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Capitolo 3: Dalla politica della Discriminazione a una dell'Uguaglianza: le sentenze della Corte Suprema negli anni Novanta e nel primo decennio del Duemila

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Capitolo 3: Dalla politica della Discriminazione a una

dell'Uguaglianza: le sentenze della Corte Suprema negli anni

Novanta e nel primo decennio del Duemila

3.1: Il cambiamento della narrazione culturale sull'omosessualità

durante nei primi anni Novanta

Gli anni Ottanta si erano chiusi portando pochi risultati concreti alla comunità omosessuale. L'impegno profuso nei tribunali, a fronte di lunghi e costosi periodi di dibattimento, non aveva conseguito il cambiamento auspicato. Il confronto con il movimento dei diritti afroamericani e delle donne mostrava i limiti del cambiamento sociale scaturito dalle sentenze, pur favorevoli. Si rafforzava così l'impressione che i tribunali fossero più utili a veicolare le rivendicazioni propagandistiche di alcune associazioni che migliorare concretamente la vita delle persone. Non pochi critici sostennero che si dovesse tornare alla politica, indirizzando gli sforzi sul terreno del confronto anche acceso con le istituzioni, evitando di dilapidare risorse preziose in rischiose avventure giuridiche.1

I fatti sembrarono confermare il ritorno alla centralità della scena politica, a cui contribuì l'emergenza dell'AIDS che, pur con i suoi effetti distruttivi e la decimazione di fatto di un'intera generazione di omosessuali, produsse l'effetto positivo di spingere alla partecipazione politica più persone rispetto al passato, aumentando la visibilità degli omosessuali e spingendo le istituzioni a fare concessioni importanti. Nel 1987 nacque la People Coalition to Unlesh Power (ACT UP) allo scopo di portare i problemi medico-sanitari legati al tema dell'AIDS all'attenzione dei media e delle istituzioni. L'alto valore della posta in gioco, il breve decorso della malattia e l'assenza di prospettive di cura nell'immediato futuro spinsero molti ad abbracciare

1 Rosemberg Gerald, The Hollow Hope: Can Courts bring about Social Change?, University of Chicago Press, Chicago, 1991, p.341

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una strategia radicale di disubbidienza e contestazione civile, che ebbe il merito di spezzare il silenzio e il disinteresse della società statunitense, nonché nella stessa comunità gay.2

Gli sforzi di ACT UP portarono il Congresso a varare una serie di misure volte a rafforzare le tutele di chi era afflitto dalla malattia. La American with Disabilites Act del 1990 proibì le discriminazioni lavorative su i malati di Hiv e AIDS, inserendoli nell'elenco dei soggetti tutelati dal Federal Fair Housing Act. Questi interventi contribuirono a porre fine ai tentativi di sfruttare la malattia per giustificare leggi contro la sodomia, specialmente nelle corti dove era possibile accogliere le osservazioni del mondo medico e sanitario sull'inutilità di queste leggi per contrastare la diffusione del virus.3

I contributi di ACT UP furono inoltre determinanti a donare visibilità pubblica al tema della salute, della sicurezza legale, della dignità civile di chi era afflitto da malattie veneree, ma diede anche visibilità a quei gruppi minoritari, come bisessuali, transessuali, gli stessi neri e i latinos che da sempre lamentavano una scarsa inclusione nella comunità gay tradizionale. Il mondo omosessuale cominciava a mostrarsi al suo interno sempre più composito e articolato, propenso a includere e non sottacere le diverse identità. A partire dagli anni Novanta il più esteso movimento delle minoranze sessuali cominciò a indicarsi con l'acronimo “LGBTI”, un termine costantemente messo in discussione e soggetto ad ampliamenti da nuove minoranze emergenti.4

Il cambiamento nella percezione della società sull'AIDS fu secondo solo a quello della stessa omosessualità che tra l'ultimo decennio del Mille e Novecento e il primo decennio del Duemila assistette a una graduale ma decisiva inversione di tendenza, da una maggioranza che esprimeva un giudizio negativo sull'omosessualità a una maggioranza invece che lo considerava se non positivo, almeno un elemento neutro. Questo cambiamento è visibile nei sondaggi sull'opinione pubblica, come quello della

2 Bernstein, Identities and Politics, (cit.) pp.32-34 3 Eskeridge, Dishonorable Passions, (cit.) pag.275

4 Steven Seidman, “Identity and Politics in a “PostModern” Gay Culture: Some Historical and Conceptual Notes”, in Michael Warner, Fear of a Queer Planet, Queer Politics and Social Theory, Cultural Politics (Vol.6), University of Minnesota Press, Minneapolis, 1993, pp.107-137

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General Social Survey, l'agenzia di studi statistici della National Opinion Research Center (NORC) dell'Università di Chicago. Alla domanda “is it wrong for same-sex

adults to have sexual relationship” uno studio campione rivela come la percentuale di coloro che esprimeva un giudizio nettamente negativo (always wrong) fosse al 73% nel 1991, calata al 64% nel 1994, al 55% nel 1998, al 54% nel 2003, scendendo fino al 36% nel 2016.5

Questo radicale mutamento nell'opinione pubblica statunitense ha numerose cause, non riconducibili solo alle manifestazioni degli attivisti e alla maggiore visibilità degli omosessuali. Gli anni Novanta furono infatti connotati da una maggiore liberalizzazione dei costumi sessuali, con le nuova generazioni più aperte e dinamiche sulla sessualità, meno interessate a costruire la propria identità sulla minaccia degli omosessuali o il disgusto sulle loro pratiche sessuali, a partire dallo sdoganamento morale della sodomia tra gli stessi eterosessuali. Le inchieste di costume, persino agli scandali nella politica mostravano come la sodomia fosse entrata di diritto nella cultura ricreativa, parte integrale dello stile di vita statunitense. Un elemento che contribuì al cambiamento di percezione di gay e lesbiche fu l'adozione di norme contro la discriminazione dell'orientamento sessuale sui posti di lavoro pubblici e privati, una battaglia tradizionale delle associazioni di base ma che vide a partire dagli anni Novanta crescenti successi in molti stati. L'esistenza di un corpo legale non consentì solo di avanzare ulteriori rivendicazioni in materia di diritti, ma fornì tutele contro aggressioni, discriminazioni motivate dall'omofobia, accrescendo la visibilità pubblica e il coming out delle persone lgbti. All'alba dei primi anni Duemila, tredici stati avevano adottato modifiche costituzionale leggi contro la discriminazione sessuale: California (1992), Connecticut (1991), Hawaii (1991), Maryland (2001) Massachusetts (1989), Minnesota (1993), Nevada (1999), New Hampshire (1997), New Jersey (1992), New York (2002), Rhode Island (1995), Vermont (1992), Wisconsin (1982). Altri otto stati avevano adottato norme che impedivano discriminazioni omofobe nell'impiego pubblico: Colorado (1990), Delaware (2001), Illinois (1996), Indiana (2001), Montana (2000), New Mexico,

5 National Opinion Center, consultato il 12/09/2018 in https://gssdataexplorer.norc.org/trends/Gender%20& %20Marriage?measure=homosex

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(1985), Pennsylvania (1998), Washington (1985).6

I media, in particolare il cinema e televisione, contribuirono alla maggiore visibilità agli omosessuali. In virtù della nuova normativa contro la discriminazione e degli sforzi degli attivisti non si riuscì solo a superare i vincoli che dai tempi del codice Hay impedivano al cinema di parlare di omosessualità, ma a cambiare la narrazione dei gay, offrendo gradualmente un'immagine non più stereotipata, ma positiva, dignitosa, persino eroica. Stimolando attori e registi del mondo dello spettacolo a fare a loro volta coming out, parte del mondo di Hollywood divenne un alfiere, economico almeno quanto culturale, della gay agenda negli Stati Uniti e nel resto del mondo.7 Tuttavia i cambiamenti presentarono numerosi segni di continuità con il passato. Se alle elezioni presidenziali del 1992 i gay rights erano entrati a pieno titolo nell'agenda del partito Democratico e della Casa Bianca con la nomina di Bill Clinton, gli avvocati per i diritti videro che la politica a Washington era lungi dal divenire

gay-friendly. Lo stesso Clinton non diede prova di essere un alleato ideale, mostrandosi

limitato dal peso di un Congresso a maggioranza repubblicana e incostante nella sua azione di governo. In particolare, la promessa più importante del suo mandato, la rimozione del bando per l'esercito di omosessuali e lesbiche, venne sostituita dalla norma Don't Ask don't Tell (DADT). La nuova legge garantiva la riservatezza delle istituzioni sulla vita sessuale per i soldati, li poneva in una situazione ancora peggiore, criminalizzando chi mostrava pubblicamente la propria identità sessuale e rinsaldando il regime del silenzio sotto le armi. Questa norma, che manteneva intatto il regime di ritorsione e minacce di espulsione che le associazioni avevano da decenni denunciato, pose sotto ricatto chi osava denunciare molestie sessuali e abusi sotto le armi, nonché accrescere anziché far calare il numero di congedati per omosessualità nell'esercito statunitense.8

Come il caso del DOMA illustra, la crisi degli anni Ottanta aveva innescato il ritorno sulla sfera politica degli omosessuali, ma il cambiamento nei rapporti di forza e il 6 Ellen Andersen, Out of the Closet and into the Court, (cit.), pp.46-48

7 Faderman, Timmons, Gay L.A.: A History of Sexual Outlaws, Power Politics, and Lipstick Lesbians, (cit) pp.328-333

8 Janet Halley, Don't: A Reader's Guide to the Military's Anti-Gay Policy, Duke University Press, London, 1999, pp.1-5

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profondo rinnovamento nella società contrastavano con i limiti della politica e della stessa democrazia rappresentativa. L'inclusione parziale di una minoranza, inaccettabile per i suoi membri, era causa non tanto della logica del compromesso, ma del peso di leggi che ancora sostenevano l'immagine dell'omosessualità come un pericolo sociale.

Gli sviluppi politici e giuridici portarono con il tempo le associazioni a rivalutare l'importanza del dibattimento giuridico. In questo le stesse sconfitte furono lo stimolo per gli avvocati a cambiare la loro strategie processuali, ricevendo dalla società maggiori risorse economiche, così da poter cogliere le opportunità che il diverso contesto poteva loro offrire.

3.2: Romer v Evans : l'affermazione dell'Equal Protection per le

minoranze sessuali

Nonostante i foschi pronostici sulle conseguenze di Bowers, il processo di rimozione delle leggi contro la sodomia non fu interrotto e contrariamente alle critiche, le aule di giustizia continuavano a svolgere un ruolo di primo piano.

Nel 1992 la corte suprema del Kentucky fu il primo alto organo di giustizia a rimuovere le sue leggi contro la sodomia consensuale dopo Bowers, seguita negli anni successivi dal Nevada, dal distretto della Columbia, dal Tennessee, dalla Montana, dalla stessa Georgia dal Rhode Island, del Maryland, dall'Arizona, dal Minnesota, dal Massachusetts e dall'Arkansas. Il “rinascimento” delle riforme dei reati sessuali fu determinato più che dalla politica dal sistema giudiziario, in otto casi di decriminalizzazione su dodici.

Il risultato dipendeva in parte dalle diverse strategie degli avvocati e dalla migliore capacità di affrontare i diversi sistemi giuridici al livello del singolo stati, rispetto al passato dove si era preferito puntare tutto sul dibattimento federale. La scelta era stata dettata più da motivi materiali che di visione strategica, per il minor costo economico di un percorso federale. Le associazioni legali che lottavano per la sopravvivenza

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negli anni Settanta e Ottanta come la Lambda non avevano né le risorse né il personale per seguire molteplici casi nel complesso e variopinto panorama statale, mentre non esistevano canali di informazione adeguati per gestire un territorio così esteso. Ma Bowers non chiuse solo le porte del percorso federale, spingendo a ridisegnare la strategia, ma accrebbe anche la visibilità e i bilanci delle agenzie legali frutto di donazioni e del maggiore numero di clienti, frutto spesso dei problemi connessi all'emergenza dell'AIDS o discriminazione sul posto di lavoro e familiare. I nuovi proventi consentirono di retribuire un numero maggiore di personale, analizzare i sistemi legali del variegato panorama, statunitense, seguire direttamente i casi anziché limitarsi all'invio di singoli brief di sostegno.

Il mondo delle corti di circuito statale divenne l'occasione per testare nuovi percorsi legali, grazie al dettato Costituzionale di molti stati, assai più esplicito nel tutelare i diritti civili e la libertà dei cittadini della Costituzione Federale. Un'ulteriore elemento a favore del dibattimento statale era la possibilità di “sperimentare” con la consapevolezza che eventuali insuccessi avrebbero avuto effetti confinati, dato che le sentenze di circuito statale non sono precedenti vincolanti nel più esteso circuito statale e federale.9

Il risultato di una strategia concertata stato per stato è visibile nel primo successo giudiziario dopo Bowers, il caso Kentucky v Wasson10, dove gli avvocati avevano contestato la locale legge contro la sodomia sugli stessi elementi di violazione del

Due Process del caso Georgiano. I due processi si svolsero in contemporanea e

quando le rivendicazioni di incostituzionalità in Bowers caddero, gli avvocati si videro costretti a chiudere la loro strategia federale, conservando tuttavia le denunce di incostituzionalità sotto la costituzione del Kentucky, riconosciute dalla Corte di prima istanza e in appello, dove la corte non solo confermò la sentenza sulla base del

Due Process, ma incluse l'accusa di violazione dell'Equal Protection. Nel 1992 la

Corte Suprema dello stato riconobbe queste due violazioni ponendo fine alla legge contro la sodomia consensuale dello stato.

La vittoria giuridica in Wasson metteva in risalto non solo le potenzialità offerte da 9 Ellen Andersen, Out of the Closet and into the Court, (cit.), pp.44-45

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una strategia state by state, ma anche come l'elemento dell'Equal Protection applicato alle minoranze sessuali potesse essere un argomento convincente presso i giudici, in particolare di fronte a palesi discriminazioni. La sentenza della Corte Suprema non aveva solo donato legittimità all'omofobia insita nelle leggi contro la sodomia, ma aveva spinto gli antagonisti politici delle minoranze sessuali verso un acceso contrasto della crescita delle comunità gay. Lo spirito di reazione era forte sopratutto negli stati conservatori del Sud, dove all'attivismo lgbti nei grandi centri urbani si contrapponeva l'elettorato conservatore nelle aree rurali, dominate che resistevano alla visibilità sociale degli omosessuali. Negli anni Novanta le comunità religiose e le realtà conservatrici mostrarono il loro predominante peso politico, battendo le associazioni Lgbt e mettendole di fronte alla minaccia di leggi omofobe che non avevano precedenti nella tradizione legislativa degli Stati Uniti.11

Nel 1990, quando lo stato della California adottò una legge per colpire le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale nell'impiego pubblico, conservatori e moralizzatori religiosi si unirono nella Colorado for Family Values (CFV) per promuovere un emendamento, noto come Amendament 2, che avrebbe escluso costituzionalmente la possibilità di adottare una tutela legale basata sul proprio orientamento sessuale. La legge si proponeva ufficialmente lo scopo di impedire agli omosessuali di rivendicare per se' “diritti speciali”, in nome di un presunto senso di uguaglianza democratica, ma di fatto riduceva tutti gli individui che non si identificavano come eterosessuali in uno stato di potenziale illegalità:

“[...] no local or state governmental unit shall enact, adopt or enforce any statute, regulation, ordinance or policy whereby homosexual, lesbian or bisexual orientation, conduct, practices or relationships shall constitute or otherwise be the basis of or entitle any person or class of persons to have or claim any minority status, quota preferences, protected status or claim of discrimination. [...]”12

La campagna referendaria la CFV mostrava una continuità con la campagna di Anita Byrant nella Florida degli anni Settanta, alternando un intento democratico e un volto rispettabile a una retorica omofoba, pronta a eccitare disgusto e paura verso i gay

11Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.) p.280 12Romer vEvans, 517 U.S., p.621

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nell'elettorato conservatore. L'Amendament 2 venne approvato così da una vasta maggioranza referendaria, lasciando alle associazioni l'unica possibilità di ricorrere in tribunale.13

La scelta giudiziaria sembrava inevitabile, dato che l'inedito Emendamento mostrava evidenti violazioni costituzionali. Queste furono in parte confermate dalla corte suprema del Colorado, riconoscendovi una violazione del Due Process sotto il Primo Emendamento Federale e dell'Equal Protection Clause per il Quattordicesimo, sebbene non entrasse nel merito alla suspect discrimination per le minoranze sessuali. Si apriva così la possibilità di domandare una revisione alla Corte Suprema 14

Dai tempi di Bowers la Corte non aveva accolto altre revisioni per processi che riguardassero l'omosessualità, ma era cambiata nella sua composizione in otto anni. Con la nomine di quattro nuovi giudici sotto le presidenze Bush e Clinton, Clarence Thomas e David Souther nel 1990, Ruth Bader Ginsburg nel 1993 e Stephen Breyer nel 1994 la Corte era in equilibrio tra posizioni conservatrici e liberali, ma la maggiore diversificazione sul piano dell'identità di genere, della confessione religiosa e dell'appartenenza etnica dava della Corte un aspetto rinnovato, capace di meglio rappresentare il pluralismo di una nazione moderna e dalle molteplici identità. Nel febbraio 1995 i giudici della Corte Suprema accolsero la petizione di revisione del caso Romer v Evans.

Gli avvocati, in parte membri dalla ACLU e della American Bar Association, costruirono la loro strategia su quanto la Corte Suprema del Colorado aveva già espresso. Se dimostrare la violazione della libertà di espressione sotto il Primo Emendamento appariva la scelta più semplice e con maggiori possibilità di successo, più complesso e difficile era dimostrare una violazione dell' Equal Protection Clause. Gli avvocati erano in dubbio se la Corte avrebbe riconosciuto una suspect

classification dell'orientamento sessuale quale motivo di discriminazione, così come

in passato era stato fatto in ambito razziale o religioso, ma scelsero comunque di portare avanti la loro tesi. In favore dell'equiparazione tra identità sessuale e razziale contribuivano ricerche scientifiche, sempre più favorevoli a riconoscere 13 Franklin, Marrying Liberty and Equality, (cit.) pp.859-861

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nell'orientamento sessuale un dato biologico, immutabile e non quindi equiparabile a una scelta di vita, mentre a sostegno dell'accusa di un animus ostile alle persone nell'impianto della legge Lgbt furono portati i discorsi pubblici dei promotori del referendum, i manifesti e i volantini ricchi di stereotipi e immagini che tratteggiavano gli omosessuali come predatori sessuali, soggetti violenti e promiscui.15

Tuttavia la Corte Suprema, oltre a questi elementi, fu probabilmente persuasa dalle difficoltà dei difensori della legge a giustificare l'Amendament 2, non trovando un limite alla legge nell'interferire i diritti civili di una categoria specifica di persone. Il potere discrezionale e quasi illimitato conferito ai pubblici ufficiali sui singoli cittadini, contro cui lo stesso stato non poteva intervenire all'interno dei meccanismi legislativi democratici fu visto come un caso atipico nel diritto statunitense. La difesa poté citare un solo precedente simile, James v Valtierra16, dove una sentenza aveva

confermato un referendum locale volto a limitare l'accesso alle liste per le case popolari a un gruppo specifico di immigrati. Ma come fu giustamente osservato,

Valtierra riguardava solo un aspetto dell'amministrazione pubblica, mentre

l'Amendament 2 si applicava potenzialmente su ogni servizio erogato dall'autorità statale.

Nel maggio 1996, la Corte fece pervenire la sua decisione, decretando che l'Amendament 2 costituiva una violazione del Primo e del Quattordicesimo Emendamento. I giudici giudicarono l'emendamento non sulla base di uno scrict

scrutiny, ma semplicemente constatando che la legge non incontrasse un livello

minimo di rational basis, basato solo su una sua intrinseca animosity verso lo specifico gruppo sociale delle persone lgbti. Il giudice Kennedy, portavoce della maggioranza, affermò come l'Amendament superava nettamente il suo presunto scopo, ovvero rimuovere una presunta condizione di privilegio legale per le persone omosessuali, risultando in una legge che violava alla lettera il dettato del Quattordicesimo Emendamento. La sua applicazione avrebbe trascinato una minoranza in uno status di disabilità esteso e gravoso senza la possibilità di essere 15Lisa Keen, Suzanne Goldberg, Strangers to the Law: Gay People on Trial, Ann Arbor, University of Michigan Press, 2000, pp. 35-38, 40-43

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controbilanciato, in quanto l'Amendament avrebbe impediva loro di cercare rifugio sotto la legge:

“Its sheer breadth is so discontinuous with the reasons offered for it that the amendment seems inexplicable by anything but animus toward the class that it affects. […] a “status-based” law aimed at a class of citizens. Such laws violated the equal protection command that “a bare desire to harm a politically unpopular group cannot constitute a legitimate government interest. ”17

Più che testimoniare una simpatia della Corte verso la gay agenda, la sentenza era coerente con la dottrina costituzionale che aveva portato alla condanna della segregazione razziale. Il legame fu espresso chiaramente dal giudice Kennedy citando precedenti illustri a partire dall'opinione dissenziente del giudice Harlan in Plessy v

Ferguson: “[..] Our costitution is color-bind, and neither knows nor tolerates classes among citizens”.18 I giudici infatti, pur non dichiarando esplicitamente che l'omosessualità rientrasse nella definizione di categoria sociale protetta, riconobbero che l'omofobia, espressa quale animus discriminatorio verso un preciso gruppo sociale, per quanto impopolare, non potesse costituisse l'unico interesse legittimo per fondare una legge. Sanzionando così una norma che minava la libertà dei cittadini di esprimere il proprio orientamento sessuale, la Corte Suprema lanciava un forte messaggio di legittimazione alle richieste di tutela che da anni il movimento omosessuale avanzava. All'opposto la reazione dei giudizi dissenzienti fu particolarmente aspra. Il giudice Justine Scalia denunciò la sentenza come attacco al diritto dei cittadini del Colorado di definire le proprie norme etiche e culturali tramite legittimi processi democratici, mostrando la presa di posizione della Corte nella battaglia culturale sull'omosessualità:

“The Court has mistaken a Kulturkampf for a fit of spite. The constitutional amendment before us here is not the manifestation of a ‘bare . . . desire to harm’ homosexuals, but is rather a modest attempt by seemingly tolerant Coloradans to preserve traditional sexual mores against the efforts of a politically powerful minority

17Romer vEvans, 517 U.S. 620, (1996) 18 Plessy v Ferguson, 163 U.S. 559 (1867)

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to revise those mores through use of the laws.”19

L'uso che Scalia fece del termine Kulturkampf suscitò molte critiche. Nelle parole del giudice dissenziente quella che per tradizione indicava la repressione di una minoranza ad opera di un governo assumeva ora il significato diametralmente opposto, ovvero l'imposizione culturale di una minoranza radicalizzata sulla maggioranza della volontà popolare. Ma se quella di Scalia appariva come un'operazione intellettualmente dubbia, il secondo punto su cui Scalia poneva l'accento era assai più concreto, ovvero il contrasto la sentenza Romer e quella sul caso Bowers v Hardwick. Se la Corte respingeva infatti l'omofobia quale fondamento razionale di una legge, si contraddiceva con il suo precedente che affermava come la sodomia consensuale, attività eccellente degli omosessuali, non rientrasse nell'ambito dei diritti espressi dal dettato costituzionale:

“[...] In holding that homosexuality cannot be singled out for disfavorable treatment, the Court contradicts a decision, unchallenged here, pronounced only 10 years ago, [...] and places the prestige of this institution behind the proposition that opposition to homosexuality is as reprehensible as racial or religious bias.”20

Nonostante i dubbi, Romer fu una decisione in cui la Corte Suprema anticipò il mutamento sul discorso normativo dell'omosessualità, da insieme di pratiche volontarie sanzionabili a un'identità costituzionalmente tutelabile, anticipando e rafforzando il mutamento culturale nella percezione pubblica dell'omosesusalità prima ancora che questi fosse pienamente compreso dalla politica. Dopo Romer, il consenso giuridico sulle norme che reprimevano determinati atti sessuali, relegando i gay al rango di cittadini di seconda classe fu posto sempre più in discussione, spingendo le associazioni legali a riannodare i fili della sfida costituzionale alle ormai desuete leggi contro la sodomia.

3.3: Lawrence v Texas e la fine della criminalizzazione della sodomia

19Romer, 517 U.S., 636, (1996) 20Romer, 517 U.S., 641 (1996)

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Il 17 settembre settembre 1997 la polizia di Huston in Texas penetrò nell'appartamento di John Lawrence, cittadino incensurato, a seguito di una denuncia, risultata poi falsa, dell'uso di un'arma da fuoco nell'abitazione. Qui sorpresero Lawrence mentre consumava un rapporto sessuale consensuale nella sua camera da letto, con un altro maschio adulto, Tyron Garner. La polizia, intervenuta per la presunta sparatoria, procedette comunque all'arresto dei due in applicazione della

Homosexual Conduct Law del Texas. Dopo un fermo di ventiquattr'ore, Lawrence e

Garner furono rilasciati su cauzione ma su consiglio degli avvocati e delle associazioni intervenute contestarono l'accusa e si dichiararono non colpevoli, dando inizio al processo.21

Dopo l'iniziale sentenza di colpevolezza gli avvocati portarono la legge in appello contestando una violazione del Due Process e dell'Equal sotto la costituzione del Texas. Nel giugno del 2000 la quattordicesima corte di appello del Texas accolse la possibilità di revisione del caso in violazione dell'Equal Rights Emendament della costituzione statale del 1972, in quanto uno degli accusati, Tyron Garner, era una persona di colore. Tale tesi fu tuttavia respinta l'anno successivo, così gli avvocati di Lawrence si rivolsero alla Texas Court of Criminal Appeals, la più alta in grado nello stato, ma dopo un anno di attesa questa respinse la richiesta di esamina del caso. Un ruolo innegabile è stato attribuito alla maggioranza dei repubblicani alla guida dello stato e dall'ex governatore George W.Bush Junior, divenuto poi presidente nel 2000, che rinnovarono la composizione dei giudici della Corte di appello in modo da renderla più refrattaria ad accogliere la tesi degli avvocati. Di fronte alle reticenza dell'esame nel sistema giuridico statale, gli avvocati decisero dunque di inviare un

brief a certiorari alla Corte Suprema, la quale garantì la revisione.22

La LAMBDA, la ACLU e la Gay and Lesbian Alliance against Difamatio (GLAAD) più altre firme riunite nella Litigator's Roundtable, la nuova piattaforma di cooperazione legale succeduta alla Ad-Hoc-Task Force, erano certe di poter affrontare la sfida della Corte Suprema. L'arresto di Lawrence era la migliore opportunità che si 21 Dale Carpenter, “The Unknown Past of Lawrence v Texas,”, Michigan Law Review, No.102, Vol.1 (2004), pp.

1481-83

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fosse mai presentata a quasi vent'anni da Bowers v Hardwick per mettere nuovamente in discussione la costituzionalità delle leggi contro la sodomia. I cambiamenti avvenuti nell'opinione pubblica e nell'atteggiamento della Corte nei confronti dell'omosessualità suggerivano che il risultato sarebbe potuto essere stavolta assai diverso.23

La principale tesi delle associazioni legali era che la legge del Texas violava il diritto al Due Process in merito all'argomento della privacy dato che Lawrence era stato arrestato in violazione della sua intimità domestica, in un contesto in cui non poteva arrecare danni a terzi o a minori. In virtù di Romer v Evans, era inoltre possibile muovere l'ulteriore accusa di incostituzionalità sotto l'Equal Protection, in quanto la legge del Texas, criminalizzando esplicitamente solo gli atti sessuali tra le persone dello stesso sesso e ignorando le medesime attività compiute tra soggetti di sesso diverso, mostrava lo stesso impianto omofobo legittimante condannato per l'Amendament 2. Le accuse mosse alla sezione 21.06 della legge erano di essere l'espressione una volontà discriminatoria verso i gay, volta a catalogarli come cittadini di seconda classe, imporre una vasta serie di disabilità e incoraggiarela stessa violenza omofoba.24

Gli avvocati di Lawrence e Gardern non potevano solo limitarsi a confidare nell'incapacità dei loro avversari a portare motivazioni adeguate a legittimare la legge, ma per vincere la causa compresero la necessità di dimostrare gli errori compiuti dalla stessa Corte Suprema in Bowers, poiché il valore dei precedenti nella dottrina costituiva il principale ostacolo a ottenere il voto dei giudici più osservanti della tradizione costituzionale. Gli avvocati cercarono di dimostrare quindi come

Bowers si fosse stato un caso isolato ed estraneo alla tradizione giuridica della Corte

Suprema in materia di diritto alla privacy e tutela giuridica delle minoranze. Al fine del ribaltamento di Bowers giunsero, oltre alle argomentazioni legali degli avvocati, numerosi contributi dal mondo scientifico e accademico, sopratutto da storici e studiosi dell'omosessualità come George Chauncey, Nancy Cott, William Eskridge, 23 Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.) pag.236

24 Brief of Petitioners Lawrence v Texas, No. 02-102, (Merits), January 16, 2003, pp.4-11, 12-34, 40-45, (consultato il 12/09/2018 in http://cdm16035.contentdm.oclc.org/cdm/ref/collection/p16035coll2/id/32 )

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John Garver che illustrarono le trasformazioni legali del reato di sodomia e sfatandone le presunte radici storiche, mettendo in evidenza il ruolo storico del Quattordicesimo Emendamento, ed evidenziando come questo elemento non fosse stato portato all'attenzione dei giudici nel caso Bowers.25

Oltre alle argomentazioni dei legali, alle tesi dei giuristi e degli storici, un ruolo non secondario fu svolto dai professori di diritto internazionale che rammentarono alla Corte degli sviluppi giuridici avvenuti negli altri paesi a democrazia avanzata, da tempo avevano decriminalizzato il reato di sodomia. Il consenso scientifico sulla non pericolosità dell'omosessualità, da cui derivava l'inutilità delle leggi che la criminalizzavano, non era più ormai la denuncia del mondo medico nazionale, degli stessi organismi internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Sanità, a cui gli Stati Uniti aderivano. Sebbene le corti Costituzionali siano organi autonomi in materia di interpretazione del Diritto, gli studiosi ritennero come il confronto con i casi stranieri risultasse armonioso con la tradizione della giurisprudenza statunitense, da sempre sensibile a recepire le istanze provenienti dall'Europa e dai paesi con cui era unita da percorsi storici comuni, come l'Inghilterra. L'esperienza internazionale mostrava come in Europea, sulla base di premesse dottrinarie analoghe, si fosse giunti sullo stesso tema alle medesime conclusioni e che tale esempio andasse seguito, per evitare di ripetere sentenze discordanti che replicassero Bowers. Allontanarsi dal consesso interazionale sarebbe risultato un rischio di caduta di prestigio internazionale, indebolendo la degli Stati Uniti nella sua posizione di leader dei paesi liberali e democratici.26

Il 26 giugno 2003 la Corte annunciò la sua decisione in Lawrence decretando per la legge contro la sodomia dello stato del Texas una violazione del Quattordicesimo Emendamento, sia sotto il Due Process che sotto il principio dell'Equal Protection, riconoscendo inoltre gli errori compiuti nella precedente sentenza in Bowers v 25Lawrence and Garner v Texas, No. 02-102, Brief of the Cato Institute as Amicus Curiae in Support of Petitioners.,

January 16, 2003, pp.3-27 (consultato il 12/09/2018 in

http://cdm16035.contentdm.oclc.org/cdm/ref/collection/p16035coll2/id/33)

26Brief of Mary Robinson, Amnesty International U.S.A., Human Rights Watch, Interights, The Lawyers Committee for Human Rights, and Minnesota Advocates for Human Rights as Amici Curiae in Support of Petitioners, (Lawrence

Texas, No. 02-102) pp. 3-22, (consultato il 12/09/2018 in

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Hardwick, che veniva così ribaltata.

Nell'opinione del giudice Kennedy, così come in quella concorrente del giudice O'Connor, l'elemento determinante della sentenza risultò essere la rational basis della legge del Texas, sufficiente a dimostrare le due violazioni sotto il Quattordicesimo Emendamento. La legge contro la sodomia escludeva dal reato la maggioranza degli eterosessuali, obbligava gli omosessuali a un trattamento riservato, con conseguenze talmente pesanti in ambiti così estesi della vita privata dei comuni cittadini da non avere in bilanciate adeguate e sufficienti giustificazioni. L'interesse dello stato a estendere un giudizio morale, seppur condiviso da una comunità, verso uno specifico gruppo sociale non poteva essere ritenuto un motivo sufficiente:

“Equality of treatment and the due process right to demand respect for conduct protected by the substantive guarantee of liberty are linked in important respects, and a decision on the latter point advances both interests. If protected conduct is made criminal and the law which does so remains unexamined for its substantive validity, its stigma might remain even if it were not enforceable as drawn for equal protection reasons. When homosexual conduct is made criminal by the law of the State, that declaration in and of itself is an invitation to subject homosexual persons to discrimination both in the public and in the private spheres. [...] The stigma this criminal statute imposes, moreover, is not trivial. The offense, [...] remains a criminal offense with all that imports for the dignity of the persons charged. [...]”27

I giudici riconobbero le trasformazioni della giurisprudenza dai tempi di Bowers, constatando la diminuzione del numero di stati federati che criminalizzavano la sodomia da venticinque a tredici, con quattro espressamente diretti verso gli omosessuali, ma affermarono compiutamente come già ai tempi di Bowers fossero presenti i presupposti dottrinali per la decriminalizzazione, con l'esperienza accumulatasi a partire da Griswold v Connecticut nel definire la privacy sessuale non limitando il Due Process alla sfera familiare. I giudici condannavano inoltre, nel quesito di costituzionalità in Bowers, l'accesso di attenzione sulla sodomia come atto da legittimare, in quanto fuorviante ed espressione del fallimento della Corte nel 27 Lawrence v Texas, 539 U.S. 574-575 (2003)

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comprendere la reale dimensione della libertà e della dignità personale chiamata a giudizio, ovvero il diritto a realizzare la propria identità sessuale. I giudici, riconducendo il vissuto personale, sentimentale e affettivo di una persona omosessuale al mero atto sessuale compivano un'operazione dubbia, priva di giustificazione morale nonché diseguale, perché nessuno di loro avrebbe mai definito la famiglia eterosessuale come semplice atto riproduttivo tra un uomo e una donna: “Liberty protects the person from unwarranted government intrusions into a dwelling or other private places [...] presumes an autonomy of self that includes freedom of thought, belief, expression, and certain intimate conduct. [...] the Court’s own failure to appreciate the extent of the liberty at stake. To say that the issue in Bowers was simply the right to engage in certain sexual conduct demeans the claim the individual put forward, just as it would demean a married couple were it to be said that marriage is simply about the right to have sexual intercourse.”28

Nelle parole del Kennedy veniva inoltre confermata l'interpretazione storica offerta dagli avvocati e dagli studiosi sul reato di sodomia, riportando queste leggi a una corretta dimensione storica, non la millenaria condanna morale dell'omosessualità, ma una legge sul costume sessuale, divenuta solo nel ventunesimo secolo lo strumento legale per reprimere e sanzionare uno specifico gruppo sociale. Sebbene i giudici erano liberi di coltivare il loro personale giudizio sull'omosessualità, il compito di una corte secolare era di definire i limiti della libertà individuale nel rispetto della propria carta costituzionale, non fornire un codice di condotta morale: “Having misapprehended the liberty claim presented to it, the Bowers Court stated that proscriptions against sodomy have ancient roots.[...] It should be noted, however, that there is no longstanding history in this country of laws directed at homosexual conduct as a distinct matter. Early American sodomy laws were not directed at homosexuals as such but instead sought to prohibit nonprocreative sexual activity more generally, whether between men and women or men and men. Moreover, early sodomy laws seem not to have been enforced against consenting adults acting in private. Instead, sodomy prosecutions often involved predatory acts against those 28 Lawrence v Texas, 539 U.S. 559-560 (2003)

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who could not or did not consent [...] Far from possessing "ancient roots," American laws targeting same-sex couples did not develop until the last third of the 20th century. [...] Thus, the historical grounds relied upon in Bowers are more complex than the majority opinion and the concurring opinion by Chief Justice Burger there indicated. [...] The Bowers Court was, of course, making the broader point that for centuries there have been powerful voices to condemn homosexual conduct as immoral, but this Court's obligation is to define the liberty of all, not to mandate its own moral code [...]”29

Furono infine riconosciute le osservazioni sul quadro normativo internazionale, affermando come gli Stati Uniti non potessero discostarsi dal resto dei paesi del mondo che avevano respinto le leggi contro la sodomia in nome di una comune cultura di tutela dei diritti Umani:

“[...] almost five years before Bowers was decided the European Court of Human Rights considered a case with parallels to Bowers and to today's case. An adult male resident in Northern Ireland alleged he was a practicing homosexual who desired to engage in consensual homosexual conduct. The laws of Northern Ireland forbade him that right. [...] The court held that the laws proscribing the conduct were invalid under the European Convention on Human Rights. Authoritative in all countries that are members of the Council of Europe, the decision is at odds with the premise in Bowers that the claim put forward was insubstantial in our Western civilization.”30 I critici della sentenza si riunirono attorno alla figura del giudice Scalia e alla sua

dissenting opinion, dai toni molto aspri e diretta verso i suoi colleghi, accusati di

“attivismo giudiziario”, di aver attinto a modelli stranieri per giustificarsi, di continuare la cultur war iniziata con Romer, minando l'autonomia del corpo legislativo.

“One of the most revealing statements in today's opinion is the Court's grim warning that the criminalization of homosexual conduct is "an invitation to subject homosexual persons to discrimination both in the public and in the private spheres." It is clear from this that the Court has taken sides in the culture war, departing from 29 Lawrence v Texas, 39 U.S., 567-569 (2003)

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its role of assuring, as neutral observer, that the democratic rules of engagement are observed. Many Americans do not want persons who openly engage in homosexual conduct [...] They view this as protecting themselves and their families from a lifestyle that they believe to be immoral and destructive. The Court views it as "discrimination" which it is the function of our judgments to deter.”31

Tuttavia, le accuse del giudice Scalia non tenevano conto del ruolo di primo piano della Corte Suprema nel definire la stessa tradizione giuridica statunitense sul piano del diritto individuale di privacy, un percorso dove era invece Bowers a porsi in controtendenza. Lawrence univa correttamente la denuncia dell'intrusione subita dalla vittima nella sua dimora, una violazione del Due Process, recuperando i fili del più esteso progetto dell'Equal Protection volto a includere tutti i cittadini nella tutela della Legge, anche contro la volontà ostile della maggioranza. Infine, l'ultima accusa che Scalia incolpava alla Corte, di stravolgere il principio della divisione dei poteri, sostituendosi allo stato nel suo compito di codificare in leggi le norme morali, in sostanza di “fare politica”. Una simile critica mostrava tuttavia orti elementi di debolezza, in primo luogo perché Lawrence non costituiva la fine delle numerosi leggi per il controllo di pratiche sessuali causa di possibile allarme sociale come oscenità, atti sessuali in pubblico, bigamia, incesto, violenza sessuale, bestialità. In secondo luogo perché gli stessi giudici dissenzienti mostravano di essere stati “contagiati” dalla cultura della gay agenda. Scalia si sentì obbligato infatti a ribadire come non nutrisse animosità verso gli omosessuali e non difese l'utilità pratica della legge, considerandola “uncommonly silly” e mostrandosi di fatto favorevole alla sua abolizione:

“If I were a member of the Texas Legislature, I would vote to repeal it. Punishing someone for expressing his sexual preference through noncommercial consensual conduct with another adult does not appear to be a worthy way to expend valuable law enforcement resources”32

In generale, con Lawrence terminava una battaglia per cui lo stesso fronte conservatore si mostrava diviso e non più persuaso a investire risorse importanti. 31 Lawrence v Texas, 39 U.S., 602-603 (2003)

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Anzi, alcune organizzazioni legali del partito Repubblicano, come la Republican

Unity Coalition e la Log Cabin Republicans inviarono brief a sostegno della

decriminalizzazione del reato di sodomia. All'opposto, nessuno giunse né dall'amministrazione presidenziale, allora a guida Repubblicana, né dal Procuratore Generale del Texas. I fattori determinanti per questo disimpegno sono da rintracciarsi nel venir meno della validità culturale dei tradizionali appelli basati sul disgusto, sull'omofobia o sulla morale giudaico-cristiana, ostinatamente portati avanti solo da organizzazioni a carattere religioso come il Family Reserch Council. Questo è visibile nella scelta degli avvocati che difendevano la Homosexual Conduct Law di incentrare la loro strategia su temi neutrali, come l'autonomia degli Stati a disciplinare il costume sessuale, il diritto di tutelare il modello familiare tradizionale e la salute pubblica, continuando a spacciare la legge quale contrasto alla diffusione delle malattie venere ma pochi ormai, escluse forse le associazioni religiose oltranziste, erano sensibili al fascino dell'omofobia apertamente dichiarata o derivata dalla morale cristiana. L'opportunità politica, i confronti culturali, i contenziosi giuridici si stavano ormai spostando dalla sodomia al tema, ben più scottante, della battaglia per il matrimonio omosessuale.

3.4: Marriage Equality: i diversi casi delle Hawaii e del Vermont

Nel corso degli anni Novanta e dei primi anni Dieci del nuovo Millenni uno degli elementi che più influenzò la società statunitense e le associazioni per i diritti fu il progetto di estendere il diritto matrimoniale alle minoranze sessuali. Il riconoscimento delle unioni tra omosessuali apparve come un cambiamento inedito nella Storia, ma non costituiva in realtà una novità così assoluta. Studi di Antropologia hanno rilevato come prima dell'avvento del Colonialismo, in molte culture Extra-Europee fossero riconosciuti diversi tipi di unioni tra individui dello stesso sesso. Persino nel mondo Europeo, coppie mascherate da persone di sesso opposto si erano spesso sposate illegalmente nel corso della Storia, oppure avevano

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convissuto a lungo e non solo in circostanze di eccezionale tolleranza.33

Dopo i moti di Stonewall le critiche al monopolio eterosessuale sulla vita sociale e la volontà di spezzare il silenzio della propria esistenza portò alle prime contestazioni dei gay dell'esclusione dal matrimonio. La prima coppia a rivolgersi presso una corte statale in cerca di riconoscimento fu quella formata da Jacker Baker e Mike McConnell, ma venne respinta. La Corte Suprema del Minnesota affermò come la definizione di matrimonio, ristretta a un uomo e una donna, non si potesse applicare alle coppie dello stesso sesso. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta continuarono a registrarsi casi isolati come Jones v Hallahan (1973), Singer v Hara (1974), Jennings

v Jennings (1974), Slayton v State (1982), Adams v Howerton (1982), De Santo v Barnsely (1984), In re Succession of Bacot (1987), tutti senza successo.34

Molti hanno visto in questi casi il preludio per la battaglia al matrimonio egualitario, che sarebbe stata poi portata avanti da un movimento “più maturo” nel decennio successivo, ma il fine di queste richieste non sarebbe stato necessariamente a favore dell'adesione dell'istituto matrimoniale, quanto piuttosto l'occasione per manifestare la propria identità, dimostrare l'esistenza di legami affettivi diversi dal matrimonio, trasformarli in atti politici. Il Movimento di Liberazione Omosessuale non sviluppò mai del resto una strategia il desiderio di giungere all'eguaglianza matrimoniale, poiché considerava la famiglia eterosessuale e monogama un'istituzione oppressiva, sessista e patriarcale, di cui ne auspicava piuttosto la dissoluzione e la sostituzione con nuove dinamiche sessuali più libere, creative e egualitarie.35

Ma la crisi innescata dall'AIDS, oltre a ridefinire il complesso rapporto tra identità e condotta sessuale per il mondo omosessuale, sollevò in molte coppie gay i problemi legali derivati dal non possedere alcun riconoscimento giuridico in caso di malattia o dipartita del proprio partner. Pochissime tutele giuridiche possono essere conseguite al di fuori del diritto familiare, quali la condivisione dell'assistenza sanitaria, la trasmissione ereditaria di beni del defunto, l'esercizio della podestà genitoriale sui 33 William Eskridge, “A History of Same-Sex Marriage” Virginia Law Review, Vol.79 No.7, Symposium on Sexual

Orientation and the Law, (1993) pp.1419-1513

34 Douglas NeJaime, “Before Marriage: The Unexplored History of Nonmarital Recognition and its Relationship to Marriage” California Law Review, Vol.102, Issue 1, Art.6, (2014), pag.87-172

35Boucai Michael, "Glorious Precedents: When Gay Marriage Was Radical," in Yale Journal of Law & the Humanities: Vol. 27 : Iss. 1 , Article 1, (2015), pag.1-82

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figli nati fuori o spesso dentro la coppia grazie alle nuove tecniche di fecondazione assistita, dinamica sentita particolarmente sentita dalla componente femminile del movimento omosessuale. L'istituto familiare inoltre non è solo un potente strumento legale per rafforzare il benessere economico dei contraenti ma garantisce a questi la rispettabilità, l'inclusione e il benessere psicologico derivato dalla riconoscimento della proprie relazione. Infine alcuni attivisti compresero come perorare il matrimonio egualitario, oltre a dare risposta a necessità pratiche, avrebbe costituito un potente strumento per contrastare le disuguaglianze e lo stigma omofobo.36

Il dibattito sull'intraprendere o meno la battaglia per il diritto matrimoniale divise fin da subito gli attivisti, con una maggioranza ostile che la considerò antitetica ai veri obiettivi del movimento di liberazione sessuale. La stessa presidente della Lambda, Paula Ettelbrick, affermò come il matrimonio non sarebbe potuto mai divenire uno degli obiettivi del movimento, una chimera di emancipazione in cui si celava il ritorno alle vecchie politiche di assimilazione culturale del vecchio movimento omofilo negli anni Cinquanta.37

In virtù dell'opposizione culturale del movimento stesso, nessun gruppo legale considerò il matrimonio una priorità su cui investire risorse, almeno fino al caso

Baehr v Lewin38 nel 1993, quando la corte suprema dello stato delle Hawaii riconobbe che negare un contratto matrimoniale a una coppia di due donne costituisse una discriminazione di genere sessuale sotto la costituzione dello stato. La sentenza non fu solo la prima favorevole alle rivendicazioni coppie omosessuali, ma animò forti reazioni in tutta la società statunitense, spezzando l'universale consenso che matrimonio e famiglia fossero territori di esclusiva competenza degli eterosessuali. Il movimento abbracciò gradualmente l'impegno a favore della battaglia per il matrimonio paritario e le associazioni legali passarono dal ruolo di semplici osservatori passivi alla creazione di appositi team di collaborazione, come il

Marriage Project del 1994. La strategia proposta era concertare una mobilitazione

politica, coordinando gli sforzi legali nei vari stati, sensibilizzando gli alleati politici 36 George Chauney, Why Marriage: The History Shaping Today's Debate Over Gay Equality, Basic Books, New York,

2014, pag.96-102

37 Paula Ettelbrick, “Since When is Marriage a Path to Liberation?” in OUT/LOOK, n.14, 1989 38 Baehr v Lewin, 852 P.2d 44 (HI 1993)

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per guadagnare il loro sostegno e progettando una campagna di educazione sociale verso un tema che si mostrava subito essere estremamente controverso.39

L'enfasi fu motivata dalle possibilità e dai timori per le reazioni che la sentenza sollevò nella nazione. Infatti gruppi conservatori come il Family Reserch Council, il

Focus on the Family, la Christian Coalition e le comunità religiose come i Mormoni,

i Cattolici e gli Evangelici mobilitarono il corpo politico, ottenere l'appoggio del Congresso per ostacolare gli effetti di Baher nel resto della nazione. Nel 1996 un Congresso a guida repubblicana emanò il Defense of Marriage Act (DOMA), che definì il matrimonio a livello federale in termini strettamente eterosessuali, quale unione esclusiva di un uomo e una donna, esentando i singoli Stati dal riconoscere le unioni celebrate nel resto della nazione. Il risultato fu la nascita di un sistema giuridico-legale polarizzato tra stati favorevoli e contrari, mentre le licenze matrimoniali contratte avevano valore nullo fuori dallo stato in cui erano state contratte.40

La legge, ratificata dalla presidenza Bill Clinton a guida democratica, si inserì all'interno del caso Baehr. Questi, lungi dall'essere concluso, tornava nel 1996 nuovamente a dibattimento sotto nuovo nome, Baehr v Mike41. La Corte Suprema delle Hawaii continuava a fornire ragioni a favore dell'equiparazione al diritto matrimoniale. Interpellata sulla possibilità di violazione dell'Equal Protection delle coppie omosessuali sotto la Costituzione Statale, denunciò l'assenza di un rationale sufficiente a negare loro il diritto a un riconoscimento. Il tribunale obbligò formalmente lo stato delle Hawaii a riconoscere le unioni tra le persone dello stesso sesso, ma in risposta, il governo delle Hawaii modificò il proprio dettato costituzionale con un emendamento simile al DOMA federale, minando il risultato del processo ancora in corso e contemporaneamente, estese alcune delle tutele matrimoniali alle coppie dello stesso sesso per disarmare le opposizioni, senza però che queste tutele fossero valide a livello federale. L'emendamento venne ratificato da un referendum popolare e la corte suprema ritirò quanto affermato nella prima 39Ellen Andersen, Out of the Closets and into the Courts, (cit.), pag.170

40Allen Andersen, Ibidem, pag.179-180 41 Baehr v Miike, 910 P.2d 112 (HI 1996)

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sentenza Baehr, specificando come questo fosse avvenuto solo sulla base della nuova Costituzione. Alle fine nessuna coppia era stata legalmente sposata. La sconfitta nelle Hawaii non demotivò le coppie dello stesso sesso dall'avanzare istanze di riconoscimento in altri stati. 42

Nel 1997, tre coppie portarono in causa lo stato del Vermont dopo aver visto negato loro la licenza matrimoniale. Rappresentate da Susan Murray e Beth Robinson, due avvocati privati con precedenti impegni nel campo dei diritti civili, coadiuvati da Mary Bonauto della GLAD di Boston, i loro sforzi si tradussero nella sentenza della Corte Suprema del Vermont in Baker v State of Vermont43. Il processo fu il risultato degli intensi confronti legali tra le principali associazioni legali confluite nel

Marriage Project Act. Tutti i gruppi riconobbero che Baker si sarebbe svolto in un

contesto legale più favorevole di Baher. Il Vermont, diversamente dalle Hawaii, era uno stato dalla lunga tradizione di tutela delle persone lgbti e nella sua Costituzione vi era una norma nota come Common Benefit Clause che affermava l'obbligo di riconoscimento di uguali diritti a tutti i suoi cittadini, incluso l'orientamento sessuale.44

Dopo una sentenza sfavorevole in primo grado e il ricorso, nel dicembre 1999 la Corte Suprema del Vermont decretò a favore delle coppie dello stesso sesso riconoscendo come aver negato loro un riconoscimento avesse costituito una violazione del Common Benefit Clause. Ma la Corte, diversamente da quello che era avvenuto nelle Hawaii, non obbligò il corpo legislativo a riconoscerle immediatamente lasciando una possibilità di scelta tra l'estensione del matrimonio o l'adozione di un istituto alternativo, un registro delle Unioni Civili. Questa scelta di compromessa fu sostenuta dalla associazioni e dal corpo legislativo, venendo ratificato da un referendum popolare. Il mondo giudiziario mostrava quindi di poter essere un catalizzatore del processo democratico, continuando sul percorso tracciato dalla Corte Suprema in Romer v State.45

42 David Cole, Engines of Liberty, The Power of Citizen Activist to Make Constitutional Law, Basic Books, New York, 2016, pag.22-29

43 Baker v State of Vermont, 744 A.2d, 864 (Vt 1999) 44 David Cole, Ibidem, pag.33-34

45Cass Sunstein, “The Supreme Court 1995 Term Foreword: Leaving Things Undecided” Harvard Law. Review, Vol.110, No.4 (1996), pp.6-99

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Il Vermont fu subito salutato dalle associazioni come la dimostrazione che una strategia fatta di graduali rivendicazioni possedesse maggiori possibilità di successo. L'accesso a un istituto intermedio donava infatti visibilità pubblica per le coppie, riduceva l'intransigenza delle opposizioni e impediva di alienarsi il sostegno popolare alle rivendicazioni del movimento lgbti. Il registro delle Unioni Civili preservava tuttavia la preminenza dei matrimoni tradizionali, eterosessuali e ben presto fu percepito come un regime avvilente e segregante, dal valore nullo per il contesto federale. La battaglia per il riconoscimento dell'uguaglianza matrimoniale proseguì fino al 2009, quando fu lo stesso stato del Vermont a colmare questo divario, senza essere stato obbligati da una sentenza ma con un percorso di maturazione politica e crescita della consapevolezza della dignità delle coppie same-sex.

In questa visione di progresso graduale, fatta di compromessi accettabili, l'elemento che sollevava forti dubbi erano le caratteristiche dello stato del Vermont, tradizionalmente progressista e le cui piccole dimensioni consentivano una campagna di sensibilizzazione articolata “casa per casa”, possibile con piccole quote di investimento. Questo modello risultava difficilmente replicabile su stati più estesi, dal tessuto sociale più complesso e con una maggiore dispersione dell'elettorato. Inoltre, il fatto che diversi esiti politici scaturissero da sentenze giudiziarie simili non sembrava essere dovuto solo dalle scelte strategiche degli attivisti. Gli elementi non gestibili, come la presenza di norme nel dettato costituzionale che vietavano espressamente una discriminazione basata sull'orientamento sessuale avevano giocato nel Vermont un ruolo determinante rispetto alle Hawaii. In aggiunta, i tempi legali delle riforme costituzionali risultavano altrettanto importanti. Il Vermont vedeva più fasi e maggiori tempi di attesa perché le sue riforme venissero ratificata dal corpo legislativo, diversamente dalle Hawaii dove i tempi erano più ristretti. Una più lunga burocrazia istituzionale aveva fornito alle associazioni ben tre anni di tempo per articolare una campagna di sensibilizzazione in vista del voto referendario finale Infine, a causa della polarizzazione dell'opinione pubblica su un tema eticamente controverso, ogni previsione risultava comunque in bilico. La battaglia per le Unioni Civili era riuscita a dividere persino una comunità progressista come il Vermont,

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mentre i suoi intensi dibattiti e gli accesi contrasti divennero il preludio di quello che avrebbe attraversato gli altri stati quando la battaglia per il matrimonio egualitario sarebbe entrata nel vivo dello scontro politico.46

3.5 United States v Windsor: il coming out delle coppie samesex alla

Corte Suprema

Le vittorie in Baher v Lewin e Baker v State of Vermont mostravano come la causa del matrimonio egualitario potesse prevalere nelle aule di giustizia, in virtù del cambiamento nella percezione dell'omosessualità del corpo giudico e della possibilità di rivendicare l'esercizio del principio dell'Equal Protection, sempre più esteso ai casi di omosessuali dopo Romer e Lawrence. All'opposto, la concezione delle unioni omosessuali era largamente osteggiata nel resto della nazione e l'opinione pubblica, che da poco meno di un decennio aveva mutato la sua opinione sui gay e le lesbiche si mostrava più titubante a includerli nel diritto familiare.

A osteggiare la visibilità delle coppie dello stesso sesso erano in prima fila i gruppi conservatori religiosi, usciti sconfitti nella battaglia sulle leggi contro la sodomia. Difendere la causa della “famiglia tradizionale” divenne così la loro occasione del riscatto politico, recuperando la narrazione ostile contro le minoranze sessuali accusate di imporre il loro stile di vita dietro alla maschera dell'inclusione.

La loro retorica si incentrò sulla difesa della visione tradizionale della famiglia, sulla superiorità affettiva delle coppie eterosessuali, sulla tutela del diritto dei genitori a crescere i figli secondo la propria morale e alla propria visione del mondo. Gli sforzi degli attivisti contro le famiglie omosessuali non si limitarono solo ad impedire il riconoscimento legale delle nuove famiglie, ma ad ostacolare anche gli sforzi della loro integrazione nel resto del tessuto sociale, boicottando ad esempio l'introduzione di programmi per l'educazione sessuale nelle scuole o di libri nelle biblioteche pubbliche che illustrassero le minoranze sessuali in termini positivi, negando alle loro 46 David Cole, Ibidem, pag.33-34

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esperienze di vita affettiva la visibilità o il diritto a esistere.47

In risposta all'opposizione generale al matrimonio same-sex alcuni attivisti, come Mary Bonauto della GLAAD, ritenevano che questi derivasse non tanto da una convinta adesione ideologica delle masse, quanto dall'ignoranza, dettata dall'invisibilità delle coppie e delle famiglie omosessuali, persino nella loro stessa narrazione culturale. Se si fosse consentito alle lesbiche, ai gay, ai bisessuali in coppia e ai loro figli nati ormai da più di un decennio di fare il loro “coming out”, l'opinione pubblica eterosessuale avrebbe realizzato come queste non fossero una realtà così aliena, smontando così la narrazione tossica degli ostensori della famiglia tradizionale. Occorreva quindi tornare alle aule di giustizia e ottenere una sentenza che riconoscesse chiaramente il diritto a sposarsi per le coppie dello stesso sesso, per tradurla in legge in almeno uno stato.48

Nell'aprile 2001, il Massachussets divenne il nuovo terreno di prova. Gli avvocati della GLAAD selezionarono sette coppie idonee ad avanzare richiesta in sede legale, la prima delle quali per ordine alfabetico fu quella di Hillary e Julie Goodridge, così da dare il nome al caso giudiziario: Goodridge v Massachusetts Department of

Public Health.49

La sentenza della Corte Suprema del Massachussets fu un successo oltre le aspettative, Emessa nello stesso anno di Lawrence vTexas, da cui attinse abbondantemente per legittimarsi, confermò non solo l'infondatezza delle ragioni proposte contro l'introduzione del matrimonio egualitario, ma negò ulteriormente la possibilità di adottare un istituto alternativo come le unioni civili, in quanto insufficiente a colmare il vuoto normativo. La maggioranza del corpo elettorale confermò il proprio sostegno all'idea del matrimonio egualitario nel corso del processo legislativo. Il Massachusetts divenne così il primo degli stati a estendere l'istituto matrimoniale al resto delle coppie dello stesso sesso.

Goodridg tuttavia rafforzò la reazione delle forze conservatrici e religiose, come

47 Michael Klarman, From the Closet to the Altar: Courts, Blacklash, and the Struggle for Same Sex Marriage,Oxford University Press, New York, 2013, pag.89-113

48 May Bonauto, “Goodrige in Context” in Harvard Civil Rights-Civil Liberties Law Review, Vol.40, No.1 (2005), pp.1-70

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temuto da molti attivisti più cauti. Gli sforzi dei difensori della famiglia tradizionale si concentrarono nell'adottare emendamenti costituzionali che escludessero il matrimonio per le minoranze sessuali sul modello del DOMA in quanti più stati possibile. Nel 1996 questi erano presenti in soli tre stati, quali Alaska, Nebraska e Nevada, ma già nel 2004 il loro numero era salito a ventisette, arrivando nel 2006, a tre anni di distanza da Goodridge, a un totale di quarantacinque stati su cinquanta.50 A seguito di questo pesantissimo contraccolpo molti intellettuali e attivisti del movimento lgbti definirono senza mezzi termini Goodridge come un clamoroso insuccesso, rilanciando l'accusa dell'inutilità e della vanità di ottenere diritti dai tribunali in assenza di un consenso politico consolidato, a causa degli inevitabili contraccolpi che paralizzavano le altre iniziative. Persino John D'Emilio, uno tra i primi storici dell'omosessualità e principali critici del movimento gay negli Stati Uniti, definì la campagna per il matrimonio: “[...] a unmitigated disaster”.51

Nonostante l'evidente reazione negativa a Goodridge, a posteriori le accuse si rivelarono eccessive. I fatti dimostrarono come le sconfitte potevano galvanizzare tanto le fila degli oppositori quanto quelle dei sostenitori di di una causa, rafforzandone la volontà e accrescendone gli sforzi, oltre ad attirare maggiori aiuti e sostegno. Goodridge realizzò infine quello che Mary Bonauto aveva auspicato poiché dopo la sentenza il numero delle coppie che domandavano dalla politica una qualche forma di riconoscimento crebbe così come la loro visibilità sociale. Un segno di ciò è visibile nelle diverse soluzioni di compromesso, come l'estensione dei benefici coniugali in ambito domestico, varate in quindici stati tra il 1993 e il 2008. La crescita fu ancora più sensibile nel mondo dell'imprenditoria, dove il numero di compagnie private che offrivano opzioni di same-partnership ai propri impiegati crebbe da poche decine nel 1993 a più di ottomila nel 2008, con una crescita analoga nel mondo delle grandi corporazioni, passate da dieci Gay-friendly a duecentosettanta secondo i parametri di valutazione.52

Il cambiamento nella percezione della legittimità dei matrimoni omosessuali fu 50 David Cole, Engines of Liberty, (cit.) pag. 49-50

51 John D'Emilio, “The Marriage Fight Is Setting Us Back” Gay and Lesbian Review Worldwide, No.10-11, 2006 52 Thomas Keck, “Beyond Backlash: Assessing the Impact of Judicial Decisions on LGBT Rights” Law and Society

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talmente rapida in alcuni settori della società che sorprese gli stessi attivisti, in particolare gli avvocati per i diritti i cui pronostici furono rapidamente superati dal sostegno manifestato dai giudici. Se le associazioni continuavano infatti a prendere le distanze da impegni giuridici a livello federale, giudicati troppo prematuri, preferendo ad essi una strategia statale e puntando al raggiungimento di una “massa critica”, questa strategia fu rapidamente superata dall'evolversi delle dinamiche politiche e dalla risposta del mondo giuridico.

Un punto di passaggio significativo fu il gennaio 2004, quando il sindaco di San Francisco autorizzò, in risposta alle critiche del presidente George W. Bush Jr. sulla sentenza del Massachusetts, la concessione di licenze matrimoniali alle coppie dello stesso sesso. L'entusiasmo mostrato dalle centinaia di coppie dello stato accorse letteralmente in massa per essere registrate attirò i media e l'opinione pubblica ma pure la reazione del governatore della California che si appellò alla corte suprema statale, che condannò l'iniziativa intrapresa dal sindaco, ma riconobbe dall'altro lato l'assenza di motivazioni sufficienti per negare l'accesso al matrimonio alle coppie dello stesso sesso.53

I difensori della famiglia tradizionale proposero di emendare la costituzione della California sul modello del DOMA con la legge nota come Proposition 8, votata in un referendum in contemporanea alle elezioni presidenziali del 2008, dominate dalla figura del primo candidato di colore alla Casa Bianca, Barack Hussein Obama. Nonostante l'impegno economico e politico profuso dalle associazioni per i diritti Lgbt, la modifica passò con un ampio margine di voti, una sconfitta che appare ancor più grave se si considerava uno stato progressista come la California, dove le minoranze omosessuali godevano già di molti diritti. L'evento stimolò tuttavia il primo tentativo di sfidare seriamente il bando federale ai matrimoni same-sex presso la Corte Suprema, il caso Hollingsworth v Perry54.

Il contenzioso fu presentato dalla American Foundation for Equal Rights (AFER) e da due dei migliori avvocati degli Stati Uniti, David Boies e Ted Olson, finanziata dal direttore cinematografico di Hollywood Rob Reiner. Il prestigioso team di avvocati si 53In re Marriage Cases, 183 P.3d 384, 400–01 (Cal. 2008)

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mostrò un biglietto da visita formidabile e unito all'appoggio del partito Democratico, che in quel periodo controllava sia la Presidenza che il Congresso, fu sufficiente a scoraggiare le autorità dal difendere l'emendamento, demolendone così l'autorevolezza. La Proposition 8 fu bocciata nelle corti del Distretto Federale e di appello del Nono Circuito, che riscontrarono nella legge una violazione dell'Equal Protection. Le associazioni fautrici della legge cercarono appello presso la Corte Suprema, ma i giudici respinsero il loro petitioner brief case, non avendo riscontrando un locus standi adeguato nelle loro ragioni. Il caso fu ovviamente celebrato come un successo. I contratti matrimoniali stipulati in California tornarono legali e anche se il confronto diretto con la Corte Suprema era stato evitato,

Hollingsworth era la conferma che una strategia federale era possibile.55

Nel giugno 2013 la Corte Suprema fu chiamata a pronunciarsi in merito alla costituzionalità del Defense Of Marriage Act nel caso di Edith Windsor, attivista per i diritti dagli anni Sessanta e sposata con Thea Spyer nel 2007 in Canada. Sopo la dipartita della sua compagna nel 2009, Edith Windsor ne reclamò l'eredità e come “sposa” della defunta avanzò una richiesta di esenzione fiscale. Questa venne respinta dalla Internal Revenue Service poiché, in base alla DOMA, Edith Windsor e Thea Spyer non potevano venir riconosciute come “marito” e “moglie”, nonostante le loro relazione fosse iniziata nel 1963, dando prova di essere una “famiglia” anche se non nel senso tradizionale del termine. Edith Windsor sporse denuncia, chiamando in causa l'amministrazione federale e denunciando il titolo terzo della legge come incostituzionale.

Il momento politico mostrava di essere favorevole. Il processo si svolgeva durante il secondo mandato del presidente democratico Barack Hussein Obama. La presidenza annunciò di non voler difendere più la costituzionalità della legge, continuando comunque ad applicarla e rifiutando così di risarcire l'accusa. Il caso doveva interrompersi una volta terminato il processo al Tribunale Distrettuale e chiuso in Appello, ma questa complicazione elideva la distinzione tra i requisiti giurisdizionali definiti dall'Articolo III e i limiti prudenziali del suo esercizio. Questo elemento, 55 David Cole, Engines of Liberty, (cit.), pag.59-63

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