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CAPITOLO IV
CONCLUSIONI
È stato molto interessante tradurre Chicago Noir perché ho potuto confrontarmi con diversi fenomeni e stili linguistici. Proprio per questo motivo il lavoro di traduzione non è stato sempre facile: trovarsi di fronte a un testo come Goodnight Chicago and Amen, ricco di espressioni colloquiali e appartenenti al turpiloquio, nonché immedesimarsi nella mente di un criminale, è stato spesso difficile. È il testo che ha richiesto il lavoro maggiore proprio per il grado di informalità “portato agli estremi”; ho cercato di mantenere le stesse sfumature presenti nell’originale, però, come spiegato nell’analisi, il contesto culturale italiano impone una minore accettabilità, ad esempio, del turpiloquio. In generale, quindi, e questo vale per tutti i racconti tradotti, laddove non è stato possibile mantenere lo stesso livello di informalità o volgarità, ho preferito forme più standard o substandard non altrettanto volgari.
I testi in questione sono inoltre ricchi di forme idiomatiche, modi di dire e strutture che riflettono modalità espressive tipiche degli americani e, in questi casi, ho sempre scelto espressioni equivalenti da un punto di vista pragmatico, privilegiando la riproduzione dell’effetto del testo di partenza.
Come lettore modello, sia per l’originale che per la traduzione, immagino un adulto, o in generale non un adolescente, non solo per il linguaggio utilizzato ma anche per i riferimenti che vengono fatti a musicisti, criminali e scrittori.
Sono molti i tratti condivisi dai vari racconti. Tra di essi vi sono, per esempio, l’uso informale di alcuni verbi, come to buy, con il significato italiano di abboccare, o formule espressive tipiche del parlato, volgari e non, come for
godness’ sake o what the fuck. Inoltre, nei dialoghi di alcuni testi, come Goodnight Chicago and Amen o Marty’s Drink or Die Club, nei dialoghi le
parole sono scritte come pronunciate, quindi con forme contratte che riflettono il modo di parlare e l’estrazione sociale umile dei protagonisti.
Talvolta ho deciso di inserire una nota, soprattutto nei casi in cui ho scelto di non tradurre termini specifici, come boricua, che in America indica una
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persona di nazionalità portoricana che fa parte di una famiglia residente a Porto Rico da più di due generazioni, o quando vengono nominati luoghi come la Joliet, una prigione dell’Illinois.
Numerosi sono i riferimenti a luoghi o personaggi che hanno fatto la storia di Chicago, come lo spietato killer Holmes, citato nel racconto The Great
Billik, o il quartiere multietnico di Humboldt Park, vero protagonista di Alex Pinto Hears the Bell e dove, da inizio ’900, convivono bianchi, sudamericani e
afroamericani.
I personaggi dei racconti sono molto diversi tra loro: troviamo criminali “per eccellenza”, come nel racconto di Luciano Guerriero; membri di un club segreto, come nel racconto di Neal Pollack; un ragazzino che vuole scoprire chi siano i colpevoli dei continui furti che avvengono nel quartiere dove abita, in
Bobby Kagan knows Everything; delle amiche incuriosite dal nuovo vicino di
casa, in The Great Billik; un vecchio pugile amareggiato e vendicativo, in Alex
Pinto Hears the Bell e, infine, un uomo innamorato della propria moglie che
decide di punire tutti coloro che hanno cercato di portargliela via, in Like a
Rocket With a Beat.
Un testo variegato per una città variegata.