• Non ci sono risultati.

Commento alla traduzione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Commento alla traduzione"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo IV

Commento alla traduzione

1. Introduzione

I due racconti «Sankt Piter Burch» e «Ego veličestvo kneeb Piter

Komondor», inseriti nella raccolta «Povest’ Peterburgskaja» sono

indipendenti tra loro, seppur tematicamente correlati, e forniscono una visione distopica della San Pietroburgo di Pietro il Grande, come ampiamente analizzato nel capitolo II di questa tesi.

Il titolo della raccolta è stato tradotto come «Racconto pietroburghese o Sacra Pietra Città», mantenendo l’aggettivo dopo il nome di riferimento ed esaltando così il sostantivo «racconto», oltre a presentare la triade con la quale si compone il nome della città di San Pietroburgo e che costituisce per Pil’njak un alto valore simbolico. Il titolo rimane, come nella versione russa, al singolare, benché nella raccolta figurino due racconti, poiché, come analizzato in precedenza, sono correlati dal punto di vista stilistico e tematico.

Boris Pil’njak utilizza assiduamente l’ortografia petrina, ossia la norma antecedente alla riforma del 1918 (vd. capitolo II, par. 4.2.), oltre ad un complesso lessicale arcaico e un brillante meccanismo di metafore, riferimenti storici e filosofici.

(2)

La strategia di traduzione adottata nel testo di arrivo (TA) è stata, pertanto, quella di voler ricreare questi elementi del testo di partenza (TP), nel tentativo di rispettare la forte componente linguistica arcaica, le scelte lessicali inconsuete e il background filosofico dell’opera pil’njakiana, che fa riferimento non soltanto alla tradizione culturale prettamente russa, quanto anche, soprattutto nella prima povest’ «Sankt Piter Burch», alla millenaria filosofia cinese.

È previsto che il lettore italiano recepisca il testo con una patina di arcaismo, che presuppone una non familiarità lessicale e sintattica di talune espressioni, proprio per rispettare e riportare nel TA l’intento straniante dell’opera dell’autore.

Caratterizzano, inoltre, le povesti la varietà di toponimi e di nomi propri e la ricchezza di forestierismi originari sia della lingua russa, che di quella francese e tedesca, ovvio riferimento all’occidentalizzazione di Pietro il Grande.

Per la traslitterazione dal cirillico si è seguito il criterio cosiddetto scientifico-internazionale (ISO 9) ormai invalso nelle traduzioni dal russo. In particolare:

ë = «jo» dell’italiano piove;

ž = «j» del francese je;

j = «i» semivocalica dell’italiano ieri;

ch = «ch» del tedesco Ich;

c = «z» dell’italiano pazzo;

(3)

š = «sh» dell’inglese shall;

šč = «sc-» più palatalizzata dell’italiano sciare.

Il testo italiano è stato ri-creato secondo il principio della traduzione funzionale (semiotica), ossia considerando ogni espressione, locuzione, fraseologismo, aforisma o gioco di parole come un’unità traduttiva minima, dunque come «segno» il cui effetto comunicativo debba essere interamente conservato.

Lungo la traduzione sono stati impiegati, secondo un uso alternato, meccanismi di omologazione e straniamento: taluni elementi sono stati «omologati» al mondo culturale del lettore italiano, per renderli comprensibili, nonché per rispettare associazioni mentali o espedienti stilistici prioritari; altri elementi, invece, risultano «straniati» per sottolineare quei meccanismi di percezione della distanza culturale e far scattare un meccanismo di curiosità e mistero nella mente del lettore. Questo criterio «ibrido» risponde ad una consapevole strategia personale.

Nei seguenti due paragrafi mi soffermerò, rispettivamente, sui criteri e le strategie di traduzione adottate per il primo e il secondo racconto.

2. Commento alla traduzione della povest’ «Sankt Piter Burch»

Il titolo di questa prima povest’ è stato tradotto come «San Pietro Burgo». I tre elementi sono stati mantenuti separati con l’intento di dar risalto in italiano alla scelta di Boris Pil’njak nel sottolineare la triade che compone il nome della città.

(4)

L’autore, inoltre, inserisce sopra il titolo russo «Sankt Piter Burch» la rispettiva traduzione in cinese, «bǐdébǎo» (彼 得 保), che è possibile leggere come un’approssimazione fonetica di «Pietroburgo». Anche se la parola Sankt non viene effettivamente tradotta in cinese, i tre caratteri si allineano ordinatamente nella pagina sopra i tre elementi del titolo russo, che Pil’njak più tardi tradurrà nuovamente, come Sviatoj Kamen’ Gorod, ossia «Sacra Pietra Città». Così la città dai tre elementi nel nome possiede anche tre diverse versioni del nome stesso: la prima Sankt Piter Burch, la seconda Sviatoj Kamen’ Gorod e la terza rappresentata dalla traduzione cinese. Inoltre il racconto si suddivide a sua volta in tre capitoli, fatto giustificato dall’autore stesso proprio come un costante gioco con la triade che ne rappresenta il nome.

Il 27 maggio 1703 (16 maggio nel calendario giuliano allora in vigore) Pietro il Grande fondò San Pietroburgo, destinata a diventare la «capitale del nord», affacciata sull’Europa, gelida e artificiale, polo burocratico e impiegatizio, metropoli sovraffollata in caotica espansione. Dopo aver sottratto all’Impero svedese i territori attraversati dalla Neva, sulle coste paludose del Golfo di Finlandia, lo zar diede alla città il nome del suo santo patrono, l’apostolo Pietro. In virtù della sua posizione sul Mar Baltico era una finestra sull’Occidente, che permetteva scambi commerciali e culturali. L’obiettivo era quello di fare della Russia uno dei principali partner commerciali della Gran Bretagna e di divenire la base principale della Marina di Pietro il Grande.

Il nome è composto tre parole:

-

Sankt, dal latino sanctus, -a, um, significa «santo, sacro». È un

(5)

il Grande, avendo trascorso molti anni in Gran Bretagna e in Europa, decise di adottarlo per il suo «paradiso».

-

Piter è il nome del santo apostolo Pietro.

-

Burch deriva dal suffisso tedesco -burg che significa «città». Il

suffisso proviene dall’inglese antico Burg, «città fortificata», e si ritrova come -borg in danese e svedese, -bury nell’Inghilterra del sud (es. Canterbury) e -burgh in Scozia (es. Edinburgh). Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, sull’onda del fervore anti-tedesco, per evitare l’impiego dello stesso suffisso tedesco, -burg fu sostituito con -grad e il nome della città cambiò in Pietrogrado. In seguito alla morte di Lenin nel 1924 la città fu chiamata Leningrado in suo onore e oggi, dopo le elezioni presidenziali del 13 giugno 1991, ha riacquistato la sua identità originale.

Lungo la povest’ la storia della fondazione di San Pietroburgo da parte di Pietro il Grande si intreccia con le vicissitudine di un altro personaggio, Li-yang, originario dell’altopiano del Loess, non lontano della Grande Muraglia Cinese. La storia russa e quella cinese cominciano ad alternarsi in un vorticoso susseguirsi di punti di vista, salti cronologici, monologhi e dialoghi, tanto da confondersi e addirittura fondersi nella conclusione.

Le numerose informazioni di tipo culturale appartenenti sia alla tradizione cinese che a quella russa, implicite nel TP, vengono esplicitate in traduzione solo nei passaggi in cui la comprensione da parte del lettore

(6)

sarebbe stata ostacolata. Analizzando questi riferimenti nel dettaglio possiamo suddividerli nelle seguenti due categorie:

1) Informazioni mantenute implicite:

-

Nel passaggio «Venne a conoscenza dello yang e dello yin, i due

Poteri, e il mondo, come per i suoi antenati, si plasmò di fronte alla volontà di Laozi. Per lui un tempo fu costruita la Grande Muraglia, giacché Laozi disse del Tao, il Grande Equilibratore.» Laozi e Tao non

vengono esplicitati inserendo le apposizioni «antico filosofo» per Laozi e «Libro della Via e della Virtù» per Tao (approfonditi in Note, capitolo III, p. 112), ma sono stati soltanto trascritti per mantenere un alone di misticismo intorno alle due figure, tentando di rispettare la stessa scelta presa dall’autore.

-

Poco dopo vengono nominati «I quattro Libri e i cinque Classici», anch’essi non esplicitati, poiché costituiscono un chiaro riferimento ai libri classici del confucianesimo.

-

Nel passo «Interpretò otto gua, costituiti da quattro linee lunghe e

otto brevi, dove si apre il vero significato passivo dello yin, cioè che l’uomo è un prodotto della natura e pertanto non deve violare le sue leggi» dove gua sta per bagua (letteralmente «otto numeri»),

simbolo della filosofia taoista, si è scelto di mantenere la parola

gua e non tradurla come «numero» per evitare l’ambiguità che

avrebbe assunto l’espressione «Interpretò otto numeri, costituiti

da quattro linee lunghe e otto brevi» in italiano. Riferendosi infatti a

un simbolo filosofico-religioso, è più coerente che rimanga in lingua originale, non essendo un concetto entrato a far parte del lessico italiano.

(7)

-

La parola «jagujczy» con cui si fa riferimento ai «diavoli stranieri» è stata mantenuta come un forestierismo, poiché si estrae dal contesto il suo significato: «…a Pechino c’erano i diavoli

d’oltremare, gli jagujczy…».

-

I nomi di piante e cereali esistenti anche in lingua italiana, come «ramia», «sargo» e la variante «sorgo», sono stati adattati in traduzione, mentre i due nomi di cerali, «goakin» e «gaoljan», non esistenti in lingua italiana sono stati riportati con la forma russa senza alcuna esplicitazione, poiché comprensibili nel contesto: «Sulla cima delle montagne del Loess i suoi antenati

seminarono goakin e sargo» e «… curare ogni pianta di mais e di gaoljan…».

2) Informazioni esplicitate:

-

Lo «Shih-ching» è stato esplicitato come «il libro delle odi», poiché è uno dei Cinque classici di Confucio, che vengono precedentemente nominati.

-

La «Scuola di Pugilato della Giustizia e della Pace», nel TP resa come Yi-he-quan, è stata esplicitata nel TA per permettere la piena comprensione da parte del lettore. Lo stesso viene fatto con la «Società della Lanterna Rossa», nel TP Chun-den-Chao, e con la società denominata «Lo sterminio dei diavoli», nel TP

Ša-Guj.

-

La parola «jug», «mobile tipico cinese simile ad una grande cassettiera a vetri», è stata adattata e tradotta come «mobile a vetri».

(8)

-

Si è scelto di adattare l’unità di misura cinese, il lǐ, traducendolo come «miglio», poiché più comprensibile e perché noto, secondo la tradizione, anche come «miglio cinese».

-

L’espressione «igrali v Judeniča i v kartočnye bjuro» è stata tradotta «giocavano a fare la guerra e a carte cinesi» per rendere più fruibile il testo. Infatti l’espressione «igrali v Judeniča», letteralmente «giocavano a Judenič», fa riferimento al generale russo Nikolaj Nikolaevič Judenič, uno dei principali leader della controrivoluzione negli anni 1918-1921, ed è stata tradotta, per estensione, con l’espressione «giocavano a fare la guerra», in modo da rendere chiaro il significato al lettore italiano.

-

L’espressione «il lamento di Ryleev» diventa «il lamento del

poeta Ryleev».

I toponimi e gli urbanonimi se non attestati in forma italiana standard (il deserto del Gobi; la catena montuosa Alatau; il Türkistan; Pechino; il Palazzo della Borsa; la fortezza di Pietro e Paolo; il monumento di Pietro presso l’Ammiragliato; il Ponte della Trinità; il fiume Neva; l’altopiano del Loess) sono stati lasciati nella forma russa e riportati in traslitterazione al caso nominativo (Šamo, altro nome per il deserto del Gobi; il villaggio Sudetou; la città di Kjachta; il fiume Irtyš; la prospettiva Nevskij; la strade Gončarna, Serpuchovskaja, Gorochovaja; il vicolo Možaijsk; il complesso di edifici Smolny; il rivellino Alekseevskij; la Peterburgskaja Čast’, cioè il gruppo di isole comprese tra la Piccola Neva e la Grande Neva: l’isola Kajvusari-Fomin, l’isola Admiraltejskij, l’isola Vasil’evskij).

(9)

Un’attenzione particolare meritano i toponimi e urbanonimi cinesi non attestati in forma italiana standard, che sono stati traslitterati in italiano a partire dalla grafia cinese e non da quella russa, per evitare una resa incorretta e falsata dell’originale (Huang He, il Fiume Giallo; Argali-Jiang; la città di Urga; le città di Dušikou, Yongzhou e Zupun; la porta a Šun-Tjan-Fu, altro nome dato a Pechino; la porta di Kuang-zu e Sha-Ku). L’analisi è stata condotta ricercando sul sito «Kafedra Geologij i Geochimii landšafta, Fisiko-geografičeskij atlas» i toponimi in lingua russa nominati da Pil’njak nel racconto e successivamente confrontandoli con i relativi toponimi in lingua italiana nell’Atlante geografico metodico 2016-2017 De Agostini, ufficialmente traslitterati in alfabeto latino, secondo l’Hanyu Pinyin (letteralmente «trascrizione della lingua cinese»), un sistema noto dal 1982 come standard internazionale di romanizzazione.

Lo stesso criterio di romanizzazione è stato adottato per i nomi propri cinesi, essendo per la maggior parte riferimenti a personaggi storici, imperatori o condottieri famosi, e, pertanto, riportati secondo una grafia latina universalmente riconosciuta: Yongle, il terzo imperatore della dinastia Ming; la dinastia Yuan; Hongwu, padre di Yongle; l’imperatore Kangxi; l’imperatore Shi Huangdi, della dinastia Qin; il condottiero Tamerlano o Timur; l’imperatrice Cixi; il dottor Sun Yat-sen; il capo Yuan Shikai; l’erede al trono Xuantong Pu Yi (approfonditi in Note, capitolo III, p. 112).

Il nome del protagonista cinese, che condivide la scena con Pietro il Grande, è Li-yang. Non essendo questo il nome di un personaggio storico, è stato traslitterato secondo la norma dell’Hanyu Pinyin. Lo stesso personaggio, una volta trasferitosi a San Pietroburgo, cambia il suo nome

(10)

in Lijanov, nome che è invece stato traslitterato secondo la norma ISO 9 a partire dalla forma russa.

Infine, i nomi propri e patronimici russi vengono sempre riportati integralmente al caso nominativo (il senatore Šafyrov, Pietro Alekseevič Romanov, Ivan Ivanovič Ivanov, l’ingegnere Andrej Ljudogovskij).

Nel racconto sono presenti due dialoghi dalle battute in lingua cinese. Qui, le espressioni cinesi sono state traslitterate, poiché i personaggi forniscono loro stessi, immediatamente dopo, la traduzione. Nel dettaglio:

Ni yu zi sui? = Quanti anni pensi di avere?

Vo Èr shí wǔ = Venticinque

Nǐ hǎo, stai bene? = Ciao, stai bene?

Nín de míngzì? = Il tuo buon nome?

Wǒ de míngzì Li-yang = Mi chiamo Li-yang.

Invece, la canzone cinese che appare più volte ripresa lungo il racconto è stata traslitterata e non tradotta dal cinese (Ten-da-tenmynʹkaj! /

Di-da-dimynʹkaj! / Žosûétenšenʹkuj. / Vocinši-fulaj!), per rispettare la stessa

scelta di Pil’njak nel non tradurla in russo e perché, nel corso del racconto ne viene esplicitato il contenuto («Una canzone in cui si parlava del fatto che il

cielo spalancava i cancelli celesti, la terra spalancava i cancelli terreni per accogliere una schiera di anime celesti, dato che Il Pugno della Giustizia e della Concordia e la Luce della Lanterna Rossa le spazzarono via in un colpo solo. E la stella Vega, promessa sposa della stella Altair, lo aiuteranno, salveranno e sorveglieranno dai fuochi dei cannoni d’oltremare.»).

(11)

In questa povest’, il forestierismo tedesco sondern («anzi, invece, bensì») non viene tradotto per mantenere la presenza dell’elemento «straniero» nel linguaggio di Pietro il Grande (che si noterà in modo più approfondito nel racconto successivo), mentre la parola Botik, dal tedesco

Boot («barca») è stato tradotto in italiano, poiché non viene pronunciata da

Pietro il Grande, ma è inserita in un passaggio narrativo. Si preferisce, dunque, mantenere una coerenza lungo tutta la traduzione e lasciare i forestierismi solo nei dialoghi.

In conclusione, la citazione da Aforismi di Confucio («Nessun venditore

di idoli si inchina agli dei, lui sa di cosa sono fatti») e la citazione dal Vangelo

di Matteo XVI:18 («Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa») sono state riportate dopo un attento confronto con la versione originale italiana di entrambe.

3. Commento alla traduzione della povest’ «Ego veličestvo kneeb Piter Komondor»

Il titolo della povest’ è stato tradotto come «Sua Maestà kneeb Piter Komondor». Si è mantenuto l’appellativo «kneeb Piter Komondor», che designa il grado militare di Pietro il Grande per risaltarne l’origine tedesca e, ancora una volta, sottolineare la voluta occidentalizzazione dello zar. La parola «Komondor», che si ritrova anche nella versione «Komandor», significa «commendatore», ossia un grado degli ordini cavallereschi, in particolare negli antichi ordini religiosi militari, designa l’amministratore di un beneficio o di una commenda posti in un luogo lontano dalla sede

(12)

dell’ordine, mentre negli ordini cavallereschi divisi in più classi, è il grado intermedio tra quello inferiore di ufficiale o di cavaliere di prima classe e quello superiore di grande ufficiale.

Nel racconto prende parola lo stesso Pietro il Grande, che utilizza una lingua dal lessico arcaico e, come precedentemente già affermato, l’ortografia petrina. L’altro protagonista della povest’, l’ufficiale superiore Zotov, tiene un diario nel quale annota gli ukaz, ossia i decreti emanati dallo zar durante il suo regno. Questi ultimi sono riportati in ortografia antica, ormai fuori uso.

La strategia di traduzione applicata nel TA è stata, in questo caso specifico, quella di ricreare l’elemento arcaico impiegando termini lessicali desueti e antichi anche in italiano, utilizzando come riferimento principale l’etimologia latina delle parole tradotte e usufruendo del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, il primo dizionario storico dell’italiano antico che nasce direttamente in rete, fondato da Pietro G. Beltrami nel 1997, andando a ricercare quei sinonimi che più potessero avvicinarsi alla corrispondente parola antica russa. Inoltre, si è lavorato il più possibile sull’ordine delle parole, espediente atto a rendere la costruzione sintattica più desueta e arcaica.

In particolare sono stati scelti:

-

i verbi procacciaimi (forma desueta in cui il pronome personale di forma atona «mi» è unito al verbo «procacciarsi») comandossi (dal verbo «comandare») maravigliamo (dal verbo «meravigliarsi»).

-

i sostantivi franciosi («francesi») harmonia («armonia») historia

(13)

(«scalpello») potimento («potere») umbilico («ombelico») mariuoli («furfanti»).

-

gli aggettivi obscura («oscura») corrupta («corrotta») extraordinari («straordinari»).

-

i participi obliati («dimenticati») adusato («abituato»).

-

le congiunzioni perciocché («perciò») perocché («però») oltracciò («inoltre») imperocché («perché», «in quanto»).

I toponimi e gli urbanonimi attestati in lingua italiana standard sono stati fedelmente riportati: la cancelleria del Collegio degli Ammiragliati; il Palazzo Italiano; il Museo di Storia Naturale (Kunstkamera); l’isola delle Lepri; il fiume Neva e l’affluente Piccola Neva; il fiume Moscova.

Gli altri sono stati traslitterati ed esplicitati: la fortezza Admiraltejskaja; la fortezza Nienšanc; il Kronverk; il distretto Kolomenskij, nella provincia di Mosca; il fiume Tosna; il fiume Mojka; il fiume Oka; il Gostiny dvor; il fiume Msta; il rialto del Valdaj.

Una particolare attenzione è stata affidata alla traduzione del complesso di isole che costituisce San Pietroburgo, in particolare si sono riportati in italiano i nomi delle isole: Vasil’evskij-Hirvisaari, Elagin, Admiraltejskij (con il Giardino d’Estate), Kajvusari-Fomin. È stato qui necessario adattare la traduzione ricorrendo all’atlante geografico in lingua italiana e non semplicemente traslitterando dal russo.

Infine è necessario sottolineare il toponimo «Nikola-na Posad’jach», l’indirizzo in cui ha vissuto Boris Pil’njak dal 1913 al 1924 situato nella città di Kolomna. Si stabilì al civico n. 7 insieme alla moglie M. A. Sokolovna e con tale indirizzo firmerà lettere e racconti di quel periodo.

(14)

Nella povest’ si incontrano tutta una serie di forestierismi, che, secondo le strategie di straniamento e omologazione sono stati talvolta esplicitati e talvolta solo traslitterati.

In particolare, hanno subito un adattamento i termini:

-

lapty: «calzature antiche russe fatte con fibre di tiglio

intrecciate tra loro» sono state riportate con l’espressione «con

i lapty ai piedi».

-

jaryga: «ministri di polizia, che dovevano impartire

l’esecuzione degli ordini; per estensione ubriacone, uomo dissoluto, libertino, eccentrico» è stato reso con il termine «sgherro», in quanto «guardia armata al servizio di un privato, e, con significato più generico, uomo d’armi senza scrupoli, violento e prepotente».

-

pietra di Alatyr: resa come «pietra magica di Alatyr».

-

Košcej-Jadun: reso come «avaro sovrano Košcej-Jadun».

-

baskaki: esplicitato come «agenti del fisco tartari».

-

potešnye: «compagni dei giochi bellici infantili di Pietro, che

poi formarono i primi due reggimenti della guardia» esplicitato come «i compagni militari potešnye».

Non sono stati esplicitati, invece, poiché deducibili dal contesto o entrati a far parte del lessico italiano, i termini:

-

jurodivye: «folli in cristo».

-

cholopy: «lavoratori precari che vendevano il proprio lavoro e

le proprie abilità artigiane, per un certo periodo o per tutta la vita, ai boiari».

(15)

-

odnorjadki: «abiti tradizionale russo lungo fino alle caviglie

usato come mantello per ripararsi dal freddo e dalla pioggia».

-

ferjazki: «abiti nazionale russo, utilizzato dai boiari come

soprabito».

-

mužiki: «contadini».

-

dvorjanin: «nobile».

-

Šljachetstvo: «il ceto nobiliare che si diffuse gradatamente

nella prima metà del Settecento, grazie a Pietro il Grande».

-

barin: «dal russo bojàrin, boiaro, signore, proprietario di

terre».

-

knjažna: «buffona di corte».

-

batjuška: «piccolo padre», termine di affettuoso rispetto.

-

raskolnik: «scismatico».

-

matjuška: «piccola madre», termine di affettuoso rispetto.

-

sarafany: «abito nazionale, senza maniche, della contadina

russa».

Le parole di origine straniera, in particolare dal tedesco e francese, sono state per la maggior parte mantenute, poiché di facile comprensione, deducibili dal contesto, e soprattutto adatte ad esprimere l’importanza che Pietro il Grande conferiva alla conoscenza delle lingue straniere europee.

In particolare si ritrovano nel testo:

-

parole francesi: en silence («in silenzio»), traitement («ricevimento, festa»), confusion («confusione»), le sense («il senso»), fusil («fucile»),

règlement («regolamento»), projecteur («progettatore»), la place («il

posto»), avec sense («sensatamente»), pavillon («padiglione»), exemple («esempio»), docteur («dottore»), câble («cavo», per estensione

(16)

«telegramma»). È stata adattata in italiano la parola condidateur («candidato»), poiché altrimenti non chiara nel contesto.

-

parole tedesche: lieber Kinder («caro figlio»), Konzil («concilio, assemblea»), Ansalt («ordine»), Guten Abend («buona sera»). Sono state adattate in italiano le seguenti espressioni, poiché altrimenti non chiare:

Landrat («presidente di un distretto rurale»), Landrichter («giudice delle

terre»), Proviantmeister («dispensiere»).

È, infine, stata mantenuta anche l’espressione latina «kesar Romodanovskij», in quanto titolo che Pietro I diede al conte Fëdor Romodanovskij nel lasciargli le redini del governo quando partì per l’estero.

Il racconto si apre con due citazioni:

1) «Non disprezzare, non avere per i cani / tanto più amore che per i figli». Sono questi versi tratti da «Il giardino varipinto» (Vertograd

mnogocvetnyj) di Simeon Polockij, nome di religione del letterato

bielorusso Samuil Emel’janovič Petrovskij-Sitnianovič.

2) «O Russia, misera Russia / per me le grigie tue isbe, / per me le tue canzoni al vento sono / come le prime lacrime d’amore / Che ti si adeschi e ti s’inganni / non perirai, non puoi morire.» Versi tratti dalla poesia di Aleksandr Blok «Russia» (Rossija), facente parte del ciclo Patria (Rodina, 1907-16).

Di entrambe è stata riportata una traduzione confrontata con quella già esistente. Per quanto riguarda i versi di Polockij è stata presa in osservazione l’opera «Il Giardino variopinto di Simeon Polockij. Traduzione e parafrasi interpretativa» (2012) di Marina di Filippo, docente presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. La citazione dalla

(17)

poesia di Blok è stata confrontata con la traduzione del critico letterario Renato Poggioli (1907 — 1963) proposta nelle sue Antologie.

I nomi e patronimici russi presenti nel racconto sono stati riportati al caso nominativo, in forma integrale: l’ufficiale Zotov, il padre-principe Nikita Zotov, il conte Pietro Andreič Tolstoj, l’ufficiale della guardia Derjabin, Avdot’ja Fëdorovna, Jagužinskij e Skornjakov, Šafyrov, Golovkin, il fiscale-capo Mjakinin, il generale-ammiraglio Apraksin, lo dvorjanin Vil’jašëv, il vecchio Starcev Tichon, il capo pirotecnico Demidov, lo scrittore imperiale Mitjukov, Orlov, Polubojarinov, il vecchio principe Trubeckoj, la sgualdrina Rumjanceva, il principe-padre Buturlin, il kesar Romodanovskij.

Il principe Menšikov viene nominato nel TP con due diminutivi Saša o Aleksaška, pertanto si è deciso di uniformare il testo e mantenere solo il primo, favorendo la comprensione del lettore ed evitando ambiguità dovute dalla presenza di più diminutivi. Allo stesso modo, quando nel TP ci si rivolge a Pietro il Grande con il diminutivo affettivo «Pëtka» si è deciso di riportare nel TA l’espressione «mio caro Pietro».

I nomi di personaggi storici, quali Maria Hamilton, l’imperatrice Caterina, Ulrica Eleonora di Svezia, non sono stati semplicemente traslitterati dal russo, ma resi con l’ortografia tramite la quale sono noti in italiano.

Riferimenti

Documenti correlati

Il mio lavoro di traduzione non è stato svolto seguendo dall’inizio alla fine una strategia traduttiva ben precisa come possono essere quelle descritte da

c) Il seguente esempio rappresenta uno dei rarissimi casi del Kaktus Kid in cui il traduttore deve tener in considerazione l’illustrazione, composta non solo

In the most recent report for 2012, it was again noted that Azerbaijan is a source, transit and destination country for men, women, and children who are subject to forced labour,

Family planning services have been fundamental in order to slow population growth by improving reproductive health of women and men and enabling them to choose the

Analizzando le attività fluviali è emerso come la maggior parte degli operatori turistici più rilevanti del settore svolgano attività di navigazione turistica

Foreign journalists who could fly to Saigon with a presentation letter of any newspaper of the world were “immediately appointed Major of the United States Army in order to go,

Dalla bambagia che avvolge i semi di cotone si ricava una fibra che viene. Questa fibra viene raccolta in grandi balle; poi una