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1) Lo score “Risk Injury Failure Loss End-Stage” (RIFLE), ideato dall’ “Acute Dialysis Quality Initiative” (ADQI), come mezzo diagnostico, predittivo e classificativo di danno renale acuto.

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PREFAZIONE

Attualmente l’insufficienza renale acuta risulta essere una delle complicanze caratterizzanti il paziente critico, spesso correlata a sepsi grave. Questo quadro patologico continua ad incidere gravemente sul tasso di mortalità del paziente ricoverato in terapia intensiva. La poca conoscenza del problema, la difficoltà nel classificare e definire con precisione il quadro clinico e la complessità della messa a punto di nuovi protocolli diagnostici e terapeutici, sembrano essere i problemi più aperti. Eviscerando dalla letteratura medica le peculiarità attualmente in discussione sul problema, questa tesi si concentra su alcuni punti:

1) Lo score “Risk Injury Failure Loss End-Stage” (RIFLE), ideato dall’ “Acute Dialysis Quality Initiative” (ADQI), come mezzo diagnostico, predittivo e classificativo di danno renale acuto.

2) Gli attuali mezzi diagnostici per rilevare un danno renale (concentrazioni seriche di urea e creatinina, output urinario) soprattutto i loro limiti clinici di predittività del danno e raffronto con gli ultimi ritrovati in campo biomolecolare, principalmente la ricerca di nuovi biomarkers capaci di essere predittivi sul danno renale (NGAL, cistatina-C, interleuchina-18, KIM-1) e non solamente diagnostici.

3) Le cause e le concause più frequentemente correlate in UTI a danno renale acuto:

 danno renale acuto shock-indotto,

 danno renale acuto indotto da mezzo di contrasto e farmaco indotto

 danno renale acuto nella sindrome compartimentale

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2 addominale.

4) Uno sguardo agli ultimi approcci terapeutici, in campo

intensivistico, al paziente che manifesta insufficienza renale acuta; le

indicazioni e i tempi di scelta per un trattamento dialitico continuativo

(CRRT), fino all’indicazione a trattamenti dialitici non continuativi.

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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE

Il rene

I reni sono organi pari, localizzati in sede retroperitoneale nella parte posteriore dell'addome, ai lati della colonna vertebrale. Il polo superiore del rene è al livello della XII vertebra toracica, mentre quello inferiore raggiunge la III vertebra lombare. Il rene destro è leggermente più basso del sinistro. I reni si abbassano regolarmente di 2,5 cm quando si passa dalla posizione supina a quella eretta; inoltre il loro spostamento oscilla da 2 a 4 cm durante la normale o forte inspirazione. Il polo superiore è rivolto più medialmente rispetto all'inferiore.

Cenni di anatomia macroscopica:

Una introduzione al sistema renale. Visione posteriore del tronco che mostra la posizione dei reni e delle altre componenti dell'apparato urinario. (b) Visione in sezione all'altezza del livello indicato in (a). “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

Nell'uomo adulto il peso di ciascun rene oscilla tra 125 e 170

grammi mentre nella donna è tra 115 e 155 grammi. Il peso si riduce

con l'età. Il diametro longitudinale è circa 11-12 cm, quello

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trasversale è circa 5-7 cm; lo spessore del rene è 2,5-3 cm;

l'idratazione dell'organo e i valori della pressione arteriosa possono apportare delle variazioni (1).

Sulla faccia interna di ogni rene c'è l'ilo che raccoglie la pelvi, l'arteria e la vena renale, i vasi linfatici, un nervo del plesso e l'uretere.

L'ilo continua in una cavità (seno) dove l'uretere si espande per formare la pelvi. L'ilo è ruotato leggermente in avanti rispetto al muscolo psoas, mentre la parte convessa è ruotata posteriormente.

Ciascun rene è coperto da una capsula fibrosa e liscia facilmente rimovibile quando gli organi sono normali.

Se si seziona a metà il rene si osservano sulla superficie di taglio tre distinte regioni: la parte esterna chiamata corticale, quella interna rappresentata dalla midollare che contiene 8-18 piramidi renali e la pelvi. Ogni piramide ha la base che poggia sulla giunzione cortico-midollare, mentre l'apice sporge nella pelvi renale e forma la papilla. Sull'apice di ogni papilla (area cribrosa) si osservano 10-25 piccoli fori che corrispondono agli sbocchi dei dotti collettori.

Struttura del rene. Sezione frontale del rene sinistro con le principali componenti.

“Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

La zona corticale ha lo spessore di 1 cm; essa costituisce tutta la

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parte periferica del rene e copre la base di ogni piramide; si estende anche tra una piramide e l'altra, formando le colonne renali di Bertini.

Dalla base di ogni piramide partono i raggi midollari di Ferrein che entrano nella corticale; essi sono costituiti dai dotti collettori o segmenti dei tubuli prossimali e distali (1).

L'unità specifica e funzionale del rene è il nefrone. Ciascun rene contiene da 700.000 a 1.200.000 nefroni. Ogni nefrone è costituito dal glomerulo con la capsula di Bowman (corpuscolo di Malpighi), dal tubulo prossimale, dall'ansa sottile, dal tubulo distale e dal dotto collettore. Fa parte del nefrone anche l'apparato iuxtaglomerulare (2).

Cenni di anatomia microscopica:

I nefroni corticali e iuxtamidollari. La microscopia ottica mostra i tubuli in sezione.

“Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

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Secondo la posizione del glomerulo nella corticale i nefroni sono classificati in superficiali, mediani e iuxtamidollari. I nefroni superficiali hanno i glomeruli situati alla distanza di 0,5-1 mm dalla superficie del rene e le loro arteriole efferenti toccano direttamente la superficie della corticale. I glomeruli dei nefroni mediani sono situati nella parte media della corticale. Nella zona della giunzione cortico- midollare sono situati i glomeruli dei nefroni iuxtamidollari che hanno l'arteria efferente da cui derivano i vasa recta. Una piccola parte dei nefroni iuxtamidollari hanno l'arteria afferente che proviene dalle arterie arcuate (2).

Secondo la posizione del glomerulo nella corticale i nefroni sono classificati in superficiali, mediani e iuxtamidollari. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

Al corpuscolo di Malpighi segue il tubulo prossimale che

origina dalla capsula di Bowman, l'ansa di Henle, il tubulo distale e il

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dotto collettore. Ciascun tubulo collettore riceve nella zona corticale mediamente 11 nefroni. I tubuli collettori, quando entrano nella midollare, man mano che avanzano dalla parte esterna verso quella interna si fondono nel dotto collettore terminale (2).

Secondo la lunghezza dell'ansa di Henle ci sono due popolazioni di nefroni nella corteccia; quelli ad ansa corta e quelli ad ansa lunga. La lunghezza dell'ansa è in rapporto alla posizione del glomerulo nella zona corticale per cui quelli superficiali e mediani hanno un'ansa di Henle corta che in alcuni casi non arriva nella midollare, mentre i glomeruli iuxtamidollari possiedono un'ansa di Henle lunga che entra nella zona midollare.

La zona midollare gioca un ruolo importante nella concentrazione dell'urina; le anse di Henle agiscono come un sistema multiplo di controcorrente che stabilisce un gradiente osmotico a livello cortico-midollare (1).

Il glomerulo è costituito da un capillare arterioso, proveniente

dalla circolazione sanguigna renale, che si avvolge su se stesso

costituendo la cosiddetta “matassa glomerulare”. Il vaso prima

dell'ingresso del glomerulo si chiama arteriola afferente mentre

quando esce si chiama arteriola efferente.

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Il glomerulo è costituito da un capillare arterioso, proveniente dalla circolazione sanguigna renale, che si avvolge su se stesso costituendo la cosiddetta “matassa glomerulare”. Il vaso prima dell'ingresso del glomerulo si chiama arteriola afferente mentre quando esce si chiama arteriola efferente.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Tra gli avvolgimenti della matassa si trova il mesangio costituito da cellule mesangiali che allocano nella matrice mesangiale.

Il capillare glomerulare, costituito da un endotelio che poggia sulla membrana basale, è avvolto dall'epitelio viscerale che proviene dall'epitelio parietale che costituisce la capsula di Bowman. L'epitelio viscerale si continua in quello parietale a livello del polo vascolare dove si trovano l'arteriola afferente ed efferente, che entrano ed escono rispettivamente dal glomerulo. Tra l'epitelio viscerale e quello parietale è presente lo spazio di Bowman chiamato anche cavità urinaria (1).

Nella sua struttura microscopica il glomerulo è paragonabile ad

un setaccio che permette il passaggio di acqua e alcuni soluti che

formano la preurina, un ultrafiltrato del plasma. Questo setaccio si

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compone di un endotelio fenestrato, una membrana basale e un epitelio poroso.

Il corpuscolo renale. (a) Una visione realistica di un nefrone, che mostra la sua struttura tridimensionale. (b) Il corpuscolo renale che mostra la struttura del glomerulo e dell'apparato di filtrazione. (c) Una visione schematica di un podocita con i pedicelli che ricoprono la superficie adiacente della lamina densa. (d) Una immagine al microscopio elettronico della superficie glomerulare che mostra i singoli podociti e i loro processi. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

L'endotelio fenestrato presenta numerosi pori o fenestre, situati tra una cellula e l'altra, essi sono coperti da un sottile diaframma che tuttavia non impedisce il passaggio delle macromolecole. La superficie dell'endotelio è coperta da cariche negative; forma la prima barriera dei costituenti del sangue e seleziona il passaggio delle proteine sulla base della loro carica.

L'epitelio viscerale è costituito da cellule chiamate podociti che

possiedono un abbondante citoplasma distribuito nella parte periferica

della cellula sotto forma di pseudopodi o pedicelli. Queste cellule,

simili a polipi, avvolgano con le espansioni citoplasmatiche i capillari

glomerulari e hanno diretto contatto con la lamina rara esterna della

membrana basale (2).

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La distanza tra i pedicelli che poggiano sulla lamina rara esterna della membrana basale è 25-60 nm. Questo spazio corrisponde al poro, coperto da un sottile diaframma. Sulla superficie dei podociti ci sono cariche negative che sono rappresentate dalla podocalicina; la rimozione di questa causa il distacco delle cellule endoteliali ed epiteliali della membrana basale; ciò dimostra che queste cariche negative sono molto importanti nel mantenere inalterate la struttura e la funzione del filtro glomerulare (2).

Disegno schematico della struttura della membrana di ultrafiltrazione.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

La membrana basale si compone di tre strati: la lamina rara

esterna e quella interna su cui poggiano rispettivamente i podociti e

le cellule endoteliali, la parte centrale della membrana basale è

costituita da lamina densa. Sulla superficie della membrana basale

sono situate cariche negative che influenzano la filtrazione delle

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macromolecole. Nella lamina rara è stato osservato un lattice di siti anionici (glicosaminoglicani ricchi di eparansolfato) che costituisce la carica della barriera, la loro rimozione enzimatica causa un incremento della permeabilità della membrana basale.

Il filtro glomerulare, costituito dalla membrana basale e dalle cellule epiteliali ed endoteliali, funziona da setaccio e regola il passaggio delle macromolecole secondo la loro dimensione e la loro carica (2).

Il mesangio si compone di cellule mesangiali e matrice; le cellule mesangiali hanno una forma irregolare, sono caratterizzate da propaggini che avvolgono le pareti dei capillari glomerulari, possiedono inoltre numerosi filamenti di actina e miosina; esse sono immerse nella matrice mesangiale che contiene glicosaminoglicani, fibronectina e laminina.

Le cellule mesangiali hanno capacità contrattile come le cellule muscolari lisce e funzione fagocitaria, ecco perchè la collocazione delle cellule mesangiali all'interno della matassa glomerulare è molto importante: le proprietà di contrazione e rilasciamento delle cellule, che si avvinghiano ai capillari glomerulari e si insinuano tra endotelio e membrana basale, permettono la regolazione della circolazione sanguigna nel glomerulo (2).

La capsula di Bowman si compone dell'epitelio viscerale che

continua a livello del polo viscerale con quello parietale; quest'ultimo

continua con l'epitelio del tubulo prossimale a livello del polo

urinario. L'epitelio parietale forma la parete esterna della capsula ed è

costituito da cellule piatte che assumono un aspetto cuboidale nella

zona di transizione con l'epitelio del tubulo prossimale che è l'orletto a

spazzola (2).

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L'apparato iuxtaglomerulare è situato a livello del polo vascolare del glomerulo e ha contatto con una parte del tubulo distale.

E' costituito da due componenti: vascolare e tubulare. La parte vascolare è formata dalla porzione terminale dell'arteriola afferente, dalla porzione iniziale dell'arteriola efferente e dall'area del mesangio extraglomerulare. La parte tubulare è costituita dalla macula densa che è la porzione spessa della branca ascendente dell'ansa di Henle.

L'area del mesangio extraglomerulare è delimitata dalle cellule della macula densa, dall'arteriola afferente ed efferente e dalle cellule mesangiali che si trovano in corrispondenza del polo vascolare del glomerulo.

Nella componente vascolare dell'apparato iuxtaglomerulare si distinguono due tipi di cellule: cellule granulari iuxtaglomerulari, questi granuli al loro interno contengono renina e angiotensina II e sono più abbondanti nelle cellule dell'arteriola afferente e cellule mesangiali extraglomerulari senza granuli, queste sono localizzate tra l'arteriola afferente ed efferente e sono a stretto contatto con la macula densa, l'ipotesi è che esse siano elementi di collegamento tra le strutture dell'apparato iuxtaglomerulare e il mesangio glomerulare (2).

La macula densa è costituita da cellule localizzate sulla parete

del tratto spesso della branca ascendente dell'ansa di Henle solo nel

punto che tocca il polo vascolare del glomerulo (2).

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L'apparato iuxtaglomerulare è situato a livello del polo vascolare del glomerulo e ha contatto con una parte del tubulo distale. Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Il tubulo prossimale inizia in corrispondenza del polo urinario del glomerulo e in base alla sede è costituito da due parti: quella iniziale, parte convoluta, che segue un percorso contorto ed è localizzato esclusivamente nella parte corticale; segue la parte retta che ha un andamento rettilineo ed è situato nel raggio midollare. Tra le cellule si trova uno spazio intracellulare mediante un diaframma costituito da una propaggine della membrana plasmatica chiamata

“giunzione sottile” o “zona occludente”. Queste giunzioni

collegando le cellule tra loro fanno si che l'epitelio sia un tutt'uno. Lo

spessore della membrana basale del tubulo si riduce gradualmente

lungo il decorso del tubulo. Nello spazio basale e quello laterale sono

sistemate le pompe ioniche (Na + , K + ) (2).

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L'orletto a spazzola è costituito da numerosi microvilli che aumentano la superficie apicale di 36 volte.

Le cellule della parte convoluta del tubulo prossimale contengono un apparato lisosomiale che partecipa al riassorbimento e alla degradazione delle macromolecole proveniente dall'ultra filtrato;

l'assorbimento delle macromolecole avviene per un processo di endocitosi. L'assorbimento delle proteine a livello del tubulo prossimale avviene per mezzo di un processo di selettività che è basato sulla carica elettrica, la dimensione e la forma delle proteine. La parte retta del tubulo è costituita da cellule molto semplici, ciò spiega la scarsa funzione di riassorbimento svolto da questo tratto del tubulo, questa porzione è coinvolta nel processo di secrezione degli acidi organici e delle basi (2).

Il punto di passaggio dal tubulo prossimale al tratto sottile dell'ansa di Henle avviene in modo netto ed è il punto di demarcazione tra la parte esterna e quella interna della midollare. L'ansa di Henle è costituita da 4 tipi di cellule: il tipo I è localizzato nella branca sottile discendente delle anse corte; il tipo II forma la branca sottile discendente delle anse lunghe nella zona esterna della midollare; il tipo III è presente nella branca discendente delle anse lunghe nella zona interna della midollare; il tipo IV si trova nella branca ascendente dell'ansa. Le cellule epiteliali di tipo I e II sono molto permeabili all'acqua, mentre la permeabilità al sodio e al cloro è più evidente nel tipo II; la permeabilità all'urea è maggiore nelle cellule di tipo I (2).

Il tubulo distale si compone di tre segmenti: il tratto spesso

(pars recta) è la parte iniziale del tubulo distale che in parte decorre

nella midollare e in parte in quella corticale, il passaggio tra il tratto

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sottile e quello spesso dell'ansa di Henle costituisce la demarcazione dalla parte interna e quella esterna della midollare esterna. La branca ascendente entra successivamente nella corticale e passa vicino al glomerulo dove nel punto di contatto forma la macula densa (secondo tratto). Subito dopo continua con il tubulo convoluto distale localizzato esclusivamente nella midollare che sbocca nel dotto collettore (2).

Il dotto collettore si estende dalla corticale alla midollare fino al collo della papilla. Si compone di tre segmenti: tratto corticale, quello midollare esterno e infine il tratto midollare interno, che si continua con il dotto collettore papillare che sbocca sull'apice della papilla formando l'area cribrosa. Nel dotto collettore ci sono due tipi di cellule: le principali che sono chiare e le cellule interposte scure. Il dotto collettore nel tratto midollare esterno si fonde con altri e nel progredire verso la papilla aumenta di calibro sino a continuare nel dotto di Bellini (2).

L'interstizio renale è costituito da cellule interstiziali e matrice extracellulare formata da glicosaminoglicani solfati e non solfati.

Esso è poco rappresentato nella corticale ed è presente per il 10-15%

di tutto il tessuto renale, mentre aumenta gradualmente sino al 30-40%

dalla midollare esterna a quella interna.

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Istologia di un nefrone tipico. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

I reni sono organi molto vascolarizzati se si tiene presente che passa attraverso essi 1 litro di sangue al minuto; questa abbondante vascolarizzazione serve per la formazione dell'urina (1 ml/min).

Le tecniche moderne hanno dimostrato che la circolazione

sanguigna a livello renale non è unica ma si compone di tre

microcircoli localizzati a livello glomerulare, cortico-peritubulare e

midollare (2).

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La circolazione sanguigna nei reni. (a) Visione in sezione che mostra le principali arterie e vene; (b) La

circolazione della corticale. (c) La circolazione di un singolo nefrone.

“Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

Le tecniche moderne hanno dimostrato che la circolazione sanguigna a livello renale non è unica ma si compone di tre microcircoli localizzati a livello glomerulare, cortico-peritubulare e midollare.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

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Il rene, tramite la sua funzione escretoria ed endocrina, interviene nella regolazione del volume e della composizione dei liquidi corporei; un'alterazione delle sue funzioni fisiologiche comporta l'insorgenza di squilibri idroelettrolitici, alterazioni dell'equilibrio acido-base e della regolazione del calcio e del fosforo.

Il rene svolge principalmente quattro funzioni essenziali:

Cenni di fisiologia:

a) partecipa alla regolazione dell’equilibrio idroelettrolitico mediante l'escrezione selettiva di acqua ed elettroliti in modo da bilanciare l'apporto esterno e la produzione interna;

b) regola la produzione, l'assorbimento e l'escrezione di acidi e basi;

c) elimina alcuni prodotti del metabolismo

(urea, creatinina, acido urico ecc.);

d) produce ormoni che intervengono nella regolazione del circolo ematico e renale (renina, angiotensina, prostaglandine), nella produzione dei globuli rossi (eritropoietina) e nella regolazione del metabolismo fosfocalcico (calcitriolo) (2).

Filtrazione glomerulare

La prima tappa nel processo di formazione dell'urina è la

costituzione di un ultra filtrato a livello glomerulare, la preurina, che

subisce alcune importanti modifiche nella sua composizione nei vari

passaggi attraverso i tubuli e i dotti collettori sino a giungere nella

pelvi renale. Il processo di ultrafiltrazione del sangue che attraversa i

capillari glomerulari è alla base della formazione della preurina, che è

in pratica costituita da plasma molto povero di proteine. La quantità di

sangue che arriva ai reni è il 20% della gittata cardiaca. Il flusso

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ematico renale (FER) è quattro volte superiore a quello epatico e a quello muscolare durante l'esercizio fisico, e otto volte maggiore di quello coronarico (3).

Il filtro glomerulare permette il passaggio di acqua e piccoli soluti (come sodio e urea), mentre impedisce il passaggio di molecole più grandi come la gran parte delle proteine plasmatiche. I soluti del peso molecolare dell'inulina passano liberamente nello spazio di Bowman, mentre molecole più grandi come la mioglobina e l'albumina filtrano in quantità minore. La filtrazione è limitata per gli ioni e per il 40% del calcio circolante.

Questa selettività nel passaggio dei soluti è alla base della funzione primaria del rene nella regolazione dell'equilibrio tra ingresso e uscita dell'acqua e degli elettroliti introdotti con gli alimenti o prodotti nell'organismo (3).

L'impedimento al passaggio delle grosse molecole, quali le

proteine, permette di preservare il patrimonio proteico del plasma; la

perdita di questa proprietà ha come conseguenza l'instaurarsi di

proteinuria ed edema. La regolazione del passaggio delle proteine non

è dovuta soltanto al loro peso molecolare, ma anche alla loro carica

elettrica; infatti il filtro glomerulare è ricco di cariche negative, per

cui vi è una repulsione elettrostatica delle cariche anioniche a livello

della membrana basale e glomerulare (l'albumina ha carica anionica)

(3). A seguito del ripetuto passaggio di sangue attraverso i glomeruli

renali la quantità di ultrafiltrato che si forma nel soggetto adulto è

130-180 litri nelle 24 ore. Questo valore è circa 10 volte maggiore di

quello del volume extracellulare e circa 60 volte quello plasmatico. E'

ovvio che la maggior parte dell'ultrafiltrato deve essere riassorbito a

livello tubulare (3).

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I fattori che determinano il filtrato glomerulare renale (FGR) sono il flusso plasmatico renale (FPR) e le differenze di pressione idrostatica e di pressione oncotica a livello glomerulare. Come avviene a livello degli altri capillari, il passaggio dei liquidi attraverso il filtro glomerulare segue la legge di Starling, cioè dipende dal coefficiente di permeabilità della membrana glomerulare (K) e dall'equilibrio tra i gradienti di pressione idrostatica e oncotica del plasma.

FGR = K x S [(Pg - Pb) - ( π p - π b)]

dove K indica il coefficiente di permeabilità della parete capillare, S la superficie di filtrazione, Pg la pressione idrostatica del capillare glomerulare, Pb la pressione idrostatica dello spazio di Bowman, πp e πb la pressione oncotica del plasma rispettivamente nel glomerulo e nello spazio di Bowman, π il coefficiente di riflessione delle proteine attraverso la parete capillare (il valore è 0 se il filtro glomerulare è completamente permeabile, 1 se è del tutto impermeabile).

Poiché l'ultrafiltrato è quasi privo di proteine, la pressione oncotica nello spazio di Bowman è uguale a zero, pertanto π sarà uguale a 1. Ne consegue:

FGR = K x S (Pg - Pb - π p)

Il FGR è pari a 120 ml/min nell'uomo e 95 ml/min nella donna (4).

1) Equilibrio di filtrazione

Il sangue arterioso nel passaggio attraverso il glomerulo

presenta un aumento della pressione oncotica a seguito della

filtrazione di acqua e soluti e una lieve diminuzione della pressione

idrostatica a causa della resistenza del capillare al flusso. Pertanto la

pressione oncotica aumenta da 23 a 35 mmHg e il gradiente di

filtrazione si riduce da circa 13 mmHg nell'arteriola efferente a 0

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nell'arteriola efferente. Questo fenomeno, chiamato equilibrio di filtrazione, avviene per una filtrazione pari al 20% del FPR. Poiché il valore normale del FPR è 625 ml/min, il 20% equivale al valore del FGR (125 ml/min). Il rapporto FGR/FPR esprime la frazione di filtrazione (FF) (2).

2) Pressione idrostatica capillare

La pressione idrostatica capillare glomerulare (Pg) è dovuta a tre fattori: pressione arteriosa; resistenza dell'arteriola afferente;

resistenza dell'arteriola efferente. Le variazioni di questi tre fattori, quali le modificazioni della pressione arteriosa, la costrizione o dilatazione dell'arteriola afferente e quella dell'arteriola efferente, possono modificare il FGR.

L'aumento contemporaneo del tono nell'arteriola afferente ed efferente aumenta la resistenza vascolare del rene e riduce il FPR. Pertanto il FGR e il FPR sono regolati in parallelo a livello dell'arteriola afferente la cui costrizione causa la riduzione di entrambi i parametri, mentre la costrizione dell'arteriola efferente determina un comportamento opposto (aumenta il FGR e riduce il FPR). In conclusione, le variazioni di tono dell'arteriola efferente modificano il rapporto tra FGR e FPR, cioè la FF, in quanto i due parametri variano nel senso opposto (2).

3) Pressione idrostatica nello spazio di Bowman

Essa si modifica soltanto in occasione di ostruzione ureterale;

in tal caso l'incremento della pressione idrostatica nello spazio di Bowman impedisce la filtrazione glomerulare perchè riduce il gradiente emodinamico nel glomerulo (2).

4) Pressione oncotica plasmatica

Essa si modifica in rapporto alla concentrazione delle proteine

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nel plasma in particolar modo dell'albumina. Una ridotta quantità di albumina, dovuta a diminuita sintesi o a perdita della proteina, e una aumentata concentrazione plasmatica, dovuta a perdite di acqua con vomito o diarrea, comportano un'alterazione del FGR (2).

5) Permeabilità glomerulare

Piccole variazioni della permeabilità glomerulare non alterano il FGR, mentre una notevole riduzione dovuta ad alterazioni anatomiche, come avviene nelle glomerulonefriti, determina una riduzione del FGR (2).

La filtrazione glomerulare. (a) Nella filtrazione la pressione idrostatica spinge l'acqua e le molecole di soluti

disciolti attraverso la membrana. Le dimensioni dei pori della membrana controllano quali sostanze possono o

meno attraversare la membrana. (b) Un'analisi delle forze che agiscono attraverso l'apparato di filtrazione del

glomerulo. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

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Disegno dell’equazione che regola l’equilibrio di filtrazione glomerulare.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Controllo della filtrazione glomerulare

La filtrazione glomerulare è regolata dall'interazione di ormoni

e sostanze vasoattive sia circolanti nel plasma sia prodotte localmente

dal rene. Tutto il circolo arterioso parenchimale e, pertanto, anche il

FPR sono influenzati da queste sostanze. Il mesangio è la sede

principale di formazione di queste sostanze. Gli ormoni e le sostanze

vasoattive che agiscono sul glomerulo sono l'angiotensina II,

l'endotelina, l'istamina, il fattore di crescita simil-insulina,

l'Endothelial Derived Relaxing Factor (EDRF), le prostaglandine

(PGI 2, PGE 2 , PGE 1 , PGF 2 , PGF 2 α ), il trombossano (TxA 2 ) e il

paratormone (PTH). L'angiotensina II ha un'azione vasocostrittrice

maggiore per l'arteriola efferente rispetto all'afferente; la

noradrenalina aumenta direttamente il tono muscolare dell'arteriola

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afferente e indirettamente le resistenze dell'arteriola efferente mediante il rilascio della renina e dell'angiotensina II (3). Le prostaglandine hanno un effetto vaso dilatatore. L'angiotensina II e la noradrenalina stimolano la produzione delle prostaglandine nel glomerulo. Un altro ormone importante è il fattore natriuretico atriale; esso interviene aumentando il FGR in caso di incremento del volume ematico.

La sua azione si esplica tramite la dilatazione dell'arteriola afferente e la costrizione di quella efferente, con conseguente aumento della pressione intraglomerulare e del FGR (3).

La filtrazione glomerulare è regolata dall'interazione di ormoni e sostanze vasoattive sia circolanti nel plasma

sia prodotte localmente dal rene. Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

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Autoregolazione del filtrato glomerulare

Il rene possiede la proprietà di mantenere costante il FPR e il FGR grazie a due fenomeni intrarenali di autoregolazione strettamente correlati che sono il meccanismo miogeno e il feedback tubulo-glomerulare (FTG).

Il meccanismo miogeno si basa sulle variazioni della resistenza dell'arteriola afferente, con aumento del tono (vasocostrizione) quando la pressione arteriosa sistemica sale e riduzione (vasodilatazione) quando la pressione si riduce. Il feedback tubulo-glomerulare è un meccanismo più complesso che regola soprattutto il FGR e, secondariamente, il FPR. I meccanismi di autoregolazione intervengono principalmente quando vi è una notevole riduzione della pressione glomerulare; si determina una vasocostrizione dell'arteriola afferente allo scopo di impedire la caduta della pressione di filtrazione e l'arresto del FGR. Al di sotto di 70-80 mmHg l'autoregolazione non interviene e si riducono sia il FGR che il FPR (4).

Riassorbimento e secrezione tubulare

L'ultrafiltrato costituitosi nello spazio di Bowman procede attraverso i diversi segmenti del tubulo renale, dove il processo di riassorbimento avviene in due fasi: nella prima fase la sostanza da riassorbire passa dal lume del tubulo nell'interno della cellula attraversando la membrana cellulare della parete luminale; nella seconda fase, mediante specifici meccanismi, attraversa la parete della cellula tubulare e giunge prima nell'interstizio e poi nei capillari peritubulari.

La maggior parte dei soluti riassorbiti passa nel circolo

sistemico senza subire modificazioni, mentre le proteine a basso peso

molecolare sono metabolizzate a livello del tubulo prossimale.

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I processi di riassorbimento e secrezione tubulare degli ioni sono facilitati da trasportatori proteici o da canali ionospecifici. Ne deriva che i meccanismi di riassorbimento e secrezione possono essere attivi, per mezzo di pompe ioniche, o passivi, per diffusione determinata dal gradiente di concentrazione tra liquido luminale e intracellulare (5).

Nella prima fase la sostanza da riassorbire passa dal lume del tubulo nell'interno della cellula attraversando la membrana cellulare della parete luminale; nella seconda fase, mediante specifici meccanismi, attraversa la parete della cellula tubulare e giunge prima nell'interstizio e poi nei capillari peritubulari.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Tubulo prossimale

L'ultrafiltrato che arriva nello spazio di Bowman entra nel tubulo prossimale e viene normalmente riassorbito nella quantità del 65-70%. La funzione principale di questo tratto del tubulo è quella del trasporto attivo dello ione Na + dal lume tubulare nella cellula (filtrazione passiva) e successivamente dalla cellula allo spazio intercellulare (passaggio attivo) mediante una pompa Na + K + -ATPasi.

Il riassorbimento del Na + comporta un abbassamento dell'osmolarità

tubulare con formazione di un gradiente osmotico di circa 15 mmHg

che promuove il riassorbimento passivo dell'acqua. In questo tratto

viene inoltre riassorbito Cl - presente in quantità elevata

nell'ultrafiltrato.

(27)

27

Trasporto direzionale del Sodio. Gli ioni sodio diffondono dal filtrato attraverso l'epitelio tubulare e al'interno del citoplasma. Gli ioni cloro li seguono, spinti dall'attrazione fra cariche opposte. Nella parte interna della superficie della membrana, gli ioni sodio sono pompati attivamente nel liquido peritubulare in scambio con gli ioni potassio. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

I meccanismi di trasporto passivo sono responsabili per un terzo del riassorbimento dell'acqua e dei soluti nel tubulo prossimale.

Nella parte iniziale del tubulo prossimale è riassorbita la maggior parte di glucosio, aminoacidi, HCO 3 (6).

Nel tubulo prossimale c'è anche un processo di secrezione da parte dell'epitelio tubulare di ioni H + , cationi e anioni organici. I meccanismi di autoregolazione deputati a regolare il carico di liquido che deve essere riassorbito nel tubulo sono tre: il meccanismo miogeno e il feedback tubulo-glomerulare, accennati in precedenza, e il bilancio glomerulo-tubulare, questo permette che ad ogni variazione del FGR, circa il 60% dell'ultrafiltrato venga riassorbito nel tubulo prossimale, mentre il restante 40% venga riassorbito in proporzione negli altri segmenti del nefrone.

Il riassorbimento dell'HCO 3 avviene per scambio tra ioni H +

intracellulari e ioni Na + presenti nel lume tubulare. Il riassorbimento

prossimale di HCO 3 deve essere accompagnato da uno ione positivo

(28)

28 quale il Na + .

Il riassorbimento del glucosio è totale in condizioni normali, circa 375 mg/min; la presenza di glucosio nelle urine si osserva soltanto in condizioni patologiche in cui il carico di glucosio nel filtrato è aumentato (concentrazione plasmatica > 200 mg/dl).

L'urea è in parte riassorbita a livello del tubulo prossimale in modo passivo; l'urea è comunque riassorbita nella quantità del 40-50%

attraverso i vari segmenti del nefrone.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Il calcio ionizzato è circa il 40%, mentre il 50% è legato

all'albumina e il 10% a citrato, bicarbonato e fosfato; il calcio

ionizzato passa attraverso il filtro glomerulare ed è riassorbito in modo

passivo per l'80-85% a livello del tubulo prossimale e dell'ansa di

Henle. Il riassorbimento passivo del calcio a livello del tubulo

prossimale è importante dal punto di vista clinico perché il suo

(29)

29

trasporto è legato al cloruro di sodio. Pertanto variazioni del riassorbimento di sodio, dovute all'apporto dietetico o ai farmaci, comportano modificazioni dell'escrezione urinaria sia del sodio che del calcio.

Il trasporto compensatico Sodio-Calcio. Nel trasporto compensativo due ioni, ambedue con carica positiva o negativa, si spostano attraverso la membrana in direzioni opposte. In questo esempio di cotrasporto legato al sodio, la cellula deve utilizzare ATP per rimuovere gli ioni sodio che essa ha accumulato quando gli ioni calcio sono fuoriusciti dal citoplasma. Altri sistemi di trasporto compensativo non portano gli ioni sodio al'interno della cellula e non si verifica alcun consumo di energia.

“Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

A livello del tubulo prossimale avviene anche il riassorbimento dell'80-95% di fosfati tramite uno specifico cotrasportatore di sodio- fosfato.

L'acido urico che proviene dal catabolismo degli alimenti contenenti purine, passa attraverso il filtro glomerulare come anione urato ed è riassorbito a livello del tubulo prossimale; soltanto il 6-12%

del carico filtrato viene eliminato con le urine;

i meccanismi che regolano il riassorbimento sono gli scambiatori degli anioni.

Nel riassorbimento tubulare prossimale rientrano anche gli

aminoacidi, che entrano nella cellula attraverso il cotrasportatore del

sodio, e le proteine. Queste ultime sono riassorbite con diversi

(30)

30

meccanismi a seconda del loro peso molecolare.

Il citrato, filtrato a livello glomerulare, è riassorbito mediante un cotrasportatore neutro Na + -citrato situato nel tubulo prossimale.

Oltre ai processi di riassorbimento, a livello del tubulo prossimale vi sono meccanismi di secrezione per alcuni soluti, quali gli ioni idrogeno, i cationi organici, quali la creatinina e gli anioni organici sia endogeni che esogeni.

L'energia per tutti questi processi è data da pompe Na + -K + - ATPasi localizzate sulle due facce delle cellule tubulari.

La bassa concentrazione intracellulare di Na + attiva l'antiporter di Na + -H + , mentre l'elevata concentrazione di K + permette la diffusione passiva fuori dalle cellule, rendendo così negativo il potenziale intracellulare. Queste vie di secrezione sono molto importanti perchè svolgono un ruolo primario nell'eliminazione di farmaci e sostanze chimiche, specialmente per gli elementi veicolati mediante legame con le proteine plasmatiche e che ovviamente non possono attraversare il filtro glomerulare per la grandezza molecolare delle proteine (2).

Ansa di Henle

La quantità di preurina, circa il 30-35% che non viene riassorbita a livello del tubulo prossimale, passa nell'ansa di Henle dove si ha il riassorbimento del 15-20% di NaCl filtrato, soprattutto nella branca ascendente spessa. Questo processo è regolato da un carrier Na + -K + -Cl - presente sulla faccia luminale della cellula tubulare.

Questo carrier è regolato nelle sue funzioni dalla concentrazione di Cl -

nel liquido tubulare per cui un'inibizione del passaggio di Cl - , come

avviene con la furosemide, causa un mancato riassorbimento di sodio

nell'ansa. A questo livello avviene anche il riassorbimento di una parte

(31)

31 di HCO 3

- e del Ca ++ quest'ultimo, regolato dal paratormone, in base al fabbisogno fisiologico (5).

I movimenti di liquido e soluti lungo l'ansa di Henle. (a) Il trasporto attivo dell'NaCl lungo la spessa branca ascendente provoca un movimento di acqua dalla branca discendente (vedi Figura 24.14). (b) Le caratteristiche di permeabilità dell'ansa e del dotto collettore tendono a concentrare l'urea nel filtrato e nella midollare. (c) I capillari dei vasa recta conservano il gradiente osmotico togliendo acqua e soluti

richiamati dal filtrato. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

L'ansa di Henle è coinvolta, insieme al tubulo collettore e ai vasa recta, nella formazione di urina diluita o concentrata (ipoosmotica o iperosmotica rispetto al plasma), mediante un meccanismo di controcorrente. Il principio su cui si basa questo meccanismo è duplice:

a) costituzione di un ambiente iperosmotico nell'interstizio a livello

midollare a seguito del passaggio di NaCl dalla branca ascendente

dell'ansa di Henle nell'interstizio e di urea dal tubulo collettore

(32)

32 nell'interstizio;

b) adeguamento dell'osmolarità dell'urina, che attraversa il tubulo collettore, a quella dell'interstizio e formazione di urina concentrata; la concentrazione dell'urina è agevolata dall'azione dell'ormone antidiuretico (ADH) che facilita il riassorbimento di acqua a livello del tubulo collettore.

Tutto ciò comporta che l'urina isoosmotica del tubulo prossimale diventa iperosmotica nella branca discendente perchè si equilibra con l'interstizio midollare, poi diventa ipoosmotica nella branca ascendente per il passaggio di NaCl non accompagnato da acqua. Infine nel tubulo collettore per il passaggio di acqua, regolato dall'ADH, l'urina raggiunge l'osmolarità finale. Nella branca ascendente dell'ansa di Henle avviene anche la secrezione di una proteina chiamata mucoproteina di Tamm-Horsfall che è la matrice dei cilindri di tutto il sedimento urinario (2).

La concentrazione dell'urina è agevolata dall'azione dell'ormone antidiuretico (ADH) che facilita il

riassorbimento di acqua a livello del tubulo collettore. Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

(33)

33

La moltiplicazione controcorrente. La moltiplicazione controcorrente nell'ansa di Henle. In (a) il tubulo contiene un filtrato dotato della medesima osmolarità degli altri liquidi corporei. Nota la differenza di permeabilità fra l'ansa ascendente e quella discendente. La branca spessa ascendente trasporta attivamente gli ioni sodio e cloro verso il liquido peritubulare, innalzando la concentrazione osmotica attorno alla branca discendente. (b) Questo aumento determina un flusso osmotico di acqua fuori dal filtrato nella branca discendente. (c) Osserva che il filtrato si sta muovendo lungo il tubulo. Il termine "moltiplicazione" si riferisce al fatto che il gradiente osmotico continua ad aumentare in tanto che continua a muoversi il filtrato.

La perdita di acqua determina concentrazione del filtrato che raggiunge la spessa branca ascendente con quantità aggiuntive di Na– e Cl– che vengono spinte nel liquido peritubulare. Questo porta ad una aumentata perdita idrica ed il ciclo continua. Il filtrato che arriva al TCD possiede un'osmolarità inferiore a quella del filtrato che entra nell'ansa di Henle: gli ioni perduti sono rimasti intrappolati nel liquido peritubulare della midollare. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

Tubulo distale

Il tubulo distale riassorbe normalmente il 5% del NaCl filtrato, mediante un trasportatore Na + -Cl - situato sulla superficie luminale della cellula tubulare.

Normalmente la concentrazione tubulare di Na + che arriva nel

tratto distale è di 75 mEq/l; con il riassorbimento si riduce a 40 mEq/l

(34)

34

e al di sotto di questo valore il riassorbimento si annulla.

Nel tubulo distale avviene anche un processo attivo di secrezione del Ca ++ che è mediato dall'ormone paratiroideo, dal calcitriolo e da una pompa Ca ++ -ATPasi che è situata sulla membrana basolaterale della cellula tubulare. Inoltre una caratteristica tipica del tubulo distale è la possibilità di riassorbire Ca ++ indipendentemente dal Na + (2).

Tubulo collettore

Il tubulo collettore è costituito dal segmento corticale e dal segmento midollare.

Il segmento corticale è formato da due tipi di cellule: principali e intercalate; in questa sede viene riassorbito il 5-7% del Na + filtrato.

Le cellule principali sono deputate al riassorbimento del Na + , le cellule intercalate, invece, hanno un ruolo importante nella regolazione di H + e HCO 3 -

e nel riassorbimento del K + quando c'è una deplezione di questo ione.

In questo tratto del tubulo collettore è importante la funzione favorente svolta dall'aldosterone su riassorbimento di Na + , mediante l'aumento del numero dei canali del sodio sulla membrana luminale.

Un'altra funzione delle cellule principali riguarda il riassorbimento di acqua sotto l'azione dell'ormone antidiuretico (7).

Le cellule intercalate sono deputate alla regolazione del bilancio acido-base. La presenza di anidrasi carbonica, acqua e anidride carbonica nelle cellule permette la formazione di H + e HCO 3 -

. Successivamente si ha la secrezione luminale di H + a opera di una pompa H + -ATPasi-dipendente e il passaggio in circolo dal lato basale di HCO 3

- in seguito ad uno scambio con il Cl - . L'aldosterone

contribuisce a questo processo attivando la pompa H + -ATPasi-

(35)

35

dipendente per cui le variazioni nella sua concentrazione (iperaldosteronismi) causano un'aumentata escrezione urinaria di H + e alcalosi metabolica. In condizioni di acidosi si ha un maggior riassorbimento di HCO 3

- in circolo, mentre nell'alcalosi si ha una secrezione di questo ione a livello del tubulo collettore distale per un cambiamento di polarità dei fattori di trasporto (8).

Sistema tampone del fosfato. Neutralizzazione degli ioni idrogeno secreti attraverso fosfato filtrato (NaHPO

4-

). Si può osservare che un nuovo ione bicarbonato ritorna nel sangue per ogni NaHPO

4-

che reagisce con un idrogenione secreto. Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

Sistema tampone dell’ammoniaca. Produzione e secrezione di ammonio dalle cellule del tubulo prossimale: nella cellula il metabolismo della glutammina produce ammonio e bicarbonato. Lo ione ammonio viene secreto attivamente nel lume da una pompa sodio/NH

4+

. Per ogni molecola di glutammina

metabolizzata vengono prodotti 2NH

4+

e 2HCO

3-

ritornano in circolo.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

(36)

36

Attivazione dei principali sistemi tampone: polmone e rene.

Anatomia e Fisiologia, 4° ed. Thibodeau – Patton

(37)

37

Il segmento midollare si divide in due parti: esterna e interna.

Le cellule del tubulo collettore midollare esterne sono deputate alla secrezione attiva di H + , regolate dall'acidemia e dall'aldosterone. Le stesse cellule sono deputate anche all'assorbimento del K + importante nell'acidificazione dell'urina.

Anche questo tratto del tubulo collettore assorbe acqua sotto l'azione dell'adiuretina.

Le cellule del tubulo collettore midollare interno contribuiscono al riassorbimento di Na + , questo movimento causa un potenziale elettrico negativo che permette il riassorbimento passivo di Cl - . In questo processo probabilmente gioca un certo ruolo anche l'aldosterone.

Il tubulo collettore midollare interno svolge un ruolo importante

anche nel riassorbimento dell'acqua e quindi regola la concentrazione

dell'urina. Questa funzione è regolata dall'adiuretina che permette

anche l'assorbimento dell'urea. Ciò permette l'accumulo di urea

nell'interstizio midollare dove rappresenta circa la metà dei soluti

interstiziali, e concorre, pertanto, all'escrezione di urina a

concentrazione massima (2).

(38)

38

Le principali tappe di produzione del'urina. “Fondamenti di Anatomia e Fisiologia”, Martini.

(39)

39

CAPITOLO 2

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN TERAPIA INTENSIVA

Anormalità dei fluidi e bilancio idroelettrolitico sono fra i problemi più rappresentati in un reparto di terapia intensiva. L’output delle urine e lo sbilancio idrico sono segni importanti della fisiologia del paziente critico: le cause possono andare dalle più semplici come l’impossibilità al bere, perdita eccessiva di liquidi, introduzione eccessiva di liquidi, fino alla più grave disfunzione renale (9).

Attualmente le misurazioni dell’urea azotata e la concentrazione di creatinina sieriche sono entrate nelle pratiche routinarie dei reparti di terapia intensiva. L’incremento dell’urea azotata e dei livelli sierici di creatinina sono normalmente conosciuti come azotemia, questa è il risultato della diminuzione della filtrazione glomerulare ed insieme ai fenomeni di oliguria o anuria, completano il quadro proprio dell’insufficienza renale (9). Non sempre però il quadro di oliguria e/o azotemia è rappresentativo di un danno, spesso infatti questo è semplicemente il risultato di un adattamento da parte del rene, alla deplezione del volume extracellulare o alla diminuzione del flusso sanguigno renale. E’ comprensibile quindi come questi due parametri risultino necessari ma non sufficienti alla diagnosi di patologia renale.

Le normali funzioni del rene sono quelle di rimuovere le scorie

azotate e gli altri soluti, regolare i liquidi, gli elettroliti e l’equilibrio

acido-base; in condizioni normali tutto ciò viene effettuato con

precisione ma di fronte ad uno stress l’organo manifesterà i propri

limiti. In seguito ad una perdita di liquido extracellulare la GFR si

riduce, questo determinerà una diminuita filtrazione e un aumentato

(40)

40

assorbimento del carico di sale e acqua che non pervenendo ai tubuli determinerà una diminuzione del quantitativo di urina e una diminuita escrezione di scorie azotate (9).

L’azotemia che risulta è comunemente chiamata prerenale ad indicare che la causa sta fuori, precisamente, prima del rene. Le cause di oliguria sono tradizionalmente distinte in tre categorie, ciascuna categoria è denominata secondo la sede anatomica del problema responsabile dell’oliguria in: prerenale, renale e postrenale. Le cause prerenali di oliguria sono localizzate prossimalmente al rene e sono caratterizzate da un decremento del flusso ematico nefrovascolare.

Sono disordini di questa categoria: lo shock, ipovolemia, cardiomiopatia, stenosi aortica. Le patologie prerenali sono responsabili del 30-40 % circa dei casi di oliguria in UTI. Condizioni prerenali prolungate o gravi possono condurre a danno renale e insufficienza renale oligurica (10).

Le patologie renali intrinseche osservate in UTI di solito rientrano in due categorie: necrosi tubulare acuta (ATN) o nefrite interstiziale acuta (NIA). L’ ATN è responsabile di oltre il 50% dei casi di oliguria acuta in UTI e nella maggior parte dei casi è dovuta a lesioni infiammatorie (inclusa la sepsi), a shock circolatorio e a danni tossici da farmaci (p.es., aminoglicosidi), mezzi di contrasto radiologici e mioglobinuria.

E’ caratterizzata da lesioni (ossidative) sulle cellule epiteliali del tubulo renale con sfaldamento delle cellule all’ interno del lume dei tubuli renali.

Le cellule di sfaldamento creano un’ ostruzione che aumenta la

pressione nei tubuli prossimali e questo riduce la pressione di

filtrazione attraverso i capillari glomerulari e la velocità di filtrazione

(41)

41

glomerulare (GFR). Il processo viene definito feedback tubulo- glomerulare.

Un’ostruzione distale al parenchima renale (postrenale) è responsabile soltanto del 10% circa dei casi di oliguria in UTI.

L’ostruzione può interessare la parte più distale dei dotti collettori renali (necrosi papillare), degli ureteri (ostruzione extraluminale da massa retro peritoneale) oppure l’uretra (stenosi od ostruzione extraluminale). L’ ostruzione ureterale da calcoli non provoca oliguria, a meno che non vi sia un monorene funzionale (10).

NECROSI TUBULARE ACUTA

Quando il rene è soggetto ad una prolungata ischemia (più studi accettano maggiore di 1h), seguito poi da riperfusione, va incontro ad una necrosi molto estesa, che colpisce soprattutto i tubuli prossimali dei nefroni della midollare esterna e la zona convoluta del tubulo prossimale diviene così necrotica, questo fenomeno si è osservato su animali da esperimento (9).

Nell’uomo, numerosi studi, hanno dimostrato come il processo ischemico sia molto più esteso, determinando un coinvolgimento

Cause di oliguria acuta in UTI (10)

Alterazioni prerenali Danno renale Ostruzione postrenale

Ipovolemia Shock circolatorio Necrosi papillare Ventilazione meccanica Sepsi grave Massa retro peritoneale Cardiomiopatia Insufficienza multiorgano Stenosi uretrale Stenosi aortica Chirurgia Ipertrofia prostatica Aneurisma dissecante Farmaci e tossine

Farmaci che compromettono Mioglobinuria l’ autoregolazione renale

Mezzi di contrasto radiologici

(42)

42

anche della porzione distale del tubulo. I soggetti che vanno incontro ad una brusca e prolungata riduzione della perfusione renale, seguita da una massiva riperfusione, sviluppano necrosi tubulare acuta e mostrano ben presto i segni dell’insufficienza renale (9).

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA) EPIDEMIOLOGIA

Le prime descrizioni dell’insufficienza renale acuta risalgono al 1802, quando William Heberden, in un articolo, denominò la sindrome come “iscuria renale”. Successivamente nel 1909 prende il nome di

“disturbo acuto di Bright” e viene accuratamente descritta da William Osler come una conseguenza di agenti tossici, gravidanza, ustioni, traumi e interventi chirurgici sul rene. Preso spunto da questa definizione nel 20° secolo, fra le due guerre, prende il nome di “nefrite da guerra”. Il primo ad introdurre il concetto di insufficienza renale acuta, risalente al 1951, è Homer W. Smith che parla della patologia nel suo libro: “Struttura e funzione del rene in salute e malattia”.

Purtroppo ancora oggi non esiste una definizione biochimica univoca che incornici la sindrome ed attualmente sono presenti più di 35 definizioni, con altrettanti quadri clinici. Come è chiaro questa confusione fa oscillare la presenza di IRA in UTI da un 1 ad un 25%, con un’incidenza sulla mortalità che varia dal 15 al 60% (11).

IL CRITERIO RIFLE

Negli ultimi anni molti sono stati gli incontri volti ad ottenere

come risultato una standardizzazione, per quanto riguarda, definizione

e classificazione di insufficienza renale acuta. La necessità di

classificare la severità e il decorso clinico della malattia nasce dalla

(43)

43

consapevolezza di non poter etichettare la patologia, necessariamente, come evento finale di un decorso clinico. L’ ADQI è riuscita a puntare il dito su questo problema, fino a proporre il criterio RIFLE.

L’acronimo RIFLE identifica le cinque classi del decorso clinico della malattia, basandosi sull’indice di gravità crescente: R (Risk), I (Injury), F (Failure), in aggiunta gli ultimi due gradi L (Loss) ed E (End stage) (9).

I primi tre gradi di severità sono definiti sulla base delle

variazioni dei livelli sierici di creatinina, peraltro utilizzati nella

maggior parte degli schemi di classificazione; gli altri due stadi L ed E

si basano invece sul tempo che è perdurata la perdita della funzione

renale, L 4 settimane ed E 3 mesi. Questo criterio ha dimostrato subito

la sua facile applicabilità, la forte abilità predittiva e la validità

internistica (9).

(44)

44 DANNO RENALE ACUTO (AKI)

Il criterio RIFLE risulta importante non solo per la standardizzazione di un protocollo di classificazione, ma anche per l’elaborazione di una definizione della sindrome, che goda di meno limiti rispetto alla classica dizione di IRA. Il termine “danno renale acuto” viene proposto per far si che la visione si allarghi allo spettro intero della malattia e non solo all’evento finale, dalla più piccola variazione della funzione renale fino alla necessità di fare CRRT (9).

Quali sono i vantaggi?

1) Le sue variabili di gravità si accostano meglio al concetto di sindrome da insufficienza multiorgano, con la possibilità di quantificare l’effettivo ruolo di un rene più o meno malato nel determinismo della sindrome suddetta.

2) Ci permette di riferire variazioni della funzione renale, anche

minime, che potrebbero essere celate dal decorso di patologie in quel

momento più eclatanti (si sono osservate mediante il criterio RIFLE

variazioni durante patologie del sistema nervoso, immunitario e della

coagulazione) e la possibilità di attuare terapie tempestive e rallentare

se non arrestare la progressione della malattia (9).

(45)

45

CAPITOLO 3

MARKERS CONVENZIONALI DI FUNZIONALITA’ RENALE

L’AKI è evento molto negativo nel paziente critico di terapia intensiva e la diagnosi di questa malattia rimane associata ad un inaccettabile alto tasso di morbidità e mortalità (12). Vari studi hanno cercato di capirne le cause, riesplorando spesso i concetti base della fisiopatologia del rene. Spesso i pazienti di terapia intensiva sono costretti a degenze prolungate che sottopongono gli stessi al rischio di sviluppare fenomeni settici, fino allo shock settico ed è ampliamente dimostrata la correlazione diretta del paziente settico con lo sviluppo di forme gravi di danno renale (12).

Come è noto il paziente critico difficilmente è affetto da patologie singole, ben circoscritte; più spesso presenta compromissione di più organi vitali fino allo sviluppo della più grave sindrome da insufficienza multiorgano (MOF) con l’inevitabile interessamento della funzione renale; il paziente con danno renale è talvolta già compromesso da terapie mediche prolungate o interventi chirurgici massivi (12).

Ultimamente avvalendosi di studi effettuati su topi, si è

avanzata l’ipotesi della scarsa utilità dei markers convenzionali di

danno renale,gli studi hanno dimostrato come in effetti la diagnosi di

danno renale acuto sia attualmente, caratterizzata dalla presenza di un

intervallo importante fra l’effettivo momento dell’insulto e la diagnosi

clinica di danno. Nasce quindi la necessità di capire se è possibile

avvalersi di marcatori che siano effettivamente predittivi di danno

renale (12).

(46)

46

MARKER IDEALE DI FUNZIONALITA’ RENALE E DANNO RENALE ACUTO

Un marker ideale della funzione glomerulare e di diagnosi di AKI, per la routinaria pratica clinica dovrebbe idealmente incorporare caratteristiche fortemente operative. Dovrebbe essere endogeno, non tossico, totalmente filtrato, ne secreto ne riassorbito.

Non dovrebbe essere influenzato dai composti esogeni quali i farmaci e dovrebbe essere solubile in acqua, di facile reperimento, facilmente gestibile dalla pratica clinica, velocemente quantizzabile attraverso l’analisi dei liquidi sierici comunemente usati (sangue ed urine), deve essere sensibile alle più piccole variazioni della funzione renale e dovrebbe permettere il monitoraggio di tutto il processo patologico, facendone intuire traiettoria e percorso (necessità di RRT, durata e recupero) (12). Infine dovrebbe essere d’aiuto nell’individuare i vari sottotipi di danno renale.

La probabilità che esista un solo marker capace di esaudire tutte

queste capacità è molto bassa; in definitiva vari studi hanno permesso

di confermare che gli attuali marcatori utilizzati per la diagnosi di

danno renale, ovvero creatinina ed urea, sono solo dei surrogati, che

non godono di tutte le caratteristiche suddette, questo obbliga la

ricerca a volgere lo sguardo verso la sperimentazione di nuovi

biomarkers di funzionalità renale, che ci permettano di utilizzare i

convenzionali solo come complemento per la diagnosi e per il follow-

up del paziente critico nefropatico (12).

(47)

47

LIMITI DELLE MISURE CONVENZIONALI DI FUNZIONALITA’ RENALE

Al momento, la diagnosi di AKI si avvale delle variazioni sieriche di creatinina ed urea, poche volte anche degli altri test urinari.

Purtroppo questi markers risultano poco attendibili, hanno delle limitazioni: non riflettono realmente nel tempo le variazioni dinamiche del GFR e non si esprimono su quale sia il danno. Questi markers endogeni richiedono del tempo per accumularsi e risultare quantitativamente alterati nel sangue, questo determina un inevitabile ritardo nella diagnosi (12).

CREATININA SIERICA

La creatinina è un aminoacido composto, che deriva dalla conversione non enzimatica di creatina in creatinina-fosforica a livello del muscolo scheletrico e dal metabolismo epatico dell’acido guanidinaminoacetico. La creatinina è una molecola di 113 Da che viene rilasciata nel plasma ad una quota relativamente costante, è liberamente filtrata non viene ne riassorbita ne metabolizzata dal rene.

La clearance della creatinina è comunemente utilizzata come indicatore della GFR e la concentrazione sierica della molecola gode di una relazione inversa con la GFR stessa: se questa diminuisce, indice di una diminuzione delle funzione renale, la creatinina nel sangue aumenta e viceversa (12).

Ci sono delle limitazioni però, nell’uso della SCr come marker

della funzione renale: 1) produzione e rilascio di creatinina nel sangue

possono essere altamente variabili. Differenze nell’età, nel sesso,

nell’introduzione dietetica e nella massa muscolare posso influire

molto sulle concentrazioni basali della proteina, ugualmente questa

(48)

48

variabilità può essere determinata da stati patologici (es. rabdomiolisi) (12).

2) Studi hanno dimostrato come i farmaci possono alterare la secrezione di creatinina, determinando fenomeni di incremento, transitorio e reversibile, della creatinina sierica.

3) Elementi patologici concomitanti possono ridurre l’accuratezza con cui si rilevano i valori ematici di creatinina mostrando falsi aumenti della proteina; un esempio è la chetoacidosi diabetica, l’aumento degli acetoacetati nel sangue, disturba la misurazione di creatinina con i comuni metodi, questo fenomeno prende il nome di “reazione di Jaffe” (12).

4) Infine, come detto precedentemente, il tempo necessario affinchè la creatinina si accumuli nel sangue con valori da risultare diagnostici è molto lungo, questo ritarda il momento della diagnosi con la possibilità che si siano già instaurati processi patologici irreversibili (12).

UREA SIERICA

L’urea è una molecola di 60 Da, solubile in acqua, derivante dal

metabolismo delle proteine, viene comunemente usata come marker

sierico della ritenzione o diminuzione dei soluti uremici. Un aumento

acuto della concentrazione sierica di urea è indicativo di sviluppo

della “sindrome uremica” con ritenzione di una larga varietà di tossine

uremiche. L’accumulo di urea predispone a effetti metabolici,

biochimici e fisiopatologici avversi, poiché si incrementa lo stress

ossidativo; si ha alterazione del co-trasportatore Na + / K + / Cl - con

conseguente deregolazione del potassio e dell’acqua intracellulare ed

infine alterazioni dell’apparato immunitario (12).

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49

L’urea, come la cretinina, è legata al GFR da un rapporto inverso, se l’urea sierica aumenta vuol dire che la GFR è diminuita;

malgrado ciò l’uso di questa molecola è ancora più problematico, dato che sono numerosi gli agenti extra renali che possono modificarne la concentrazione nel sangue. La sua produzione non è costante e la sua concentrazione può variare in funzione dell’apporto dietetico di proteine, ma anche di stati critici del paziente, in seguito per esempio a trauma o a sepsi, emorragie gastrointestinali e terapie farmacologiche prolungate soprattutto a base di corticosteroidi (12).

Inoltre la clearance dell’urea non è costante: si stima che un 40-50 % dell’urea filtrata è riassorbita a livello del tubulo prossimale e distale e che in condizioni in cui si ha un notevole decremento del volume circolante di sangue, a livello del tubulo renale, aumenta il riassorbimento di Na + e H 2 O che stimola un conseguente riassorbimento di urea. Questo finisce con il sottostimare il GFR, indipendentemente da una non parallela variazione della creatinina sierica. (Il rapporto urea-creatinina sierica viene comunemente usato per definire la condizione di “azotemia prerenale” e distinguerla dal quadro dell’ “ATN”) (12). In conclusione l’urea come la creatinina è indice di funzionalità del GFR ma non è comunque attendibile, per tempi e concentrazioni, come indicatore della fase “acuta” del danno renale.

CISTATINA-C

E’ una molecola di 13 Da, endogena, inibitrice delle proteinasi

della cisteina, è sintetizzata ad una quota pressoché costante e

metabolizzata per il 99% a livello del rene, è totalmente filtrata, non

secreta ne riassorbita, si deduce come questa molecola sia un ottimo

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indicatore della GFR e della funzione renale. Purtroppo le sue piccolissime dimensoni ed il completo metabolismo a livello tubulare, non la rendono rilevabile nell’urina, perciò diversi studi stanno attualmente lavorando al completamento di formule che potrebbero esserci utili per il calcolo della sua concentrazione (12).

Inizialmente si credeva che la concentrazione della molecola fosse indipendente da età, sesso, massa muscolare o variazioni nella dieta, solo recentemente si è dimostrato che non è così.

Su uno studio randomizzato di circa 8.000 pazienti si è notato come alti livelli, sopra la norma, di cistatina-C si siano ritrovati in pazienti maschi, anziani, molto alti e di peso aumentato, con l’abitudine al fumo ed elevati livelli di proteina C reattiva; inoltre si è notato come livelli di cistatina-C alterati si ritrovino in pazienti con funzione tiroidea aumentata, trattati con terapia immunosoppressiva a base di corticosteroidi (12).

A differenza però di creatinina ed urea, la cistatina-C gode di due caratteristiche peculiari: si è osservato in alcuni studi recenti (12) che pazienti con danno renale acuto mostrano nel sangue livelli aumentati della molecola, anche del 50% rispetto ai valori basali e con un anticipo sulla creatinina di 2-3 gg; pazienti con danno renale mostrano con una certa facilità cistatina-C nelle urine, fenomeno invece assente, come precedentemente detto, nel paziente sano (12).

Queste due caratteristiche rendono facilmente intuibile come,

l’utilizzo di questa molecola come marker diagnostico, non solo

riduca i tempi di intervento sulla patologia, ma ci indirizzi anche verso

la diagnosi di un eventuale ATN.

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