• Non ci sono risultati.

LA DISCIPLINA FISCALE DELL’IMPRENDITORIA AGRICOLA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA DISCIPLINA FISCALE DELL’IMPRENDITORIA AGRICOLA "

Copied!
26
0
0

Testo completo

(1)

73 CAPITOLO 3:

LA DISCIPLINA FISCALE DELL’IMPRENDITORIA AGRICOLA

3.1. Le imposte sui redditi – 3.1.1. Premessa – 3.1.2. Reddito dominicale – 3.1.2.1.

Terreni non produttivi di reddito dominicale – 3.1.2.2. Imputazione del reddito dominicale – 3.1.2.3. Determinazione del reddito dominicale – 3.1.2.4. Riduzioni temporanee del reddito dominicale – 3.1.2.5. Variazioni permanenti del reddito dominicale – 3.1.3. Reddito agrario – 3.1.3.1. Classificazione delle attività agricole – 3.1.3.2. Terreni non produttivi di reddito agrario – 3.1.3.3. Quando il reddito agrario diventa reddito d’impresa – 3.1.3.4. Imputazione del reddito agrario – 3.1.3.5.

Determinazione del reddito agrario – 3.1.3.6. Riduzioni temporanee del reddito agrario – 3.1.3.7. Variazioni permanenti del reddito agrario – 3.1.3.8. Determinazione del reddito d’impresa derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR – 3.1.3.9. Il nuovo regime fiscale per le attività che eccedono i limiti di reddito agrario – 3.1.3.10. Il regime di tassazione delle società di trasformazione – 3.1.4.

Determinazione del reddito di impresa derivante dall’esercizio dell’attività di allevamento di animali – 3.1.5. Obblighi contabili particolari per le imprese di allevamento – 3.2. Il regime IVA – 3.2.1. Regime speciale – 3.2.1.1. Presupposto soggettivo – 3.2.1.2. Limiti quantitativi – 3.2.1.3. Presupposto oggettivo – 3.2.2. Regime di esonero – 3.2.2.1. Cessazione regime di esonero – 3.2.3. Regime forfettizzato – 3.2.4.

Regime normale – 3.2.5. Passaggio dal regime speciale a quello ordinario – 3.2.6.

Passaggio dal regime ordinario a quello speciale.

(2)

74 3.1. LE IMPOSTE SUI REDDITI

3.1.1. PREMESSA

Prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 597/1973, istitutivo dell’IRPEF, i redditi fondiari dei terreni (reddito dominicale e reddito agrario) costituivano oggetto di autonoma e distinta imposizione erariale attraverso, rispettivamente, l’imposta sui terreni e l’imposta sul reddito agrario.

Con l’introduzione dell’IRPEF, il legislatore, superando l’impostazione ordinaria, ha fatto si che anche i predetti redditi fondiari concorressero alla formazione del reddito complessivo del soggetto, unitamente agli altri redditi di diversa natura.

L’elemento che più caratterizza i redditi fondiari (ivi inclusi i redditi dei fabbricati), rispetto ai redditi di altra natura, è rappresentato dalla modalità di determinazione degli stessi.

Trattandosi di redditi di facile identificazione, di importo tendenzialmente stabile e vista l’inopportunità di addossare a piccoli agricoltori le incombenze documentali connesse alla determinazione del reddito effettivo, essi sono stati tradizionalmente determinati con criteri medio-ordinari.

Tali criteri si basano sulla registrazione dei beni immobili in appositi elenchi, che in Italia prendono il nome di Catasto e più precisamente il Catasto dei terreni e il Catasto dei fabbricati.

Il reddito catastale è un reddito medio-ordinario

1

, sostanzialmente teorico, che si sovrappone al reddito effettivo, rendendolo irrilevante in nome delle suddette esigenze di semplicità di determinazione dell’imponibile.

Si pensa che la tassazione del reddito medio-ordinario costituisca uno stimolo alla produzione: essa premia il coltivatore che ottiene dal terreno un prodotto superiore alla media e penalizza chi produce meno della media.

È importante osservare sin da subito che la determinazione del reddito agrario, che avviene secondo un criterio medio-ordinario, comporta l’impossibilità di effettuare

1 “Ordinario” in quanto ottenuto da un coltivatore di capacità normale, che applichi le tecniche produttive generalmente adottate nella zona; “medio” perché calcolato per una media di più anni, in modo da abbracciare un ciclo produttivo che tenga conto della rotazione delle colture e delle vicende favorevoli e sfavorevoli delle coltivazioni che possono succedersi negli anni.

(3)

75

alcuna deduzione di spesa dal reddito agrario e dunque si differenzia in maniera sostanziale dalla determinazione del reddito d’impresa

2

.

3.1.2 REDDITO DOMINICALE

3.1.2.1. Terreni non produttivi di reddito dominicale

Ai sensi dell’art. 27 del TUIR, il reddito dominicale dei terreni (inteso come rendita del fondo e degli interessi del capitale permanentemente investito in esso) è quella parte del reddito medio-ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32.

Ne deriva, indirettamente, anche in relazione a quanto esplicitato nel comma 2 dell’art. 27, che non risultano produttivi di reddito dominicale, nonché, come vedremo più avanti, di reddito agrario:

- i terreni costituenti pertinenze di fabbricati urbani (rilevati nel catasto edilizio urbano e soggetti a tassazione in base alle norme del catasto edilizio), ex art. 32, comma 4, TUIR;

- i terreni dati in affitto per usi non agricoli (produttivi di redditi diversi ex art.

67, comma 1, lett. e), TUIR);

- i terreni relativi ad imprese commerciali e quelli strumentali per l’esercizio di arti e professioni (ex art. 43, comma 1, TUIR);

- i terreni oggetto delle attività agricole di cui all’art. 32, oltre i limiti ivi stabiliti (produttivi di reddito di impresa, ex art. 55 TUIR);

- i terreni utilizzati da società di capitali, enti commerciali e società di persone (produttivi di reddito di impresa, ex art. 55 TUIR);

- i terreni, parchi e giardini aperti al pubblico o la cui conservazione è ritenuta di pubblico interesse (art. 5bis, d.P.R. n. 601/73).

3.1.2.2. Imputazione del reddito dominicale

2 È opportuno sottolineare come nel linguaggio del Testo Unico, l’espressione reddito d’impresa equivale a reddito di impresa commerciale, e quindi quando si parla di impresa tout court ci si riferisce all’impresa commerciale e non all’impresa agraria.

(4)

76

Il reddito dominicale è attribuito (al pari di tutti i redditi fondiari, ex art. 26 TUIR) indipendentemente dall’effettiva percezione, al proprietario o al titolare di altro diritto reale di godimento sul terreno anche se questo è concesso in affitto o comodato a terzi, ovvero risulti oggetto di contratti associativi (colonie, mezzadrie).

L’imputazione del reddito dominicale dei terreni, prescindendo dalla coltivazione o meno del fondo, risulta, pertanto, esclusivamente connesso al possesso del fondo stesso.

3.1.2.3. Determinazione del reddito dominicale

Come evidenziato dall’art. 28 TUIR, il reddito dominicale è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo rappresentative del reddito medio ordinario ritraibile da ogni ettaro di terreno, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna qualità e classe di terreno.

Al fine di garantire sempre una certa attualità ai valori delle tariffe d’estimo le stesse sono sottoposte a revisione, con decreto del Ministero delle finanze, ogni volta che se ne manifesti l’esigenza per sopravvenute variazioni nelle quantità e nei prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione o nell’organizzazione e strutturazione aziendale, e comunque ogni dieci anni. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall’anno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe d’estimo.

Tuttavia, l’art. 31 della L. 23/12/1994 n. 724, ha stabilito che sino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi, i vigenti redditi dominicali devono essere rivalutati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1995 del 55%.

Successivamente, l’art. 3 comma 50 della L. 23/12/1996 n. 662, ha disposto che sino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe, ai soli fini delle imposte sui redditi, i redditi dominicali sono rivalutati dell’80% e che l’incremento si applica sull’importo posto a base della rivalutazione operata ai sensi del predetto art. 31, comma 1, l. n.

724/94.

Alla luce delle predette disposizioni normative, deriva che il reddito dominicale, fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo:

- per gli anni di imposta 1995 e 1996, deve essere rivalutato del 55%;

(5)

77

- per gli anni di imposta 1997 e successivi, deve essere rivalutato dell’80%.

3.1.2.4. Riduzioni temporanee del reddito dominicale

L’art. 31 del TUIR prevede una serie di agevolazioni nell’ipotesi di perdite conseguenti a mancata coltivazione ovvero ad eventi naturali.

Più in particolare, il predetto articolo stabilisce che la mancata coltivazione, seppure in parte, per un’intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, del fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali dà diritto alla riduzione al 30% del reddito dominicale.

Nell’ipotesi, invece, di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30% del prodotto ordinario del fondo nell’anno, se il possessore danneggiato ha denunciato all’Ufficio del Territorio l’evento dannoso entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non è esattamente determinabile, almeno 15 giorni prima dell’inizio del raccolto, i redditi dominicale e agrario relativi ai terreni colpiti dall’evento dannoso sono esclusi dall’IRPEF.

A norma del comma 3 dell’art. 31, qualora l’evento dannoso interessi più fondi rustici viene meno l’obbligo di denuncia da parte dei singoli proprietari e viene data la possibilità agli uffici tecnici erariali su richiesta dei sindaci dei comuni interessati o di altri soggetti nell’interesse dei possessori danneggiati, di delimitare le zone danneggiate, accertare le diminuzioni dei prodotti e comunicare i dati agli Uffici delle imposte.

3.1.2.5. Variazioni permanenti del reddito dominicale

Diversamente dalle predette ipotesi di riduzioni temporanee, il reddito dominicale, come previsto dall’art. 29 del TUIR, può subire variazioni permanenti:

- nell’ipotesi di sostituzione della qualità allibrata in catasto con altra di maggior o minor reddito;

- nell’ipotesi di diminuzione della capacità produttiva del terreno per naturale

esaurimento o per altra causa di forza maggiore, anche se non vi è stato

cambiamento di coltura, ovvero per eventi fisiopatologici o entomologici

interessanti le piantagioni.

(6)

78

Non costituiscono, di contro, variazioni in diminuzione ai fini fiscali le variazioni dipendenti da deterioramenti intenzionali o da circostanze transitorie.

Le suindicate variazioni in aumento e in diminuzione, attesa la loro natura permanente, danno luogo ad una revisione del classamento dei terreni cui si riferiscono.

Tuttavia, qualora ai predetti terreni non si possano attribuire qualità o classi già esistenti nel comune o nella sezione censuaria a norma dell’art. 29 del TUIR, devono applicarsi le tariffe più prossime, per ammontare, fra quelle attribuite a terreni della stessa qualità di coltura ubicati in altri comuni o sezioni censuarie, purché in condizioni agrologicamente equiparabili.

Nell’ipotesi di terreni di rilevante estensione o con redditività divergente dalle tariffe applicate nel comune o nella sezione censuaria, si istituiscono per essi apposite qualità e classi, secondo le norme della legge catastale.

Il comma 5 dell’art. 29 stabilisce, altresì, che a fronte di variazioni permanenti ed estese nello stato delle colture ed in determinati comuni o sezioni censuarie, il Ministero delle finanze, su richiesta della Commissione Censuaria Distrettuale o d’ufficio, con apposito decreto, può disporre l’istituzione di nuove qualità e classi in sostituzione di quelle esistenti.

Sia le variazioni permanenti in aumento, ex art. 29, comma 1, sia le variazioni permanenti in diminuzione, ex art. 29, comma 2, devono formare oggetto di denuncia, da parte del proprietario, ex art. 30 del TUIR, all’Ufficio del Territorio e più in particolare:

- le variazioni in aumento, devono essere denunciate entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti e producono effetto da tale anno;

- le variazioni in diminuzione:

o possono essere denunciate entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti indicati nel secondo comma dell’art. 29, e producono effetto da tale anno;

o ovvero possono essere denunciate anche oltre il predetto termine producendo, in tale ultimo caso, effetto dall’anno in cui la denuncia viene ad essere presentata.

Le variazioni permanenti di cui all’art. 29 comma 5 hanno effetto dall’anno

successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

(7)

79

È appena il casso di precisare, tuttavia, che a decorrere dal 1° gennaio 2000, come previsto dall’art. 74 della l. 342/2000 gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni i fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita.

Attesa la finalità ultima della norma in questione è lecito pensare che la stessa trovi applicazione unicamente nell’ipotesi di variazioni ex art. 29 comma 5 e non già nelle ipotesi di variazioni su denuncia di parte ex art. 29 commi 1 e 2.

3.1.3. REDDITO AGRARIO

Diversamente dal reddito dominicale dei terreni, il reddito agrario, come previsto dall’art. 32, comma 1 del TUIR, può essere considerato, come quella parte del reddito medio ordinario, ritraibile dal terreno, connessa al capitale di esercizio ed all’attività imprenditoriale che trovano impiego nelle attività agricole, nei limiti della potenzialità del terreno stesso.

Ciò premesso, appare possibile individuare:

o nel possessore, a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento – di un terreno sul quale vengono esercitate le attività agricole di cui all’art. 32 – il titolare del reddito dominicale;

o in colui che esercita l’impresa agricola, il titolare del reddito agrario.

3.1.3.1. Classificazione delle attività agricole

In base al comma 2 dell’art. 32, le attività considerate agricole, ossia produttive di reddito agrario, sono:

- le attività dirette alla coltivazione del terreno;

- le attività dirette alla silvicoltura;

- l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno;

- le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture

fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non

eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

(8)

80

- le attività di cui al terzo comma dell’art. 2135 del c.c., dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con apposito decreto del ministro dell’economia e delle finanze su proposta del ministro delle politiche agricole e forestali del 11/07/2007.

È appena il caso di precisare che:

- in relazione a quanto previsto dal comma 423 dell’art. 1 della l. 23/12/2005 n. 266, modificato dall’art. 1, commi 369-370 della l. 296/2006, sono considerate, altresì, attività agricole connesse, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché la produzione e la cessione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate da imprenditori agricoli;

- a norma dell’art. 33 del TUIR, come modificato dall’art. 1, comma 176 della legge finanziaria 2008, sono considerate produttive di reddito agrario anche le attività di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi nei limiti di cui all’art. 32, comma 2, lettera b).

La previsione normativa di cui al citato comma 2, lettera c), art. 32, introdotta con la finanziaria 2004 e con la quale si è adeguata la disciplina fiscale alla nuova definizione di impresa agricola contenuta nell’art. 2135 c.c., consente che le citate attività connesse (fino ad oggi tassate utilizzando una contabilità separata ad applicando i canoni del reddito di impresa, come indicato dagli allora vigenti artt. 51 e seguenti del TUIR), saranno assunte in base alle tariffe d’estimo e la relativa tassazione avverrà in base ai redditi agrari (purché sia rispettato il principio della prevalenza).

La suddetta agevolazione è tuttavia limitata a quelle attività connesse aventi per oggetto beni individuati con apposito decreto del ministero dell’economia e delle finanze su proposta del ministro delle politiche agricole e forestali e poste in essere da persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali.

A tal proposito con il citato D.M. del 11/07/2007 il Ministero dell’Economia e

delle Finanze ha individuato i beni rientranti nel reddito agrario sulla base della

(9)

81

classificazione delle attività economiche “Atecofin 2007” (codici di attività) includendo:

- produzioni di carni e prodotti della loro macellazione;

- produzione di carne essiccata, salata o affumicata (speck, prosciutto crudo, bresaola), produzione di salsicce e salami;

- lavorazione e conservazione delle patate, escluse le produzioni di puré di patate disidratato, di snack a base di patate, di patate fritte e la sbucciatura industriale di patate;

- produzione di succhi di frutta e ortaggi;

- lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi n.c.a.;

- produzione di olio di oliva e di semi oleosi;

- produzione di olio di semi di granturco (olio di mais);

- trattamento igienico del latte e produzione dei derivati del latte;

- lavorazione delle granaglie;

- produzione di vini;

- produzione di aceto;

- produzione di sidro ed altre bevande fermentate;

- disidratazione di erba medica;

- lavorazione, raffinazione e confezionamento del miele;

- conservazione di pesce, crostacei e molluschi, interi, mediante congelamento, surgelamento, essiccazione, affumicatura, salatura, immissione in salamoia e produzione di filetti di pesce;

- manipolazione dei prodotti derivanti dalle attività di cui ai sopraelencati gruppi e classi.

3.1.3.2. Terreni non produttivi di reddito agrario

Al pari di quanto previsto per il reddito dominicale, non risultano produttivi di reddito agrario:

- terreni costituenti pertinenze di fabbricati urbani (rilevati nel catasto edilizio urbano e soggetti a tassazione in base alle norme del catasto edilizio), ex art.

32, comma 4 del TUIR;

(10)

82

- i terreni dati in affitto per usi non agricoli (produttivi di redditi diversi ex art.

67, comma 1, lettera e)) del TUIR);

- le attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 del TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa (produttivi di reddito d’impresa a norma dell’art. 55, comma 1, ultima parte);

- i redditi dei terreni per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa (produttivi di reddito di impresa ex art. 55, comma 2, lettera c));

- i redditi dei terreni per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società di capitali ed enti commerciali (produttivi di reddito di impresa ex art. 90, comma 1, ultima parte, del TUIR);

- i redditi relativi ad imprese commerciali e quelli strumentali per l’esercizio di arti e professioni, a norma dell’art. 43, comma 1, del TUIR;

- i terreni, parchi e giardini aperti al pubblico o la cui conservazione è ritenuta di pubblico interesse, a norma dell’art. 5bis, d.P.R. 601/73.

3.1.3.3. Quando il reddito agrario diventa reddito d’impresa

Dall’esame combinato:

- dell’art. 32, comma 2, TUIR (elencante le attività agricole, ossia produttive di reddito agrario);

- dell’art. 55, comma 1, ultima parte, TUIR (che classifica come redditi di

impresa quelli scaturenti dall’esercizio di attività agricole da parte delle

società di persone), nonché del 2° comma, lettera c) sempre dell’art. 55 (che

considera redditi di impresa i redditi dei terreni, per la parte derivante

dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32, pur se nei limiti ivi

stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo ed in accomandita

semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti

esercenti attività di impresa);

(11)

83

- dell’art. 81 TUIR (che definisce come reddito di impresa ogni reddito conseguito dalle società e dagli enti commerciali soggetti ad IRES);

- dell’art. 90, comma 1, secondo periodo, TUIR (che chiarisce come la determinazione catastale non trovi applicazione nell’ipotesi di terreni dell’impresa utilizzati per l’esercizio di attività agricole);

è possibile sinteticamente rappresentare quanto segue: le società di capitali ed enti commerciali residenti, le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, le stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa risultano sempre titolari di reddito di impresa nell’ipotesi di esercizio di tutte le attività agricole di cui all’art. 32 anche se espletate entro i limiti ivi stabiliti e ciò anche nell’ipotesi in cui, rivestendo la qualifica di società agricola, optino per la determinazione catastale del reddito

3

derivante dalle attività agricole.

3.1.3.4. Imputazione del reddito agrario

Anche per il reddito agrario, al pari del reddito dominicale, trova applicazione ai fini dell’imputazione dello stesso, la regola generale di cui all’art. 26 TUIR secondo la quale i redditi fondiari (e quindi: dominicale ed agrario per i terreni, ed il reddito dei fabbricati) concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale.

Attesa la particolare natura del reddito agrario, l’art. 33, al comma 1, prevede, quale eccezione alla predetta regola generale, che, nell’ipotesi di terreni dati in affitto per uso agricolo, il reddito agrario concorra, a partire dalla data in cui ha effetto il contratto, a formare il reddito complessivo dell’affittuario e non quello del possessore.

3 Le regole di determinazione del reddito agrario sono applicabili anche al reddito (che, nella fattispecie, rientrerà nel novero dei redditi di impresa) prodotto dalle società di persone, società a responsabilità limitata e società cooperative che rivestono la qualifica di società agricole ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n.

99/2004, le quali possono, infatti, optare per l’imposizione dei redditi ex art. 32 del TUIR.

Durante il periodo di efficacia dell’opzione, il regime fiscale applicabile si baserà, in sintesi, sulle seguenti regole:

- il reddito derivante dallo svolgimento delle attività agricole e connesse, nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 32, pur mantenendo la natura di reddito d’impresa, verrà determinato in base alle regole del reddito agrario;

- il reddito derivante dallo svolgimento di attività non ricomprese in quelle agricole e connesse dovrà essere calcolato in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito d’impresa.

(12)

84 3.1.3.5. Determinazione del reddito

Il reddito agrario, ex art. 34 del TUIR, è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo rappresentative del reddito medio ordinario ritraibile da ogni ettaro di terreno, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna qualità e classe di terreno.

Anche per il reddito agrario trovano applicazione in materia di revisione delle tariffe d’estimo le disposizioni di cui all’art. 28, relative alla revisione delle tariffe d’estimo per il reddito dominicale.

L’art. 31, L. 23/12/1994 n. 724 ha stabilito che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi, i vigenti redditi agrari devono essere rivalutati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1995 del 45%.

L’art. 3, comma 50, L. n. 662/96 ha successivamente disposto che fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, solo per le imposte sui redditi, i redditi agrari sono rivalutati del 70% e che l’incremento si applica sull’importo posto a base della rivalutazione operata ai sensi del predetto art. 31, comma 1, l. n. 724/94.

Dalle predette disposizioni normative deriva che il reddito agrario fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo:

- deve essere rivalutato del 45%, per gli anni di imposta 1995 e 1996;

- deve essere rivalutato del 70%, per gli anni di imposta 1997 e successivi.

3.1.3.6. Riduzioni temporanee del reddito agrario

Anche per il reddito agrario sono state introdotte agevolazioni, sebbene di portata più ampia, rispetto a quelle previste dall’art. 31 per il reddito dominicale, nell’ipotesi di perdite conseguenti a mancata coltivazione ovvero ad eventi naturali.

Più in particolare, l’art. 35 considera inesistente il reddito agrario in tutte le ipotesi contemplate dall’art. 31, quindi:

- in caso di mancata coltivazione, seppure in parte, per un’intera annata agraria

e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, del fondo rustico costituito

per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali;

(13)

85

- in caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30% del prodotto ordinario del fondo nell’anno, se il possessore danneggiato ha denunciato all’Ufficio del Territorio l’evento dannoso entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non è esattamente determinabile, almeno 15 giorni prima dell’inizio del raccolto.

3.1.3.7. Variazioni permanenti del reddito agrario

Le previsioni normative di cui agli artt. 29 e 30 del TUIR in materia di variazioni permanenti del reddito dominicale, trovano pienamente applicazione anche per i redditi agrari con la sola particolarità che, nelle ipotesi di terreni condotti in affitto o in forma associata, le denuncie di cui all’art. 30 possono essere presentate anche dall’affittuario o da uno degli associati.

3.1.3.8. Determinazione del reddito di impresa derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR

Il reddito di impresa derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art.

32 è soggetto agli ordinari criteri di determinazione applicabili agli altri redditi riconducibili alla stessa categoria; assumono, pertanto, rilevanza fiscale gli ammortamenti, gli accantonamenti, le sopravvenienze attive e passive, le esistenze iniziali e rimanenze finali ecc…

3.1.3.9. Il nuovo regime fiscale per le attività che eccedono i limiti di reddito agrario

La Finanziaria per il 2004 ha poi introdotto una nuova disposizione (art. 56bis del TUIR), che prevede una specifica disciplina per le attività agricole, diverse dall’allevamento di animali, che eccedono i limiti del reddito agrario.

In particolare, è stata introdotta, fatta eccezione per:

o società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione

residenti nel territorio dello Stato;

(14)

86

o enti pubblici e privati diversi dalle società residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

o società ed enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato;

o società in nome collettivo ed in accomandita semplice;

una nuova modalità di determinazione del reddito di impresa per le seguenti attività agricole:

- attività dirette alla produzione di vegetali – per le attività dirette alla produzione di vegetali, che eccedono i limiti del reddito agrario, in quanto esercitate tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, con una superficie adibita alla produzione che eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste, il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito di impresa nell’ammontare corrispondente al reddito agrario relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione alla superficie eccedente;

- attività connesse – per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti diversi da quelli indicati nell’art. 32, comma 2, lettera c), ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15%;

- attività dirette alla fornitura di servizi – per le attività dirette alla fornitura di

servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse

dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola, ivi comprese le

attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale,

ovvero di ricezione ed ospitalità, il reddito è determinato applicando

all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a

registrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, il coefficiente di

redditività del 25%.

(15)

87

È appena il caso di precisare che i medesimi coefficienti di redditività di cui ai punti precedenti sono applicabili anche ai redditi derivanti da attività agricole commerciali non esercitate abitualmente.

La Finanziaria per il 2004 ha, infatti, previsto che, in deroga alle disposizioni ordinarie, i redditi conseguiti dai soggetti considerati come imprenditori, per la parte eccedente i limiti previsti per le attività connesse, possono essere considerati come redditi diversi, secondo le percentuali di redditività del 15% e del 25%.

Giova precisare che per i soggetti che si avvalgono dei citati regimi di cui all’art.

56bis del D.P.R. n. 917/86 (attività connesse eccedenti i limiti del reddito agrario), ed all’art. 5, l. 31/12/1991, n. 413 (attività agrituristiche), l’art. 18ter, D.P.R. n. 600/73 ha previsto, esclusivamente, la tenuta dei registri previsti dal D.P.R. n. 633/72.

3.1.3.10. Il regime di tassazione delle “Società di trasformazione”

A norma dell’art. 1, comma 1094, della legge finanziaria 2007 (come modificata dall’art. 1, comma 177 della legge finanziaria 2008): “Si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. Il tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25%”.

Ispirandosi al mondo cooperativistico, il legislatore, con la citata previsione normativa, ha inteso consentire a due o più imprenditori agricoli, attraverso la costituzione di una società (nella forma giuridica di una società semplice, s.n.c. o s.r.l.), di trasformare e vendere i prodotti ceduti esclusivamente dai soci, assicurando alla società stessa:

- da un punto di vista fiscale, di poter optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25%;

- l’assimilazione a tutti gli effetti ai produttori agricoli di cui all’art. 2135 c.c.;

la società di trasformazione acquisisce infatti la qualifica di imprenditore

agricolo pur svolgendo esclusivamente un’attività di trasformazione e

vendita di prodotti commercializzati.

(16)

88

3.1.4. Determinazione del reddito di impresa derivante dall’esercizio dell’attività di allevamento di animali

Il reddito derivante dall’esercizio di attività di allevamento di animali, ex artt. 32 e 55 del TUIR, può generare:

- se l’allevamento di animali è esercitato nei limiti di cui all’art. 32, comma 2, lett. b), ossia con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno:

o reddito agrario, se conseguito da persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali;

o reddito di impresa, se conseguito da società di capitali, società di persone, società cooperative e società di mutua assicurazione, enti pubblici e privati diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, società in nome collettivo e società in accomandita semplice;

- se l’allevamento di animali viene esercitato oltre i predetti limiti di cui all’art. 32, secondo comma, lett. b), ossia con mangimi ottenibili per meno di un quarto dal terreno:

o reddito di impresa da chiunque sia conseguito, solo per la parte eccedente il predetto limite.

Occorre in questa sede sottolineare che a norma dell’art. 56 TUIR viene data la facoltà, in sede di dichiarazione dei redditi, unicamente alle imprese allevatrici costituite in forma individuale, anche familiare o di società semplice, ed a prescindere dal regime di contabilità adottato, di avvalersi di un sistema forfetario di determinazione del reddito.

Il predetto sistema forfetario di determinazione del reddito trova applicazione nei confronti dei soggetti sopra indicati a condizione che:

o l’impresa di allevamento sia gestita dal titolare di reddito agrario di terreni posseduti a titolo di proprietà, usufrutto o di altro diritto reale o condotti in affitto;

o l’allevamento sia riferito a specie animali elencate nella tabella 3

allegata al d.m. di cui al comma 5 dell’art. 56.

(17)

89

Più in particolare, a norma dell’art. 56, comma 5 del TUIR, il reddito di allevamento di animali relativo alla parte eccedente il limite di cui all’art. 32, concorre a formare il reddito di impresa nell’ammontare determinato attribuendo a ciascun capo il valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato, entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi.

Con decreto del 17/12/2003 del Ministero delle Finanze di concreto con il Ministero per le politiche agricole e agroindustriali, sono stati stabiliti, con riferimento al biennio 2003/2004:

o il valore medio del reddito agrario riferibile ad ogni capo allevato in eccedenza;

o il coefficiente moltiplicatore di cui all’art. 56 TUIR, ai fini della determinazione del reddito attribuibile alla stessa attività eccedente.

Il computo del numero di animali allevabili nell’ambito dell’attività agraria e il valore medio di reddito attribuibile ad ogni capo allevato in eccedenza a tale attività, va effettuato sulla base delle tabelle 1, 2 e 3 allegate al predetto decreto e riportate nelle istruzioni ministeriali relative al modello UNICO.

Le tabelle riguardano, rispettivamente, la suddivisione dei terreni in fasce di qualità, la potenzialità di ciascuna fascia espressa in termini di unità foraggiere producibili e i valori parametrici riferibili a ciascuna specie animale, da adottare per la determinazione sia del numero dei capi allevabili entro il limite del citato art. 32, sia dell’imponibile da attribuire a ciascun capo eccedente il predetto limite.

3.1.5. Obblighi contabili particolari per le imprese di allevamento

Le imprese in esame, come chiarito dalla circ. min. del 10 aprile 1991 n. 11, ai sensi del c. 4 dell’art. 2 del decreto legge in esame, sono obbligate a tenere anche il registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati di cui all’art. 18 bis del d.P.R. n. 600/73 in aggiunta alle scritture contabili prescritte dallo stesso decreto per i soggetti sottoposti al regime di contabilità ordinaria.

Le risultanze del su indicato registro – il quale non può essere più considerato

scrittura contabile esclusiva – svolgono una funzione di mero riscontro, ai fini

dell’accertamento, atteso che il criterio di determinazione analitica del reddito

(18)

90

presuppone che la rilevazione dei costi e dei ricavi imputabili all’esercizio deve essere effettuata secondo le prescrizioni delle norme civilistiche o speciali.

3.2. IL REGIME IVA

Dal 1° gennaio 1998, il regime speciale per l’agricoltura, disciplinato dall’art. 34 del D.P.R. n. 633/72, risulta completamente modificato (a seguito della revisione operata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 313/97) ed è, in via generale, più che un regime speciale di applicazione del tributo, un regime speciale di detrazione.

Sinteticamente, la disciplina IVA applicabile agli imprenditori agricoli, come ordinata dall’art. 34 del D.P.R. n. 633/72, prevede i seguenti regimi:

- regime speciale;

- regime di esonero;

- regime forfettizzato;

- regime ordinario;

3.2.1. REGIME SPECIALE

Le nuove norme pur prevedendo che la detrazione è sempre calcolata con un sistema di tipo forfetario, ossia in base alle percentuali di compensazione, stabiliscono che il tributo non si applica più con aliquote agevolate, ma si calcola con le aliquote proprie dei beni ceduti.

In sostanza, l’attuale regime prevede che il produttore agricolo applichi la forfetizzazione dell’IVA solo in sede di liquidazione dell’imposta.

Il meccanismo è il seguente:

IVA sulle vendite = cessioni * aliquota ordinaria

IVA sugli acquisti = cessioni * percentuale di compensazione

Le percentuali di compensazione sono stabilite, per gruppi di prodotti, con Decreto del Ministro delle finanze di concreto con il Ministro delle politiche agricole.

Le percentuali di compensazione ad oggi vigenti sono quelle riportate nel D.M.

23 dicembre 2005 (G.U. 31 dicembre 2005, n. 304) in vigore dal 1° gennaio 2006, il

quale ha rideterminato, per alcuni prodotti agricoli, le percentuali di compensazione

precedentemente indicate nel D.M. 30 dicembre 1997 (G.U. 31 dicembre 1997).

(19)

91 A titolo di esempio:

Percentuali di compensazione

Prodotti %

Vini di uve fresche, compresi spumanti (….) 12,3

Latte fresco; latte o crema di latte freschi; miele naturale (….) 8,8 Carni, frattaglie e parti di volatili da cortile commestibili (….) 8,5

……… …..

Dunque in caso di cessione di miele naturale, sottoposto ad aliquota IVA del 10%, come risulta dalla tabella A – parte terza – allegata al D.P.R. 633/1972, avremo la seguente situazione:

es. Cessione di miele = 100  IVA a debito: 100 * 10% = 10

 IVA a credito: 100 * 8,8% = 8,8

 Imposta dovuta: 1,2

3.2.1.1. Presupposto soggettivo

Come previsto dal primo comma dell’art. 34 del D.P.R. 633/1972, presupposto essenziale per l’applicazione del regime speciale è la qualifica di produttore agricolo.

Numerose e significative sono, a tal proposito, le novità introdotte indirettamente all’art. 34 dall’art. 1 del d.lgs. n. 228/2001. Tale articolo ha provveduto, di fatto, a sostituire integralmente l’art. 2135 c.c., espressamente richiamato al comma 2 del predetto art. 34, ridefinendo la figura dell’imprenditore agricolo.

Il comma 2 dell’art. 34 individua, quali soggetti considerati produttori agricoli:

• i soggetti che esercitano le attività indicate nell’art. 2135 c.c. e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di viticoltura, di ostricoltura o di coltura di altri molluschi e crostacei nonché di allevamento di rane;

• gli organismi agricoli di intervento, o altri soggetti per loro conto, che effettuano cessioni di prodotti in applicazione di regolamenti della Unione Europea concernenti l’organizzazione comune dei mercati dei prodotti esteri;

• le cooperative, loro consorzi, associazioni e loro unioni costituite e

riconosciute ai sensi della legislazione vigente che effettuano cessioni

(20)

92

di beni prodotti dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori, nei limiti in cui predetti soggetti operino per conto dei produttori nei cui confronti si rendono applicabili le disposizioni del presente articolo.

Occorre subito far presente che la predetta norma (nonché il richiamato art. 2135 c.c.) non opera, nel richiamare il concetto di produttore/imprenditore agricolo, alcuna discriminazione soggettiva. Di conseguenza, essa è applicabile indipendentemente dalla forma giuridica assunta dall’impresa, sia alle persone fisiche che alle società di persone o di capitali e così pure agli enti pubblici e privati, all’affittuario, al mezzadro, al colono, al soccidario.

3.2.1.2. Limiti quantitativi

La necessità di escludere i produttori agricoli, che non avevano realizzato nell’anno solare precedente un volume d’affari superiore ad un ammontare predeterminato, dall’obbligo di assolvere ad inutili e complessi adempimenti contabili previsti in materia di IVA, aveva indotto il legislatore, nell’ambito del comma 3 dell’art.

34, ad ammettere al regime speciale solo i produttori agricoli che avevano realizzato nell’anno solare precedente un volume d’affari non superiore ad euro 20.658,28.

È da segnalare che tale norma non ha mai trovato applicazione; nel tempo, infatti, sono intervenute varie disposizioni transitorie che ne avevano rinviato gli effetti di anno in anno.

Con l’art. 10, comma 1, lettera b) del d.l. 14/03/2005 n. 35, si è proceduto all’abrogazione del 3° comma dell’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972 e pertanto, a decorrere dall’anno di imposta 2005, il regime speciale si applica a tutti i soggetti indicati nelle lettere a), b), e c) del comma 2 dell’art. 34 prescindendo dall’entità del volume d’affari.

In buona sostanza il regime speciale diventa il regime naturale per tutte le

imprese agricole in possesso dei citati requisiti soggettivi ed oggettivi.

(21)

93 3.2.1.3. Presupposto oggettivo

Ai sensi del comma 1 dell’art. 34 il regime speciale trova applicazione esclusivamente alle cessioni di prodotti agricoli ed ittici tassativamente elencati nella prima parte della Tabella A, allegata al D.P.R. n. 633/1972, effettuate da produttori agricoli come sopra individuati.

I produttori agricoli in possesso dei predetti presupposti soggettivi ed oggettivi e quindi rientranti nel regime speciale IVA, sono tenuti ad osservare tutti gli obblighi sanciti dal titolo II del D.P.R. n. 633/1972 in materia di fatturazione, registrazione, liquidazione periodica e dichiarazione annuale IVA.

Sono altresì tenuti al versamento dell’eventuale imposta risultante dalle liquidazioni, nonché al versamento dell’acconto IVA da effettuarsi entro il 27 dicembre di ogni anno.

3.2.2. REGIME DI ESONERO

Nell’ottica di ridurre le difficoltà amministrative connesse alla gestione di un’azienda agricola di piccole dimensioni, il legislatore nell’ambito del comma 6 dell’art. 34 ha previsto un’ulteriore e rilevante disposizione agevolativa a favore dei produttori agricoli, subordinata al fatto che il volume d’affari del contribuente (produttore agricolo) nell’anno solare precedente sia costituito per intero o per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli ed ittici di cui al comma 1 dell’art. 34.

Più precisamente, il comma 6 dell’art. 34 prevede, in alternativa al regime speciale ordinario ed in presenza della predetta condizione, un regime di esonero, per gli agricoltori che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume di affari IVA non superiore ad euro 7.000,00 (limite applicabile, dal 1/01/2007, anche ai produttori agricoli che esercitano l’attività esclusivamente in comuni montani con meno di 1.000 abitanti, nonché nelle zone con meno di 500 abitanti ricomprese negli altri comuni montani individuati dalle rispettive regioni a norma dell’art. 16 della l. n. 97/1994).

Le agevolazioni caratterizzanti il presente regime si sostanziano, di fatto, nell’esonero:

- dal versamento dell’imposta;

(22)

94

- da tutti gli obblighi documentali e contabili (fatturazione, registrazione, liquidazioni periodiche, dichiarazione annuale).

Le imprese in regime di esonero sono tenute unicamente alla conservazione e alla numerazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali ricevute a norma dell’art. 39 del d.P.R. n. 633/1972 nonché delle fatture di vendita emesse per loro conto dai cessionari o committenti.

Alle cessioni ed ai conferimenti di prodotti agricoli compresi nella tab. A allegata al D.P.R. 633/1972 si applicano le percentuali di compensazione.

Detto regime non è mai obbligatorio! L’imprenditore agricolo può sempre optare per l’applicazione dell’IVA in maniera ordinaria. Il regime normale può essere conveniente nel caso in cui l’imprenditore preveda di effettuare investimenti per la sua attività.

Gli obblighi, da cui gli imprenditori agricoli sono esonerati, sono in parte trasferiti sui cessionari e committenti, che, quando acquistano i beni o utilizzano servizi nell’esercizio dell’impresa, devono emettere autofattura, in luogo del cedente esonerato, indicandovi la relativa imposta determinata applicando le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione.

L’agricoltore cedente ha l’obbligo di conservare l’autofattura emessa dal committente e ha il beneficio di “trattenere” l’IVA indicata nell’autofattura, essendo esonerato dall’obbligo di versamento.

Il cessionario o committente provvederà a registrare la fattura emessa per conto del produttore agricolo separatamente nel registro degli acquisti.

3.2.2.1. Cessazione del regime di esonero

Nell’ambito del comma 6 dell’art. 34 sono previste le possibili cause di cessazione del regime di esonero, come di seguito indicate:

1) superamento del limite di euro 7.000,00 del volume di affari, ma a condizione che non venga superato il limite di cui al successivo punto (in tale evidenza, la causa di cessazione opera dall’anno successivo a quello di superamento);

2) superamento del rapporto di un terzo di operazioni non agricole sul totale del

volume di affari comprese le cessioni di beni strumentali (in tale ipotesi, la causa

di cessazione opera con effetto immediato);

(23)

95

3) rinuncia ex art. 34, ultima parte del comma 6 che può essere conveniente ove l’imprenditore agricolo effettui investimenti in beni di cui può chiedere a rimborso l’IVA corrisposta.

Alle precedenti cause di cessazione va aggiunta, tuttavia, l’ulteriore ipotesi di cessazione per opzione, prevista dal comma 11 dell’art.34.

3.2.3. REGIME FORFETTIZZATO

Dall’1/01/2004, ex art. 34 bis, D.P.R. 633/1972, introdotto dall’art. 2, comma 7 della l. 350/2003, per le attività dirette alla produzione e alla fornitura di servizi (art.

2135, terzo comma) connesse all’agricoltura, è stata data la possibilità di optare per un regime forfettizzato di detrazione, basato sulla detrazione forfetaria del 50% dell’IVA incassata a valle ossia applicata sulle vendite.

es. somministrazione alimenti e bevande da attività agrituristica = 100

 IVA a debito = 100 * 10% = 10

 Imposta dovuta in base al regime forfetizzato = 10 * 50% = 5 In base all’art. 1, comma 369 legge 296/2006 (finanziaria 2007), dal 1/01/2007 sono considerate attività agricole connesse anche la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili (agro-forestali o fotovoltaiche), nonché la cessione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo ovvero di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate da imprenditori agricoli.

Giova precisare, tuttavia, come chiarito dalla C.M. n. 6 del 16/02/2005, che il citato regime trova applicazione unicamente per le attività di fornitura di servizi svolte mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.

Per quanto riguarda il regime contabile, si precisa che, nel caso di esercizio

congiunto di attività agricola soggetta a regime speciale di cui al citato art. 34 e di

attività di fornitura di servizi soggetta al regime di detrazione forfettizzata previsto

dall’art. 34 bis, sussiste l’obbligo di adottare la contabilità separata a norma dell’art. 36

del decreto IVA, fatta eccezione per il caso in cui il contribuente decida di optare

relativamente ad entrambe le attività per l’applicazione dell’imposta nei modi normali.

(24)

96

Si precisa che il regime di detrazione forfettizzata torna applicabile anche nell’ipotesi in cui siano effettuate prestazioni di servizi in via occasionale; in questo caso si dovrà procedere ad un’annotazione separata delle operazioni in questione e alla determinazione dell’imposta detraibile, con riferimento alle stesse operazioni, sulla base delle disposizioni contenute nell’art. 34 bis e non secondo il regime della c.d. impresa mista disciplinato dall’art. 34, comma 5, del D.P.R. 633 del 1972.

Per quanto concerne la compilazione della dichiarazione annuale IVA, in analogia con quanto previsto per le imprese che svolgono attività agrituristiche, si segnala che va compilato un distinto modulo; tale modulo dovrà contenere i dati contabili relativi all’attività soggetta al regime forfetario di cui all’art. 34 bis ed indicare l’ammontare dell’imposta ammessa in detrazione in misura forfettizzata. Qualora, invece, l’effettuazione di operazioni soggette al regime forfetario in questione sia solo occasionale, considerata l’assenza di una contabilità separata, non sorge l’obbligo di compilare moduli distinti.

Anche in questo caso è stata accordata all’imprenditore agricolo, in relazione allo svolgimento di queste attività, la possibilità di optare per il regime di detrazione ordinario.

3.2.4. REGIME NORMALE

Come si è rilevato in precedenza il regime speciale, di cui al 3° comma dell’art.

34, non veniva ad avere una totale e piena applicazione in quanto tutta una serie di provvedimenti ne avevano, infatti, prorogato di anno in anno l’entrata in vigore a pieno regime.

Con la soppressione del citato comma 3, disposta dall’art. 10, comma 1, lett. b) del d.l. 14/03/2005 n. 35, il regime speciale si applica a tutti i soggetti indicati nelle lettere a), b), e c) del comma 2 dell’art. 34, prescindendo dall’entità del volume d’affari, e divenendo il nuovo regime naturale per un numero significativo di imprese agricole.

Alla luce di quanto sopra esposto, ne deriva che dall’anno di imposta 2005 il regime normale, oggetto di analisi nel presente paragrafo, risulterà utilizzabile solo ed esclusivamente a seguito di opzione.

Il regime in esame, come è noto, risulta contraddistinto dal fatto che l’imposta

sul valore aggiunto da versare viene determinata con il metodo della detrazione imposta

(25)

97

da imposta e quindi sulla differenza fra l’imposta applicata sulle cessioni o prestazioni di servizi e quella assolta al momento dell’acquisto di beni e servizi.

3.2.5. PASSAGGIO DAL REGIME SPECIALE A QUELLO ORDINARIO

Lo speciale regime per i produttori agricoli, disciplinato dal nuovo testo dell’art.

34, è previsto come regime naturale d’imposta, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi illustrati nei paragrafi precedenti, ma non è, tuttavia, obbligatorio. Ai sensi del comma 11 dell’art. 34, infatti, tutti i contribuenti ai quali si applica lo speciale regime agricolo hanno facoltà di optare per l’applicazione dell’imposta nel modo normale, dandone comunicazione per iscritto all’Ufficio competente.

In tal caso, i contribuenti dovranno operare la detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti secondo le disposizioni ordinarie stabilite dall’art. 19 e saranno assoggettati agli obblighi e agli adempimenti previsti per qualsiasi altro soggetto IVA, ad eccezione dei passaggi di prodotti agricoli ed ittici agli enti e agli organismi associativi che potranno continuare ad essere fatturati da questi ultimi per conto dei produttori agricoli stessi.

Secondo il comma 11 dell’art. 34, tale comunicazione deve essere data nella dichiarazione relativa all’anno precedente o, in caso di esonero, nel termine prescritto per la presentazione della dichiarazione ovvero nella dichiarazione di inizio attività.

Non va dimenticato che il D.P.R. n. 442/97, nel riordinare la disciplina delle operazioni in materia IVA, ha disposto che:

- l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi

contabili, si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o

dalle modalità di tenuta delle scritture contabili e che la validità della

opzione stessa (e della revoca) è subordinata unicamente alla sua concreta

attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività. A tal proposito, il

Ministero con circ. min. del 24/12/1997 n. 209/E ha precisato che possono

considerarsi comportamenti concludenti, in relazione all’opzione per la

rinuncia al regime di esonero dagli adempimenti contabili, previsto per i

produttori agricoli dall’art. 34, comma 6, primo e secondo periodo, del

D.P.R. n. 633/1972, l’istituzione dei registri IVA, la fatturazione delle

operazioni effettuate, l’annotazione nei registri, il versamento dell’imposta e

la presentazione della dichiarazione annuale;

(26)

98

- la comunicazione – da effettuare nella prima dichiarazione IVA successiva alla scelta (o, in caso di esonero dalla stessa, entro il termine per la sua presentazione) – costituisce solo un adempimento successivo e non essenziale ai fini della validità ed efficacia della scelta stessa che si manifesta e si sostanzia pertanto nella adozione di fatto del regime normale di applicazione dell’imposta (salva l’applicazione di sanzioni per la mancata, tardiva o irregolare comunicazione).

È appena il caso di precisare che l’art. 10, comma 1 lett. e) del d.l. 14/03/2005 n.

35 ha modificato il citato comma 11 dell’art. 34 riconducendo le modalità di esercizio dell’opzione a quelle generali indicate nel regolamento di cui al D.P.R. 10/11/1997 n.

442. In questo contesto:

• è stata eliminata la durata minima di 5 anni di validità dell’opzione per il regime ordinario che, di conseguenza opera per il periodo ordinario di un triennio;

• è stata eliminata la previsione che non consentiva di revocare l’opzione qualora si fosse in presenza di beni ammortizzabili per i quali non fosse ancora scaduto il periodo di tutela legale di cinque o dieci anni (previsto rispettivamente per i beni mobili e per i beni immobili) fissato, ai fini della rettifica della detrazione, dall’art. 19 bis 2 del D.P.R. n. 63/1972.

L’opzione per il regime ordinario (o l’eventuale revoca) rendono altresì applicabili le disposizioni di cui all’art. 19 bis-2, comma 3, per determinare il credito o debito IVA al termine dell’anno precedente a quello di effetto dell’opzione (o della revoca) affinché il passaggio di regime non comporti duplicazioni o salti di imposta.

3.2.6. PASSAGGIO DAL REGIME ORDINARIO A QUELLO SPECIALE

Nell’ipotesi di passaggio dal regime ordinario a quello speciale, sui beni giacenti deve essere determinata l’IVA detratta nel regime ordinario.

A tal fine, il calcolo dell’IVA si effettua applicando le percentuali di compensazioni vigenti al momento della rettifica.

La differenza che ne deriva deve essere conteggiata a debito nella prima liquidazione periodica utile.

Riferimenti

Documenti correlati

81 del 2017 non è stata, invece, integralmente seguita tale impostazione ma è stato soltanto posto rimedio alla precedente disparità di trattamento rispetto ai casi in cui le

Per esprimere la scelta a favore di una delle istituzioni beneficiarie della quota dell’otto per mille dell'IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel

Quote costanti dei contributi o liberalità costituenti sopravvenienze attive imputabili all’esercizio (art. b)) Redditi di immobili non costituenti beni strumentali né beni alla

Con riguardo alla determinazione della base imponibile IRAP per le società di capitali (srl, spa, sapa) e cooperative, le spese per omaggi destinati ai dipendenti e ai

O IL PROFESSIONISTA ABILITATO, SULLA BASE DEGLI ELEMENTI FORNITI E DEI DOCUMENTI ESIBITI, SI IMPEGNA AD ELABORARE LA DICHIARAZIONE E A TRASMETERLA IN VIA TELEMATICA ALL'AGENZIA

Tutti i crediti derivanti da una dichiarazione (Redditi o IVA) sono utilizzabili di norma dall’1/1 dell’anno corrente, quindi anche prima di avere redatto la dichiarazione. Se

L’impostazione può essere effettuata anche compilando/azzerando il campo DATA FINE PRATICA presente nei Dati generali pratica [F8], ma in questo caso occorre SALVARE PREVENTIVAMENTE

elenca tra le attività connesse, oltre alla fornitura di beni o servizi, anche la valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, nonché la ricezione e