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Capitolo 2. Breve storia delle esplorazioni del Labrador

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Capitolo 2. Breve storia delle esplorazioni del Labrador

Queste poche pagine sono il tentativo di riassumere la storia delle scoperte del Labrador, nella speranza di fornire sia un’idea generale di come le conoscenze della penisola si siano evolute nel corso dei secoli, sia un contesto per capire il fascino della terra a cui Wallace, Hubbard ed Elson cedettero con entusiasmo. Si è cercato di raggruppare e fondere le varie tematiche ed il processo di conoscenza del territorio riportandoli in ordine cronologico, per quanto possibile.

2.1 Dalle saghe islandesi all’assegnazione del nome

Nonostante Wallace parli di Giovanni Caboto come di colui che scoprì il Labrador: “‘Man,’ he replied, ‘don’t you realize it’s about the only part of the continent that hasn’t been explored? As a matter of fact, there isn’t much more known of the interior of Labrador now than when Cabot discovered the coast more than four hundred

years ago’”1, è presumibile che il norvegese Bjarni Herjólfsson, nel 986, durante un

viaggio alla ricerca del padre, trasferitosi in Groenlandia, si sia trovato al largo delle coste del Labrador, come narrato nella Saga dei Groenlandesi (XIII secolo). Nella medesima saga si annota inoltre che Leif Erikson, intorno all’anno 1000, seguendo la rotta di Herjólfsson, abbia raggiunto una terra pianeggiante e piena di boschi, che battezzò “Markland” (“terra delle foreste”, “terra di confine”): si tratta con ogni probabilità del Labrador. Data l’esatta descrizione geografica, oggi gli studiosi non dubitano circa l’autenticità di questa scoperta. L’islandese Thorfinn Karlseffin, che navigò lungo le coste del Labrador nel 1003, ne riportò un’impressione favorevole, tanto da decidere di stabilirvisi, ma si vide costretto a tornare indietro un attacco degli

Innu2, una tribù di nativi americani originari del Québec e del Labrador.

1

D. Wallace, The Lure of the Labrador Wild, cit., p. 1.

2

W. G. Gosling, Labrador – Its Discovery, Exploration, and Development, Toronto (ON), The Musson Book Company, 2014, pp. 8-9.

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L’attacco da parte degli autoctoni mette in evidenza quanto parlare di “scoperta” sia errato; se il Labrador fosse stato conquistato dai tre viaggiatori, essi non avrebbero potuto subire alcun assalto. Solo per fare alcuni esempi, sappiamo che nell’anno 1 d.C. gli indiani Beothuk, con circa 1500 anni di storia alle spalle, emigrarono dal Labrador a Terranova, così come i Dorset, che si stabilirono lungo le coste del Labrador circa 4000 anni fa, dove convissero con gli Indiani Marittimi Arcaici, già stanziatisi qui da circa un millennio; questi ultimi erano discendenti diretti

dei Paleoamericani, i primi abitanti dell’America3

.

Il nome venne dato alla terra dagli esploratori portoghesi João Fernandes Lavrador e Pêro de Barcelos; i due, inviati nel 1498 dal re del Portogallo Manuele I a esplorare i territori del Nord America, videro due terre in lontananza: Terranova e

Labrador4. Il secondo territorio venne battezzato con un nome legato alla professione di

João Fernandes, un lavrador, che decise di nominare tale regione “Tierra del Lavrador”,

ovvero sia “Terra dell’Agricoltore”5. Ernesto de Campo, nel suo Archivios dos Açores,

sostiene però che il significato di labrador sia da ricondursi a landowner (“proprietario

terriero”) più che a labourer (“bracciante”)6.

2.2 Da Giovanni Caboto all’esplorazione dell’entroterra

Giovanni Caboto è tuttavia considerato lo scopritore ufficiale del Labrador; il 24 giugno del 1497 egli approdò sull’Isola del Capo Bretone. L’anno successivo, munito di patenti del re Enrico VII, partì con il figlio Sebastiano alla volta del Labrador. Per quanto le notizie di questo viaggio a noi giunte siano poche, dato che non vi fu resoconto ufficiale, è certo che egli ne abbia toccato le coste a nord dello Stretto di Belle

3

J. A. Tuck, “Maritime Archaic Tradition”, R. T. Pastore, “Paleo-Eskimos Peoples”, in

http://www.heritage.nf.ca, sito che raccoglie articoli accademici della Memorial University of

Newfoundland, 1998.

4

W. G. Gosling, Labrador – Its Discovery, Exploration, and Development, cit., pp. 53-54.

5

Ibidem, pp. 54-55.

6

M. E. De Canto, Archivios dos Açores, citato in G. Gosling, Labrador – Its Discovery, Exploration, and

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Isle e che si sia spinto ancora più a settentrione, fino alla Baia di Hudson7, provando

quindi l’esistenza di una terra molto estesa.

Il primo tentativo di disegnare il Labrador, con ogni probabilità nel 1500, è dello spagnolo Juan de la Cosa, cartografo di Giovanni Caboto. La prima mappa ad

avere una datazione certa è però quella disegnata da Alberto Cantino nel 15028, nota

come Planisfero di Cantino; essa mostra le conoscenze geografiche dell’Impero Portoghese ai primi anni del XVI secolo. Labrador e Terranova vengono qui chiamate “Terra del re del Portogallo” (l’uso del singolare indica che questi due territori, oggi distinti, erano considerati un tutt’uno), sulla scorta del citato viaggio di João Fernandes Lavrador e Pêro de Barcelos e di quello di Gaspar e Miguel Corte-Real fra il 1500 e il 1501. Entrambe sono disegni appena abbozzati: siccome nessuno dei due cartografi partecipò di persona alle spedizioni, si limitarono a lavorare con materiale di seconda mano.

Sulla base delle informazioni raccolte durante il viaggio di Giovanni da Verrazzano del 1524, Visconte Maggiolo, uno dei migliori cartografi del suo tempo, nel 1527 disegnò la mappa di parte della costa orientale del Nord America, in cui si nota il Labrador, italianizzato in ”Lavoradore”.

Fra il 1500 e il 1534 furono compiuti diversi viaggi verso Labrador e Terranova, ma i documenti storici che riportano i nomi dei viaggiatori, gli scopi e i risultati ottenuti scarseggiano. Non a caso, a questi due territori ci si riferiva con il nome

di “Terre Neuve”9.

Nel 1534 fu il turno del francese Jacques Cartier, che per primo esplorò il Golfo di San Lorenzo, a sud del Labrador, per quanto sembra che abbia seguito le rotte di altri esploratori suoi compatrioti. Ad ogni modo, il golfo non era disegnato su alcuna

mappa antecedente al suo viaggio10. L’obiettivo di Cartier era duplice: oltre

all’esplorazione delle Terre Neuve, era alla ricerca di un passaggio occidentale per l’Asia. Il 10 marzo, toccato Capo Bonavista, si diresse verso la Isle of Birds. Il 27 marzo raggiunse lo Stretto di Belle Isle ma virò verso Terranova. Dopo nove giorni fece

7

L. Hughes, Cronologia delle scoperte e delle esplorazioni geografiche dall’anno 1492 a tutto il secolo

XIX, Milano, Hoepli, 2000, p. 4.

8

A. Auringer Wood, “Early Cartography of Newfound and Labrador”, in www.heritage.nf.ca, cit., 2000.

9

W. G. Gosling, Labrador – Its Discovery, Exploration, and Development, cit., p. 33.

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ritorno allo stretto, da cui si diresse a ovest; attraverso una serie di stretti e costeggiando

diverse isole, giunse a Blanc-Sablon (Québec)11.

Nonostante abbia descritto il Labrador come una terra “[…] of stones and rocks, frightful and ill-shaped, for in all the said north coast I did not find a cartload of earth though I landed in many places. […] I deem rather than otherwise that it is the

land God gave to Cain”12, nel 1535 compì un secondo viaggio, di nuovo entrando nel

Golfo di San Lorenzo attraverso lo Stretto di Belle Isle13.

Gli importantissimi viaggi dell’esploratore francese permisero una conoscenza più dettagliata delle zone costiere e si iniziò ad avere una percezione delle dimensioni del territorio, fino a quel momento molto incerte. L’ultimo viaggio dello stesso Cartier, nel 1541, aveva come obiettivo il Regno di Saguenay, che, secondo una leggenda degli

indiani Irochesi, era popolato da genti piene d’oro14

.

Osservando la Mappa del mondo di Pierre Descelier (1546) è possibile vedere una porzione molto estesa del Labrador. Questa terra si stava facendo conoscere agli Europei. Le coste meridionali del Labrador erano state visitate da pescatori bretoni e inglesi. A partire dalla fine del XV secolo, gli europei cercarono di individuare una rotta che permettesse loro di stabilire relazioni commerciali con Cina e India; la rotta sarà denominata “passaggio a nord ovest”. Spagnoli e portoghesi tentarono più volte di percorrere la rotta, ma rinunciarono presto. Il primo sforzo serio avvenne solo nel 1576; durante la sua ricerca, l’inglese Martin Frobisher visitò per primo l’insenatura oggi nota come Baia di Frobisher. Dopo di lui, nove anni più tardi, John Davis raggiunse l’Insenatura di Hamilton e, sperando di aver individuato il passaggio, vi tornò l’anno

successivo15.

Il viaggio effettuato dall’inglese John Knight nel 1606 dimostra la pericolosità di avvicinarsi al Labrador. La Compagnia Inglese delle Indie Orientali gli commissionò un viaggio, con il fine di scoprire il famigerato passaggio a nord-ovest. Giunto sulla costa il 19 giugno, fra il 23 e il 24 giugno la sua nave sbatté contro i poderosi ghiacci galleggianti a causa di una forte burrasca, tanto che dovette gettarsi immediatamente alla ricerca di un porto in cui riparare l’imbarcazione, ma l’esploratore e una parte

11

Ibidem, p. 75.

12

J. Cartier, citato in W. G. Gosling, Labrador – Its Discovery, Exploration, and Development, cit., p. 76.

13

Ibidem, p. 89

14

J. E. King, “The Glorious Kingdom of Saguenay”, in Canadian Historical Review, XXXI, 4, 1950, pp. 390-392.

15

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dell’equipaggio trovarono la morte, molto probabilmente a causa di attacchi da parte degli indigeni. Coloro che fecero ritorno in Inghilterra riportarono grandi scoperte: su tutte, quella di una corrente fredda proveniente dallo Stretto di Davis (situato fra la

Groenlandia e l’Isola di Baffin, Nunavut), oggi nota come Corrente del Labrador16

. Nel 1610 Henry Hudson preparò un viaggio da compiere sotto la bandiera inglese. Ricevette finanziamenti dalla Compagnia della Virginia e dalla Compagnia Inglese delle Indie Orientali. Al timone della nave Discovery, raggiunse l'estremità meridionale della Groenlandia; il 4 giugno ne doppiò il vertice sud per proseguire in direzione ovest. L’entusiasmo del capitano e dell’equipaggio per aver trovato il passaggio a nord-ovest era più che giustificato. Il 25 giugno raggiunsero lo Stretto di Hudson presso la punta settentrionale della Penisola del Labrador; seguendo la costa meridionale dello stretto, il 2 agosto il Discovery navigò nella Baia di Hudson (chiamata così in suo onore) e Hudson impiegò i mesi successivi a mappare ed esplorare le coste orientali. Purtroppo a novembre la nave rimase intrappolata nei ghiacci nella Baia di

James, cosicché l'equipaggio dovette sbarcare per passare l'inverno17. Nella primavera

del 1611 i ghiacci si sciolsero; il capitano era intenzionato a proseguire il viaggio, mentre l’equipaggio voleva tornare a casa. I contrasti portarono all’ammutinamento dell’equipaggio, che, nel giugno del 1611, abbandonò Hudson e il figlio alla deriva su

una piccola barca18.

Quanto di noto vi era fino a quel momento divenne parte del famosissimo e importantissimo Atlas Novus, pubblicato per la prima nel volta nel 1634 da Willem Janszoon Blaeu e dal figlio Joan. Questi, collaborando con il fratello Cornelis, ampliò e migliorò il lavoro, oggi noto con nome Atlas Maior; nell’edizione del 1663 vi sono schizzi abbastanza accurati di Labrador e Terranova (qui considerati un’unica terra sotto il nome di “Terra Nova”). Verso la fine del XVII secolo, il cartografo francese Alexis-Hubert Jaillot pubblicò diverse edizioni di una mappa che riproduce una buona parte di Terranova e il Labrador quasi per intero, per quanto con alcuni limiti oggettivi, come la scarsa toponomastica.

16

L. Hughes, Cronologia delle scoperte e delle esplorazioni geografiche dall’anno 1492 a tutto il secolo

XIX, cit., pp. 93-94.

17

I. Chadwick, “Henry Hudson’s Fourth Voyage – 1610: The Northwest Passage”, in

www.ianchadwick.com, sito personale dello studioso e giornalista, 20 January 2007.

18

I. Chadwick, “The aftermath of Hudson’s Voyages and Related Notes, 1611-on”, in

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Le acque del Labrador, che offrono grandi opportunità di pescare, attirarono gli europei, che, sin dai primi viaggi, vi individuarono uno strumento di rendita economica, dapprima limitandosi ad attività stagionali, in seguito stabilendovisi. Negli ultimi venti anni del XIX secolo si toccò l’apice dell’attività di pesca, resa possibile, oltre che dalla già citata cartina di Joan Blaeu, la quale mostra i Grandi Banchi di Terranova, dalla mappa marina di John Thornton, pubblicata negli anni Trenta del XVIII secolo, fondamentale per la navigazione dei pescatori nella regione atlantica.

Oltre a essere un periodo piuttosto proficuo per quanto concerne la cartografia, il XVIII secolo fu per il Labrador anche il momento in cui si intrapresero le prime missioni di conversione religiosa. Il primo fu il moraviano danese Jens Haven, che, dopo aver effettuato un viaggio in Groenlandia nel 1758 con altri due missionari, il fratello Peter e Matthias Stach, visse quattro anni fra gli Innu e fondò il villaggio di Lichtenfels, nel sud del paese. Haven si convinse poi di doversi spostare nel Labrador e là diffondere il proprio credo. Già nel 1752 vi era stato un tentativo, da parte dei moraviani, di convertire gli Innu del Labrador ad opera di John Christian Erhardt, ma questi venne assassinato dagli indiani. Dodici anni più tardi, Haven partì per il Labrador, e fu in grado di stabilire buoni rapporti con i nativi. L’anno successivo tornò con altri tre missionari, fra cui Christian Larsen Drachart, buon conoscitore della lingua degli Innu, e iniziarono a diffondere la Bibbia e a costruire villaggi; i più importanti

furono Nain, Okak, Hopedale19.

L’America era, con ogni probabilità, nota agli europei già dalle scoperte vichinghe intorno all’anno 1000, narrate, tra l’altro, nella Saga di Erik il Rosso (XIII secolo) in cui vengono riportati gli eventi che portarono il navigatore a scoprire Vinland (“terra del vino”), ovvero Terranova. Presso quest’isola sono stati rinvenuti alcuni resti vichinghi, che confermerebbero una certa conoscenza europea dell’America ben prima dei viaggi di Cristoforo Colombo. Tuttavia, la Storia fa iniziare ufficialmente la colonizzazione europea delle Americhe nel 1492, con l’approdo del navigatore italiano a San Salvador. Il viaggio di Colombo aprì infatti la strada ad ulteriori viaggi, effettuati da Giovanni Caboto, dal figlio Sebastiano, oltre che da Amerigo Vespucci e altri. Nel corso dei secoli, l’America veniva conquistata dagli europei, spinti dal desiderio di nuove conoscenze geografiche, necessarie per stabilire rapporti commerciali o per

19

J. K. Hiller, “Haven, Jens”, in Dictionary of Canadian Biography, IV, University of Toronto (ON), 2003, consultato su http://www.biographi.ca/en/bio/haven_jens_4E.html.

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sfruttarne alcune rotte per raggiungere la ben più nota Asia, nonché intenzionati a stabilire colonie, cercare animali da pelliccia, tesori o merci di varia natura.

Solo il Labrador, e l’entroterra in particolar modo, rimase poco invitante, sia perché ancora poco conosciuto sia perché pericoloso, viste le descrizioni agghiaccianti fornite dai navigatori. Solo i nativi Innu si avventuravano verso l’interno del territorio: si sostentavano grazie ad attività quali la caccia e la pesca nei laghi. Riferendosi alla conversione degli Innu ad opera della chiesa moraviana, Lynne D. Fitzhugh afferma quanto segue:

Labrador’s history as a colonial region begins at this moment and immediately split along divergent paths, one dedicated to exporting Labrador’s resources for profit overseas, the other to importing European social values and structures. While central and southern Labradorians would develop a society in the absence of the external institution, law, or government, the Innu of northern Labrador would be encompassed by the protective embrace of a totally alien religious community20.

Alla fine del XVII secolo, le coste del Labrador erano abbastanza conosciute, ma i viaggiatori erano consapevoli dell’inesattezza delle mappature. Dell’interno, invece, si continuava a non sapere quasi niente. Con il secolo successivo, le coste vennero conosciute più dettagliatamente e si effettuò anche qualche esplorazione dell’entroterra.

Terminata la Guerra dei Sette Anni, nel 1763, la Gran Bretagna si affermò come la principale potenza marina in India e in America Settentrionale, inclusa la Nuova Francia. Con il Trattato di Parigi (1763) il Labrador divenne dominio della Gran Bretagna, che lo sottopose alla giurisdizione del Governatore di Terranova; tre anni più tardi venne annesso al Canada. Per prendere effettivamente controllo di questi territori fu necessario delineare con quanta più cura possibile le aree in cui i francesi continuavano a godere della possibilità di pescare.

Uno dei viaggi più importanti in assoluto fu quello compiuto fra il 1763 e il 1767 dall’impavido James Cook. Assieme al suo assistente, Michael Lane, egli tracciò una mappa accurata, seppur incompleta, delle coste del Labrador e di Terranova, che

20

L. D. Fitzhugh, The Labradorians: Voices from the Land of Cain, St. Jonh’s (NF), Breakwater, 1990, pp. 28-29.

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venne pubblicata fra il 1765 e il 1768. Auringer Wood afferma che “It was not until the start of the last quarter of the 18th century that maps based upon scientific surveys appeared. Among the best made of the island was the 1775 map of James Cook and

Michael Lane. Much of the true shape of the island is illustrated by this map”21.

L’accuratezza di questa mappa era tale che non vennero apportate migliorie per oltre un secolo. Nel 1768, Cook iniziò l’esplorazione dell’Oceano Pacifico; Lane, continuando l’esplorazione delle due terre fino al 1775, portò avanti il loro lavoro, mettendo su

mappa la costa del Labrador che guarda lo Stretto di Belle Isle22.

Pochi anni più tardi, il topografo inglese Roger Curtis passò le estati fra il 1771 e il 1773 lungo le coste del Labrador; oltre ad accurate esplorazioni, entrò in contatto e stabilì buoni rapporti con gli Innu. A suo dire, individuò i capi tribù e raccolse varie informazioni, tanto da poter affermare che la popolazione del villaggio di Nain fosse di circa 1625 abitanti. Il suo rapporto è accompagnato da una minuziosa carta della costa

del Labrador, che alcuni considerano addirittura migliore di quella di Cook23. Anche se

non ebbe il tempo di esplorare a fondo le varie insenature, riuscì a distruggere la credenza che l’Insenatura di Davis fosse un passaggio diretto per la Baia di Hudson.

2.3 Il XIX secolo e l’esplorazione dell’entroterra

Nel 1903, quando ebbe luogo la spedizione narrata in The Lure of the Labrador Wild (1905), le regioni nord ed est del Labrador rimanevano fra le meno conosciute del Nord America. Erano stati esplorati e mappati molti dei fiumi che sfociano nella Baia di

James e in quella di Hudson24. Gli Innu, che vivevano nell’entroterra da millenni,

viaggiavano continuamente dall’Oceano Atlantico alla Baia di Hudson e dal fiume San

Lorenzo alla Baia di Ungava25. Venuta a sapere di questi tragitti, percorribili con la

21

A. Auringer Wood, “Early Cartography of Newfound and Labrador”, in www.heritage.nf.ca, cit., 2000.

22

J. K. Hiller, “James Cook”, in www.heritage.nf.ca, cit. 1998.

23

William H. Whiteley, “Curtis, Sir Roger”, in Dictionary of Canadian Biography, V, cit., consultato su http://www.biographi.ca/en/bio/curtis_roger_5E.html.

24

D. Wallace, The Lure of the Labrador Wild, cit., p. 4.

25

B. Greene, “The Historical Context: Travel on the Naskaupi and George Rivers prior to 1905”, in Roberta Buchanan et al. (eds)., The Woman Who Mapped Labrador: The Life and Expedition Diary of

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canoa o con le racchette da neve, la Compagnia della Baia di Hudson iniziò la costruzione di alcuni forti. Uno di questi, forte Chimo, venne costruito nel 1830 presso il fiume Koksoak, da cui, nella primavera del 1834, Erland Erlandson, dopo aver ingaggiato cinque guide Innu, si fece condurre al forte presso la sponda nord del fiume San Lorenzo, ma gli accompagnatori lo condussero all’insediamento del fiume Nord Ovest. Giunti al fiume Whale via terra, ne seguirono il corso, raggiunsero a piedi il lago Petitsikapau, e da questi, ancora a piedi, il fiume Naskaupi e, infine, l’accampamento (non è chiaro se, prima di imboccare il Naskaupi, abbiano attraversato il lago Michikamau). Trattandosi della stazione commerciale di una compagnia concorrente, il gruppo tornò indietro per il medesimo itinerario fino al lago Petitsikapau, e da qui seguì un percorso diverso: prima lungo il fiume Swampy Bay e poi lungo il fiume Caniapiscau. Il resoconto di viaggio di Erlandson spinse la compagnia a costruire una serie di forti nell’entroterra per sfruttare i vari animali da pelliccia e sfruttare i territori già parzialmente liberati dalle asprezze dai continui passaggi dei nativi allo scopo di

raggiungere i forti rivali sulla costa atlantica26.

John McLean, al seguito di varie guide Innu, viaggiò diverse volte via terra da forte Chimo all’insediamento del fiume Nord Ovest. Fra il 1838 e il 1839, seguì il percorso compiuto da Erlandson (quello che dal fiume Swampy Bay conduce al Naskaupi), mentre nell’estate dell’anno successivo si servì del fiume George e del Naskaupi. McLean ed Erlandson organizzarono un viaggio insieme nell’estate del 1839, con lo scopo di raggiungere l’insediamento del fiume Nord Ovest senza guide e via

terra, ma si persero e scoprirono per caso le Cascate Churchill27. Nonostante i resoconti

di questi viaggi siano frammentari e non combacino perfettamente con le mappe esatte di oggi, tali itinerari sono stati a grandi linee verificati.

A quattro anni dal primo viaggio di Erlandson, vi era dunque una certa conoscenza della zona, tanto da permettere la costruzione di forte Nascopie (1838), il primo nell’entroterra, presso il lago Petitsikapau. Partendo da forte Chimo, veniva raggiunto attraverso due percorsi: il primo prevedeva la navigazione del fiume

Caniapiscau e dello Swampy Bay; il secondo, la navigazione del fiume George28.

26 Ibidem, p. 4. 27 Ibidem. 28 Ibidem, p. 5.

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Tali conoscenze dell’entroterra erano comunque limitate e insufficienti, e

ancora valevano al Labrador il titolo di “terra incognita”29

. Si verificò un lieve cambio di prospettiva quando, nel 1897, la Canadian Geological Survey pubblicò una mappa, tracciata da Albert Peter Low, risultato dei viaggi compiuti fra il 1884 e il 1896 dal topografo canadese. In canoa, a piedi o con slitte trainate da cani, accompagnato da varie guide Innu, Low viaggiò attraverso l’Ontario, il Québec e la zona della Baia di Ungava del Labrador, non limitandosi a studiare le zone da un punto di vista geografico e geologico, ma raccogliendo informazioni riguardo a botanica, zoologia, antropologia. Questa mappa riportava il percorso di fiumi e laghi, in maniera più o meno esatta; nel suo rapporto, Report on Explorations in the Labrador Peninsula along the East Main, Koksoak, Hamilton, Manicuagan and Portions of Other Rivers in 1892-93-94-9530 (1896), Low annotò di non aver rilevato personalmente molti dei fiumi e dei laghi, ma di averne avuto notizia dagli indiani. È comunque certo che non abbia esplorato il lago Michikamau.

A seguito di tutte queste esperienze di navigazione ed esplorazioni del territorio, l’ambizioso, ma anche imprudente, giornalista Leonidas Hubbard decise di dare il suo contributo alla conoscenza del Labrador, terra ancora avvolta nel mistero, coinvolgendo nell’impresa l’amico Dillon Wallace e il cacciatore indo-scozzese George Elson.

29

Il Labrador viene definito con questa espressione sia da Wallace (D. Wallace, The Lure of the Labrador

Wild, cit., p. 8) sia da Hesketh Hesketh-Prichard (H. Hesket-Prichard, Through Trackless Labrador, citato

in B. Henderson, Every Tale Has a Story. Heritage Travel in Canada, Toronto (ON), Natural Heritage, 2005, p. 28).

30

Cfr. A. P. Low, Report on Explorations in the Labrador Peninsula along the East Main, Koksoak,

Hamilton, Manicuagan and Portions of Other Rivers in 1892-93-94-95, Ottawa (ON), Geological Survey

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