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CAPITOLO IV SOTTOVASCA PISA - STABILIZZAZIONE DEL TERRENO DI SOTTOFONDO E CALCOLO DELLA PORTANZA DEL TERRENO STABILIZZATO 58

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CAPITOLO IV

SOTTOVASCA PISA - STABILIZZAZIONE DEL TERRENO DI

SOTTOFONDO E CALCOLO DELLA PORTANZA DEL

TERRENO STABILIZZATO

4.1 - STABILIZZAZIONE A CALCE DEI TERRENI (GENERALITÀ)

Il sottofondo è il volume di materiale nel quale risultano ancora sensibili le sollecitazioni indotte dal traffico stradale e trasmesse dai sovrastanti strati della pavimentazione; rappresenta la zona di transizione fra il terreno in sito e la sovrastruttura.

Per assicurare i requisiti richiesti ai sottofondi delle sovrastrutture stradali, portuali e aereoportuali, particolarmente per quanto riguarda la portanza (nello spazio e nel tempo) e la regolarità della superficie finita, è necessario prevedere la sistemazione dei sottofondi, generalmente mediante la realizzazione di uno strato di caratteristiche idonee a garantire l'omogeneità richiesta per i piani di posa delle sovrastrutture stesse.

Questo strato deve garantire le seguenti prestazioni:

 Costituire un supporto alla sovrastruttura dotato di capacità portante omogenea e sufficiente a garantire i livelli di stabilità e di funzionalità ammessi in Progetto per la sovrastruttura stessa;

 Proteggere, in fase di costruzione, gli strati sottostanti dall'infiltrazione di acqua piovana e, durante l'esercizio, lo strato di fondazione soprastante dalle risalite di materiale fine inquinante.

In termini generali, lo spessore totale dello strato di sottofondo (da realizzare, a seconda dei casi, con la stesa ed il costipamento di uno o più strati) dipende dalla natura del materiale utilizzato, dalla portanza del suo supporto e da quella assunta in Progetto per il piano di posa della sovrastruttura.

Per la scelta del materiale e per i provvedimenti costruttivi occorre tenere conto, inoltre, dei rischi d'imbibizione di questo strato (derivanti dalla presenza di una falda

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superficiale nel caso delle trincee), delle condizioni climatiche previste in fase costruttiva (precipitazioni) ed in fase di esercizio (gelo), nonché del prevedibile traffico dei mezzi di cantiere e delle necessità connesse alla costruzione dei sovrastanti strati della pavimentazione.

La vita utile di una pavimentazione stradale è fortemente condizionata dalla capacità portante del sottofondo e degli strati più profondi. Durante la realizzazione di infrastrutture non è raro imbattersi in terreni non idonei a garantire le caratteristiche di portanza necessarie ad assicurare una soddisfacente durabilità della pavimentazione. La soluzione tradizionale, canonica, a questo problema sarebbe la bonifica, ovvero la sostituzione di un determinato spessore del terreno naturale in sito con un materiale selezionato di cava, di opportune caratteristiche, fisiche e meccaniche. La proposta innovativa, rispetto alla precedente e al momento più diffusa e che, nel rispetto delle ragioni di natura ambientale ed economica, consente di migliorare le proprietà fisico-chimiche e meccaniche di un terreno argilloso giustificando il reimpiego del terreno originario è rappresentata dalla tecnica della stabilizzazione dei terreni originari con leganti idraulici.

Il recupero di materiali locali di scarsa qualità finalizzato all’impiego in ambito stradale presenta infatti una duplice valenza: economica ed ambientale. Esistono diverse metodologie di trattamento del terreno naturale con leganti, tutte hanno lo scopo di modificare il comportamento delle terre originarie sia nel breve periodo – riduzione del contenuto d’acqua, variazione dei limiti di Atterberg e della granulometria – che nel lungo periodo – incremento delle resistenze meccaniche, aumento della durabilità, riduzione delle variazioni volumetriche e della sensibilità all’azione dell’acqua. La velocità e l’intensità con cui si verificano tali reazioni chimiche, dipendono sia dalla natura mineralogica del terreno naturale, che dal tipo e dalla percentuale di legante utilizzato. La stabilizzazione può essere definita come un mezzo di permanente consolidamento delle terre con materiali adatti ad incrementare la capacità portante e la resistenza meccanica di esse, diminuendone la sensibilità all’azione dell’acqua ed al cambiamento di volume durante i cicli di imbibizione e di essiccazione.

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Lo scopo della stabilizzazione è, dunque, quello di rendere un terreno utilizzabile, migliorandone le caratteristiche reologiche, chimiche, meccaniche ed incrementando la conservazione nel tempo delle relative proprietà. Per ottenere tale stabilizzazione, alle terre viene generalmente aggiunto un legante idraulico. Uno dei sistemi, che va più rapidamente diffondendosi in tutti i Paesi, è la stabilizzazione a mezzo della calce. Tale additivo è particolarmente efficace in terreni contenenti argille, in quanto queste reagiscono sia chimicamente sia fisicamente con esso, ottenendo una miscela di ottime qualità e tale da poter essere impegnate nella tecnica stradale.

La stabilizzazione a calce è un tipico esempio di stabilizzazione chimica, nota già ad Egizi e Romani, i quali utilizzarono tale metodo nella realizzazione della via Appia, che ha trovato largo impiego nei paesi anglosassoni ed in Francia a partire dagli anni ’50. Tale tecnica di miglioramento è stata recentemente impiegata, in ambito stradale e ferroviario, nella realizzazione di rilevati ottenuti riutilizzando materiale di caratteristiche meccaniche non idonee all’uso come materiale da costruzione. Può essere eseguita sia utilizzando calce viva che calce idrata e la differenza consiste principalmente nella quantità di materiale da utilizzare per lo svolgimento delle reazioni di miglioramento: la calce viva, data la maggiore quantità di ioni calcio disponibili, consente di utilizzare ridotte quantità di materiale rispetto alla calce idrata. Viene utilizzata prevalentemente nella stabilizzazione di terreni a grana fina e medio-fina, in cui le particelle limo-argillose reagiscono con gli ioni calcio ed alluminio formando composti stabili del tutto simili a quelli osservabili nei cementi, quali silicati idrati ed alluminati idrati di calcio, che tendono a rivestire le particelle di argilla dapprima in forma di gel e, successivamente, in forma cristallina. All’addizione del terreno con calce viva ed acqua ha luogo la reazione di idratazione della calce, fortemente esotermica. In seguito due differenti reazioni chimiche si sviluppano contemporaneamente, ma su scale dei tempi differenti:

 La prima, detta di modifica, si sviluppa entro pochi giorni dallo spegnimento della calce e provoca la flocculazione dei grani limo-argillosi, con conseguente riduzione della quantità di frazione fina e della compressibilità;

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mediante reazioni pozzolaniche, con formazione di legami di cementazione. Lo sviluppo di tali reazioni avviene in ambiente basico, con valori che raggiungono anche pH 12.6 e si possono ritenere terminate quando si osservano consistenti riduzioni del pH stesso.

Dal punto di vista meccanico, la stabilizzazione a calce provoca la riduzione del peso secco massimo ed il contemporaneo aumento del contenuto d’acqua ottimo a parità di energia di compattamento, l’aumento della resistenza al taglio e la riduzione della compressibilità. Tali cambiamenti sono diretta conseguenza delle modifiche microstrutturali indotte dall’addizione della calce e risultano fortemente influenzate dal tempo di maturazione del composto calce-terreno.

Sono idonee al trattamento con calce le terre fini plastiche limo-argillose dei gruppi A4, A6 e A7 con valori dell'indice plastico normalmente compresi tra 10 e 50, o anche superiori, così come del gruppo A5 quando di origine vulcanica od organogena; anche ghiaie limo-argillose identificabili come A2-6 e A2-7 possono essere convenientemente stabilizzate con calce quando contengano una frazione di passante al setaccio 0.4 UNI non inferiore al 35%. La curva granulometrica deve rientrare all’interno del fuso riportato nella sottostante figura (figura 4.1) (B.U. CNR n. 36).

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Calce è un termine molto generico che comprende tutti i prodotti e le forme chimiche e fisiche sotto le quali possono presentarsi gli ossidi e/o idrossidi di calcio e/o magnesio. Nell’ambito specifico delle calci da costruzione, con “calce” o meglio “calce aerea” si indicano due prodotti ottenuti dalla cottura di calcari puri, ad alto contenuto di carbonato di calcio:

 La calce “viva”, costituita prevalentemente da ossido di calcio;

 La calce “idrata” o “spenta”, costituita prevalentemente da idrossido di calcio. Dalla cottura dei calcari dolomitici e delle dolomie, che contengono oltre al carbonato di calcio anche il carbonato di magnesio, si ottiene ancora ‘calce viva’ e successivamente ‘calce spenta’, che conterrà insieme all’ossido/idrossido di calcio, l’ossido e l’idrossido di magnesio.

I termini di calce viva e calce spenta si usano, pertanto, indipendentemente dal contenuto o meno di magnesio. Quando si vuole verificare la presenza del solo calcio, oppure del calcio e del magnesio insieme, si ricorre agli aggettivi ‘calcico’ e ‘magnesiaco’ o ‘dolomitico’.

L’impiego di termini quali aerea, viva, caustica, spenta, estinta, calcica, magnesiaca, dolomitica, consente dunque di distinguere diversi prodotti, tutti riferiti alle calci aeree da costruzione, così come vengono definiti dalla norma europea UNI EN 459-1: 2002. Esistono diversi tipi di leganti ognuno adatto ad un determinato tipo di utilizzo, per questo e altri motivi le calci ‘aeree’, alle quali si farà riferimento nel prosieguo, non vanno mai confuse con le ‘calci idrauliche’, leganti assolutamente diversi e i cui meccanismi di funzionamento sono molto simili a quelli del cemento.

Le calci aeree, che induriscono per assorbimento dell’anidride carbonica dall’aria, rappresentano il legante più tradizionale tra quelli impiegati. Sul mercato esse sono disponibili in forma di calce viva o idrata, sia in polvere che in pasta (grassello di calce). La calce in polvere e quella in pasta sono materiali chimicamente analoghi (fatto salvo il contenuto d’acqua), ma differiscono molto per quanto concerne le proprietà fisiche, la reologia e la velocità di carbonatazione.

Come precedentemente accennato la calce viva è il prodotto ottenuto mediante cottura di calcari ad alto titolo (CaCO3); essa è costituita essenzialmente da ossidi di calcio o da

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ossidi di calcio e magnesio, accompagnati da piccole quantità di impurezze varie; si presenta in zolle o in polvere.

La cottura del calcare ad alta temperatura ( > 900°C) porta alla formazione della calce viva e produce anidride carbonica secondo la seguente reazione (figura 4.4):

La calce idrata è il prodotto ottenuto dallo spegnimento di una calce viva (CaO); è costituita essenzialmente da idrati di calcio o da idrati di calcio e magnesio, accompagnati da piccole quantità di carbonati non decomposti, di silicati e di impurezze varie e si presenta in polvere.

La reazione della calce viva con l’acqua, che porta alla formazione della calce idrata, è una reazione fortemente esotermica (figura 4.5):

Figura 4.2 Figura 4.3

Figura 4.4

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La calce idrata in pasta o grassello di calce, è una dispersione densa di idrossido di calce in acqua e si ottiene aggiungendo, in fase di idratazione, un eccesso d’acqua rispetto a quella necessaria allo spegnimento della calce viva. Si può ottenere anche stemperando la calce idrata in polvere in acqua fino ad ottenere un prodotto omogeneo.

Il processo di produzione della calce può essere visto come un ciclo. Esso porta un materiale ampiamente disponibile in natura, la pietra calcarea, a diventare il legante principale di gran parte delle opere costruttive realizzate dall’uomo negli ultimi cinquemila anni.

Il ciclo della calce è composto da quattro momenti fondamentali: 1. La selezione del calcare;

2. La cottura;

3. Lo spegnimento o idratazione; 4. La carbonatazione.

Si tratta di uno schema semplificato, in quanto le trasformazioni chimico-fisiche che avvengono durante i diversi processi sono assai più complesse e articolate.

La selezione del calcare

Le caratteristiche mineralogiche e chimiche dei calcari usati come materia prima per la fabbricazione della calce sono di fondamentale importanza. I calcari più idonei alla fabbricazione della calce devono avere una struttura microcristallina, alto contenuto di carbonati e contenere percentuali di impurità, in particolare di natura argillosa, non superiori al 5%.

La cottura

In fase di cottura, il calcare viene immesso nei forni e portato a una temperatura prossima a 900°C. In tali condizioni il carbonato di calcio si decompone in ossido di calcio (calce viva) e anidride carbonica.

Lo spegnimento

La calce viva, messa a contatto con acqua reagisce con un forte sviluppo di calore e si trasforma in una polvere bianca (o in una pasta) chiamata calce spenta, chimicamente idrossido di calcio.

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La carbonatazione

A differenza del cemento che inizia la presa al primo contatto con l'acqua, la calce può essere conservata in acqua per anni. La presa inizia invece con l'asportazione dell'acqua e la successiva essiccazione. Ciò la rende inutilizzabile per le applicazioni a contatto con l'acqua (ponti, moli), ma preferibile al cemento dove l'essiccazione debba avvenire rapidamente. Una volta che la calce si è essiccata, a contatto con l'anidride carbonica presente nell'atmosfera, inizia un lento processo che la trasforma in calcare (carbonatazione), il composto originario dal quale è stata prodotta, chiudendo così il ciclo della calce.

La reazione è la seguente (figura 4.6):

Effetti a breve termine

 Reazioni di scambio cationico sulla superficie dei minerali di argilla: Gli effetti a breve termine sono caratterizzati da un fenomeno di adsorbimento fisico degli ioni presenti nella soluzione acqua-calce sulle particelle di argilla e dalla conseguente primitiva formazione di composti silico-alluminati idrati con deboli caratteristiche leganti. Tali leganti consentono una prima cementazione delle particelle di argilla, flocculate a causa dell’effetto modificante degli elettroliti sulla distribuzione delle cariche elettriche delle particelle stesse; microscopicamente ciò corrisponde agli effetti di primo momento. In figura seguente si osserva come gli ioni calcio (Ca++) in soluzione acquosa sostituiscano gli ioni (H+, Na+, K+) presenti sulla superficie del cristallo di argilla. Gli ioni sostituiti compensano le cariche elettriche negative degli ioni (OH-) della calce presenti nella soluzione acquosa La presenza nella soluzione acquosa di grosse quantità di ioni calcio o magnesio provenienti dalla dissociazione della calce consente, qualora vi siano materiali saturi di cationi scambiabili (H+, K+, Na+), un processo di trasferimento dei cationi calcio

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(Ca++) nelle posizioni occupate dagli altri ioni positivi che a loro volta passano in soluzione (figura 4.6).

 Fenomeni di agglomerazione delle particelle di argilla e distribuzione granulometrica: Le particelle inferiori a 2 μm (convenzionalmente definite argille), si trovano di norma in uno stato disperso nel quale sono plastiche e soggette a variazioni di volume al contatto con l’acqua. Una caratteristica delle argille è quella di essere in natura, per la loro struttura, allo stato colloidale. L’azione della calce produce la flocculazione e l’agglomerazione delle particelle di argilla modificandone la granulometria e aumentando l’indice dei vuoti della miscela. La sostituzione in tali terreni dei cationi presenti (sodio, potassio, idrogeno) con gli ioni Ca++, avente una maggiore capacità flocculante dei primi, produce una agglomerazione delle particelle che passano dallo stato disperso a quello flocculato. Nell’argilla “tal quale” i cristalli di argilla (fillosilicati) sono allineati e scorrono facilmente gli uni sugli altri; ciascun cristallo trattiene una notevole quantità d’acqua. Nell’argilla “trattata” i cristalli di argilla si dispongono reciprocamente con gli spigoli puntati verso le altre superfici piane (come mostra la figura 4.7) e il volume d’acqua trattenuto da ciascuna particella è ridotto.

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 Indice di plasticità e limiti di Atterberg: L’indice di plasticità IP, di una terra argillosa diminuisce significativamente dopo il trattamento con calce. Il trattamento con calce del terreno fa crescere il limite liquido LL, per cui a parità di contenuto d’acqua Wn, il materiale passa dallo stato plastico a quello solido. L’aggiunta di calce aumenta la lavorabilità del materiale, aumentando il campo di umidità nel quale il materiale presenta uno stato solido, da ricondursi ad un aumento del limite plastico LP della terra. Altrettanto accelerata è la diminuzione del campo di umidità nel quale la terra ha un comportamento plastico. Essendo l’indice di plasticità combinazione lineare del limite liquido e del limite plastico (IP = LL – LP), la sua diminuzione può sottendere andamenti diversificati dai due limiti. La sensibilità del limite liquido e del limite plastico alla calce è da correlare alla qualità e quantità di cationi presenti nell’argilla trattata; cioè dipende dal tipo di argilla (illiti, montmorilloniti). Si osserva anche un aumento del valore del limite di ritiro rispetto a quello del materiale originario.

Effetti a lungo termine

Gli effetti a lungo termine sono da attribuirsi a reazioni tra la calce adsorbita e gli strati superficiali dell’argilla a contatto che producono una specie di gel. A questa reazione “in stato di adsorbimento”, si affianca anche una reazione chimica “in soluzione” tra il silicio liberato dall’argilla e la calce disciolta; ambedue queste cause concorrono alla formazione del prodotto finale. I silico-alluminati di calcio, dopo essersi formati in

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soluzione acquosa, polimerizzano e riprecipitano. Essi formano strutture aghiformi che cementano tra loro i minerali della terra trattata con la calce, indurendola. Affinché la reazione proceda regolarmente è necessaria la presenza di una sufficiente quantità di acqua. La velocità di reazione (velocità di indurimento) aumenta o diminuisce all’aumentare o al diminuire della temperatura.

Caratteristiche meccaniche

L’aggiunta di calce modifica la natura del terreno e quindi le sue caratteristiche meccaniche. L’aspetto principale del trattamento a calce consiste nell’azione cementante che essa svolge. L’ossido di calcio migliora in generale le caratteristiche meccaniche del terreno sottoposto a trattamento. La causa di tale effetto è da attribuirsi in parte alla modificazione della natura del terreno, che si traduce in una variazione dei parametri meccanici intrinseci, ed in parte all’effetto legante che, a parità di altre condizioni, ne aumenta notevolmente il campo tensionale limite, a discapito però di una struttura “metastabile” soggetta ad importanti e repentine variazioni di volume, una volta che viene superata la tensione di snervamento.

La miscelazione con calce induce cambiamenti profondi nella curva sforzi/deformazioni del materiale trattato e incrementi sensibili nei valori della resistenza al taglio del materiale, aumentandone considerevolmente la coesione ed in parte anche l’angolo d’attrito interno (φ-). L’entità di tali incrementi dipende ovviamente dal tipo di materiale trattato, dalla temperatura e dai tempi della stagionatura.

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4.2 - PROVE SPERIMENTALI PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLE MISCELE TERRA-ACQUA-CALCE

Per stabilizzare una terra il primo passo è quello di realizzare una miscela di terreno sulla quale determinare il consumo iniziale di calce (C.I.C.) ai sensi della Norma ASTM C 977-92. Il consumo iniziale di calce rappresenta la quantità minima di calce necessaria per soddisfare le reazioni immediate terra-calce ed è generalmente funzione della capacità di scambio cationico dei minerali argillosi presenti. Il principio della prova è quello secondo cui una soluzione satura di calce in acqua distillata ha un valore di pH di 12,48 a 25 °C. Il C.I.C. viene individuato dalla minima percentuale di calce necessaria a raggiungere tale pH. La quantità di calce in eccesso rimane completamente disponibile per lo sviluppo delle reazioni pozzolaniche. La verifica preliminare del C.I.C. di un terreno è fondamentale nella fase iniziale della prequalifica in quanto un valore elevato del C.I.C. comporta maggiori quantitativi di calce che potrebbe rendere l’intervento di stabilizzazione antieconomico e quindi non percorribile.

Le prove sperimentali per la determinazione del C.I.C. per entrambi i campioni di terra prelevati nella sottovasca Pisa si sono articolate in vari passaggi; inizialmente sono state utilizzate tre soluzioni tampone con pH differenti (4,00±0,02; 7,00±0,02; 10,00±0,02) con le quali è stata creata la soluzione di riferimento con pH di 12,48 (figura 4.8).

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Successivamente, sia per il campione 1 che per il campione 2, sono stati prelevati 5 campioni passanti al setaccio ASTM-200 del peso di 25 gr ciascuno ai quali sono stati aggiunti una percentuale di calce e 100 ml di acqua distillata (figura 4.8 e 4.9).

La percentuale di calce iniziale è stata del 2% in peso del materiale, con un incremento percentuale pari a 1 per ogni campione, come si vede in tabella (figura 4.10).

Una volta confezionati i campioni sono stati fatti riposare per un breve lasso di tempo e subito ne è stato misurato il pH, come si vede nell’esempio in figura, per poi confrontarli con la soluzione avente il pH di riferimento (figura 4.11).

Provino - 1 2% 0,5 100 Provino - 2 3% 0,75 100 Provino - 3 4% 1 100 Provino - 4 5% 1,25 100 Provino - 5 6% 1,5 100 Campione 1 - 2 25 25 25 Peso calce (gr) Peso H2O (ml) % di calce Setaccio ASTM-200 (gr) 25 25 Figura 4.8 Figura 4.9 Figura 4.10

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Una volta ottenute tutte le misurazioni, queste sono state riportate su un foglio di calcolo per essere analizzate e interpolate per ottenere il C.I.C di entrami i campioni. Nelle figure 4.12, 4.13, 4.14 si mostra il procedimento relativo al campione 1, mentre nelle 4.15, 4.16 e 4.17 quello relativo al campione 2.

CONSUMO INIZIALE DI CALCE

PH DI RIFERIM. 12,48 C.I.C. 5,1% CAMPIONE 1 12,49 % DI CALCE 2% 3% 4% 5% 6% PH 12,38 12,43 12,46 12,47 Figura 4.11 Figura 4.12

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Figura 4.13

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12,44 12,46 12,48 12,48

CONSUMO INIZIALE DI CALCE CAMPIONE 2 % DI CALCE 2% 3% 4% 5% 6% PH DI RIFERIM. 12,48 C.I.C. 5,0% PH 12,38 Figura 4.15 Figura 4.16

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I risultati ottenuti hanno mostrato che per il campione 1 il C.I.C. risulta essere pari al 5,1%, mentre per il campione 2 uguale al 5%. Questi valori hanno permesso di comprendere che seppur la classificazione dei due campioni risulta differente, essendo l’uno un A-4 e l’altro un A-6, è possibile unire i due campioni considerandone uno solo, denominato campione mix, che richiede una quantità di calce pari al 5% per essere stabilizzato.

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4.3 - PROVE SPERIMENTALI PER IL CALCOLO DELLA PORTANZA DEL TERRENO STABILIZZATO

Una volta uniti i due campioni e stabilito la percentuale di calce necessaria per la sua stabilizzazione è stato necessario determinare quale fosse la portanza del nuovo composto, per garantire un ottimo sottofondo alla sovrastruttura da progettare.

Ai fini di quanto appena detto sono state condotte in laboratorio tre prove:  Una prova Proctor Standard per stabilirne l’umidità ottima Wott

 Una prova CBR asciutto per valutarne l’I.P.I. (Indice di Portanza Immediata)  Una prova CBR saturo per valutarne il reale indice di portanza.

Queste tre prove sono state già descritte nei metodi e negli scopi nel Capitolo III - paragrafo 3.5, per cui in questa sezione vengono descritte in modo breve dando più importanza ai risultati ottenuti.

4.3.1 - Prova Proctor Standard

Per eseguire la prova Proctor Stardard sono stati confezionati 7 provini contenenti una certa quantità di terra del campione mix, una percentuale pari al 5% in peso di calce ed una percentuale in peso di acqua distillata partendo dal 14% con incremento del 2%.

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Preparata la miscela del singolo provino (figura 4.17 e 4.18), questo è stato costipato secondo le metodologie della prova Proctor Standard, ovvero 25 colpi per ogni strato (figura 4.19).

Una volta addensato il terreno la fustella veniva aperta (figura 4.20), veniva prelevato una frazione di materiale, pesato e messo in forno ad essiccare (figura 4.21).

Figura 4.19

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Una volta eseguite tutte le prove sui 7 provini i dati ottenuti sono stati elaborati con un foglio di calcolo al fine di trovare l’umidità ottima Wott%. Qui di seguito vengono riportati le tabelle e i grafici che hanno portato al risultato finale (figura 4.22 e 4.23).

1 2 3 4 6 7 8 411 5 3 40 84 5 411 356,4 540,0 514,0 466,8 409,5 261,3 335,4 322,5 477,1 446,3 402,0 351,7 223,8 282,4 84,5 73,1 75,6 81,3 96,3 72,8 84,5 238,0 404,0 370,7 320,7 255,4 151,0 197,9 14% 16% 18% 20% 23% 25% 27% 33,9 62,9 67,7 64,8 57,8 37,5 53,0 5779,7 5819,5 5858,6 5890,0 5911,5 5929,5 5916,7 4129,2 4129,2 4129,2 4129,2 4129,2 4129,2 4129,2 945,0 945,0 945,0 945,0 945,0 945,0 945,0 1650,5 1690,3 1729,4 1760,8 1782,3 1800,3 1787,5 1,747 1,789 1,830 1,863 1,886 1,905 1,892 1,529 1,548 1,547 1,550 1,538 1,526 1,492 1,552 19%

Curva di addensamento Proctor Proctor Standard

Terra + 5.0% calce Recipiente numero

Peso acqua (ml)

Peso terra addensata (gr) Densità umida (gr/cm3) Densità secca (gr/cm3) Densità ottima (gr/cm3) Umidità ottima (%) Peso recipiente (gr) Peso terra secca (gr)

% Umidità

Peso forma + terra addensata (gr) Peso forma (gr) Volume forma (cm3)

Determinazione Peso recipiente + terra umida (gr) Peso recipiente + terra secca (gr)

Figura 4.21

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Dall’analisi del grafico della curva Proctor si è visto che il massimo assoluto della suddetta curva, corrispondente all’ottimo Proctor Wott%, risulta essere pari al 19%, in corrispondenza del quale abbiamo anche una densità secca pari a 1,552 gr/cm3.

L’umidità ottima trovata è stata utilizzata per costipare i due provini utilizzati nelle due prove CBR.

4.3.2 - Prova CBR asciutto I.P.I.

Come già scritto il primo dei due CBR ad essere eseguito è stato quello detto secco o asciutto al fine di valutare l’I.P.I (Indice di Portanza Immediata).

Per la prova in questione è stato confezionato un provino utilizzando circa 4 kg di terra del campione mix, il 5% del peso del terreno di calce e il 19%, rappresentante l’ottimo Proctor, di acqua.

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Il materiale è stato addensato secondo la metodologia della prova Proctor Modificata, ovvero 56 colpi ed una fustella del diametro di 152,4 mm (figura 4.24 e 4.25).

Dopo aver costipato il terreno, la fustella è stata rimossa dal macchinario, pulita e preparata per essere schiacciata (figure 4.26 e 4.27).

Figura 4.24 Figura 4.25

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Una volta pronto il provino è stato inserito nelle pressa ed eseguito lo schiacciamento (figure 4.27 e 4.29).

A prova ultimata i record ottenuti sono stati elaborati con un foglio di calcolo per tracciare la curva del punzonamento del provino ricavando quindi l’indice CBR, che risulta pari a 27 (figura 4.32).

Qui di seguito sono riportati i dati ottenuti e la curva CBR (figure 4.30 e 4.31).

10N 152,00 21 177,80 93,2 2,1100 461,4 4,2703 403,4 8,2099 58,2 3,9996 310,2 1,8955 18,8 1,5950

PESO LORDO UMIDO [gr] TARA [gr]

DENSITA' SECCA [kg/dm3] DENSITA' UMIDA [kg/dm3] PESO NETTO UMIDO [kg] PESO LORDO UMIDO [kg]

TARA [kg] VOLUME [dm3]

RECIPIENTE NUMERO CAMPIONE "MIX"

PROVA C.B.R. - ASCIUTTO - I.P.I.

DETERMINAZIONE UMIDITA'

ALTEZZA [mm] DIAMETRO [mm] FUSTELLA NUMERO

PESO LORDO ASCIUTTO [gr]

UMIDITA' [%] PESO NETTO SECCO [gr]

PESO ACQUA [gr]

Figura 4.28 Figura 4.29

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L’indice CBR secco, cosi ottenuto, equivale ad un grado di portanza elevato, ottimo per un terreno di sottofondo asciutto.

4.3.3 - Prova CBR saturo

Per quanto riguarda la seconda prova CBR, quello saturo, il materiale è stato costipato con le stesse modalità di quello asciutto, ovvero secondo la metodologia modificata con 56 colpi e la fustella del diametro di 152,4 mm.

Una volta addensato il provino quest’ultimo è stato pulito ed immerso in una vasca piena di acqua. 27 26 27 C.B.R. (2,5 mm) C.B.R. (5,0 mm) C.B.R. Figura 4.31 Figura 4.32

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Sopra il provino è stato messo un micrometro per valutarne il rigonfiamento, come si vede in figura 4.33.

Il provino è rimasto immerso in acqua per quattro giorni al termine dei quali è stato misurato un rigonfiamento pari a 3,330 mm (figura 4.34). Successivamente il provino è stato schiacciato.

Una volta schiacciato il provino, dalla fustella è stato prelevato una frazione di terreno per essere essiccato.

Dai dati analizzati è stata creata la curva CBR – satura con cui si è arrivati ad un valore del CBR pari a 14 (figura 4.37).

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Qui di seguito un estratto dei fogli Excel e del grafico della prova (figure 4.35 e 4.36). 4N 152,00 40 177,80 81,2 2,1100 472,8 4,2104 410,6 62,2 3,9066 329,4 1,8515 18,9 1,5570 PROVA C.B.R. - SATURO CAMPIONE "MIX"

FUSTELLA NUMERO DETERMINAZIONE UMIDITA'

DIAMETRO [mm] RECIPIENTE NUMERO

ALTEZZA [mm] TARA [gr]

VOLUME [dm3] PESO LORDO UMIDO [gr]

TARA [kg] PESO LORDO ASCIUTTO [gr]

PESO LORDO UMIDO [kg] PESO ACQUA [gr]

PESO NETTO UMIDO [kg] PESO NETTO SECCO [gr]

DENSITA' UMIDA [kg/dm3] UMIDITA' [%]

DENSITA' SECCA [kg/dm3]

Figura 4.35

(27)

L’indice CBR saturo, cosi ottenuto, corrisponde ad un grado di portanza buono per un terreno di sottofondo saturo.

11 14 14 C.B.R. (2,5 mm) C.B.R. (5,0 mm) C.B.R. Figura 4.37

(28)

4.4 - DETERMINAZIONE DELLA PORTANZA DEL TERRENO STABILIZZATO E CONFRONTO CON LA TERRA TAL QUALE.

Dei due CBR ottenuti, ai fini progettuali, sarà utilizzato quello saturo, che determina una situazione più conservativa.

Si è visto precedentemente che, per caratterizzare la portanza di un terreno di sottofondo, vengono definiti vari parametri; a loro volta i metodi di calcolo delle sovrastrutture richiedono la conoscenza di uno di questi. La conoscenza di correlazioni tra i vari parametri utilizzati per caratterizzare la portanza risulta particolarmente utile in quanta non in tutti i casi si ha a disposizione il valore dell'indice di portanza relativo al metodo che si intende utilizzare ed inoltre è consigliabile operare la verifica del dimensionamento con metodi diversi.

E' opportuno comunque premettere che: non sempre le ricerche compiute ci hanno fornito i legami tra i parametri correntemente utilizzati; le relazioni note vanno comunque utilizzate preferibilmente nel loro campo di validità che è quello della sperimentazione dalla quale sono state induttivamente ricavate (tipi e condizioni dei materiali analizzati, metodi di misura ecc.).

Un' indagine condotta da R. Jones, con valutazione del modulo elastico dinamico attraverso misure sulla velocità di propagazione delle onde di Rayleigh, mostrò l'esistenza di un legame di tipo lineare tra Edin e CBR per i terreni coesivi. Bisogna comunque dire che altri autori hanno posto in dubbio la validità delle misure dell'Edin così effettuate su terreni incoerenti.

Heukelom e Foster nel 1960 superando tale distinzione affermano l'esistenza di un legame di proporzionalità tra il modulo elastico dinamico ed il CBR. In tali indagini sperimentali per la quantificazione dell'Edin venivano utilizzate misure della velocità di propagazione delle onde generate da piastre vibranti (con varie frequenze) oppure misure di rigidezza (deformazione). La correlazione proposta risultò essere:

Edin = A ∙ CBR

II coefficiente di proporzionalità A assume valori medi pari a 9.81 con scostamenti minimi pari a - 4.905 e massimi pari a + 9.81.

(29)

Secondo tale relazione, assumendo per eccesso un valore di A pari a 10, con la stabilizzazione a calce raggiungiamo un valore del modulo dinamico del sottofondo pari a 140 MPa; valore che risulta essere congruente con i requisiti minimi di portanza richiesti dall’Autorità Portuale.

Rispetto alle condizioni naturali del terreno, che garantivano delle prestazioni di portanza molto scarse misurando un indice CBR di 5 la stabilizzazione a calce, come si vede dal grafico seguente, ha portato un incremento di portanza del 280% garantendo così un buon sottofondo per la sovrastruttura stradale (figura 4.38).

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