• Non ci sono risultati.

11. SS. COSIMO E DAMIANO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "11. SS. COSIMO E DAMIANO"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

11. SS. COSIMO E DAMIANO

La tavola LVIII della Descrizione raffigura la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano. La facciata si presenta asimmetrica. In parte è a salienti e definisce uno spazio interno sicuramente composto da almeno due navate. In parte, però, sembra inglobata in una costruzione diversa e adiacente, forse preesistente. Si potrebbe pensare che la terza navata sia inclusa in questo edificio attiguo, tuttavia non è escluso che SS.Cosimo e Damiano qui raffigurata sia un esempio di chiesa a due navate – una struttura solitamente poco praticata, ma talvolta riscontrabile – e che l'edificio confinante non sia dunque parte integrante di essa. In questo caso si potrebbe trattare di un esempio di utilizzo del “muro comune”, prassi piuttosto in voga nella Pisa medievale, volta a fare risparmiare i proprietari di immobili e attestata anche nella cura della stessa chiesa dei SS.Cosimo e Damiano.1

Nel disegno il campanile non è raffigurato. Il portale maggiore della chiesa è architravato e affiancato da due paraste che sembrano doppiarlo in altezza e che sorreggono una specie di tettoia triangolare, la quale duplica il movimento della parte superiore della facciata. Sopra di essa c'è un'unica apertura rettangolare. Alla destra del portale c'è un altro ingresso sormontato da una struttura cuspidata. Il disegno restituisce questa struttura in modo leggermente confuso: sebbene sembri che essa sia meno aggettante rispetto alla struttura sovrastante il portale maggiore, non si capisce se sia effettivamente costituita da una o due cuspidi. Si intravede inoltre il fianco destro dell'edificio il quale risulta bucato da un altro portale sormontato da una tettoia aggettante a forma di timpano e da tre monofore nell'ordine superiore [FIG.67].

Il testo corrispondente parla dell'edificio come di una chiesa di antichissima fondazione. Il Tronci ne fissa la costruzione al 900, facendo riferimento a documenti da lui visionati presso gli eredi del canonico Giovanbattista Totti. Aggiunge però che, al suo tempo, la facciata è l'unica cosa che resta delle “vecchie muraglie”2 poiché la chiesa vive diversi restauri finanziati

dalle elemosine dei parrocchiani e dai chirurghi, medici e speziali. In realtà non è molto chiaro il momento in cui la chiesa viene fondata: oltre a quanto scrive il Tronci, c'è infatti da considerare un'attestazione risalente al XI secolo3 e un'altra risalente invece al 1191.4 Può

darsi che, prima di queste ulteriori datazioni, fosse presente un edificio sacro successivamente

1 GARZELLA, 1990, p.220.

2 TRONCI, 1643, “Descrizione...” c. LIX r.

3 TOLAINI, 1992, p.64. Non sono qui indicati documenti da cui l'informazione può essere reperita.

4 GARZELLA, 1990, pp.186, 237, 240. RONZANI, 1990, p.51. Gli autori citano in proposito un documento riguardante un lodo arbitrale tra i Canonici della Cattedrale e i monaci di S.Paolo a Ripa d'Arno in relazione alla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano: questo “nuovo edificio” viene infine assegnato ai Canonici il 28 agosto 1191.

(2)

risistemato e rifondato.

Gran parte del testo del Tronci è dedicato poi a vicende legate al patronato della chiesa. Vengono citati due documenti duecenteschi che ne attribuiscono il patronato alle famiglie Cortevecchia e Dal Bagno nel 1227, e a Jacopo del Tignoso, Guglielmo Gottifredo, più Bonifazio di Gherardo Cortevecchia, Gherardo di Ranieri Bocci, Tancredi e Arrigo d'Ospitino Cortevecchia (tutti consorti dei Gualandi) assieme al Capitolo dei Canonici nel 1239.

La chiesa dei SS.Cosimo e Damiano risulta essere di patronato misto anche ai tempi del Tronci, avendo come compatroni la famiglia Gualandi, il Capitolo dei Canonici e i parrocchiani, questi ultimi intesi non come le anime totali della cura, bensì come i possidenti residenti in questa o ad essa legati.

L'ultimo dato riportato riguarda gli altari: ne sono indicati due. Questo numero pari, che ritorna nelle Visite Pastorali effettuate nella seconda metà del '600, potrebbe collimare con l'idea che la chiesa sia effettivamente a due navate. Un altare è dedicato ai SS.Cosimo e Damiano, viene commissionato dal Granduca Cosimo II Medici ed è accompagnato dal suo ritratto e da un'icona eseguite dal fiorentino Francesco Bianchi. L'altro viene fatto costruire dai cuoiai della città e reca un dipinto raffigurante il martirio di S.Bartolomeo, attribuito dal Tronci ad un giovane pittore senese. Pare infine che non ci siano reliquie nella chiesa se non un dito di S.Cosimo Martire.

11.1. Testimonianze successive alla Descrizione: tra '600 e '700.

Dopo essere citata nella Descrizione, la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano viene segnata nella pianta Pezzini al rimando 6, nelle piante Scorzi e Ricci al rimando 75 e nella pianta Lorenzi al rimando 133. È segnata anche nelle due piante di fine '700 prodotte a distanza ravvicinata: nella pianta del 1787 si trova al rimando 41, mentre nella pianta del 1793, forse in virtù di un errore, si trova sia al rimando 41, sia al rimando 39, rispettivamente segnata come “SS.Cosma e Damiano” e come “S.Cosimo parrocchia”. Per il resto questa chiesa risulta essere una delle più testimoniate fino alla sua distruzione avvenuta durante la seconda guerra mondiale e sono molte le occasioni in cui viene visitata dall'Arcivescovo. Due delle numerose Visite Pastorali hanno luogo nella seconda metà del '600, a circa dieci anni di distanza l'una dall'altra e sono entrambe effettuate da Francesco de Conti d'Elci.

La prima Visita ha luogo il 14 marzo 1673 e l'elemento che si evince con maggiore chiarezza da questa è costituito dal numero delle anime della cura: 472 in tutto, ripartite fra 329 adulti e 143 bambini. Vengono poi citati anche qui due soli altari, definiti però come l'altare del

(3)

Santissimo Crocefisso e l'altare della Beata Vergine Maria.5

La seconda Visita ha luogo l'11 maggio 1683 e nemmeno questa si dimostra particolarmente esaustiva. Viene confermata la situazione di patronato della chiesa già esposta dal Tronci e viene reso noto il nome del parroco, Paolo Bernia, originario di Molina di Quosa. Gli altari citati sono sempre due, ma presentano una dedicazione ancora diversa: il primo è definito “altare da cinque santi”, mentre il secondo è dedicato a S.Giovanni ed è beneficio semplice della famiglia Sancasciani, formalmente vacante, il cui rettore pro tempore è Silvestro Silvestri, il curato di S.Margherita. Vengono decretate alcune raccomandazioni riguardo quest'ultimo altare e, per il resto, viene solo ordinato di sistemare il Libro dei Matrimoni e poco altro. Anche qui è infine appuntato il numero delle anime, ammontante ora a 525, ripartite tra 366 adulti e 159 bambini.6

A dispetto delle numerose documentazioni sulla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano, il '700 si dimostra un secolo piuttosto scarno da questo punto di vista, al di là delle segnalazioni nelle varie piante della città. In documentazioni successive, soprattutto nelle guide redatte nel corso dell'800, si evince però che la chiesa viene restaurata nel 1731 per volontà dal parroco Francesco Maria Nuti.7 Nel corso del '700 a Pisa generalmente non abbondano le iniziative

edilizie di matrice statale. Il Granducato stesso e la città non versano in ottime condizioni economiche e dunque le proposte costruttive arrivano più spesso da privati e committenti locali. Proprio in virtù di questo tipo di committenza, in questa fase svariate chiese pisane vengono profondamente rinnovate. Molte di esse sono ancora esistenti e il risultato è tuttora visibile. I lavori alla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano si inseriscono dunque in questo filone di interventi locali e il restauro del 1731 è presumibilmente il più importante vissuto dall'edificio: siccome viene successivamente citato come relativo sia all'interno, sia all'esterno della chiesa, probabilmente si tratta del restauro che dona alla fabbrica il nuovo assetto a tre navate e un vero e proprio altare maggiore.8

Prima di entrare nel merito di questo argomento, nelle documentazioni riguardanti il '700, tra 1776 e 1778, è registrata anche la risoluzione di un'annosa disputa tra il parroco di SS.Cosimo e Damiano e la compagnia di S.Giovanni in Spazzavento, officiante in un oratorio posto dentro la sua cura. Il problema sembra essere costituito dal fatto che le festività da celebrarsi presso la confraternita, cadendo tutte di domenica, non permettono al parroco di presenziare

5 ACDP, Visite Pastorali, f.14, c 36 r. 6 ACDP, Visite Pastorali, f.17, cc. 35v-36r.

7 GRASSI, 1936, p.192; PIZZANELLI, 1909, pp.89-90; BELLINI, 1913, p.266; BELLINI, 1922, p.164; BELLINI, 1932, p.243.

8 GRASSI, 1936, p.192; PIZZANELLI, 1909, pp.89-90; BELLINI, 1913, p.266; BELLINI, 1922, p.164; BELLINI, 1932, p.243.

(4)

obbligando talvolta i confratelli stessi a dover rimandare o sospendere le proprie ricorrenze per lo stesso motivo, ingaggiando altri soggetti con notevole dispendio e afflizione.9

I confratelli giungono dunque ad una proposta definitiva per il curato di SS.Cosimo e Damiano. Essi si obbligano innanzitutto a pagargli un tributo annuo in cera o contanti affinché siano liberi di avvalersi di chiunque ritengano adatto per presenziare alle proprie funzioni. Si impegnano però ad avvisare almeno tre giorni prima il curato di SS.Cosimo e Damiano qualora reputino la sua presenza imprescindibile, cosicché abbia il tempo necessario per organizzarsi. Infine, se il curato non viene in nessun modo avvisato prima di una di queste funzioni, deve astenersi dall'intervenire in ogni modo sulla scelta del soggetto sostituto scelto dai confratelli.10

Al di là di questi diverbi, la cura di SS.Cosimo e Damiano sembra godere di buona salute. Benché la sua parte situata extra moenia venga nel 1782 trasferita alla cura di S.Giovanni al Gatano, per il resto non viene turbata dalla temperie di razionalizzazione leopoldina. Sembra quindi essere una cura assolutamente utile in città, dotata di una gestione anche piuttosto facoltosa, dato che viene nuovamente restaurata nel 1800 per volontà del rettore e curato Unis del Mattaccino.

11.2. Le testimonianze ottocentesche: Le Visite e le guide.

Pur sopravvivendo quasi indenne alle soppressioni leopoldine, in età napoleonica questa parrocchia viene temporaneamente trasferita al soppresso convento dei serviti di S.Antonio. Il decreto di soppressione di SS.Cosimo e Damiano è datato 7 febbraio 1811 ed è varato dall'Arcivescovo Ranieri Alliata. Le motivazioni e l'articolazione del decreto ricalcano

9 ACDP, Atti Straordinari, f.68, n.96 “(…) Siccome tutte le feste solenni, che si fanno in detta Confraternita, e particolarmente quella da poco tempo istituita dell'Esposizione del SS.Sacramento in ogni prima Domenica di mese, cadono in giorno di Domenica, giorno in cui il Paroco è tenuto di esercitare il suo Ministero nella propria Parrocchia, così essendo nella necessità di non poter sodisfare al proprio dovere, o di non potere fare le funzioni nella Compagnia, come molte volte è successo di modo che si son trovati i Confratelli più volte alla vigilia di dover tralasciare quelle funzioni solite farsi nella lor Chiesa e d'inconseguenza per ovviare a maggior disordini anno con grave dispendio dovuto sostituire, e prevalersi di altri soggetti, da dove ne è nata qualche amarezza col Curato predetto (...)”

10 Ibid.,“Per por fine adunque ad ogni questione, e conciliare nel tempo stesso, e la pace cotanto necessaria nelle fratellanze, e conservare al Paroco predetto il suo Gius. parrocchiale, si fanno dai fratelli di detta Compagnia, e per essi dal loro Governatore le seguenti proposizioni:

Primo: sarà pagato annualmente al curato di S.Cosimo o in Cera, o in Contanti quel tributo di dipendenza, che confessa la Confraternita antedetta di avere col medesimo e questo da fissarsi, e stabilirsi dall'Ill.mo e Rev.mo Mons.Vicario Generale, purché il Curato lasci in libertà i Confratelli di prevalersi di quei soggetti, che loro riuscirà di trovare per l'esercizio di quella funzione che sogliono fare nella lor chiesa.

Secondo: che tutte le volte, che i Confratelli crederanno più necessaria l'assistenza del Paroco siano in obbligo di avvisarlo almeno tre giorni avanti di quel dato giorno nel quale dovesse esercitare il suo Ministero nella Confraternita predetta, onde poter per tempo provvedere al bisogno della sua Parrocchia.

Terzo: che qualora non venga avvisato da detti fratelli non possa intervenirvi, e ciò per evitare ogni confusione, che ne potesse suscitare coll'altro soggetto già da i medesimi in suo luogo sostituito.”

(5)

approssimativamente quello emesso nei confronti della chiesa di SS.Ippolito e Cassiano tredici anni prima, quando ne viene spostata la cura in S.Paolo a Ripa d'Arno. Anche qui infatti è apposta una premessa riguardante il buono e decoroso stato in cui devono versare le fabbriche sacre anche a vantaggio dello stesso popolo della cura. Il trasferimento, approvato dal parroco Bartolomeo Scalvanti, viene giustificato definendo la chiesa del soppresso convento di S.Antonio “assai più grande, e decorosa dell'altra”. Come da prassi vengono trasferite anche tutte le ufficiature e i benefici connessi, mentre i santi Cosimo e Damiano diventano contitolari della nuova parrocchia.11

Nonostante questo, nella Pisa Illustrata del Da Morrona del 1812 la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano appare citata.12 Si trova qui il primo riferimento al suo rinnovamento interno, anche

se non è indicato quale sia il periodo esatto in cui vengono apportate le modifiche citate, se il 1731 o il 1800. Tuttavia queste potrebbero riferirsi al restauro del 1731, dal momento che viene citata la presenza di un altare maggiore in marmo e del presbiterio fatti “con molta spesa del parroco Francesco Maria Nuti”. La chiesa inoltre viene descritta per la prima volta come divisa in tre navate da due file di pilastri: ciò può costituire un'ulteriore prova di un riassetto radicale della chiesa che, nel corso del '700, vede proprio un passaggio dalle due alle tre navate.

Stando all'autore risulta ancora presente nell'edificio la tela raffigurante il martirio di S.Bartolomeo, già citata nella Descrizione del Tronci. Infine cita alcune iscrizioni presenti sulla facciata della chiesa: una fornisce il nome degli operarii, mentre l'altra, riportata graficamente, raffigura una serie di lettere e simboli ripetuti tre volte e presenti anche sulla facciata del Duomo di Barga. Queste iscrizioni, soprattutto la seconda, diventeranno una costante nella maggior parte dei testi dedicati alla chiesa all'interno delle guide successive13

[FIG.68].

Nei Pregi di Pisa del 1816, invece, il Da Morrona si concentra fondamentalmente proprio sull'episodio della soppressione considerando come “né l'essere annoverata la chiesa de'

11 ACDP, Atti Straordinari, f.68, n.96. “(...) Per tenore della presente con l'Autorità Nostra Ordinaria, ed in ogni altro miglior modo, trasferiamo la cura delle anime dalla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano in quella di S.Antonio, quale dichiariamo parrocchiale, ed in questa traslazione dichiariamo, e vogliamo che si abbiano e si intendano compresi tutti gl'Obblighi , Legati Pii di Messe, Benefizii, Cappellanie e Uffiziature di qualsivoglia padronato, dichiarando che la suddetta parrocchia di S.Antonio abbia e debba avere per suoi contitolari i SS.Martiri Cosimo e Damiano, dei quali dovrà ogn'anno celebrarsene la festa nel giorno proprio a spese del Parroco come in passato, e ordiniamo ai Ministri della Nostra Curia che la descrivano sotto i Titoli predetti nel registro della Parrocchia. E così trasferiamo, ordiniamo, e dichiariamo senza pregiudizio dell'anzianità, e diritti della suddetta chiesa, e Parrocchia traslata, i quali intendiamo, e vogliamo che restino del tutto intatti ed illesi, nonostante.”

12 DA MORRONA, 1812, p.308.

13 GRASSI, 1836, p.192; NISTRI, 1852, p.226; DA SCORNO, 1874, p.82; PIAZZANELLI, 1909, p.89-90; ROSS, ERICHSEN, 1909, p.254; BELLINI, 1913, p.266; BELLINI, 1922, p.164; BELLINI, 1932, p.243.

(6)

SS.Cosimo e Damiano fralle parrocchiali più antiche di Pisa, né il decoro delle volte, né il comparto a tre navi furon vantaggi bastevoli a salvarla dalla soppressione e dall'abbandono”.14

L'autore sembra mostrare disappunto su questo avvenimento, denunciando anche come neppure le campane, “dichiarate due monumenti dell'arte fusatoria in Pisa in virtù delle loro iscrizioni col nome dell'autore Bartolommeo da Pisa e coll'anno 1248” vengano risparmiate, poiché vendute e trasportate in una non meglio definita chiesa di campagna.15 Nel concludere

il paragrafo sulla chiesa smorza però i toni e lascia intendere il suo prossimo ripristino.

La soppressione della chiesa dei SS.Cosimo e Damiano infatti è destinata a durare poco, cinque anni in totale, come testimoniato anche da alcune note aggiunte in appendice alla Visita del 1813. All'atto di soppressione del 7 febbraio 1811 segue la profanazione ufficializzata il 16 settembre dello stesso anno (assieme a quella della chiesa di S.Sebastiano)16 e il 21 marzo 1813 l'Arcivescovo si reca presso la nuova sede della parrocchia

a visitare la “Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S.Antonio e SS.Cosimo e Damiano”.17

Viene accolto da Bartolomeo Scalvanti, lo stesso parroco che aveva accettato il trasferimento della parrocchia. Alla stesura scritta della Visita, però, sono allegate un paio di postille. La prima fa riferimento al fatto che la chiesa descritta sia appunto la vecchia conventuale dei serviti, citando in breve le vicende legate alla soppressione, profanazione e traslazione dei SS.Cosimo e Damiano.18 La seconda invece è post-datata e riguarda la riapertura al culto della

vecchia chiesa e il suo affidamento temporaneo al sacerdote Vincenzo Pandolfini tramite decreto dell'1 luglio 1817, visti i problemi di salute del curato Bartolomeo Scalvanti.19 Non si

sa quando avvenga l'effettivo ripristino della chiesa dei SS.Cosimo e Damiano come parrocchia, ma la sua benedizione è documentata al 29 agosto 1817 e risulta eseguita proprio da Vincenzo Pandolfini, una volta ricevutane l'autorizzazione dall'Ordinario.20

La successiva Visita fatta dall'Arcivescovo Alliata riesce ad essere più esaustiva per quanto

14 DA MORRONA, 1816, p.191. 15 Ivi.

16 ACDP, Atti Straordinari, f.74, n.3. 17 ACDP, Visite Pastorali, f.36, p.211.

18 ACDP, Visite Pastorali, f.36, p.214. “In questa Chiesa che una volta apparteneva al Convento dei Servi di Maria fù trasferita con Decreto del dì 7 febbraio 1811 la Cura d'Anime della Parrocchia dei SS.Cosimo e Damiano. Resa così inutile la Chiesa dei SS.Cosimo e Damiano, ed essendo stata incorporata dall'Imperial Demanio, fù nel 16 settembre 1811 profanata secondo da forma prescritta dal Concilio provinciale IV di Milano.”

19 Ibid., “La Chiesa dei SS.Cosimo, e Damiano restaurata, ed in buona forma ridotta fù riaperta al culto il dì [...], ed attesi gl'incomodi di salute del Paroco Sig. Bartolommeo Scalvanti fù dispensato dalla Cura delle Anime, e questa con decreto del primo Luglio 1817 fù affidata al Sacerdote Sig. Vincenzo Pandolfini con titolo di Vicario con riservo dell'annua prestazione di scudi ottanta al Parroco predetto.”

20 ACDP, Atti Straordinari, f.76, n.211 “Adì 30 Agosto 1817. Attestasi da me infrascritto qualmente in forza della qui sopra delegatami facoltà la mattina dello scorso giorno, 29 del corrente, ho benedetto secondo la forma prescritta dal Rituale Romano la Chiesa Parrocchiale sotto il titolo dei SS.Cosimo e Damiano di questa Città di Pisa. In quorum. P.re Vincenzo Pandolfini mano propria.”

(7)

riguarda gli altari presenti nella chiesa, fissati a tre, ma dalla dedicazione ancora non del tutto chiara, almeno da quanto si evince dagli appunti della Visita. Questa ha luogo il 19 marzo 1823 e a fare gli onori di casa vi è un nuovo vicario del curato, Francesco de Santi, dal momento che Bartolomeo Scalvanti risulta ancora “incapace del Ministero Parrocchiale”.21

L'altare maggiore è in marmo, coerentemente con quanto scritto nella Pisa Illustrata e infatti presumibilmente si tratta dell'altare fatto costruire nel 1731 dal parroco Nuti. Il dipinto raffigurante S.Bartolomeo risulta essere posto dietro di esso, nella parte del coro. L'altare in

cornu evangelii, ossia alla destra dell'altare maggiore, è di stucco al muro sormontato da una

tavola rappresentante la Madonna, S.Giuseppe e Gesù. Vi è presso lo stesso altare un tabernacolo con un'altra immagine della Beata Vergine appartenente alla congregazione a lei dedicata sotto il titolo di consolatrix afflictorum che qui è eretta. Il terzo altare in cornu

epistolae è anch'esso di stucco al muro ed è sormontato da una tavola raffigurante

S.Francesco d'Assisi, accompagnata da un quadretto recante l'immagine della morte di S.Ranieri.22

Alcune guide successive indicano lo stesso parroco Francesco de Santi come promotore di un nuovo restauro della chiesa nel 1836.23 La guida di Ranieri Grassi, dello stesso anno, oltre a

testimoniare questo e i passati restauri, fissa però per questa chiesa un tipo di descrizione che verrà riproposta uguale, senza aggiunte ulteriori, anche nelle guide di Pisa redatte dal Nistri nel 1852, dal Da Scorno nel 1874 e dal Pizzanelli nel 1909.

Il Grassi scrive che la chiesa “nulla più conserva del suo antico, perché in vari tempi rimodernata tanto all'esterno che internamente”, ennesima prova per cui la seicentesca raffigurazione del Tronci risulta ormai anacronistica. Aggiunge poi che il restauro del 1731 voluto dal parroco Nuti è testimoniato da un'iscrizione posta in una stanza annessa alla chiesa. Altre due iscrizioni poste sulle porte minori (verosimilmente in facciata), testimoniano invece quello del 1800 voluto da Unis del Mattaccino. A proposito di iscrizioni, il Grassi introduce anche un discorso in parte più organico a proposito di quelle più antiche poste sulla facciata della chiesa. Rende infatti noto che “sugli stipiti della porta maggiore sono due antichissime iscrizioni, dalle quali resulta che gli operai Giovanni e Vernaccio la fecero a proprie spese, e che altro operaio Allegro Corregario aggiunse 22 lire e soldi 12, somma a quel tempo ragguardevole”. Non dice però nulla di certo rispetto l'altra misteriosa iscrizione con le tre sigle ripetute, ipotizzando che possano indicare la data di fondazione, la cui interpretazione

21 ACDP, Visite Pastorali, f.43, c.102 r. 22 Ibid., c.102 v.

23 GRASSI, 1836, p.192; DA SCORNO, 1874, p.82; PIZZANELLI, 1909, p.89-90; BELLINI, 1913, p.266; BELLINI, 1922, p.164; BELLINI, 1932, p.243.

(8)

rimane però oscura24 [FIG.68].

A questo segue una sommaria descrizione dell'interno, della sua suddivisione in navate e del fatto che non vi siano, a suo parere, pitture interessanti. Vengono però spese alcune parole sulla già citata tela raffigurante S.Bartolomeo. Essendo stata evidentemente spostata nel corso dell'ultimo restauro, la tela si trova ora in una stanza attigua: il Grassi però ne auspica la ricollocazione al suo posto dietro al coro, essendo quest'opera “di buona invenzione e dipinta con maestria”. Oltre a questo riporta anche una nuova attribuzione del dipinto, supposto di scuola senese fin dal tempo del Tronci, ma attribuito invece da Pandolfo Titi al calabrese Francesco Cozza (1605-1682).25

11.3. Le testimonianze ottocentesche: l'inventario delle chiese di Pisa e il catasto particellare.

Contestualmente, tra il 1834 e il 1837, viene stilato un inventario delle chiese di Pisa per definirne lo stato di conservazione. È qui che si trova la descrizione più dettagliata dell'interno e dell'esterno della chiesa di SS.Cosimo e Damiano, nonché alcuni riferimenti alla sua posizione e alle strutture ad essa attigue. La descrizione può essere ben rapportata alla visuale aerea ricavata dal catasto particellare, entrato in vigore più o meno negli stessi anni. All'attivazione del catasto, infatti, la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano, corrispondente alla particella 2114, è segnata come Prioria e alla stessa particella appartengono sia la chiesa, sia alcuni annessi. L'area della particella è di 2036 braccia quadre e il rettore è sempre indicato come Francesco de Santi.26

La chiesa risulta orientata, affacciata su Via S.Antonio, dotata di una pianta longitudinale e di un'abside piana e aggettante. Il suo fianco destro confina con la Via detta delle Conce27

(l'odierna Via la Maddalena), mentre il suo fianco sinistro confina con la canonica - anch'essa prospiciente su Via S.Antonio - e l'orto del curato. All'estremità della navata sinistra vi è il campanile “a ventola poco sopra del tetto di detta navata, con tre archetti ove sono situate le piccole campane”,28 elemento che non compare nel disegno del Tronci. All'estremità della

navata destra vi è invece la sagrestia, di forma rettangolare, come viene scritto nell'inventario e come si vede dalla mappa catastale. Questa è dotata di una pavimentazione in mattoni

24 GRASSI, 1836, p.192. 25 GRASSI, 1836, p.193.

26 ASP, Catasto terreni, f.508, c.174 r.

27 Questa toponomastica indica la destinazione d'uso dell'area, storicamente sede di molte concerie di pelli. A fine '700 è registrata la presenza di circa 19 concerie nell'area tra le cure di SS.Cosimo e Damiano e SS.Ippolito e Cassiano, ma nel corso dell'800 questa attività subisce una contrazione: nel 1832 il numero di concerie nella stessa zona è infatti sceso a 2. Per dettagli si veda CACIAGLI, 1997, p.134.

(9)

disposti a spina di pesce e di una stanza a tetto per il deposito dei cadaveri, comunicante con l'esterno sul lato di via delle Conce.29 Data la disposizione della chiesa e dei suoi annessi, si

può vedere che la sagrestia e l'orto si affacciano ad est su vicolo S.Cosimo, tuttora esistente e testimoniante, col suo nome, la chiesa un tempo esistita [FIG.69]. Se la sagrestia è descritta in buono stato, il campanile è invece definito in stato mediocre.30

Prima di passare alla descrizione della chiesa bisogna spendere alcune parole sulla canonica. Il suo pianterreno è descritto nell'inventario come composto da una sola stanza d'ingresso comunicante con la chiesa e con “uno stanzone per uso di legnaio e dei bucati”. Una rampa di scale in pietra porta al primo piano, ma prima di questo vi è una specie di mezzanino composto dalla dispensa e dalla cucina, separate da un piccolo corridoio comunicante con l'orto. Il resto della rampa di scale, disposto ad angolo retto rispetto a questi primi gradini, immette appunto al primo piano composto da quattro vani: un salotto d'ingresso, una camera, uno scrittoio e un magazzino. Infine, dal salotto d'ingresso, tramite un'altra scala si accede al “secondo piano a tetto, composto di una cucina e dal quale, mediante una scala a pioli si passa nella soffitta sopra la chiesa”.31 Quest'ultimo piano è segnalato come bisognoso di restauro.32

La facciata della chiesa è descritta come decorata “di pilastri di materiale con basamento increstato di marmi, di cornice e frontespizio con scortoni che coprono le navate laterali”. È inoltre dotata di una porta d'ingresso che, all'inizio della descrizione, sembra essere l'unica posta in facciata.33 In realtà vi sono anche due portali minori in corrispondenza delle due

navate laterali. Le imposte di tutte e tre le porte sono tinte ad olio in color bronzo e davanti al portale maggiore è situato un cancello di legno dello stesso colore alto circa la metà della porta.34 Sopra al portale principale è presente una vetrata con telaio fisso raffigurante un non

meglio specificato santo a figura intera.35 Non viene fatta parola delle iscrizioni poste in

facciata le quali, tuttavia, considerata la loro citazione nelle guide successive, sono sicuramente ancora presenti.

29 Ivi. “Sagrestia. È situata sulla parte sinistra a contatto del coro ed ha la figura di un rettangolo con pavimento formato a mattoni a spina e con palco murato; a contatto con la sagrestia esiste altra piccola stanza a tetto, che serve per deposito dei cadaveri, con uscio esterno corrispondente sul vicolo delle Conce.”

30 Ibid., p.47. 31 Ibid., p.44. 32 Ibid., p.47-48.

33 Ibid., p.39 “(...) Ha una porta d'ingresso corrispondente alla strada sopraindicata. (...)”.

34 Ibid., p.44-45 “Descrizione degli affissi. 11. Imposte alla porta principale d'ingresso, tinta a olio color bronzo, con sue spranghe e battenti sverniciati, paletto da piede e chiavistello dalla parte interna e con suoi ferramenti. 12. Imposte delle due porte che mettono nelle navate laterali poste nella facciata della chiesa, una a destra e l'altra a sinistra dell'ingresso principale, tinte a olio color bronzo, paletto da piede e un solo bracciale di ferro nella parte interna. 13. Un cancello di legno tinto color bronzo, che arriva a circa la metà dell'altezza della porta principale d'ingresso e situato dalla parte esterna di essa, con suo chiavaccio, toppa e chiave.”

35 Ibid., p.45 “15. Vetrata corrispondente sopra la porta principale di ingresso, con telaio fisso nel muro, sulla quale è dipinta la figura intiera di un santo”.

(10)

La chiesa è a pianta longitudinale di tipo basilicale, divisa, come ormai si sa, in tre navate e dotata di un'abside piana aggettante. Il pavimento della chiesa è in mattoni disposti a spina di pesce e lo spazio delle navate è scandito da pilastri che reggono due file di archi in parte ribassati. La copertura delle navate è in pietra volterrana interrotta da ghiere: la volta della navata centrale è a botte, mentre quella delle navate laterali è a crociera.36 La navata centrale,

oltre all'ordine inferiore costituito dagli archi, presenta anche un secondo ordine finestrato composto in tutto da sei vetrate a telaio fisso.37 Il tetto rispecchia i salienti della facciata e

copre con due spioventi la navata centrale e con uno spiovente ciascuna delle due navate laterali. Il presbiterio si presenta rialzato di due gradini e pavimentato con marmo bicolore.38

Il suo spazio è inoltre separato dal resto della chiesa da una balaustra marmorea posta alla sommità dei due gradini.39 Le due finestre in corrispondenza di questo raffigurano un busto di

santo ciascuna.40 Anche le navate laterali hanno delle aperture finestrate. Nella navata destra,

confinante con l'orto e la canonica, vi sono “due piccole vetrate, una da aprirsi e l'altra con telaio fisso”, mentre nella navata sinistra, confinante con Via delle Conce, vi sono “tre finestre con vetri, una con telaio fisso e l'altre da aprirsi, con ferrate di reggetta a mandorla dalla parte esterna”.41 Quest'ultimo è il lato della chiesa raffigurato anche dal Tronci e, già nella sua

illustrazione, compaiono tre aperture che forse risultano essere le stesse. La parte del coro, infine, “è di figura rettangolare con pavimento di mattoni a spina e volta reale a cielo”42 e

presenta tre finestre con vetrate a telaio fisso.43

Parlando dello stato generale della fabbrica, viene segnalato come l'esterno abbia ancora bisogno di qualche restauro al cornicione della facciata e il tetto possa “dichiararsi in buono stato quando saranno variate le travi che hanno molto sofferto e che sono puntellate alla sottoposta volterrana”. L'interno risulta invece ben conservato,44 a parte le mura del coro che

“meritano d'esser rifatte dalla parte dell'orto”.45 Continuando l'analisi di questa parte 36 Ibid., pp.39-40.

37 Ibid., p.45. “n.6 finestre con vetri e telaio fisso nella navata di mezzo”.

38 Ibid., pp.39-40 “Questa Chiesa è a tre navate, coperta con volterranea con ghiera. Quella della nave di mezzo è sul mezzo tondo con lunette alle finestre. Quella delle navate laterali è a crociera. La nave di mezzo posa sopra un muro con cornicione di materiale sostenuto da pilastri grandi pure di materiali, sopra i quali sono voltati gli archi, per quanto in parte scemi. Il pavimento della Chiesa è a mattoni a spina; il Presbiterio, più alto due scalini del piano residuo, è pavimentato con marmette bicolorate. (…) Coperta. Il tetto è a due acque, sostenuto da cavalletti di forma la più comune, salvo che sopra le navi laterali che è ad una sola acqua con travi e cementi.” 39 Ibid., p.41. “Avanti l'Altar Maggiore, sulla linea di separazione tra il pavimento della Chiesa e quello del Presbiterio, vi è una balaustrata di marmo che si posa sopra due scalini dell'istessa materia.”

40 Ibid., p.45 “(...) nelle due corrispondenti al presbiterio è dipinto, nel centro, una mezza figura di santo”. 41 Ibid., p.46.

42 Ivi. 43 Ivi. 44 Ibid., p.47. 45 Ivi.

(11)

dell'edificio, oltre alle tre porte in facciata, vengono segnalati altri tre “uscetti”. Uno è situato nel muro della navata destra e comunica con la canonica, mentre gli altri due si trovano ai lati del coro e comunicano uno con la sagrestia e l'altro con una stanzetta “ove cadono le funi delle campane”.46 Questa stanzetta, coincidente con il pianterreno del campanile potrebbe

inoltre essere quello spazio in cui si trovano l'iscrizione testimoniante il restauro del 1731 e, provvisoriamente, la tela raffigurante il martirio di S.Bartolomeo, stando a quanto scritto dal Grassi. Il suddetto sistema di comunicazione tra i vani confinanti è individuabile anche nella mappa catastale. Non compare però in nessuno dei due documenti la porta laterale sulla vecchia Via delle Conce raffigurata nella tavola del Tronci e probabilmente tamponata durante i restauri successivi.47

Per quanto riguarda le suppellettili e gli arredi interni alla chiesa, nella descrizione dell'inventario sono appuntati i soliti tre altari, ma non ne è specificata la dedicazione. L'altare maggiore è “di marmo di vari colori”, mentre gli altri due, posti alle estremità delle navate laterali sono “decorati con semplice pittura a chiaroscuro sul muro”.48 Al centro del coro vi è

un organo mobile di proprietà del dottor Pietro Peruzzi. Anche il pulpito, costruito in legno e tinto di giallo, è mobile, così da poter essere trasportato “in più punti della Chiesa, ove fa più piacere”. Infine vi sono due confessionali incassati nei muri perimetrali delle navate laterali e due pilette per l'acqua santa “aderenti ai primi due pilastri della navata di mezzo”.49

Questa descrizione è molto particolareggiata e permette quasi di visualizzare tridimensionalmente la chiesa. Tuttavia, mancano all'appello alcune segnalazioni: al silenzio sulle iscrizioni poste in facciata si somma quello sulla presenza di dipinti all'interno della chiesa. Inoltre, bisogna considerare che questa descrizione precede di una decina d'anni il forte terremoto che il 14 agosto 1846 scuote la città di Pisa, provocando seri danni anche a molti edifici religiosi.

11.4. Le testimonianze ottocentesche: il terremoto del 1846 e il catasto dei fabbricati.

SS.Cosimo e Damiano risulta essere una delle chiese danneggiate dal sisma del 1846. L'ingegnere del circondario, Gaetano Becherini, viene quindi invitato a procedere con una dettagliata perizia al fine di stimare i danni. Nel suo resoconto egli scrive che l'unica parte danneggiata è il coro dove si possono notare una serie di crepe nella volta e un'altra, particolarmente pronunciata, nel lato sud-est. Altre lesioni, poi, percorrono in altezza i muri

46 Ibid., pp.45-46.

47 Una fotografia dei primi del '900 pubblicata in GARZELLA, 1990, p. 267 e raffigurante parte della facciata e del lato destro della chiesa mostra effettivamente l'uscio laterale tamponato.

48 BALDASSARRI, 1982/83, pp.40-41. 49 Ivi.

(12)

laterali del coro, unendosi alle fenditure della volta. L'intera struttura, sostenuta da muri visibilmente sottili, risulta quindi priva di sicuri punti d'appoggio e, a parere del Becherini, è destinata a crollare, complice forse anche il cedimento di parte delle fondamenta.50

L'esortazione dell'ingegnere è quella di demolire direttamente la volta del coro e rifarla con caratteristiche più opportune. Suggerisce infatti che venga rifatta in semplice volterrana e a calotta per diminuire carico e spinta, dotata di due ghiere che si incontrino alla sommità. Oltre a questo, raccomanda di ingrossare il muro, soprattutto sul lato sud, quello più danneggiato. Stando alla perizia, uno dei maggiori difetti della lesionata volta reale, è il fatto di avere “poco sesto” e quindi raccomanda che la nuova volta abbia una maggiore elevazione, alzando il tetto almeno di 2/3 di braccio. Questi provvedimenti, stando al Becherini, andranno ad assicurare una maggiore stabilità al nuovo manufatto.51

Alla perizia viene allegata una stima dei materiali e della manodopera necessaria per demolire e rifare la volta, il cui costo totale viene calcolato di £. 745 circa. L'Auditore del governo di Pisa, una volta ricevuto il resoconto dell'ingegnere, ne manda un riassunto alla Segreteria del Regio Diritto, scevro dei termini più tecnici e di più facile lettura.52 Nella sua missiva, rispetto 50 ASP, Governatore, f. 234. “Ill.mo Signor Auditore del Governo della Città di Pisa. In seguito dell'officiale di V. Ill.ma del 5 andante, mi sono portato a Visitare la Chiesa Curata di S.Cosimo di questa Città, per riconoscere lo stato delle Muraglie e Tettoja che la compongono, ed ho ritrovato, che nessuno inconveniente riscontrasi nel Rettangolo della Chiesa, ma non così nel Coro, lo stato del quale, io lo credo meritevole di seria attenzione per i seguenti motivi: Detto Coro è di figura rettangolare coperto con una Volta Reale a Calotta, nella quale si manifestano una quantità di sensibili crepe, mentre una che esiste sul fianco sud-est, nella parte dell'estradosso, giunge a superare un saldo di Braccio. Tale volta, avendo pochissimo salto, o quasi punto, va in fianco, appoggiando in Muri sottilissimi (giacché quello al sud non oltrepassa saldi 8 di Braccia) e non avendo neppure sopraccarico per essere ad essa alla Tettoja non può sussistere e deve necessariamente cadere, perché non ha punti di appoggio sufficientemente stabili.

Si riscontra inoltre in ambedue i muri laterali del coro accanto al pilastro che regge l'arco della tribuna uno stacco che unendosi a quelli della volta, giunge fino al sottoposto pavimento, assai più ampio dalla parte di Mezzogiorno come appunto si manifestano i maggiori questi della volta; il quale a mio credere proviene dall'avere ceduto il Fondamento, e più specialmente la cantonata tra Levante e Mezzogiorno, circostanza che ha contribuito moltissimo alla degradazione della volta. (...)”

51 Ibid., “(...) In questo stato di cose, sarei di rispettoso e rassegnato parere che venisse demolita al più presto possibile la Volta del Coro per non assoggettarsi a gravi conseguenze, la quale si potrebbe rifare di semplice volterrana a callotta per diminuire il carico e con esso la spinta esercitata a tant'altezza; con due ghiere di quarto che s'incrociassero alla sommità, non trascurando di ingrossare il Muro di Mezzogiorno col riprendere una risega lasciata in esso dalla parte esterna, portandola fino alla gronda, come pure di rivedere ed assicurare il fondamento di detto muro (specie sulla cantonata) per evitare ulteriori mosse, le quali si sopravvenissero. Dopo avere formata la volterrana, gli pregiudicherebbero più di quello abbiano fatto alla volta reale. Siccome uno dei principali difetti della volta è quello di avere poco sesto, per stare più sicuri, e per fare un lavoro più in regola, proporrei di alzare circa due terzi di Braccio il tetto che cuopre il Coro, per il doppio oggetto di potere dare alla volta una maggiore elevazione la quale non sarà minore di 1/3 di Braccio per ogni Braccio di Corda (cosa che non può farsi senza toccare il tetto) e perché a un tale alzamento si viene a formare un maggiore sopraccarico, e per conseguenza una maggiore resistenza al muro che deve sostenerla. (...)”

52 Ibid., “Il rapporto che qui annetto rende conto della eseguita commissione e ne fa certi che la Volta Reale sovrapposta al Coro della detta Chiesa ha per diversi vizi di costruzione manifestato crepe molto sensibili fra le quali una laterale che giunge a superare in ampiezza un saldo di braccio. Per diversi riflessi d'arte il detto Ingegnere non esita a dichiarare che la detta Volta, mancando com'è di punti d'appoggio sufficientemente stabili, non può assolutamente sostenersi. Propone quindi di demolirla; di sostituirvi una volterrana a calotta; di riformare e risgrossare la muraglia volta a mezzogiorno, e di alzare il tetto di due terzi di braccio. Per i quali

(13)

al lato meramente pecuniario della questione, introduce l'argomento della ripartizione dei costi che si collega alla situazione di patronato. Si apprende in questo frangente che la chiesa continua ad essere di patronato misto: “il Patronato del Beneficio appartiene per once sei al Regio Governo, per once cinque all'Ordinario, per once una alla Famiglia Agostini di Pisa ora rappresentata dagli eredi del fù Conte Alamanno.”53 Al tempo del Tronci il patronato era misto

tra la famiglia Gualandi, il Capitolo dei Canonici e i parrocchiani. Alcune modifiche devono quindi essere avvenute nel corso di due secoli. La stessa mutata situazione si evince da una successiva Visita alla chiesa, non datata, ma appartenente al ciclo di Visite che l'Arcivescovo Corsi compie tra 1855 e 1867. La Visita a SS.Cosimo e Damiano, dal canto suo, viene sicuramente effettuata dopo il 1856. Questa, articolata secondo lo schema delle domande e delle risposte, restituisce alcune informazioni sugli stessi cambiamenti nella situazione di patronato: tra il 1827 e il 1828 sia il Capitolo dei Canonici, sia i Gualandi rinunciano alle rispettive quote di patronato, il quale, infatti, risulta essere per 6/12 del Principe, per 5/12 dell'Ordinario e per 1/12 del Conte Agostini erede Della Seta.54

Da questa Visita non si capisce se i lavori consigliati dall'ingegner Becherini nel frattempo vengano eseguiti, ma, d'altro canto, non sono sottolineate situazioni di degrado imputabili al sisma del 1846 all'interno dell'edificio. Il maggiore problema della chiesa e della sagrestia sembra piuttosto essere l'umido. Il Visitatore annota che la fattura del pavimento, oltre al fatto di non essere particolarmente gradevole dal punto di vista estetico, sembra essere per entrambe concausa di questo problema. Tra i due edifici comunque è la sagrestia ad essere più colpita dai problemi legati all'umidità, tanto da costringere il curato, Giuseppe Pini da Pontasserchio, a spostare da lì tutti i paramenti e gli arredi sacri durante i mesi invernali. Per il resto la Visita non riporta informazioni più esaustive rispetto alla dettagliatissima descrizione degli anni '30, segno che, a parte il coro, il resto della fabbrica non vive conseguenze pesanti dopo il terremoto. L'unica informazione aggiuntiva che si apprende è che l'edificio è imbiancato con fregi turchini.55

Il XIX secolo si chiude per la chiesa di SS.Cosimo e Damiano con la sua citazione all'interno del catasto dei fabbricati, istituito nel 1877. In questo frangente l'attenzione è posta soprattutto sulla canonica e sulla sua ripartizione interna. Descritta come ripartita su quattro livelli in

lavori presagisce necessaria la spesa di lire settecentoquarantacinque.” 53 Ibid.

54 ACDP, Visite Pastorali, f.47, c. 148 v.

55 Ibid., cc. 153 r/v. “2. Di muro con incrostatura, e imbiancatura con fregi turchini. Il pavimento della Chiesa, e della Sacrestia rendono umidità assai. Quello della Sagrestia molto più, che spezialmente in tempo d'inverno il Parroco è costretto a togliere tutti gli Arredi Sacri dal Banco, cioè Pianete, Biancheria ed altro, poiché attesa questa grande umidità verrebbero a deperire. Questa umidità sembra che derivi dal Pavimento ed ambedue i Pavimenti fatti di mattoni danno anche un cattivo aspetto”

(14)

tutto, probabilmente subisce alcuni cambiamenti nel tempo poiché il pianterreno risulta avere cinque vani, il primo piano quattro, il secondo piano tre, e il terzo piano a tetto un vano solo. Questo risulta in parte discordante con quanto scritto nell'inventario stilato trent'anni prima, dato che soltanto gli ultimi due piani sembrano coerenti con la passata descrizione. Il reddito imponibile dell'immobile al 1877 è segnato di £.297.00, mentre al 1890 appare lievitato a £.1120, pur mantenendo l'edificio le stesse fattezze.56

11.5. Il '900 e l'epilogo della chiesa.

Per la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano il XX secolo si apre con una Visita dell'Arcivescovo Maffi datata 28 maggio 1907. Anche questa, come la precedente, è articolata secondo lo schema delle domande e delle risposte e, per di più, tramanda nozioni già appurate, come lo stato del patronato e la presenza di una serie di elementi all'interno della chiesa già citati nell'inventario ottocentesco, come l'organo, il pulpito, i confessionali, le pile e gli ingressi. Il parroco è Oreste Luigi Mirri e uno dei primi appunti riguarda la scarsa moralità per pervade la cura. Questa conta ora 1300 anime, poco avvezze a frequentare la chiesa e piuttosto ignoranti in materia religiosa: il generale “ambiente della città” è indicato fra i responsabili di questa cattiva condotta.57

Alcune domande vertono sulla storia stessa della chiesa, rispetto alla quale le risposte non si rivelano certe. Resta viva l'idea che la chiesa “si crede edificata nel secolo X”, come già scriveva il Tronci, che sia sempre stata una parrocchiale e che “in principio fosse gotica”, indicazione quanto mai generica e nebulosa. L'edificio viene poi indicato come sottoposto a continui restauri e viene aggiunto che “occorrerebbero riparazioni non urgenti, ma purtroppo necessarie, anche per il decoro del luogo santo e dell'igiene”: lo stesso problema riguarda la canonica che però viene definita “in peggiori condizioni”,58 dovute soprattutto all'umidità che

rende il luogo insalubre per chi lo abita, ossia il parroco stesso e sua sorella.59 La casa

canonicale viene poi descritta in un modo ancora diverso da quanto indicato dal catasto dei fabbricati di alcuni anni prima, rendendo il quadro ancora più confuso. Pare infatti che sia composta da due piani e un pianterreno per un totale di dodici vani e che sia dotata di una cantina e di un orto, il quale sembra essere uno dei pochi dati ormai da tempo accertati.60

L'indirizzo esatto però è lo stesso indicato nel catasto dei fabbricati, ossia Via S.Antonio 7, quindi deve trattarsi dello stesso edificio (benché ad oggi lo stesso civico si trovi in un'altra

56 ASP, Catasto dei Fabbricati, f.10, p.18. 57 ACDP, Visite Pastorali, f.56, n.10, c. 276 v. 58 Ibid.,c. 279 v.

59 Ibid., c. 283 r. 60 Ibid., c. 285 v.

(15)

posizione rispetto a quella al tempo occupata dalla canonica).

Sull'interno della chiesa vi sono alcune nuove informazioni. Innanzitutto viene confermata l'assenza di affreschi, ma viene indicata la presenza di due quadri. Uno di questi è sempre la tela raffigurante il martirio di S.Bartolomeo, il quale evidentemente col tempo viene ricollocato all'interno dell'edificio sacro. L'altro è su tavola e raffigura la Vergine col bambino

[FIG.70]. Entrambi sono “stimati di buon pennello” anche se “non si conoscono gli autori” e “nulla contengono di profano”.61 Non viene detto niente rispetto alla loro posizione, ma in

compenso vengono finalmente rese note le dedicazioni dei due altari minori, entrambi dedicati alla Madonna, rispettivamente Consolatrice degli Afflitti e del Rosario. La prima dedicazione è coerente con quanto riportato nella Visita di Alliata del 1823, dove viene citata la congregazione consolatrix afflictorum eretta presso l'altare in cornu evangelii, alla destra dell'altare maggiore, posizione che potrebbe a questo punto ricoprire ancora.

Dopo questa Visita vengono redatte le guide più esaustive su SS.Cosimo e Damiano dai tempi del Grassi. La prima è la guida inglese di J. Ross e N.Erichsen redatta del 1909, nella cui pianta allegata la suddetta chiesa compare al rimando numero 11. Il paragrafo che le autrici dedicano a questa chiesa è quasi esclusivamente incentrato sulla misteriosa iscrizione già riportata nella Pisa Illustrata un secolo prima, raffigurante una serie di lettere e simboli ripetuti tre volte e presente uguale sulla facciata del Duomo di Barga e in S.Frediano a Pistoia. Le informazioni introduttive sulla chiesa sono scarne e approssimative poiché viene definita come una piccola chiesa, addirittura in stile Romanico pisano, molto modernizzata nel tempo, ma priva di particolare importanza, al di fuori della presenza delle antiche iscrizioni in facciata che la rendono meritevole di una visita.62 Se in passato viene ipotizzato che la

misteriosa iscrizione in questione possa nascondere la data di fondazione della chiesa, in questa guida, oltre all'idea che possa costituire una sorta di mason's mark, viene proposta un'interpretazione più organica. La scritta, composta dalle lettere M, H e A alternate a due triangoli rovesciati e a due croci stilizzate, potrebbe essere infatti l'abbreviazione della frase

Malum Hinc Adverto, tradotta più o meno come “tolgo il male da qui”. I triangoli rovesciati

sarebbero, a loro volta, meri segni di interpunzione e la frase intera sarebbe una sorta di formula di protezione per chi si accinge a entrare in chiesa, proprio in virtù della sua posizione nei pressi dell'entrata.63

61 Ibid., c. 279 v.

62 ERICHSEN, ROSS, 1909, p.254. “This little old church of the Pisan-Romanesque style, which has been much modernised, has no history of importance, but is worth visiting because of two early inscriptions of great interest on the door-posts, to the effect that the operarii Giovanni and Vernaccio built it at their own expense. Under the inscription, on the right, are the following symbols three times repeated.”

(16)

Non bisogna dimenticare che la formula viene inoltre ripetuta tre volte e che il tre è simbolicamente il numero divino per antonomasia. Proprio su quest'importanza del simbolo e del numero tre aggiunge uno spunto il Bellini nella sua guida del 1913 (ripetuto poi nelle successive edizioni del 1922 e del 1932): a tal proposito i triangoli non sarebbero meri segni di interpunzione, bensì un ulteriore segno di perfezione ripetuto anch'esso tre volte in tutte e tre le righe formanti l'intera iscrizione64 [FIG.68].

Il Bellini inoltre risulta essere l'autore più specifico riguardo ai dipinti posti all'interno della chiesa. Dalla sua descrizione, infatti, emergono molte più tele di quanto non si pensi leggendo le Visite. Scrive infatti che a destra della porta d'ingresso vi è una tela raffigurante i SS.Cosimo e Damiano firmata dal fiorentino Francesco Bianchi e datata 1626. A sinistra, invece, è posta la famosa tela raffigurante il martirio di S.Bartolomeo: qui l'autore riporta entrambe le attribuzioni affibbiatele nel corso dei secoli, ossia Francesco Cozza di Calabria oppure un ignoto senese. Nel coro è attestata la presenza di “due tele oblunghe, con miracoli di S.Cosimo, d'ignoto, del secolo XVII”. Presso l'altare alla sinistra dell'altare maggiore, quindi in cornu epistolae, vi è invece la tavola raffigurante la Madonna col Bambino, ascritta al '300, mentre nella parete contigua vi è un piccolo tabernacolo in marmo del '40065

[FIG.70-71].

Tralasciando il fatto che la tela di S.Bartolomeo è quella più citata nel corso della storia della chiesa, seppur in collocata in punti diversi, l'opera di Francesco Bianchi viene citata soltanto nella Descrizione del Tronci, senza riferimenti a ciò che raffigura, ma semplicemente definita un'icona posta sopra uno dei due altari. La tavola raffigurante la Madonna col Bambino dovrebbe essere la stessa citata in altre occasioni (ad esempio la Visita di Alliata del 1823), posta spesso a corredo di diversi altari.

Gli ultimi anni della chiesa dei SS.Cosimo e Damiano vedono infine alcune vicende legate ad altri restauri da apportare alla fabbrica. La Visita del 10 luglio 1932 effettuata dall'Arcivescovo Vettori non restituisce nessuna informazione particolare, limitandosi a descrivere il cerimoniale preparato dal parroco Pietro Cappelli per l'occasione.66 Nonostante

questo, tra 1937 e 1938 vi sono alcuni elementi che indicano il deperimento di alcune parti della chiesa.

each other. It is suggested that they should read MALUM HINC ADVERTO (I avert evil from this place) and that it was a deprecatory sentence or charm to protect the person who entered the building on which they appear. The invariable proximity of the inscription to the entrance supports this view. Its advocated interpret the triangles which separate the letters as marks of punctuation merely.”

64 BELLINI, 1913, p.266. 65 Ibid., p.267.

(17)

Il 25 maggio 1937 il parroco della chiesa manda una missiva al potestà per informarlo dello “stato pericolante della volta della chiesa stessa” e chiedere un finanziamento per il suo restauro. L'Ufficio Tecnico del Comune procede quindi al sopralluogo per verificare lo stato della volta e il perito Gino Giunti stima una spesa di £.11000 circa per il suo risarcimento. Il 15 giugno del 1937 arriva la delibera del potestà che accorda un sussidio di £.1000 al curato, da corrispondergli “quando i richiesti lavori siano completamente ultimati e debitamente collaudati a cura e spese di detto parroco, ed esigendo il relativo certificato al Comune”.67

Il contributo accordato non è però abbastanza. Il parroco infatti scrive nuovamente sia per porgere i suoi ringraziamenti per il sussidio, sia per rendere noto che “nonostante gli aiuti richiesti alla Direzione Generale del Fondo Culto, oggi si trova nell'impossibilità di sopperire al bisogno”. Nella stessa richiede quindi un nuovo sussidio, puntualizzando che la condizione della chiesa è stata verificata dal Regio Genio Civile e l'edificio è stato addirittura chiuso al pubblico per sicurezza. Il 31 dicembre 1937 viene quindi accordato un nuovo finanziamento di £.1000 al parroco, ferme restando le stesse condizioni del primo sussidio.68

Nonostante questo, pare che nel corso del 1938 nuovi problemi si sommino a quelli preesistenti. Il parroco di SS.Cosimo e Damiano il 28 marzo scrive nuovamente “facendo presente le condizioni di pericolo dell'immobile e la necessità dei nuovi lavori che si richiedono per la sua sicurezza” le cui spese ammontano ora a £. 25.000. La missiva contiene la richiesta di un nuovo sussidio e la delibera del podestà arriva il 26 agosto 1938 accordando una nuova sovvenzione, sempre di £.1000, alle stesse condizioni delle due precedenti.69

A prescindere dal fatto che i restauri suddetti vengano eseguiti o meno, circa sei anni dopo la chiesa viene rasa al suolo dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Prima della sua distruzione, però, SS.Cosimo e Damiano, contrariamente alle altre parrocchie soppresse citate, è testimoniata da uno scatto fotografico pubblicato anche in Pisa com'era di Garzella. La fotografia, di cui non sono riportate né la data, né la fonte, rappresenta soltanto la parte destra della facciata e la corrispondente fiancata. Della prima è riportato uno dei portali, sormontato da una lunetta e incorniciato da paraste su cui poggia una sorta di piattabanda aggettante. Sopra l'architrave del portale minore è distinguibile un'incisione: probabilmente si tratta della stessa citata nella guida del Grassi, volta a ricordare il restauro del 1800 voluto da Unis del Mattaccino. Alla sinistra del portale è visibile invece parte di una delle grandi paraste che vanno ad incorniciare il portale maggiore. Questa scansione è già in parte ravvisabile nella tavola del Tronci, nonostante i grandi cambiamenti che la struttura dell'edificio vive nel

67 ASP, Comune di Pisa – sezione separata, serie III, f. 79, p.286. 68 Ibid., p.978.

(18)

corso del '700. Sulla fiancata, poi, sono ben visibili sia le tre aperture finestrate rappresentate anche nella Descrizione, sia il portale laterale che, nella fotografia, appare effettivamente tamponato, privando la chiesa di un accesso dalla vecchia via delle Conce, come già dimostrato dalla pianta del catasto particellare. Benché l'immagine fotografica restituita appaia frammentaria, si possono evincere alcuni particolari rispetto ai materiali utilizzati nella costruzione della chiesa. Se alcune parti, tra cui il basamento, presentano un'apparecchiatura muraria in file pseudoisodome di pietre tagliate o squadrate, nella maggior parte della superficie laterale è invece visibile solo la struttura in laterizio [FIG.72].

Durante il bombardamento del 1943, sebbene la zona di S.Antonio sia pesantemente danneggiata e conti la distruzione delle chiese di S.Antonio e S.Giovanni in Spazzavento (l'oratorio posto nella cura di SS.Cosimo e Damiano oggetto della citata disputa sul rituale sacro risolta a fine '700), la chiesa in questione non figura subito tra quelle devastate quello stesso giorno. I bombardamenti sulla città però si susseguono per un anno, fino all'estate 1944, seminando distruzione in svariate parti della città incluse quelle già colpite in precedenza e, alla fine della guerra, la chiesa dei SS.Cosimo e Damiano risulta praticamente rasa al suolo.

Dal rilevamento dei danni di guerra stilato dall'Ufficio del Genio Civile di Pisa per il Ministero dei Lavori Pubblici la chiesa risulta infatti come “distrutta” e sotto la dicitura “lavori da eseguire”. Per la sua ricostruzione viene appuntata la necessità di 50 metri cubi di legname, 300 metri cubi di pietre 30.000 mattoni, 500 chili di calce e 1,50 metri cubi di marmo. La spesa complessiva prevista è di £.1.250.000.70 Anche dalla scarna documentazione

fotografica si può vedere la distruzione lasciata nell'area precedentemente occupata dalla chiesa: resta in piedi soltanto una parte del muro di cinta dell'orto sul lato est dell'isolato, confinante con Vicolo S.Cosimo [FIG.73].

Lo spazio precedentemente occupato dalla chiesa è da alcuni anni adibito a piccolo parco per bambini, il cui nome è, appunto, “SS.Cosimo e Damiano” [FIG.74-75-76]. Il nome del parco e l'ancora esistente Vicolo S.Cosimo sembrano essere gli unici elementi di toponomastica nella zona a ricordare l'esistenza della chiesa. Oltre a questo, considerando la documentazione fotografica, si potrebbe pensare che parte del vecchio muro di cinta rimasto in piedi dopo i bombardamenti sia stato preservato e sia tuttora quello presente, ovviamente ristrutturato e reso omogeneo con la parte ricostruita. La spia indicante questa continuità è una nicchia presente sul lato sinistro del muro, ravvisabile nella fotografia dell'isolato bombardato e tuttora presente nella stessa posizione, seppur sistemata e intonacata [FIG.73-77]. Tuttavia il

(19)

ripristino di questo spazio avviene dopo una lunga fase di abbandono ed inutilizzo dell'intera area un tempo occupata dalla chiesa [FIG.78].

La chiesa di SS.Cosimo e Damiano non è stata ricostruita dunque nel suo isolato originario, ma, nel dopoguerra, è stata costruita una chiesa omonima in Via Montanelli, nel quartiere di S.Marco, a ricordo di quella distrutta. Le fattezze stesse della chiesa non sembrano ricordare quelle della vecchia omonima costruzione, benché la facciata voglia proporre un modello simile a quella di S.Caterina o S.Michele in Borgo, riletto in chiave moderna [FIG.79]. Come ricorda una lapide apposta all'interno sopra l'ingresso principale, la nuova chiesa viene consacrata nel 1962. Al suo interno è presente la tavola del XIII secolo raffigurante la Vergine e il Bambino, la quale, salvatasi dalle distruzioni della guerra, viene evidentemente trasferita nella nuova chiesa una volta ricostruita. Si trova alla sinistra dell'altare maggiore, protetta da una teca di vetro ed etichettata come opera duecentesca del “Maestro dei SS.Cosimo e Damiano”. A lato dell'icona mariana, sulla stessa tavola, è presente anche una piccola figura di santa che, infatti, nella Visita di Alliata del 1823 viene indicata come una rappresentazione di S.Giuseppe [FIG.70]. Per quanto riguarda le altre tele un tempo presenti nella vecchia SS.Cosimo e Damiano, alcune di esse sono sicuramente sopravvissute ai bombardamenti: attualmente sono custodite nei depositi del Museo di S.Matteo, è in corso l'analisi del loro stato di conservazione ad opera del personale della Soprintendenza e per questa ragione non sono visibili al pubblico.

Tra la documentazione fotografica conservata presso la fototeca della Soprintendenza di Pisa nel contenitore relativo alla chiesa dei SS.Cosimo e Damiano è presente anche uno scatto raffigurante il tabernacolo quattrocentesco citato sia nella Visita di Alliata del 1823, sia nella guida del Bellini del 1913. Benché la fotografia risalga al 1975 e indichi il tabernacolo come presente nella nuova chiesa, ad oggi pare non esservi [FIG.71]. Sotto la tavola del XIII secolo, infatti, vi è un tabernacolo, ma di recente fattura e realizzato in metallo.

Infine, un'ulteriore elemento proveniente dalla vecchia SS.Cosimo e Damiano sopravvive tuttora, svincolato dal proprio contesto originario. Si tratta proprio della lapide recante la tanto discussa iscrizione Malum Hinc Adverto, unita al nome degli operarii, ad oggi custodita presso il Museo di S.Matteo nella parte del chiostro riservata, appunto, a parte della raccolta lapidaria. L'iscrizione non è etichettata, ma è perfettamente visibile e riconoscibile [FIG.80].

(20)

BIBLIOGRAFIA: BALDASSARRI, 1982/1983, pp.39-48. BELLINI, A., 1913, pp.266-267. BELLINI-PIETRI, A.,1922, p.164. BELLINI-PIETRI, A., 1932, p.243. CACIAGLI, C., 1994, pp.35, 39. DA MORRONA, A., 1812, p.308. DA MORRONA, A., 1816, p.191. DA SCORNO, F., 1874, p.82. GRASSI, R., 1836, pp.192-193. GRECO, G., 1984, pp. 34, 58, 61, 142, 146, 177, 178, 187, 195, 225, 230, 251. GARZELLA, G.,1990, pp. 183, 186, 199, 220, 237, 240, 241, 267.

Nel segno della croce..., 1958, pp.31, 60.

NISTRI, G., 1852, p.226.

Pisa 1940-1946: le ferite di una città, 2005, p.135.

PIZZANELLI, A., 1909, pp.89-90.

ROSS, J., ERICHSEN, N., 1909, pp.245-255. TOLAINI, E.,1979, pp. 105, 116, 178.

TOLAINI, E., 1992, p.60.

(21)

11.6. Appendice.

Dalla Descrizione di Paolo Tronci.

c. LIX r. S.Cosimo e Damiano

La Chiesa Parrocchiale dedicata alli Gloriosi Martiri SS.Cosimo e Damiano è antichissima di questa Città, trovandosi in alcuni manuscritti ch'io viddi appresso gl'Heredi del Canonico Giovanbattista Totti edificata nel 900 di Nostra Salute, bene è vero che delle vecchie muraglie il maggior vestigio che vi resti, e quello della facciata, essendo di nuovo quasi tutta rifatta con limosine delli Parrocchiani, e li Medici, Chirurghi, e Spetiali per la Devotione verso i Santi hanno abbondantemente fatto la lor parte.

Il Padronato di essa per la fondazione nelli tempi andati fù delli stessi Parrocchiani, essi però presentavano, et il Capitolo e i Canonici instituivano il presentato, sussequentemente poi si trova il medesimo Capitolo compadroni con li detti Parrocchiani e modernamente le presentationi appariscono fatte dalli già detti Parrocchiani, Capitolo e Casa Gualandi ciascuno per il suo Terzo. Il qual Capitolo havendo perso il ius d'instituire, che hoggi appartiene all'Arcivescovo, si riserva con tutto ciò un'Ombra della Primera Iurisditione, mandando dui Canonici con un Battezzieri e un Sagrestano, et un Chierico di Niccosia, il giorno della festività delli detti Santi, a assistere alla Messa Cantata in detta Chiesa con Habito Canonicale, alli quali tutti il Rettore è obbligato pagare una recognitione in denari, la quale il piu delle volte non pigliano per esserli dato il desinare.

Sono in detta Chiesa dui Altari, uno consacrato alli medesimi Santi fatto fare dal Serenissimo Gran Duca Cosimo secondo, e Francesco Bianchi fiorentino che dipinse l'Icona, vi fece il ritratto dell'Altezza sua per Cosimo.

Un altro altare incontro a questo hanno fatto li Quoiai di questa Città, e nell'Icona vi è dipinto il Martirio di S.Bartolomeo di mano di un Giovane Senese.

Altre reliquie non è in detta Chiesa se non un pezzetto d'Osso del Martire San Cosimo, concessoli dalli fratelli della Compagnia di S.Rocco per compiacere al GranDuca.

Nel vedere di poi le scritture che si conservano in casa del quondam Raffaello Roncione Arciprete che fu della Chiesa Primatiale di questa città, ho trovatovi un instrumento nel quale appariscon Padroni di questa Chiesa di S.Cosimo, quei della famiglia di Cortevecchia e quei dal Bagno nell'Anno 1227, di che non mi maraviglio, perche nelle Parrocchie troppo potevano le piu principali Casate che vi dimoravano.

(22)

In un instrumento del l'anno 1239 apparisce che Jacopo del Tignoso, Guglielmo Gottifredo, e Bonifazio di Gherardo Cortevecchia, Gherardo di Ranieri Bocci, Tancredi et Arrigo d'Ospitino Cortevecchia tutti consorti de Gualandi erano padroni insieme di detta Chiesa con il Capitolo e Canonici di Pisa.

Riferimenti

Documenti correlati

(b) Si dica quante tra le relazioni del punto precedente sono di ordine totale. (c) Si determini infine il numero di relazioni d’equivalenza che possono essere definite

In Italia stiamo assistendo ad un continuo evolversi delle norme volte alla salvaguardia delle vite umane e dell’ambiente, purtroppo sollecitate da eventi dannosi a livello

Rapporto Tecnico di ricerca relativo all’attività condotta durante lo svolgimento della borsa di studio presso il L.U.P.T.: “Gestione di un progetto per la realizzazione di

La misura sarà finanziata da diverse fonti: le risorse nazionali destinate al sussidio economico da erogare ai bene- ficiari - pari a 750 milioni di euro per il 2016 stanziate

[r]

[r]

Io sottoscritto/a Domenico Cosimo Damiano Princigalli dichiaro che il mio coniuge e i miei parenti entro il secondo grado hanno negato il consenso alla pubblicazione dei dati

Quando Soko avrà finito di parcheggiare le sue auto, la casella in basso a sinistra dovrà risultare vuota, e, a partire da tale casella , deve poter spostarsi verso ogni altra