La struttura economica finanziaria
dell’impresa - parte seconda
1 Il fabbisogno finanziario
2 L’analisi fonti-impieghi
Il fabbisogno finanziario (Ff ) di un’azienda, relativo all’intervallo
di tempo t0− tn, è dato dal complesso delle uscite monetarie
(U) legate agli impieghi programmati.
Fft0−tn =U1+U2+ ... +Un= X
U (1)
Si parla di impieghi programmati per indicare un qualunque deflusso di capitale dall’azienda. Il concetto di impiego è
diverso da quello di investimento che invece ha una portata piu’ ridotta in quanto indica solo le uscite monetarie che verranno poi reintegrate e ritrasformate in denaro grazie alla gestione.
Il fabbisogno finanziario viene quindi calcolato sommando le diverse categorie di impieghi programmati.
Le categorie di impieghi possono essere:
gli investimenti in attesa di realizzo (che sono investimenti non ancora rientrati nell’azienda sotto forma di mezzi monetari),
gli investimenti in produzione venduta (che sono impieghi di capitale ormai incorporati nel valore dei beni e servizi prodotti),
i rimborsi di capitale.
Compito dell’azienda è quello di reperire adeguate fonti di copertura del fabbisogno.
Le fonti di copertura del fabbisogno finanziario si dividono in : fonti interne cioè i ricavi di vendita generati dalla gestione caratteristica
fonti esterne che non sono ricavati dalla gestione interna e scaturiscono dalla fase di finanziamento aziendale
Si puo’ analizzare la situazione economico-finanziaria
dell’impresa anche facendo riferimento all’analisi fonti-impieghi. C’è, infatti, una correlazione tra fonti e impieghi: l’uno
scaturisce dall’altro e viceversa. Essi sono legati sia
quantitativamente (ci deve essere sempre la copertura degli impieghi) sia qualitativamente (è importante capire quali siano le fonti che coprono gli impieghi)
Nell’analisi fonti-impieghi risulta importante il fattore tempo: si distingue, infatti, il fabbisogno netto (che è dato dal Ff meno le fonti interne) in fabbisogno durevole e fabbisogno variabile.
Il fabbisogno netto durevole
è causato dagli investimenti che non rientrano in breve termine e, considerando come arco temporale un anno, possiamo dire che questi investimenti sono destinati a completarsi oltre l’anno successivo.
Il fabbisogno netto variabile
è causato dagli investimenti a breve ciclo di realizzo e, considerando come arco temporale un anno, possiamo dire che tali investimenti sono destinati a completarsi entro l’anno.
Introducendo quindi il fattore tempo nell’analisi possiamo classificare gli impieghi nelle seguenti categorie:
liquidità immediate sono i mezzi monetari in cassa o in banca
liquidità differite sono gli investimenti che si trasformeranno in forma liquida entro l’esercizio successivo
disponibilità sono le rimanenze di magazzino, categoria meno liquida della precedente perchè la
trasformazione in mezzi monetari è piu’ incerta.
attività immobilizzate sono i fattori a lento ciclo di utilizzo sia materiali (impianti, macchinari) che immateriali (brevetti, marchi).
Le fonti
Allo stesso modo, introducendo il fattore tempo nell’analisi possiamo anche riclassificare le fonti nelle seguenti categorie:
passività correnti destinate a trasformarsi in uscite in mezzi monetari entro l’anno successivo (debiti verso fornitori, rate per rimborsi etc.etc.)
passività consolidate cioe’ debiti finanziari a lunga scadenza o passività presunte future (mutui)
capitale permanente che è il capitale proprio che resta avvinto all’impresa per tutto l’arco della sua vita
La distinzione delle fattispecie precedentemente analizzate comporta alcune riflessioni.
In primo luogo quanto piu’ l’azienda e’ in grado di distinguere queste tipologie tanto piu’ l’analisi dell’equilibrio patrimoniale fonti-impieghi risultera’ precisa.
In secondo luogo se l’azienda individua tali categorie puo’ essere in grado di stabilire la sua elasticita’/rigidita’.
Per approfondire l’analisi andiamo ad analizzare l’analisi della struttura fonti-impieghi utilizzando un grafico (fig. 5.2 pag. 89) In tale grafico sono riportati gli aggregati precedentemente descritti evidenziandone la consistenza ed il peso relativo. Non solo, esso e’ utile per definire ognuna delle fonti (o degli impieghi) in relazione alle altre.
Analisi grafica
Dal grafico, ad esempio, si evince che:
Il capitale circolante netto (CCN) e’ uguale alla differenza tra attivo corrente e passivo corrente.
Il margine di struttura (MS) e’ uguale alla differenza tra capitale proprio (capitale netto) e attivo immobilizzato. Il margine di tesoreria (MT)e’ uguale alla differenza tra liquidita’ (immediate e differite) e passivo corrente. L’attivo corrente (AC) e’ dato dalla somma tra liquidità e disponibilità ed è uguale alla somma tra passivita’ (correnti e consolidate) e il margine di struttura.
CCN e MT sono una misura del grado di liquidita’ dell’impresa: se sono positivi il complesso di debiti (scadenti entro l’anno) e’ inferiore al complesso di mezzi monetari.
MS e’ una misura del grado di solidita’ dell’impresa: se e’ positivo l’impresa non rischia di dover disinvestire per rimborsare finanziamenti.
Esercizio Dati
Attivo corrente = 1000 ; Passivo corrente = 950 ; Capitale proprio = 2000; Capitale netto = 1000; Attivo immobilizzato = 1200.
Domande
1 Qual e’ il grado di liquidita’ dell’impresa?
2 L’impresa e’ solida?
Risposte
1 Calcola CCN (CCN = 50) e commenta.
L’attivita’ dell’impresa, con il continuo realizzarsi dei cicli di gestione, puo’ autofinanziarsi grazie ai ricavi di vendita. I ricavi di vendita vengono talvolta definiti autofinanziamento lordo proprio per sottolinearne la capacita’ di andare a coprire da soli i costi di esercizio.
L’autofinanziamento netto invece deriva dalla differenza tra i ricavi di vendita e i costi d’esercizio aventi manifestazione finanziaria.
Occorre, infine, fare alcune precisazioni:
Si parla di flussi finanziari e non monetari, essi infatti spesso non coincidono (nei primi includiamo debiti e crediti).
L’autofinanziamento e’ una fonte interna che resta nell’impresa per un periodo indefinito ed e’ quella parte dell’utlie non distribuito ai soci.