. In particolare, l’articolo 25 stabilisce che:

“gli Stati membri prescrivono alle imprese di investimento di garantire e dimostrare alle autorità competenti che le persone fisiche che forniscono consulenza alla clientela in materia di investimenti o informazioni su strumenti finanziari, servizi d’investimento o servizi accessori per conto dell’impresa d’investimento sono in possesso delle conoscenze e competenze necessarie ad adempiere ai loro obblighi…”

Congiuntamente alla maggiore attenzione alle competenze e conoscenze del professionista, un tema centrale stabilito dalla normativa è anche quello relativo alla tutela del risparmio del cittadino e quindi alla modalità con cui i processi di erogazione dei servizi di investimento sono

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forniti al Cliente nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa, ossia “comunicazioni periodiche ai clienti, tenendo conto della tipologia e della complessità degli strumenti finanziari in questione e della natura del servizio prestato al cliente e comprendono, se del caso, i costi delle operazioni e dei servizi prestati per loro conto” (art. 25 comma 6 Direttiva MiFID II).

Elevare il livello medio di educazione finanziaria in Italia risulta particolarmente importante anche anche considerando che lo stock di ricchezza del popolo italiano è ingente con un livello di ricchezza pro capite in linea e talvolta superiore a quella dei principali paesi industrializzati.

Il peso del patrimonio immobiliare nella ricchezza italiana

La ripartizione della ricchezza degli italiani vede un peso pari al 40% del patrimonio mobiliare e un 60% di quello immobiliare.

In Italia 3 famiglie su 4 sono infatti proprietarie di almeno un immobile.

Ma è vero che il “mattone” rappresenta un investimento sicuro di cui non occorre preoccuparsi?

Questa consistente quota di patrimonio allocata su asset immobiliari, da parte delle famiglie italiane, trae origine da un contesto storico-culturale risalente agli anni ‘60-’70, che ha visto per decenni una crescita particolarmente favorevole del settore. Nell’ultimo decennio, a partire dalla crisi dei mutui subprime del 2008, il settore ha invece registrato una forte flessione che ha contestualmente richiesto un aumento dell’attenzione dell’analisi a supporto delle decisioni di investimento.

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Il perdurare anche nell’ultimo decennio di tale situazione, in cui l’investimento nel “mattone” è considerato ancora un investimento “sicuro”, è sintomatico di una scarsa consapevolezza del valore di mercato dei propri asset, siano essi mobiliari che immobiliari, così come dei costi relativi alla loro gestione.

In questo contesto il ruolo del consulente finanziario deve essere orientato ad accompagnare il risparmiatore verso la fruizione di un servizio che, da un lato, risulti adeguato alle sue esigenze e, dall’altro, lo tuteli dai rischi inerenti le attività di gestione delle sue attività finanziarie e dei suoi risparmi, prestando particolare attenzione a coloro che dispongono di una minore cultura finanziaria.

L’erogazione di una consulenza di qualità, che coinvolga il cliente in tutte le fasi del processo di pianificazione finanziaria, dall’emersione dei bisogni alla definizione delle relative soluzioni di investimento, favorisce una maggiore consapevolezza in ambito finanziario dei Clienti e costituisce una chiave di volta per un’allocazione migliore delle risorse a disposizione delle famiglie italiane.

Ovviamente il consulente finanziario rappresenta una delle figure maggiormente coinvolte nell’educazione finanziaria. Ulteriori iniziative, sia private che pubbliche, sono finalizzate ad incrementare il livello generale di educazione finanziaria dell’intero Paese.

L’importanza del tema di educazione finanziaria ha spinto l’OCSE a sviluppare, in collaborazione con i paesi del G20, specifici progetti finalizzati a:

- valutare il livello di cultura finanziaria posseduto dai cittadini di ciascun paese aderente, attraverso un metodo comune condiviso;

- monitorare l’andamento di tale livello con il passare degli anni;

- definire strategie nazionali volte al miglioramento del livello di cultura finanziaria.

Nell’ambito di uno di questi progetti, l’OCSE ha svolto uno studio per indagare il livello di cultura finanziaria all’interno dei paesi membri del G20, pubblicando il report: “G20/OECD INFE report on adult financial literacy in G20 countries“. Le evidenze empiriche raccolte hanno fornito indicazioni essenziali riguardo allo stato di sviluppo delle strategie nazionali di ciascun paese.

Strategie nazionali nei paesi del G20

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Nel 2017, l’Italia si posizionava tra i paesi che presentavano una strategia nazionale ancora in fase di progettazione, e che quindi non avevano ancora avviato l’implementazione di progetti in materia di educazione finanziaria.

Tuttavia, la progettazione della strategia nazionale è iniziata con il decreto legge n.237 del 23 dicembre 2016, con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha costituito il Comitato per l’educazione finanziaria, al quale è stato attribuito lo specifico compito di:” programmare e promuovere iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria per migliorare in modo misurabile le competenze dei cittadini italiani in materia di risparmio, investimenti, previdenza, assicurazione”. A partire dalla propria costituzione il Comitato ha avviato diverse iniziative a favore della diffusione delle conoscenze finanziarie come, a titolo esemplificativo:

- la creazione del portale informativo www.quellocheconta.gov.it, finalizzato alla diffusione sul grande pubblico di nozioni e informazioni finanziarie, assicurative e previdenziali;

- l’istituzione del “Mese dell’educazione finanziaria”, all’interno del quale sono collocate iniziative ed eventi sul territorio nazionale per aumentare il grado di sensibilizzazione sull’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

Al fine di indagare il livello di educazione finanziaria, che risulta un fenomeno complesso e non limitato alla pura conoscenza di nozioni teoriche, l’OCSE ha individuato tre indicatori di sintesi per l’indagine sull’educazione finanziaria nel Paesi partecipanti del G20:

- conoscenze finanziarie: ossia la padronanza di nozioni finanziarie di base tra cui ad esempio la diversificazione ed il rischio;

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- comportamenti finanziari: ossia la capacità dei risparmiatori di esercitare in maniera virtuosa le proprie competenze finanziarie;

- attitudine alla gestione del risparmio nel lungo periodo (ad es. attività di pianificazione della gestione della ricchezza).

L’obiettivo è quello di avere una fotografia aggiornata periodicamente dei diversi livelli di

“istruzione” dei Paesi e monitorarne nel tempo il livello di educazione finanziaria.

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Conoscenze finanziarie, comportamenti finanziari e attitudine alla gestione del risparmio nei paesi G20

La Figura rappresenta il livello di educazione finanziaria nei diversi paesi del G20 (sull’asse verticale) misurato come la somma dei 3 indicatori (sull’asse orizzontale): conoscenze finanziarie, comportamenti finanziari, attitudine alla gestione del risparmio.

Nonostante il livello di ricchezza pro-capite risulti in linea con i maggiori paesi sviluppati, l’Italia presenta i seguenti valori per la misura dell’educazione finanziaria:

- conoscenze finanziarie: punteggio ottenuto (3.5) ampiamente sotto la media dei Paesi del G20 (4.3)

- comportamenti finanziari: punteggio ottenuto (4.4) ampiamente sotto la media dei Paesi del G20 (5.4)

- attitudine alla gestione del risparmio: punteggio ottenuto (3.1) in linea con la media dei Paesi del G20 (3.0)

Come si evince dal grafico, l’Italia si è posizionata tra gli ultimi posti per livello di educazione finanziaria, indicando come, in media, i risparmiatori italiani presentino competenze in ambito finanziario inferiori alla maggior parte dei paesi all’interno del G20.

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Vediamo ora come hanno risposto Francia, Germania e Regno Unito a confrontiamole con la percentuale di risposte corrette fornite dai cittadini italiani.

Il grafico prende in considerazione, per ogni domanda (rappresentate sull’asse orizzontale), le risposte corrette (rappresentate in percentuale sull’asse verticale) dei cittadini dei paesi europei partecipanti al G20 comparabili all’Italia per livello di ricchezza pro capite: Francia, Germania e Regno Unito.

I dati mostrano un netto divario tra la percentuale di risposte corrette dei risparmiatori italiani e quelle delle controparti europee, segnalando un livello di conoscenze finanziarie con ampi margini di miglioramento.

In particolare, relativamente al campione di indagine:

- solo il 54% degli italiani ha saputo rispondere correttamente alla domanda sul calcolo degli interessi pagati su un prestito, a fronte di percentuali superiori all’80% per gli altri paesi;

- solo il 33% degli italiani è stata in grado di rispondere correttamente alla domanda sul calcolo di interessi composti, a fronte di percentuali attorno al 53%;

- solo il 37% degli italiani ha risposto correttamente alla domanda sulla diversificazione degli investimenti, registrando la percentuale più bassa.

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II. I RIFLESSI DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA SULLE ATTIVITÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO

A testimonianza dei dati pubblicati dall’OCSE sulla scarsa educazione finanziaria in Italia, se si osservano le attitudini in tema di gestione del risparmio degli italiani, si nota che l’istruzione finanziaria ha impatti senz’altro positivi sulle tipologie di prodotti di investimento cui fa ricorso il risparmiatore per la diversificazione del proprio portafoglio.

Possessi di strumenti finanziari per livello di educazione finanziaria

Nel grafico sono rappresentate le tipologie di strumenti finanziari sull’asse orizzontale e, per ogni livello di educazione finanziaria, le percentuali di possesso dei vari strumenti finanziari (sull’asse verticale).

Gli individui con un livello di educazione finanziaria scarso o insufficiente posseggono generalmente solo strumenti di deposito, mentre la diversificazione è applicata principalmente da individui che posseggono un’istruzione finanziaria sopra la sufficienza.

Il ruolo chiave svolto dal professionista sarà quello di contenere i rischi cui sono sottoposte le fasce di popolazione con minori disponibilità e scarsa preparazione finanziaria, fornendo un servizio di consulenza volto a aiutarle in una pianificazione ottimale della gestione della loro ricchezza e indirizzandole verso prodotti di investimento consoni alle proprie esigenze.

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Oltre alla relazione tra educazione finanziaria e possesso di prodotti di investimento, emergono evidenze significative per il lavoro del professionista anche se si analizza la relazione tra istruzione e:

- lettura dell’informativa finanziaria;

- consapevolezza dei costi sostenuti per il servizio finanziario;

- attese dei servizi finanziari forniti dagli intermediari.

Attitudine alla lettura degli estratti conto della banca

In media i risparmiatori risultano predisposti alla lettura dell’informativa che ricevono dagli intermediari, indicando che le maggiori informazioni previste da MIFID II, in particolare in tema di costi, dovrebbero raggiungere una buona quota delle famiglie italiane. Il ruolo chiave del consulente finanziario descritto in precedenza, volto a fornire un supporto adeguato nella pianificazione della gestione delle risorse dei risparmiatori con un livello scarso di educazione finanziaria, produce benefici che non sono solo limitati alla singola operazione di investimento. La consulenza fornita infatti, migliora l’educazione del risparmiatore che, a sua volta, in quanto più istruito tenderà ad aumentare la propria formazione in materia finanziaria e il ricorso a professionisti del settore.

Come visto in precedenza quando abbiamo approfondito le principali novità dalla Direttiva MIFID II, l’articolo 25 comma 6 della Direttiva MIFID II in materia di INFORMATIVA COSTI E

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ONERI EX POST costituisce un rilevante cambiamento in tema di educazione finanziaria per la gestione del risparmio.

“L’impresa di investimento fornisce ai clienti su supporto durevole adeguate relazioni sui servizi prestati. Tali relazioni includono comunicazioni periodiche ai clienti, tenendo conto della tipologia e della complessità degli strumenti finanziari in questione e della natura del servizio prestato al cliente e comprendono, se del caso, i costi delle operazioni e dei servizi prestati per

loro conto”

(Direttiva MiFID, art. 25 comma 6)

Il ruolo dell’intermediario finanziario e quindi del consulente diventa fondamentale quando si tratta di trasparenza su costi e oneri.

Ad oggi risulta che le famiglie, anche quelle che si collocano in fasce patrimoniali elevate, sono poco consapevoli delle tipologie di commissioni che devono sostenere e hanno scarse capacità di comprensione dell’entità dei costi.

APPROFONDIMENTO – Conoscenza delle tipologie di commissioni pagate sui prodotti gestiti In generale, gli italiani con un livello di educazione finanziaria più elevata sono tipicamente anche quelli più consapevoli dei costi che pagano per i servizi ricevuti, anche se rimangono significative le percentuali di coloro che ritengono di non pagare nulla per i servizi dedicati alla gestione dei risparmi o che non conoscono l’entità degli stessi.

Questa evidenza è ben visibile nella figura sottostante in cui sono rappresentate (sull’asse verticale) le percentuali di risparmiatori, suddivisi per livello di educazione finanziaria (sull’asse orizzontale), che riconoscono le tipologie di commissioni pagate sui prodotti gestiti dal professionista.

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Percentuale di nuclei soddisfatti dei costi sostenuti in relazione ai servizi

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Il ruolo di educatore del cliente svolto dal consulente è ancora più rilevante se si osserva la relazione livello di educazione finanziaria (rappresentato sull’asse verticale) e la soddisfazione del cliente (rappresentato sull’asse orizzontale); la trasparenza delle informazioni, recepita anche all’interno della Direttiva MiFID II, non necessariamente avrà un impatto negativo sull’industria del risparmio: la maggior parte di chi possiede un’educazione finanziaria sopra la sufficienza, ha dato un voto da 8 a 10 in termini di soddisfazione per la relazione tra costi e servizi.

Quando il risparmiatore è in grado di comprendere i costi addebitati per il servizio finanziario, si dimostra anche disposto a sostenerli, poiché tendenzialmente soddisfatto per la relazione esistente tra costi sostenuti e servizi ricevuti.

L’ultimo aspetto interessante riguarda le aspettative dei clienti sui servizi finanziari e in particolare sulla relazione con gli intermediari.

È necessario infatti gestire il trade off tra l’obiettivo di favorire un salto culturale trasversale a tutto il settore, e dunque l’aumento dell’istruzione finanziaria del risparmiatore, e la tendenza a investire autonomamente che quest’ultimo tende a sviluppare all’aumentare della propria esperienza.

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Fattori di valutazione del proprio intermediario di riferimento per gli investimenti per livello di educazione finanziaria.

Nella figura di seguito sono rappresentati, per ogni livello di educazione finanziaria, quali fattori di valutazione del proprio intermediario (sull’asse orizzontale) risultano prioritari per i cittadini quando si trovano a dover valutare un servizio di investimento. Sull’asse verticale è rappresentata in percentuale la frequenza di cittadini che identificano un determinato fattore come determinante.

La fascia più preparata (e più ricca), è anche quella che, sentendosi più competente, dichiara di gestire il proprio patrimonio autonomamente o di valutare proposte di più consulenti prima di sottoscrivere un’offerta; in alternativa fanno riferimento a figure specializzate, come il consulente finanziario o il private banker, a svantaggio degli intermediari finanziari tradizionali.

Il cittadino si rivolge infatti al consulente nel momento in cui questo riesce a dimostrare competenze superiori, che contribuiscono in maniera significativa a migliorare l’asset allocation del risparmiatore.

Le competenze di base del consulente finanziario non sono quindi più sufficienti per garantire la relazione di lungo periodo con il risparmiatore. È necessario elevare i servizi di investimento forniti sia in termini di competenze che di relazione/fiducia.

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Allo stesso tempo, queste caratteristiche relative al livello di servizio fornito, valgono oltre che per la scelta del referente attuale, anche per i fattori che potrebbero spingere a cambiarlo o a delegare nel caso in cui si investa autonomamente.

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Fattori che hanno spinto o potrebbero spingere a cambiare intermediario per livello di educazione finanziaria

Nella figura di seguito sono rappresentati, per ogni livello di educazione finanziaria, quali fattori (sull’asse orizzontale) hanno spinto o potrebbero spingere i cittadini a cambiare intermediario.

Sull’asse verticale è rappresentata in percentuale la frequenza di cittadini che identificano un determinato fattore come determinante per il cambiamento dell’intermediario.

Le famiglie con educazione “buona” e “ottima”, quando scelgono il proprio consulente di riferimento, valutano principalmente la qualità dell’offerta in termini di esperienza dell’intermediario e di rendimenti, oltre che alla reputazione, che è molto importante anche per le fasce meno istruite. Spicca tra gli elementi importanti di giudizio anche l’attenzione ai costi, di cui i più educati in materia finanziaria sono mediamente soddisfatti.

Tra gli elementi presi in considerazione dai risparmiatori per un eventuale cambiamento del consulente, tra le figure più istruite finanziariamente emerge la qualità dell’offerta. Il costo, pur restando una variabile importante, ha un peso inferiore rispetto alle fasce di risparmiatori meno istruite finanziariamente.

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III. IL RUOLO DEL CONSULENTE FINANZIARIO NELLA DIFFUSIONE

DELL’EDUCAZIONE FINANZIARIA

Il professionista svolge dunque un ruolo chiave nel favorire il salto di qualità richiesto al settore in Italia. Il Paese si dimostra infatti in condizioni comparabili agli altri principali Paesi europei per quanto riguarda il livello medio di ricchezza delle famiglie. Si distingue invece in maniera negativa per quanto concerne il tema dell’educazione finanziaria dimostrata dai risparmiatori italiani che contribuisce a generare comportamenti diversi rispetto agli altri paesi europei in tema di scelte di investimento.

Ad esempio, recentemente possiamo osservare una tendenza dei cittadini italiani a favorire la liquidità e altre riserve per la gestione/prevenzione di eventuali imprevisti, non prendendo adeguatamente in considerazione strumenti assicurativi e previdenziali che permetterebbero di liberare liquidità a vantaggio di una migliore efficienza ed efficacia di risultato. Congiuntamente vi è ancora la maggior parte della ricchezza degli italiani che resta vincolata ad investimenti immobiliari, settore che ha dovuto affrontare nell’ultimo decennio una marcata flessione di cui non c’è una adeguata consapevolezza da parte dei proprietari.

Il periodo storico di tensione finanziaria in cui ci troviamo, a cui si aggiunge l’attenzione sempre più elevata del legislatore in tema di tutela del risparmiatore, fa sì che il ruolo svolto dal professionista diventi centrale per il raggiungimento dell’obiettivo comune di sviluppo del settore a 360 gradi.

Il contributo fondamentale del consulente finanziario sarà efficace se concentrato sull’obiettivo di limitare i rischi cui sono sottoposte le fasce di popolazione con minori disponibilità e scarsa preparazione finanziaria. Solo una crescita delle competenze finanziarie del risparmiatore favorita da servizi di consulenza evoluti, produrrà benefici non solo limitati alla singola operazione di investimento, ma duraturi nel tempo. La consulenza fornita infatti, migliora l’educazione del risparmiatore che, a sua volta, in quanto più istruito tenderà ad aumentare la propria formazione in materia finanziaria e il ricorso a professionisti del settore.

Il risparmiatore istruito finanziariamente, che ricorre a servizi di consulenza di professionisti, apprezzerà maggiormente la trasparenza sui costi sostenuti.

Al contempo, è possibile arginare la tendenza del risparmiatore a decidere di operare autonomamente in quanto più istruito, attraverso un servizio di consulenza di qualità.

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Il ruolo del consulente finanziario è dunque fondamentale, congiuntamente ai nuovi adempimenti richiesti dalla Direttiva MiFID II, per favorire quel salto culturale che da tempo è richiesto al settore e che permetterebbe di allineare l’educazione finanziaria degli italiani ai livelli dei principali Paesi europei attraverso:

1. la rilevazione dei bisogni e una valutazione da parte del risparmiatore dei rischi dell’investimento e di diversificazione del portafoglio;

2. un maggior focus da parte del risparmiatore sulla qualità del servizio e migliore comprensione dei costi del servizio offerto;

3. il ripristino della relazione tra investitore autonomo e professionista grazie a una maggiore professionalità e trasparenza;

4. una maggior fiducia negli intermediari e nelle istituzioni che regolano i mercati finanziari.

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22 CONCLUSIONI

Eccoci arrivati alla conclusione di questa lezione dedicata all’educazione finanziaria e i suoi riflessi per l’industria del risparmio.

Adesso sei in grado di:

- comprendere l’importanza e il ruolo dell’educazione finanziaria nell’industria del risparmio;

- comprendere i benefici dell’educazione finanziaria sulle conoscenze, sui comportamenti e sulle attitudini dei risparmiatori in Italia;

- comprendere il contributo fondamentale che il consulente può offrire nel processo di diffusione dell’educazione finanziaria al cittadino.

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