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2.1 Introduzione al fenomeno idraulico : il moto uniforme

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Analisi del fenomeno idraulico

2.1 Introduzione al fenomeno idraulico : il moto uniforme

Per poter meglio comprendere il funzionamento dello scorrimento superficiale in condizioni di macroscabrezza è necessario introdurre le leggi e i modelli sui quali si è sempre basato lo studio di fenomeni assimilabili all’argomento in esame.

A differenza delle correnti in pressione nelle correnti a pelo libero possiamo definire una interfaccia, detta “superficie libera”. Questa interfaccia, che coincide poi con la linea piezometrica, gode, quindi, della possibilità di muoversi liberamente, facendo cambiare così il raggio idraulico durante le sue fluttuazioni. Tralasciando la variabilità temporale, per la quale si devono distinguere le correnti permanenti da quelle variate, una corrente a pelo libero è uniforme quando, in un dato istante, l’altezza d’acqua, la portata e la velocità media si mantengono inalterate lungo la direzione parallela al moto del corso.

Si ha quindi :

(2)

; 0

; 0

; 0

∂ =

∂ =

∂ =

x U

x Q x y

(1)

Ovvero la derivata parziale rispetto ad x dell’altezza, della portata e della velocità devono essere tutte nulle. Quando queste non sono verificate siamo in presenza del moto variato o “non uniform flow”, che può essere gradualmente, rapidamente o spazialmente variato. La condizione di uniformità viene raggiunta solamente se non varia la sua sezione trasversale: dovendosi mantenere inalterata la profondità dell’acqua, la superficie libera deve risultare parallela al fondo. In generale il moto non uniforme, provocato ad esempio dalla variazione della sezione trasversale, dal cambiamento della pendenza di fondo, dal posizionamento di una traversa, si propaga nell’alveo per una distanza, molto grande, per cui in natura è raro osservare la presenza di moto uniforme, se non nei casi di canali molto regolari per lunghi tratti, come ad esempio nei canali oggetto di studio, la cui lunghezza è in grado di contenere il tratto di moto vario, che come vedremo più avanti in condizioni di bassa sommergenza ha uno sviluppo piuttosto breve.

Le equazioni con cui descriviamo il fenomeno dello scorrimento delle correnti a pelo libero sono le classiche equazioni dell’idraulica:

- Equazione di continuità: per portata emunta o aggiunta nulla

=0

∂ +∂

t A x

Q

(2)

In cui A è l’area della sezione trasversale, Q è la portata che defluisce

nel canale.

(3)

- Equazione di Bernoulli o equazione dell’energia: introducendo le derivate parziali e per una distribuzione idrostatica delle pressioni si ha:

dx S dx

t V dx g

g y V

x z

h

− ∂

⎟⎟ =

⎜⎜ ⎞

⎛ + +

∂ 1

2

2

(3)

Posto S

0

=-z/x cioè la pendenza del canale :

t V g x V g V x S y S

H

− ∂

− ∂

− ∂

= 1

0

(4)

Poste così le precedenti condizioni (1) di moto uniforme si ha che

S

0

S

H

= (5)

Per cui la pendenza del fondo coincide con la pendenza della linea d’energia.

- Equazione della quantità di moto: Prendendo in considerazione la direzione longitudinale si ha, affinché si verifichi l’equilibrio tra la quantità di moto entrante e uscente da un certo volume di controllo e le forze che agiscono sul volume stesso:

0 )

(

1 2

2

1

P + GsenF + QVQV =

P θ

A

ρ ρ (6)

Potendo trascurare il sen(θ), essendo generalmente la pendenza ridotta, e il termine viscoso F

A

si ottiene la condizione per cui la spinta totale di monte deve eguagliare quella di valle

2 2 1

1

P QV P

QV + = ρ +

ρ (7)

(4)

A fianco a queste equazioni e al concetto di energia totale troviamo, strumento di grande utilità nello studio delle correnti a pelo libero in condizioni di moto vario, l’energia specifica, E, cioè l’energia per unità di peso riferita al fondo dell’alveo (introdotta da Bakhmeteff nel 1912)

2 2 2

2 2 gA

y Q g V

E = P + = +

γ (8)

Nel caso di alveo rettangolare, prendendo posto q=Q/w, con w larghezza del canale l’espressione dell’energia specifica assume la forma

2 2

2gy y q

E = + (9)

Grazie al concetto di energia specifica lo studio delle correnti può essere diviso in due parti :

- Curve E-y con Q=costante

- Curve y-Q con E=costante

(5)

E

y E(y) per

q=cost

Stato critico

Emin

y1 kc y2

E1=E2 energia

potenziale

U^2/2gy1 U^2/2gy1

q1=q2 kc

q E

q1=q2

y1U^2/2g U^2/2gy2

y(q) per E=cost y

fig. 2.1 curve q=cost; E=cost

Possiamo introdurre, grazie a queste due famiglie di curve, il concetto di altezza critica k, cioè l’altezza per cui una portata prefissata defluisce in un alveo con il minimo di energia specifica o l’altezza per cui, prefissata l’energia specifica, defluisce il massimo valore di portata. L’altezza critica, dopo semplici passaggi, e per sezioni rettangolari, è definibile con la seguente :

3 2

g

k = q (10)

e

k Ec

2

=3

(11)

Osservando il grafico E-y lo stato critico rappresenta una retta che suddivide il piano in due stati :

- lo stato supercritico, a sinistra della retta con numeri di Froude

maggiori dell’unità

(6)

- lo stato subcritico con numeri di Froude minori dell’unità

Come già osservato in precedenza, una qualsiasi sezione singolare produce una alterazione spaziale per cui il moto non si mantiene più uniforme e le tre pendenze, energia, pelo libero e alveo, perdono la condizione di parallelismo sopraccitata. La superficie libera viene così ad assumere una forma che, nel caso di correnti gradualmente variate, viene nominato curva o profilo di rigurgito. A differenza delle correnti rapidamente variate, che non interessano l’oggetto del nostro studio, quelle gradualmente variate hanno un meccanismo dissipativo simile alle correnti in moto uniforme, per cui si può assumere la perdita unitaria S

H

pari a quella che si avrebbe in regime di moto uniforme con la stessa portata e profondità effettiva del moto vario. Per dedurre le equazioni di equilibrio dinamico del moto vario possiamo, in termini finiti, studiare l’energia tra due sezioni (vedi fig. 2.2):

Fig. 2.2 sezione di controllo

g H z V

g y z V

y + + = + + + Δ

2 2

2 2 2 2 2 1 1

1

(12)

(7)

Posti ΔH=S

H

Δx e z

1

-z

2

=S

0

Δx, si ha, con rapidi passaggi :

( S S ) x E

E

2

1

=

0

H

Δ (13)

In termini differenziali, facendo tendere il termine Δx→0

(

S SH

dx

dE = 0

) (14)

Con E definito da (9).

In definitiva, noto che Fr

2

=Q

2

B

Bs

/gA , si ottiene l’equazione differenziale del pelo libero :

3

2 0

1 Fr S S dx

dy

H

= − (15)

Che per sezioni rettangolari larghissime può essere riscritta in termini di altezza di moto uniforme y

u

e k altezza critica:

( )

( )

3

3

0

1 /

/ 1

k y

y S y

dx

dy

u

= − (16)

La (14) e la (16) permettono, l’una in termini quantitativi attraverso un

processo iterativo, e l’altra in termini qualitativi, di tracciare il profilo di

rigurgito, fino al raggiungimento del moto uniforme. Il profilo di rigurgito che

si incontra solitamente nelle rampe in pietrame, partendo dall’incile della

rampa, dove si ha il cambio di pendenza, e dove si ha la formazione dell’altezza

critica, fino al raggiungimento delle condizioni di moto uniforme, per rampe

adeguatamente lunghe, e poi alla formazione del risalto idraulico quando

(8)

l’alveo riprende una pendenza minore, è del tipo S2, cioè una corrente veloce gradualmente accelerata in alveo a forte pendenza in regime supercritico.

Le condizioni di scorrimento in moto uniforme sono oggetto di studio da molti anni in idraulica, per cui la letteratura è gremita di espressioni che descrivono questo fenomeno. Originariamente per giustificare le relazioni empiriche che sono state proposte per legare le grandezze fisiche in gioco, si fa riferimento al volume di controllo sul quale applichiamo poi il teorema della quantità di moto.

Fig. 2.3 volume di controllo

Le spinte a monte e a valle del volume sono uguali tra loro, per cui, facendo l’equilibrio in direzione della corrente, è sufficiente eguagliare la componente della forza peso con le tensioni tangenziali che si esplicano lungo il contorno bagnato C:

CL ALS

Gsen ( θ ) = γ

0

= τ (17)

Per cui l’azione tangenziale media risulta pari a

( A / C ) S

0

γ RS

0

γ

τ = = (18)

(9)

In condizioni di moto puramente turbolento (secondo l’ipotesi introdotta da Chezy) si che le perdite di carico e quindi le tensioni tangenziali sono proporzionali a V

2

per cui avremo che :

/ K RS

0

V = γ (19)

Da questa prima considerazione teorica si ottengono le seguenti formule:

- Formula di Chezy:

RS

0

V = χ (20)

Con χ in [L

1/2

T

-1

], coefficiente di scabrezza di Chezy.

- Formula di Manning

2 / 1 3 0 /

1 R2 S

V =n

(21)

In cui n è il termine rappresentativo della scabrezza

- Formula di Darcy-Weisbach

g V R S

h

f

2 4

=

2

(22)

Dove il termine f rappresenta il termine di scabrezza, la cui espressione può

essere legata, come vedremo in seguito, a considerazioni di carattere teorico

sui profili di velocità.

(10)

Tra le tre differenti espressioni esiste una relazione di uguaglianza per cui, in termini dimensionali, si ha che :

g n R f g

6 /

8 = χ =

1

(23)

Come vedremo in seguito la definizione dei tre coefficienti è legata, attraverso formulazioni empiriche, alle caratteristiche geometriche dell’alveo, del materiale di cui è costituito e del raggio idraulico. Questi coefficienti vengono solitamente espressi in forma tabellare o con espressioni empiriche (come, ad esempio, le formule di Bazin e Kutter per esprimere il coefficiente di Chezy). È possibile, però, arrivare ad una formulazione teorica del coefficiente di scabrezza, mediante l’integrazione del profilo di velocità di una corrente bidimensionale.

2.1.1 Il coefficiente di Darcy-Weisbach : “mixing length theory”

Definiamo, inizialmente, le tensioni tangenziali per una corrente laminare: come noto dall’espressione della viscosità di Newton le tensioni tangenziali sono proporzionali al gradiente di velocità tra uno strato in moto laminare e l’altro:

dy ρν du

τ

ν

= (24)

In cui r è la densità del fluido e u la sua viscosità cinematica, mentre u è la

velocità alla quota y rispetto al fondo e y la direzione normale alla velocità.

(11)

A differenza del moto laminare le particelle, nel regime turbolento, si muovono sia in direzione x che ortogonalmente, determinando un continuo mescolamento delle particelle.

Definiamo : ' u u

u = + la velocità istantanea in direzione x, composta da una velocità media u e dalle fluttuazioni istantanea rispetto alla media u’;

' w w

w = + la velocità istantanea in direzione y, composta da una velocità media w e dalle fluttuazioni istantanea rispetto alla media w’;

Prandtl, nel 1925, attraverso l’analogia con i gas, introdusse il concetto di mixing-length, per il quale, a causa dello scambio della quantità di moto tra una porzione di fluido e l’altro dovuta alle velocità u e w, possiamo definire le tensioni tangenziali derivanti da questo fenomeno.

Fig. 2.4 tensioni tangenziali

Attraverso le equazioni di Naveir-Stokes possiamo definire le tensioni tangenziali

' w '

t

ρ u

τ = − (25)

(12)

Secondo lo schema di figura 2.4, la particella che va dallo strato uno più veloce allo strato due più lento, dovendo quindi rallentare e trasferendo così la sua quantità di moto che viene equilibrata dal fluido generando le tensioni tangenziali. Quindi le fluttuazioni istantanee per andare dallo stato più veloce al più lento sono :

dy l du u u '

u =

1

2

=

m

(26)

Assumendo che le velocità istantanee nelle due direzioni abbiano la stessa norma si ha :

dy l du '

w = −

m

(27) Dove il segno negativo esprime il movimento verso il basso, opposto al sistema di riferimento.

Il valore delle tensioni tangenziali sarà dunque pari a :

2 m2

t

dy

l du '

w '

u ⎟⎟

⎜⎜ ⎞

= ⎛

= ρ ρ

τ (28)

Definendo la viscosità cinematica turbolenta come :

dy l

m2

du

ε = (29)

Si ottiene una espressione delle tensioni tangenziali turbolente simile, nella forma, a quelle viscose :

dy du

t

ρε

τ = (30)

Permettendoci così di definire le tensioni totali :

dy du dy

du

t

ρν ρε

τ τ

τ =

ν

+ = + (31)

Assumendo così il moto uniforme e effettuando l’equilibrio delle forze su un

volume di controllo Δ si ottiene :

X

(13)

fig. 2.5 volume di controllo

o z

Δ x ρ g ( h y ) Δ x sin β ρ g ( h y ) Δ xS

τ = − = − (32)

Che porta a :

o z

= ρ g ( hy ) S

τ (33)

Dove S

o

è la pendenza del fondo. Le tensioni tangenziale del fondo (z=0)

τ

b

= ρ ghS

o

(34) In seguito viene definita la velocità di attrito, pari a :

b gRSo

*

u = =

ρ

τ (35)

indica la velocità del fluido in m/s, quando questo è molto prossimo al fondo.

Liu, effettuando una divisione tra gli strati che compongono il fluido, definisce quattro zone :

- zona viscosa (viscous subleyer), in cui le tensioni tangenziali sono solo viscose e coincidono con le tensioni del fondo τ

b

;

- zona di transizione (transitino layer), in cui le tensioni tangenziali

coincidono con quelle del fondo ma sono date dalla somma di quelle

viscose e di quelle dovuta al moto turbolento;

(14)

- zona turbolenta (turbolent logarithmic layer e turbolent outer layer) , in cui, fino al zona di moto turbolento che si interfaccia con l’atmosfera, le tensioni viscose sono trascurabili e le tensioni turbolente continuano a coincidere con quelle del fondo

fig. 2.6 distribuzione delle velocità

Quindi basandosi sullo studio della zona turbolenta, Prandtl introduce una funzione della lunghezza di mescolamento per cui :

y

* k

l

m

= (36)

In cui k è la costante di Van Karman pari a 0.4

Introducendo l’ipotesi di Prandtl nella zona di moto turbolento completamente

sviluppato si ottiene:

(15)

⎟⎟ ⎠

⎜⎜ ⎞

= ⎛

=

=

=

=

0 m

b

y ln y k * 1

* u

) y ( u

y .

* dy k 1

* u du

dy ky du

* u

dy l du

*

u ρ

τ

(37)

Avendo posto la condizione al contorno u ( y

0

) = . 0

Ottenendo così la legge logaritmica della velocità le cui costanti possono essere determinate sperimentalmente. Ad esempio gli studi condotti da Nikuradse hanno portato a definire il valore di y

0

in funzione del regime di moto della corrente :

⎪ ⎪

⎪ ⎪

≤ +

=

ransizione t

; k 70

* 5 u k 033 . u 0 11 . 0

scabra ente

idraulicam corrente

; k 70

* k u

033 . 0

liscia ente idraulicam corrente

ν 5;

k

* u 11 u

. 0

z

s s

* s s

s

*

0

ν ν

ν ν

(38)

Con k

s

(o anche ε) scabrezza caratteristica del fondo.

In più, nel caso di una corrente idraulicamente liscia, abbiamo una zona

viscose in cui la legge di distribuzione non è più quella logaritmica. Infatti le

tensioni tangenziali sono :

(16)

dy

b

du τ ρν

τ

ν

= = (39)

Assunta la velocità nulla per y=0

u y y )

z (

u

*2

b

ν ν

ρ τ

=

= (40)

Per cui otteniamo una legge lineare. Lo spessore dello strato viscose può essere determinato imponendo che la velocità del substrato viscoso sia pari a quella nella zona turbolenta, cioè eguagliando le due espressioni per z = δ

ν

. Si ottiene così che :

u*

6 . 11

ν

δ

ν =

(41)

Attraverso l’integrazione della legge logaritmica possiamo definire, così, la velocità media U, che ci permetterà in seguito di definire la legge di resistenza al moto attraverso il coefficiente di Darcy-Weisbach :

) y / h u ln(

h 1 z y ) ln( h u

dy y ) ln( y h u

dy ) y ( h u U 1

* 0

0 0

* h

y 0

* h y

0 0

κ κ κ

⎥ =

⎢ ⎤

⎡ − +

=

=

=

=

=

(42)

(17)

Ed essendo

ρ τ

b

*

u =

(43)

e

0

b

gRS

U U

* u

U = =

ρ

τ (44)

Si ha che, per la (22)

) y / h k ln(

1 f 8 gRS

U

0 h

=

= (45)

Sulla base di queste considerazioni teoriche, studi sperimentali condotti da Nikuradse hanno portato successivamente alla definizione di due leggi logaritmiche per i tubi lisci e quelli scabri :

Assunto, basandosi sulla espressione (37), che per i tubi lisci y

0

è proporzionale a u /u* si ottiene :

* B u ln y

* A u

) y (

u ⎟+

⎜ ⎞

⋅ ⎛

=

ν

(46)

Determinando le due costanti A e B sperimentalmente si ottiene :

5 .

* 5 u log y 75 .

* 5 u

) y (

u ⎟+

⎜ ⎞

⋅ ⎛

=

ν

(47)

(18)

Dove con rapidi passaggi ci si accorge che al valore di 5.75 corrisponde la costate di Van Karman introdotta in (37).

Integrando come in (42) l’espressione così ottenuta si ottiene, per tubi circolari,

dr ru 2 4 D U 1

D/2

0 2

= π

π (48)

Sostituendo la (47) in (48) si ottiene:

75 . 2 1

D

* log u 75 . 5

U ⎟+

⎜ ⎞

= ⎛

υ (49)

Sostituendo nell’equazione di Darcy-Weisbach la velocità così ottenuta si ha:

⎟⎟

⎜⎜

− ⎛

⎟=

⎜⎜

= ⎛

= Re f

51 . log 2 51 2

. 2 VD f log f 2

1 8

* u

U

υ (48)

Allo stesso modo per quelli scabri si ha che y

0

è proporzionale a ε e si otterrà :

(

y/

)

8.5

log 75 .

* 5 u

) y (

u = ⋅

ε

+

(49)

Con velocità media pari a

75 . k 1 2 log D 75 . 5

U ⎟+

⎜ ⎞

= ⎛

(50)

E finalmente :

⎟⎠

⎜ ⎞

⋅ ⎛

= 2 log 3.71*D f

1

ε

(51)

(19)

In cui Re, ε, e D sono rispettivamente il numero di Reynolds, la scabrezza e la profondità idraulica.

La sovrapposizione delle due fornisce la legge di Colebrook-White:

⎟⎟

⎜⎜

+ ⋅

⋅ ⋅

= Re f 3.71 D

51 . log 2 f 2

1

ε

(52)

attraverso la quale viene così definito l’abaco di Moody

Per le correnti a pelo libero la (52) può essere riscritta nella forma :

⎟⎟

⎜⎜

+ ⋅

⋅ ⋅

= 14.8 R

k f

Re 51 . log 2 f 2

1 S

(53)

In cui al posto del diametro viene posto il raggio idraulico R (ricordando che R=4D) e che anche il numero di Reynolds è affetto da questa correzione.

Di basilare importanza per il proseguo dello studio del fenomeno è la definizione della scabrezza k

s

, soprattutto nelle correnti in condizioni di macroscabrezza.

2.1.2 Lo scorrimento in condizioni differenti dalla microscabrezza

Partendo da queste considerazioni di carattere generale esaminiamo come è stato studiato il fenomeno dello scorrimento in condizioni di macroscabrezza.

Bathurst (1981), sulla base di studi sperimentali, per gli alvei naturali o i

canali artificiali, distingue tre differenti comportamenti sulla base del rapporto

(20)

di sommergenza relativa , in cui h è l’altezza del pelo libero dal fondo e è il diametro relativo alla percentuale xx della curva granulometria del materiale studiato, di solito il 50% o l’84%, proporzionale, come definito in precedenza, alla scabrezza caratteristica k

d

xx

h /

d

xx

s

. Si quindi per :

- h / d

84

1 . 2 lo stato denominato di macroscabrezza;

- 1 . 2 < h / d

84

< 4 il regime di transizione; (54)

- 4h / d

84

osserviamo fenomeni in condizioni di microscabrezza.

Questa classificazione non tiene però conto dell’orientamento rispetto alla direzione della corrente, la disposizione planimetrica e la sporgenza rispetto al fondo dell’alveo. Rouse (1968) ha classificato quattro componenti nella valutazione della resistenza del moto:

1) resistenza imputabile alla natura della superficie a contatto con la corrente (surface o skin friction);

2) resistenza dovuta alla forma degli elementi di scabrezza (form o drag resistance);

3) resistenza imputabile ai disturbi in corrispondenza della superficie libera (wave resistance);

4) resistenza associata ad accelerazioni locali o al carattere non stazionario della corrente.

Secondo Ferro e seguendo la classificazione proposta la resistenza può essere espressa dal legame funzionale :

⎟ ⎠

⎜ ⎞

= ⎛

s

, , N

nu

, U

ns

R

, k Fr Re,

f Φ η (55)

(21)

In cui oltre ai termini di Froude, Reynold e di sommergenza relativi già visti si hanno :

- η parametro che sintetizza la froma geometrica dell’alveo;

- U

ns

indica la non stazionarietà della corrente;

- N

nu

indice di non unformità plano altimetrica.

Chiaramente in presenza di alvei in ghiaia si presenta la necessità di fornire ulteriori indicazioni che descrivano il comportamento in presenza di elementi grossolani (boulders), come percentuale di ricoprimento, disposizione e spaziatura.

Herbich e Shulits (1964) tentano di definire i parametri che influenzano il comportamento resistivo delle correnti, definendo un paramentro θ, rappresentativo della scabrezza. Con questo parametro correlano la sezione trasversale degli elementi che influenzano la corrente con l’area orizzontale del canale. Attraverso l’uso di cubetti di con diverse disposizioni e distanze, stabiliscono un legame funzionale tra :

Φ ( Re, Fr , θ )

f 8 g n R

1 6

/

1

= = (56)

e, osservando che :

0 6

/ 1

S Fr f

8 g n

R = = (57)

Escludono dalla loro relazione la presenza del numero di Froude, per cui :

(22)

Φ ( Re, θ )

f 8 g n R

2 6

/

1

= = (57)

Arrivano, quindi, a definire dei grafici in cui θ è funzione della disposizione del numero degli elementi e osservando che le dissipazioni di energia avvengono attraverso l’esplicarsi di due fenomeni : una dovuta ai getti che si formano tra i blocchi e che colpiscono la superficie verticale di quelli a valle e l’altra legata ai vortici generati dalla presenza dei blocchi stessi. Quando, quindi, la concentrazione dei blocchi è alta è predominante la dissipazione legata ai getti incanalati, mentre, per basse concentrazioni la dissipazione è dovuta più ai vortici. Quindi ogni elemento è una sorgente di formazione dei vortici e sono presenti due classi di vortici: uno ad asse verticale e uno ad asse orizzontale (fig. 2.7).

fig. 2.7 formazione di vortici dovuti alla macroscabrezza

Quindi, per elevate concentrazioni ogni cubetto produce una scia vorticosa che

interferendo con il successivo, influisce sulla resistenza dell’elemento stesso. A

(23)

basse concentrazioni, invece, la dissipazione è prodotta dalla configurazione dei blocchi.

Kamphuis (1974) definisce la scabrezza k

s

per gli alvei a fondo granulare pari a 2*d

90

, con d

90

il diametro che lascia passare il 90% del materiale.

Successivamente Byazit (1975) , basandosi su (39), (47), (49) e definendo il fondo teorico come il piano posto al di sotto delle semisfere di una distanza pari a 0.35*D, con D il diametro delle semisfere, e sulla successiva integrazione della (39) con le condizioni al contorno derivanti dalle esperienze sperimentali, giunge ad una legge del tipo.:

74 . k 0 ln d 85 . f 0

1 ⎟+

⎜ ⎞

⋅ ⎛

=

(58)

Con k il raggio delle semisfere e una scabrezza k

s

=2.5*k. Per valori bassi di sommergenza (k

s

/d>0.3), Rouse pone attenzione sul fatto che il moto non sia uniforme, mentre Byazit, per poter studiare il fenomeno, introduce il concetto di “quasi-uniform flow”, per il quale è giustificabile l’uso della legge logaritmica per descrivere il fenomeno.

Hey (1979) considerando la forma dell’alveo e la non omogenea distribuzione dei sedimenti, definisce, sempre basandosi sull’espressione di Nikuradse, il coefficiente di Darcy-Weisbach come :

74 . D 0

5 . 3

' ln aR 03 . f 2 1

65

⎟⎟ +

⎜⎜ ⎞

⋅ ⎛

= (59)

Con 11.1<a<13.46, funzione della forma dell’alveo R’ il raggio idraulico

modificato per tenere conto della differenza di scabrezza tra il banco di

sedimenti e del letto, in pratica posto uguale al raggio idraulico. Hey nota come

l’errore rilevato nelle sezioni dove si verifica la corrente veloce non è più del

(24)

30%, mentre nelle sezioni in cui la corrente è subcritica arriva anche al 150%

causa del “backwater effect”.

Volendo comprendere la validità dell’espressione proposta da Hey, Bathurst (1978-1981-1985) pone l’attenzione sullo studio di fiumi montani e canali artificiali in cui la pendenza superava 1% (limite massimo dei dati rilevati da Hey). Introduce così un campo di validità del numero di Reynolds Re per cui per:

4

Ud

50

2 x 10

5

10

x

3 ≤ ≤

ν (60)

si ha il regime di transizione e il numero di Reynolds, così calcolato, influisce sul comportamento idraulico e sul substrato viscoso; mentre, per valori maggiori dell’intervallo indicato in (60), il numero di Reynolds può essere trascurato. In secondo luogo prende in considerazione l’influenza del numero di Froude, influenzato anche dalla pendenza, che non influisce direttamente sulla resistenza, per il quale, all’aumentare del numero di Fr il coefficiente f diminuisce, fenomeno legato soprattutto all’interazione tra la superficie liquida e il materiale costituente l’alveo. All’aumentare del Fr, infatti, l’altezza liquida diminuisce e questa si avvicina al fondo, determinando così un maggior disturbo della corrente e una formazione maggiore di vortici e di getti liquidi sopra i massi più sporgenti. A dimostrazione dell’interazione tra la superficie liquida e il fondo dell’alveo, viene citata anche la forma del profilo di velocità, che lungi dall’essere di forma semilogaitmica, prende l’aspetto denominato ad

“S” o “S-shaped” (Jarret 1983) in presenza di torrenti con pendenze elevate

(>0.4%), che presentano valori di velocità in prossimità della superficie molto

elevati. Secondo osservazioni condotte dall’autore stesso e da Byazit, i valori

misurati di 8 / f sono maggiori rispetto a quelli deducibili applicando

l’espressione adottata da Hey, appunto per le elevate velocità raggiunte nella

zona superiore del profilo di velocità. Sempre dalle osservazioni condotte su

(25)

canali artificiali e su fiumi montani, l’autore osserva come le variazioni “in- situ” siano maggiori nei fiumi che nei canali artificiali, grazie alla maggiori regolarità granulometria e spaziale di questi ultimi

Finisce, così, col fornire una equazione che medi i dati sperimentali rilevati :

d 4 log h 62 . f 5 1

84

⎟⎟ +

⎜⎜ ⎞

⋅ ⎛

= (61)

Grazie alla quale riesce a correggere l’espressione di Hey per i dati di bassa sommergenza.

Per tenere conto dell’influenza derivante dalla disuniformità del materiale,del numero di Froude e del parametro di mobilità dei sedimenti Y, gli sforzi fatti da Copertino, Colosimo e Veltri (1988), utilizzando i dati delle fiumare calabre, sono diretti all’individuazione di una espressione analitica basata sul legame funzionale :

( R / d , , , , Fr , Y )

f = Φ

xx

φ ψ ξ (62)

In cui, oltre ai già noti, φ e ψ sono parametri che tengono conto della forma della curva granulometrica e della forma della sezione, ξ considera la sinuosità della corrente.

È importante notare come, basandosi sulle esperienze di Graf (1984), Peterson (1960), Rouse (1963) e Rouse at.al. (1965), venga posta una condizione di massimo del numero di Froude, altre il quale gli effetti di instabilità del fluido e della formazione di “rolls waves” non sono più trascurabili al fine della comprensione del fenomeno idraulico.

La teoria da loro proposta introduce così, oltre al coefficiente M che tiene conto

della “forma della curva granulometria” il numero di Fr all’interno delle loro

espressioni, nonché il rapporto il coefficiente di mobilità e il coefficiente di

mobilità critico Y/Y

C

:

(26)

( 2 . 54 Fr 1 . 65 ) ( 0 . 75 0 . 68 Y / Yc Md

log h 03 ..

f 2 1

84

u

⎟⎟ ⎠ + − + −

⎜⎜ ⎞

= ⎛ α ) (63)

Sulla base delle indicazioni fornite da Cliffrod (1992) e da Lawrence (1997) Ferro (1997,1999,2003) osserva la necessità di uno studio più attento della presenza di elementi ”grossolani” rispetto alla granulometria dei sedimenti, la cui influenza viene può essere studiata o osservando le modificazioni nella curva granulometrica (vedi fig. 2.8.) o tramite la definizione della percentuale di ricoprimento G definita come :

N % N

max

Γ

=

(63)

Dove N è il numero di elementi grossolani (boulders) che ricoprono l’alveo e N

max

è il numero massimo di elementi che possono ricoprire il letto, espresso in percentuale.

fig. 2.8 variazione della curva granulometrica

(27)

Infatti secondo Ferro e come già descritto precedentemente da Herbich e Shuits, la presenza degli elementi più sporgenti è in grado di generare vortici, che, in funzione del grado di ricoprimento e della loro disposizione, influenzano la resistenza allo scorrimento. Per tener conto della disposizione degli elementi viene introdotta (Clifford 1992) la funzione variogramma γ , che poi Ferro dimostrerà (1999) essere dipendente unicamente dal numero di Boulders presenti e non dalla loro distanza o dalla loro disposizione :

( )

C 84

0

Y

80 Y . d 5

9 h . 18 45 . 2 f b

1 ⎟⎟ −

⎜⎜ ⎞

⎝ + ⎛ +

= α (64)

In cui α è una funzione di G e E, con E definito come segue:

50 50

d

E = D (65)

E dove D

50

e d

50

sono rispettivamente il diametro medio dei boulders e quello medio del materiale costituente il materasso alluvionale, mentre il rapporto Y/Y

C

è definito da :

(

W W Wo

) d

50

Y hS

γ γ

γ

= − (66)

e

2

50

C max 0.6

d 8 . 1

d 4 . 056 0 . 0 Y

⎥⎥

⎥⎥

⎢⎢

⎢⎢

+

=

(67)

(28)

Con ovvio significato dei simboli.

È importante sottolineare come Ferro (1999) dimostri l’auotocorrelazione che si presenta tra il numero di Froude e il rapporto Y/Y

C

, ragion per la quale la presenza di una delle due variabili escluda necessariamente l’altra se non si vuole intercorrere in una autocorrelazione.

Un’latra osservazione su cui è bene focalizzare l’attenzione è il continuo utilizzo della forma semilogaritmica per esprimere il coefficiente di scabrezza, sia nel caso dei corsi montani sia che in quello di canali artificiali: Bathusrt (2002), suggerisce, però che nel caso di corsi montani la relazione semilogaritmica sia teoricamente irrilevante, a causa dell’interazione, per bassi valori di sommergenza, tra la superficie liquida e i massi più sporgenti, proponendo quindi l’uso di una legge a potenza. Osserva, invece, come negli studi effettuati nei canali artificiali, questa circostanza sia meno rilevante, per cui l’utilizzo di una legge di tipo logaritmico sia ancora possibile

Anche Ferro (2003), seguendo le indicazioni fornite da Lawrence (1997) vuole

verificare la validità di una formulazione basata sulla teoria del “mixing

length” e che chiama MML (“modified mixing length”) e un modello “quasi

teorico” basato sull’analisi dimensionale. Quindi Lawrence identifica tre

comportamenti differenti tra :

(29)

fig. 2.9 Regimi di sommersione

- Completamente sommerso : Λ=d/k>>1;

- Marginalmente sommerso : Λ=d/k y 1;

- Parzialmente sommerso : Λ=d/k<1

In cui d è l’altezza del pelo libero, riferita però al fondo del canale e k è l’altezza caratteristica del materiale.

Nel primo caso la relazione fornita è :

( ) Λ

ln 803 . 0 64 . f 1

1 = + (68)

(30)

Cioè si basa sulla teoria del Mixing length di Prandtl.

Nel secondo regime, osservando che l’altezza del pelo libero è prossimo al materiale di fondo e che quindi il comportamento può essere assimilato a quello che si presenta nel substrato laminare della teoria del ”mixing length”, la lunghezza di mescolamento è posta uguale a (36), per cui l’espressione del coefficiente di scabrezza diviene:

10

2

f = Λ

(69)

Mentre per l’ultimo caso viene introdotto il modello teorico del coefficiente di resistenza (“drug coefficient” C

d

), imputando la resistenza al moto alla presenza dei singoli elementi grossolani: (Phelps 1975).

Essendo, infatti, la forza sul agente sul singolo elemento :

2 F d

d V A

2 C 1

F

ρ (70)

Dove A

F

è l’area su cui impatta la corrente. In termini di scabrezza si ottiene, considerando l’elemento semisferico, :

= ⎢⎣ ⎥⎦ k

;d MIN 4 C 8P

f d

π

π (71)

Dove

P

è la percentuale di ricoprimento dell’alveo.

È importante rimarcare come per Ferro l’altezza media sia quella presa considerando uno strato di spessore costante avente lo stesso volume del materiale di fondo. Quindi i migliori risultati sono ottenuti introducendo un modello quasi teorico basato sull’analisi dimensionale. Quindi si ha :

2 1

0 b

b

84

b Fr

d 10 h

f ⎟⎟⎠

⎜⎜ ⎞

= ⎛

(71)

(31)

Dove si può notare ancora una volta come venga introdotta l’influenza del numero di Froude. I coefficienti b

0

,b

1

e b

2

vengono invece ricavati attraverso regressioni lineari basate sui dati raccolti e sono funzione dei rapporti dimensionali G e E già definiti in precedenza.

2.2 Variabili del Fenomeno

Sulla base delle esperienze degli altri autori, è necessario,quindi, introdurre le variabili, sia quelle riguardanti il materiale, che il regime idraulico, che influenzano in qualche modo le caratteristiche della corrente e che sono state prese a riferimento nell’analisi dei dati sperimentali. Infatti, come dimostrato precedentemente, una corretta caratterizzazione del materiale costituente la rampa, nonché delle principali caratteristiche della corrente, è necessaria per comprendere appieno il fenomeno idraulico e ciò che ne può influenzare il comportamento. Abbiamo così tre categorie principali :

Materiale di base

- peso specifico;

- porosità totale ed indice dei vuoti;

- diametri caratteristici;

- uniformità del materiale;

- sfericità;

- percentuale di ricoprimento;

- rapporto tra elementi grossolani e materiale di base.

Fluido

(32)

- densità del fluido;

- viscosità cinematica;

Corrente

- N° di Reynolds;

- N° di Froude;

- Raggio idraulico;

- Sommergenza relativa

Nei paragrafi successivi vedremo nel dettaglio ogni grandezza caratteristica

2.2.1 Caratteristiche del materiale

• Peso specifico

Si definisce la grandezza peso specifico di una certa sostanza o materiale il peso della medesima diviso per il suo volume di volume. Viene definito come :

V

= p γ

e si misura, essendo il peso la forza con cui la Terra attira a sé le masse, in N/m³ .

Poiché la forza peso è data dalla nota formula : p = mg dove g è l'accelerazione di gravità (circa 9,8 m/s² ), avremo :

V ρ g

γ = (72)

(33)

• Porosità

La porosità n è la proprietà delle rocce incoerenti di contenere spazi vuoti tra gli elementi solidi che la compongono.

La porosità inoltra dipende in maniera molto complessa dalla forma, disposizione, diametro, uniformità degli elementi componenti il “filtro”.

Riferiamoci ad una volume totale di mezzo poroso V e sono definibili i parametri:

volume della parte solida V

s

volume degli spazi interstiziali V

v

= V - V

s

volume della fase acquosa V

a

( < V

v

)

fatta questa premessa possiamo definire la porosità come il rapporto tra il volume degli spazi interstiziali ( volume dei vuoti ) ed il volume totale, in formula otteniamo:

V

n = Vv ( n < 1 ) (73)

Speso si fa riferimento anche all’ indice dei vuoti e definito come:

s v

V

e = V (74)

Tra la porosità e l’indice dei vuoti si hanno le seguenti relazioni:

e 1 n e

= +

n 1 e n

= − (75)

• Diametri caratteristici

Per diametri caratteristici intendiamo la misura geometrica del materiale, cioè

la grandezza effettiva del granulo.

(34)

I diametri caratteristici più importanti sono: d

10

, d

16

, d

50

, d

84

, d

m

e il d

eq

essi derivano dalla curva granulometrica del materiale. Il d

m

è definito come la media delle tre dimensioni del granulo:

3 d d

d

m

= d

1

+

2

+

3

(76)

dove d

1

, d

2

, d

3

sono le tre dimensioni del granulo.

Il diametro equivalente viene definito come il diametro della sfera (con lo stesso peso specifico del granello) che decanta con la stessa velocità del granello.

Il diametro definito è stato ottenuto misurando le tre dimensioni dell’elemento rapportandolo ad una sfera, come da definizione, e calcolando il volume di un ellissoide equivalente, dal quale è stato poi possibile ricavare il diametro. Il diametro equivalente infine, è stato correlato con la percentuale in peso di ogni singolo elemento sul peso totale.

• Uniformità del materiale

L’ uniformità del materiale è caratterizzata da due espressioni:

10 60

d

U = d formula di Hazen (77)

Il d

60

e il d

10

sono i diametri pari al 60% e 10 % della curva granulometrica.

• σ = d

84

/ d

16

(78)

Tanto più il coefficiente si avvicina a 1, tanto più il materiale risulta

omogeneo.

(35)

Il d

84

e il d

16

sono i diametri pari al 84% e 16 % della curva granulometrica.

• Sfericità

La sfericità S

f

indica la forma dei materiali. Il concetto originale di sfericità secondo Wadell ( 1932 ) è :

Sfericità vera =

sfera granulo

A

A (80)

dove:

• A

granulo

è l’area della superficiale del granulo

• A

sfera

e l’area superficiale della sfera di uguale volume

In pratica la misura della sfericità di un granulo irregolare non è attuabile e Wadell ( 1933 ) ha proposto un operazione pratica che si può così esprimere.

Sfericità operativa =

3

sfera granulo

V

V (81)

dove :

• V

granulo

è il volume del granulo

• V

sfera

è il volume della sfera circoscritta

Questa equazione è divenuta basilare per moltissime misure di sfericità.

Wadell ha sviluppato un metodo per calcolare il rapporto tra i volumi ( immergendo il granulo in acqua misurando la variazione di volume e rapportandolo ad una sfera di eguale diametro d), ed è arrivato alla seguente relazione :

Sfericità operativa = a d

cioè la sfericità del granulo è uguale al rapporto tra il diametro equivalente (

d ) e intercetta maggiore ( a ) del granulo.

(36)

Nel 1935 Zingg ha dimostrato che il rapporto tra intercetta intermedia e maggiore ( b/a) di granulo, si riporta in funzione del rapporto tra intercetta minore e media ( c/b); il granulo può essere classificato a questo punto in base alla sua forma. In merito a questo Zingg ha costruito un grafico che illustra la sua classificazione. Ciascun asse del diagramma cartesiano è diviso in due parti in corrispondenza di un valore ( 0,68 ) che separa il grafico in quadranti, caratterizzato ognuno da una particolare classe di forma ( figura 3.2). L’

equazione derivante da questi due rapporti si può rappresentare con una serie di curve sul reticolo grafico di Zingg, in modo da ottenere linee di eguale sfericità operativa ( detta sfericità delle intercette ), come mostrato dal grafico di figura 3.3.

a=d

s

a<b<c

c=d

L

b=d

i

figura 2.10 dimensioni dei granuli figura 2.11 diagramma di Zingg ( 1935 )

(37)

Forma Forma D Discoidale o Biassiale B Lamellare o Triassiale

S Sferica o Equiassiale R Allungata o Uniassiale

tabella 2.1 classificazione in base al diagramma di Zingg

Sfericità campione - Criterio di Zingg

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

c/b b/a

0.3 0.5

0.7 0.9

figura 2.12 curve di Zingg (1935)

• Percentuale di rivestimento

La percentuale di rivestimento, gia introdotta nel $2.1.2, esprime la presenza

di elementi grossolani (Boulders). La presenza del materiale, in superficie, di

dimensioni maggiori è dovuta nei corsi montani al fenomeno dell’”armoring”,

per il quale l’energia della corrente spazza i sedimenti più fini che rimangono

negli strati meno superficiali, lasciando così solo elementi di dimensioni

maggiori. In $1.2, invece, viene posta l’attenzione sulla necessità di

intervenire sulla resistenza delle rampe in pietrame con boulders, cioè

elementi le cui dimensioni maggiori sono in grado di resistere meglio all’azione

della corrente, offrendo così una maggior protezione dello strato di basse della

(38)

rampa. Quindi, con lo scopo di studiare il comportamento della corrente in presenza di questi elementi, ci si rifà alla definizioni dedotte in $4.1.2. relative ai corsi montani. Quindi definiamo la percentuale di rivestimento G come (Pyle e Novak, Ferro, Ferro e Giordano, Pagliata e Chiavaccini) :

wL 4 n d A n A

2 b tot

b

π

Γ

= =

(82)

cui n è il numero di elementi presenti sulla superficie A

tot

della rampa e d

b

è

• Rapporto tra il materiale di fondo e i boulders

nche in questo caso si tratta di un parametro dimensionale che definisce il

In

il diametro del singolo boulders.

A

rapporto esistente tra il materiale di fondo e il diametro dei boulders:

50 b

d

E = d (83)

on d

b

il diametro degli elementi di maggior dimensione e d

50

il diametro del

2.2.2 Caratteristiche del fluido

• Densità del fluido

La proprietà meccanica fondamentale di un fluido è rappresentata dalla sua C

materiale di base per il quale il 50% degli elementi hanno dimensioni minori a d

50.

densità ρ, la quale misurando la concentrazione di materia, risulta pari alla

massa dell’unità di volume. Esprimendo in formula otteniamo:

(39)

V

= m

ρ (84)

• Viscosità cinematica La s

Temperatura ( °C )

vi cosità cinematica u ( m

2

/s), che descrive la proporzionalità tra le tensioni tangenziali e il gradiente di velocità, a parità di densità dell’acqua, è una parametro che dipende dalla temperatura dell’ acqua secondo la seguente tabella. Nelle prove effettuate è stata misurata costantemente la temperatura per risalire all’ esatto valore.

Viscosità ( m

2

/s)

10 1,31⋅10

-6

15 1,17⋅10

-6

20 1,04⋅10

-6

25 0,9⋅10

-6

tabella 2.2 dipendenza della viscosità della temperatura

2.2.3 Caratteristiche della corrente

• Numero di Reynolds

È il parametro adimensionale che definisce il rapporto tra le forze d’inerzia e le

forze viscose. Nel caso di correnti a pelo libero vale :

(40)

υ υ μ

ρ Uh 4 Uh 4 q

Re = 4 = = (85)

In cui ρ [Kg/m

3

] e υ [m

2

/s] sono la densità e la viscosità cinematica dell’acqua, U [m/s] è la velocità media della corrente e q [m

3

/s/m] è la portata specifica per unità di larghezza.

Bathurst (1981) introduce un numero di Reynolds del fondo, cioè basato sulle caratteristiche granulometriche del materiale. Si ha così :

υ

50

50

Re = Ud (86)

Il numero di Reynolds è utile per capire se la corrente e laminare, turbolenta o se siamo in regime di transizione. Solitamente per le correnti a pelo libero si ha il moto turbolento per valori di Re>400, mentre Bathurst indica questo limite per Re

50

>2x10

5

(si veda $2.1.2).

• Numero di Froude

È definito dal rapporto tra le forze d’inerzia e quelle gravitazionali. Nel caso delle correnti a pelo libero è definito con ;

gh

Fr = U (87)

Con U velocità media della corrente [m/s] e h altezza del pelo libero rispetto al fondo.

Il numero di Froude è di importanza basilare per riconoscere se una corrente è veloce o è lente, e per tracciare i profili di rigurgito. Infatti le correnti veloci sono quelle per cui Fr>1, e sono quelle il cui punto di controllo è situato a monte, mentre le correnti “lente”

hanno Fr<1 e sono controllate da valle.

(41)

• Raggio idraulico

Il raggio idraulico R è definito come il rapporto tra l’area A individuata tra il fondo e la superficie liquida e il contorno bagnato C :

C

R= A

(88)

È chiaro come la sua definizione sia molto importante, soprattutto in condizioni di macroscabrezza, per cui, nell’ambito di questo lavoro, sarà posta un’attenzione particolare alla definizione di quello che chiameremo in seguito

“effective top of rip-rap”. Per questa ragione, come vedremo in seguito, è stata definita una procedura standard di misura del fondo. Per semplificare il problema l’area e il contorno bagnato sono stati definiti, per canali rettangolari nel seguente modo:

b h 2 C

h b A

+

=

=

(89)

Con w larghezza del canale e h altezza media misurata nella sezione. Si osserva che per valori elevati del rapporto w/h, l’espressione di R diviene :

b h h 2

h

R b

+

= ⋅

(90)

(42)

Di qui l’idea che, per alvei rettangolari larghissimi, la corrente si comporti come bidimensionale, cioè il profilo di velocità sia sempre lo stesso spostandoci trasversalmente nella stessa sezione, e che l’effetto delle pareti verticali sia trascurabile. Bathurst (1981) considera la sezione rettangolare larghissima, confondendo così il raggio idraulico con l’altezza di moto uniforme, per quelle correnti per cui vale la seguente disuguaglianza:

20 h

b >

(92)

• Sommergenza relativa

Un altro importantissimo parametro, usato storicamente per definire il fenomeno idraulico studiato, è la scabrezza relativa, data dal rapporto tra l’altezza di moto uniforme (o il corrispondente raggio idraulico) e la dimensione caratteristica del materiale costituente la rampa, che per tutto il presente lavoro verrà considerato il diametro d

84:

d84

h

(93)

Come già illustrato nel $2.1.2 grazie a questo rapporto vengono distinti i tre regimi idraulici di macroscabrezza, transizione e micorscabrezza, o anche citati come “large-scale roughness” (LR), “intermediate-scale roughness” (IR) e

“small-scale roughness ”.

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