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Danni all’ecosistema marino provocati dall’utilizzo di vernici antivegetative

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Academic year: 2021

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Danni all’ecosistema marino provocati dall’utilizzo di vernici antivegetative

Con il termine “ biofouling” si intende l’incrostazione biologica dovuta a un sottile film di macromolecole polisaccaridiche e proteiche e da microrganismi unicellulari (soprattutto batteri).

Questo biofilm cresce per assorbimento di altre molecole ed insediamento di nuovi microrganismi come spore, alghe, funghi, protozoi, fino a formare uno spessore di insediamento di notevoli dimensioni.

I danni provocati dal biofouling sulla carena delle imbarcazioni sono riassumibili in:

- navigazione più lenta

- riduzione della manovrabilità - maggior consumo di carburante - elevati costi economici

Oltre a questi problemi di gestione dell’imbarcazione ci sono anche danni di tipo strutturale dovuti all’effetto corrosivo dei batteri sulle superfici di metallo e problemi di impatto ambientale in quanto il biofilm adeso alla carena della nave può veicolare l’introduzione di nuove specie biologiche non autoctone in un ecosistema locale, con gravissime conseguenze sulla biodiversità.

Per impedire lo svilupparsi eccessivo di questa incrostazione biologica sulle carene dei natanti, vengono utilizzate delle speciali vernici, dette antivegetative, le quali oltre ad assolvere la funzione a cui sono preposte, producono una serie di danni ambientali, laddove “rilasciate” nel mare con eccessiva concentrazione.

Le prime e più tradizionali pitture antivegetative venivano formulate mediante una dispersione di vari “veleni” in una mistura di resine viniliche (componenti insolubili) e colofoniache, che con la loro parziale permeabilità e dissoluzione in acqua, favorivano l’emissione del rame introdotto nella pittura, principalmente sotto la forma di diossido rameoso.

Questo, a contatto con l’acqua di mare, rapidamente si convertiva nella forma bivalente, clorurata, solubile e più tossica per gli organismi acquatici.

Tali pitture non presentavano prestazioni di lunga durata perché il biocida si esauriva rapidamente con il consumo irregolare e troppo veloce del film; impiegando matrici meno solubili, l’efficacia veniva invece compromessa dall’accumulo sulla superficie del biofouling, reso possibile quando gli strati più esterni del film, per la permeabilità dell’acqua, esaurivano i principi attivi.

Queste prime vernici erano caratterizzate da una elevata velocità di rilascio del rame

nei primi mesi d’invecchiamento, ma dopo 6 mesi perdevano l’efficacia

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antivegetativa; la logica conseguenza era quella di un forte impatto sull’ambiente e breve vita delle pitture.

La successiva generazione di pitture fu sviluppata circa 30 anni fa con nuove resine rinforzate da polimeri più idrofobi che riducevano la permeabilità dell’acqua; con esse si ottenne una erosione della matrice a strati più sottili, una minore rugosità della superficie esterna ed un maggior controllo sulla dispersione dei biocidi in acqua; tali prodotti sono stati definiti autoerodenti o ablativi ed impropriamente autoleviganti.

Variando nelle formulazioni le percentuali dei polimeri idrofili ed idrofobi è stato inoltre possibile avere una vasta gamma di sottoprodotti a diverso gradiente di solubilità della matrice.

In seguito sono state ulteriormente sviluppate formulazioni con polimeri organosilil- acrilati che presentano una maggiore idrofobicità e un processo d’idrolisi più graduale.

Questi prodotti dovrebbero avere una maggiore durata in quanto essa è proporzionale alla velocità di consumo dello spessore del film applicato. Tuttavia rimane qualche perplessità sulla loro efficacia in aree soggette ad una forte aggressività del fouling ( i radicali organici delle loro matrici non presentano infatti una tossicità paragonabile a quella degli organostannici delle vecchie pitture autoleviganti ).

Queste antivegetative sono note come pitture autoleviganti (Self-polishing) senza stagno (Tin free).

Spesso accade che prodotti progettati ed applicati alle carene a spessori per durare oltre tre anni, dopo sei mesi o un anno, diventano inattivi, anche se non hanno esaurito tutto il rame contenuto nella formulazione e neanche lo spessore del film si è annullato.

Le cause di questo fenomeno possono dipendere da errori nelle formulazioni o dall’adesione di microrganismi particolarmente resistenti che con la loro presenza ostacolano i processi chimico fisici dell’acqua nell’interfaccia solido – liquido.

Quando si verificano casi del genere allungare i tempi delle operazioni di carenaggio è sempre gravoso, quindi, se il substrato è ancora sufficientemente solido, si tende ad applicare la nuova antivegetativa sopra alla vecchia, ma alla fine, strato su strato, gli spessori si faranno sempre più considerevoli, con maggiore rugosità degli strati esterni e perdita di consistenza per l’idratazione dell’acqua.

Essi, prima o poi, nella migliore delle ipotesi, dovranno essere rimossi con costi non indifferenti per il loro smaltimento come rifiuti tossici.

È universalmente riconosciuto che il rame presente in tracce è necessario per i

processi metabolici degli organismi, ma quando la sua presenza eccede i normali

parametri, esso è classificato tra i metalli pesanti più tossici. In Gran Bretagna, così

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come in altri paesi del mondo, sono stati stabiliti dei parametri per il monitoraggio dei metalli pesanti in acqua di mare e per il rame vengono considerate a rischio quelle aree in cui si superano i valori di 5 µg/litro (medie annuali Environmental Quality Standards), mentre per le normative US EPA (Environmental Protection Agency) il limite è posto a 3µg/litro.

I potenziali effetti del rame derivante dal traffico nautico e da attività cantieristica sono da parecchi anni oggetto di studio sia attraverso monitoraggi ambientali che sperimentazioni tossicologiche di laboratorio.

In Australia, ad esempio, furono riscontrati numerosi casi di anomalie sessuali (imposex, sesso imposto) nel mollusco Lepsiella vinosa presente in una baia nei pressi di Adelaide (Sud Australia); tra il 1975 e l 1982 in Francia, nella baia di Arcachon, tali vernici hanno causato ingenti danni, quali la diminuzione della produzione di ostriche fino al 70% ed effetti teratologici sulle conchiglie (concamerazione).

Nei gasteropodi il TBT, vernice antivegetativa molto efficace, induce il fenomeno dello pseudoermafroditismo (comparsa dell’organo sessuale maschile nelle femmine).

Altri effetti delle alte concentrazioni di rame in acqua riguardano molti organismi marini: con 0,01 ppm si ha uno sviluppo abnorme delle larve di alcuni Policheti, con 0,1 ppm si ha l’inibizione della crescita del fitoplancton, con 0,25 ppm inibizione al 50% della schiusa di uova di alcuni pesci, 3 ppm risultano letali alle larve di ostriche.

Non è pensabile invocare bandi che vietino totalmente l’uso di questo biocida nelle antivegetative.

Più verosimile è invece auspicare che il suo rilascio nell’ambiente venga controllato e limitato.

Già qualche paese infatti, quale ad esempio il Canada, ha posto il limite di 40 µg/cm2/- giorno, mentre la Svezia, in riferimento a pitture antivegetative destinate alla nautica da diporto, ha posto il divieto assoluto per i mari interni, mentre per quelli esterni il limite è di 200 e di 350 µg/cm2 rispettivamente ai primi 14 e 30 giorni d’immersione.

Il prodotto più efficace (ma anche più tossico) usato come vernice antivegetativa è il TBT (tributilstagno), tuttavia, altri composti organostannici sono in uso comune, in particolare il monobutilstagno e il dibutilstagno (MBT, DBT), l’ottilstagno (MOT, DOT) e il trifenistagno (TPT).

L’ uso di TBT per le barche di piccole dimensioni (<25m) è vietato in molti paesi da

oltre 10 anni, a causa del suo impatto devastante sulle popolazioni di ostriche e di

altri molluschi marini, ma l’impiego di questo composto è tuttora permesso per le

grandi imbarcazioni, nonostante sia prevista una sua graduale eliminazione.

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NORMATIVA IN MATERIA DI PREVENZIONE DI INQUINAMENTO DA ANTIVEGETATIVE

Fino ad oggi, i controlli normativi su questa classe di composti si sono concentrati principalmente sulla presenza di tributilstagno nelle vernici antivegetative. Dopo l’attuazione di una serie di divieti nazionali in Francia e nel Regno Unito sull’impiego per piccole imbarcazioni, nel 1991 ha fatto seguito un divieto a livello europeo sull’uso per le imbarcazioni di lunghezza inferiore ai 25 m (Evans 2000). Più di recente, l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha approvato l’eliminazione graduale a livello mondiale di tutte le applicazioni del TBT (a partire dal gennaio 2003) e del suo impiego sulle navi (a partire dal 2008) ai sensi della Convenzione Internazionale IMO sul controllo dei sistemi antivegetativi pericolosi.

Nonostante che il TBT sia classificato, ai sensi della Direttiva UE sull’etichettatura, come “nocivo a contatto con la pelle, tossico per ingestione, irritante per gli occhi e per la pelle”, e come un composto che presenta pericolo di “gravi danni per la salute in caso d’esposizione prolungata per inalazione o ingestione”, il tributilstagno continua ad essere usato come additivo in alcuni prodotti di consumo, così come continua l’impiego di altri butilstannici e ottilstannici.

Nel 2001, la Germania ha notificato alla Commissione Europea l’intenzione di introdurre controlli più severi relativi agli organostannici, incluso il loro impiego nei prodotti di consumo. Tuttavia, questa proposta di monitoraggio è stata rifiutata dalla Commissione in quanto ritenuta “inammissibile” (CE 2002).

Nel 1998, la riunione ministeriale dell’OSPAR ha approvato l’obiettivo di fermare gli scarichi, le emissioni e le fuoriuscite di tutte le sostanze pericolose nell’ambiente marino entro il 2020 (cioè, “nell’arco di una generazione”) ed ha inserito i composti organostannici nella prima lista di sostanze chimiche verso cui è necessaria un’azione prioritaria per il raggiungimento di quest’obiettivo (OSPAR 1998).

Inizialmente, la sfera di azione dell’OSPAR è stata focalizzata al raggiungimento degli obbiettivi prefissati dalla Convenzione IMO, relativa ai sistemi antivegetativi pericolosi (OSPAR 2000). Nel 2001 OSPAR ha iniziato a prendere in considerazione una serie d’azioni da intraprendere nei confronti di altri composti organostannici, incluso l’uso diffuso di stabilizzanti butilstannici, anche se ad oggi non sono ancora stati proposti provvedimenti.

Col decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182, l’Italia ha attuato una direttiva della comunità europea concernente gli impianti portuali e la raccolta dei rifiuti delle navi e dei residui di carico. Tra le soluzioni a questo tipo di problemi ci sono:

- Installazione di VTS con priorità assoluta nei porti con traffico di greggio e merci

pericolose

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- Dotazione di VTS alle capitanerie

- Istituzione di corridoi fissi di navigazione delle unità con carichi pericolosi e inquinanti, traghetti e navi da crociera, per facilitare i controlli lungo le rotte ai sensi degli sversamenti di sentina rumenta e piccole quantità di slops in alto mare.

- Entrata in vigore di una normativa che metta al bando l’uso di unità vetuste a scafo unico per i carichi pericolosi.

- Navi a doppio scafo

- Ricerca finalizzata alo sviluppo di nuove tecnologie antifouling per formulare pitture a basso impatto ambientale

- Collaborazioni scientifiche tra partners di regioni italiane e stati transfrontalieri bagnati dall’Adriatico, finalizzati alla tutela e alla salvaguardia del mare

- Intensificazione della crescita di una cultura finalizzata al rispetto e alla tutela del mare.

Va ricordato inoltre che per quanto attiene questa materia, nell’Allegato 1 del Decreto Legislativo 11 maggio 1999 n.152, è previsto il monitoraggio del TBT nei sedimenti marini. In un’ottica precauzionale il Ministero dell’ambiente sta sviluppando iniziative mirate a sensibilizzare le industrie produttrici e la comunità scientifica a studiare molecole che rappresentino una adeguata alternativa al TBT.

PRODOTTI ALTERNATIVI SECONDO IMO

- Pitture antivegetative a base di rame autoerodenti, CDP.

- pitture a base di self polishing o autoleviganti

- pitture siliconiche (film a bassa tensione di superficie)

- biocidi naturali sintetizzati in laboratorio a partire da molecole biologiche

- pitture elettricamente conducibili che per elettrolisi dell’acqua di mare sviluppano cloro con effetto antivegetativo

- ricoprimenti con la superficie esterna dotata di un fitto tappeto di microsetole che ostacola l’insediamento del microfouling

Recentemente, nel settore di ricerca dedicato alle tecnologie antifouling, hanno avuto un particolare sviluppo gli studi riguardanti le sostanze naturali estratte dagli organismi marini; studi che, inizialmente, erano rivolti quasi esclusivamente all’identificazione di molecole bioattive per scopi chemioterapeutici.

Possibili alternative con sistemi più ecologici che evitano il rilascio di sostanze tossiche

sono già state sperimentate con risultati soddisfacenti, ma la loro diffusione necessita

ancora di maggiori incentivi quali: corrette informazioni, il perfezionamento di alcuni

di questi prodotti, legislazioni opportune.

Riferimenti

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