La Russia
Continua espansione e ridefinizione dei confini.
Ricerca di sbocco al mare.
Iniziativa non individuale, ma statale.
Assenza di borghesia, progetto di Stato.
I due momenti fondamentali nei quali la Russia ha realizzato la sua
industrializzazione sono quelli dell’ultima fase zarista e in particolare gli zar Alessandro III e Nicola II, e più tardi, tra le due guerre mondiali, sotto la
dittatura staliniana.
Il processo di industrializzazione non ebbe caratteristiche di spontaneità e fu realizzato coercitivamente.
La Russia
L’immobilità dell’impero venne scossa dalla sconfitta nella guerra di Crimea. Alessandro II avviò allora il processo di
abolizione della servitù, tramite riscatto delle terre da parte dei contadini, ma lasciò sopravvivere il mir (comunità di
villaggio) con funzioni amministrative e di controllo locale, che ostacolavano la formazione di un moderno mercato del lavoro e della terra.
I suoi successori, Alessandro III e Nicola II, dal 1881 all’inizio della prima guerra mondiale tentarono di avviare il processo di industrializzazione con motivazioni essenzialmente politico
militari: mantenimento del potere e del ruolo di grande potenza, miglioramento degli armamenti.
La Russia
Mancando capitali e tecnologia interni, gli zar favorirono l’ingresso di capitale
straniero nei settori tessile, meccanico (armi), estrattivo (petrolio e carbone).
L’afflusso venne agevolato dalla stabilità monetaria raggiunta con il sistema del gold standard, poiché lo Stato ricorse
soprattutto al debito pubblico per
finanziare l’industrializzazione.
La Russia
Alessandro III promosse un vasto
programma di costruzioni ferroviarie realizzate in parte con capitale
pubblico, in parte garantendo ai privati, un interesse sul capitale investito.
Prestiti, interessi, pressione fiscale.
La Russia
L’intervento del capitale straniero migliorò decisamente le tecniche di estrazione delle risorse minerarie e creò alcune isole di industrializzazione tecnologicamente avanzate in un panorama economico generale di agricoltura arretrata.
L’industria cotoniera fu avviata con capitali e macchinari inglesi e tedeschi. Capitale belga e francese fu impiegato nelle
miniere di carbone, capitale francese nell’industria del ferro e capitale svedese nell’estrazione del petrolio.
Nonostante difficoltà e ostacoli il processo di
industrializzazione raggiunse risultati non trascurabili, pur coinvolgendo solo aree limitate: all’inizio del Novecento la
Russia produceva più ghisa della Francia e si collocava al quarto posto al mondo fra i produttori di ferro.
Il Giappone
Un altro caso di industrializzazione ritardata
DUE INTERPRETAZIONI STORIOGRAFICHE:
Ruolo determinante dello Stato
Presenza di un tessuto protoindustriale
UNICO PUNTO IN COMUNE:
La Restaurazione Mejii (1868) come punto d’avvio dell’industrializzazione.
Il Giappone (ruolo dello Stato)
Fu l’abbattimento del lungo predominio della dinastia Togukawa nella conduzione economica e politica del paese, attraverso il ruolo degli shogun a permettere al
Giappone di sviluppare un’industria moderna e sfuggire al predominio dell’Occidente?
Ruolo di stimolo all’impresa
Stabilimenti pilota
Infrastrutturazione del Paese
Le fasi dello sviluppo
1868-1885 FASE PIONERISTICA
1885-1914 PERIODO DI CONSOLIDAMENTO, EMERGONO GLI ZAIBATSU
1914-1944 CENTRALITÀ DEGLI ZAIBATSU
I fase: restaurazione Meiji (1868-1885)
Restaurazione Meiji (che vuol dire governo illuminato):
abolizione del feudalesimo e restaurazione dell'autorità
imperiale; una modernizzazione sul modello occidentale, ma unita a una valorizzazione delle tradizioni giapponesi;
industrializzazione, scolarizzazione ecc.
Su queste basi l'impero del Sol Levante fu l'unico paese extraeuropeo a raccogliere la sfida dell'Occidente,
divenendo in breve una potenza in grado di sconfiggere la grande Russia.
I fase: restaurazione Meiji (1868-1885)
Il rinnovamento Meiji è fondato su :
- Sviluppo agricoltura (importazioni tecniche agricole europee; anche ciclo di Norfolk)
- L’industrializzazione è l’obiettivo principale
- Il Giappone utilizza lo Stato e le banche per finanziare l’attività industriale, fondando imprese o prendendone il controllo
Trasferimento di imprenditori e tecnologia dalla GB e dagli Stati Uniti al Giappone.
I fase: restaurazione Meiji (1868-1885)
Il rinnovamento Meiji è fondato su :
- Sviluppo agricoltura (importazioni tecniche agricole europee; anche ciclo di Norfolk)
- L’industrializzazione è l’obiettivo principale (tassa sull’agricoltura, proprietà vendibili)
- Il Giappone utilizza lo Stato e le banche per finanziare l’attività industriale, fondando imprese o prendendone il controllo
Trasferimento di imprenditori e tecnologia dalla GB e dagli Stati Uniti al Giappone.
Seconda fase (1885-1914)
Promozione di un sistema bancario nazionale;
Costruzione di ferrovie, servizi postali e reti telegrafiche;
Creazione, e successivamente la vendita, delle industrie del settore pubblico;
Prestiti e vendita di attrezzature, concessione di prestiti alle imprese private;
Lo Stato dopo aver acquisito la proprietà delle azienda, dal 1880 inizia un processo di privatizzazione;
Le imprese che si vengono a costruire dalla privatizzazione hanno caratteristiche particolari: gli Zaibatsu.
Zaibatsu
Gli Zaibatsu sono grandi gruppi oligopolistici la cui nascita fu favorita dalle privatizzazioni.
Questi gruppi erano centrati intorno a una famiglia che tramite una holding orientava e controllava le tante imprese industriali e commerciali affiliate di cui possedeva la maggioranza azionaria.
Si possono contare fino a venti zaibatsu; alcuni avevano raggiunto una
grandezza impressionante, ed erano: Mitsui, Mitsubishi, Sumimoto, e Yasuda. I Grandi Quattro si distinguevano non solo per la loro dimensione, ma anche per la diffusione dei loro interessi attraverso il settore bancario, l’industria pesante, i cantieri navali, il commercio e tutte quelle attività economiche da cui potevano aspettarsi larghi profitti, creando così una rete di
interdipendenza tra tutte le società sotto il loro controllo, che, grazie alla molteplicità dei loro interessi, aiutarono a superare le crisi economiche che di quando in quando si presentavano.
Zaibatsu
Dal 1880 in poi, un dato straordinario segna la crescita del settore delle corporazioni: il numero di queste ultime
crebbe del 550% tra il 1885 e il 1900, e dell’80% tra il 1900 e la prima guerra mondiale. Una tale crescita fu il
risultato della conversione delle innumerevoli partnership all’interno di ogni zaibatsu31. L‘esistenza di questi grandi aggregati di potere finanziario, forti della loro influenza politica, scoraggiò, sin dai primi tempi, la formazione di una robusta classe media formata da uomini d’affari
indipendenti, dotati di sufficiente capitale e di libertà di investire, così da poter formare imprese moderne di
medie dimensioni, in modo efficiente e per conto proprio.
Terza fase (1914-1941)
Concentrazione della ricchezza:
il 2,59% degli azionisti (> 40.000) possiede
64% del capitale azionario
il 10% di questi (3762 azionisti) detiene il
48,74% del capitale
gli Zaibatzu nel loro insieme controllano
50% delle attività industriali
70% del settore finanziario
Un altro mondo: la Cina
Continuità come Stato unitario per due millenni dal III sec.
a. C., pur con fasi intermedie di spinte centrifughe e di invasioni;
Monarchia assoluta legittimata da principi cosmici, forte di un apparato amministrativo centralizzato reclutato mediante esami specializzati;
Diversa gerarchia sociale;
Irriducibilità a categorie generiche come «Oriente»,
«Asia», «terzo mondo»;
Un complesso civilizzatore di inconfondibile peculiarità.
Un altro mondo: la Cina
Nessuna frammentazione politica;
«La civiltà cinese ha prodotto un peculiare e stabile modello di relazioni tra stato e società. Sebbene gli affari statali
fossero sempre segreti e segnati da sospetti e scandali, la sfera del governo proiettava un senso di grandezza e in
questo modo dava ai cinesi un senso di orgoglio e dignità. La società cinese, d’altra parte, era particolarmente passiva verso il suo governo, non avanzava rivendicazioni nei
confronti delle politiche statali e concentrava le sue energie sul settore privato».
Il paradosso cinese
Diversi secoli prima dei viaggi di Colombo e delle presse per stampare di Gutenberg i cinesi inventarono la stampa,
mentre sotto i Song, durante il nostro medioevo, erano il popolo più ricco, moderno, popoloso e specializzato del pianeta, a tal punto, che un secolo prima della scoperta
delle Americhe, le flotte dell’ammiraglio musulmano Zhang He erano più avanzate e meglio equipaggiate di quelle di Colombo.
Ci fu ,dunque, un periodo in cui il potere militare ed
economico, la popolazione e la stabilità politica erano molto più progrediti della controparte europea. Per questo motivo la nostra storia è ricca di autori che si domandano perché?
Il paradosso cinese
Per lungo tempo la risposta fornita dalla gran parte degli intellettuali occidentali ha considerato la
società cinese come stagnante e incapace di
innovare scientificamente. In particolare, veniva biasimato il culto confuciano, il quale esclude la scienza dai suoi classici, in cui l’eccessivo
pragmatismo porta a sminuire “i misteri della vita e della natura”, e per cui i commercianti erano
l’ultimo scalino della piramide sociale.
La grande divergenza
Perché l’Europa si è industrializzata e la Cina no? Le prime risposte arrivano dal XIX Secolo, ed hanno una connotazione
prevalentemente eurocentrica: numerosi autori, da Max Weber a Marx stesso, hanno risolto la questione spiegandola attraverso le caratteristiche culturali tipiche europee, che invece mancavano nei grandi imperi asiatici. Tali caratteristiche andrebbero cercate, secondo questi autori, nell’orientamento verso il mercato tipico del capitalismo europeo, che in alcuni casi viene fatto discendere direttamente dalla morale cristiana e protestante
La grande divergenza
Altre teorie che tentano di spiegare l’aumento del gap di sviluppo tra Europa e Asia orientale, si concentrano sui difetti strutturali dell’economia cinese, che avrebbero portato l’Impero Celeste alla stagnazione. In primis, una crescita non controllata della popolazione, che avrebbe determinato nei territori cinesi la cosiddetta “trappola
Malthusiana”, ovvero: quando la crescita della produzione agricola non tiene il passo con la crescita della
popolazione.
Popolazione
La grande divergenza
Pomeranz, nella sua analisi, individua due cause che coincidono con gli elementi essenziali della prima industrializzazione europea: il cotone e il carbone.
Il primo, infatti, ha fatto sì che l’Inghilterra divenisse la fabbrica del mondo per quel che riguarda la produzione tessile, il secondo ha permesso di sfruttare una fonte di energia molto più efficiente di quelle allora conosciute.
Entrambi questi elementi, inoltre, hanno contribuito al
“risparmio di terra coltivata”. Il carbone ha fatto sì che il legno fosse abbandonato come fonte energetica, con la conseguente liberazione di terra coltivabile.
La grande divergenza
Le cause vanno ricercate, secondo altri studiosi in una serie di processi che hanno favorito l’innovazione tecnologica
nell’area europea molto più segnatamente rispetto a quello che è stato possibile osservare in Cina.
Si pensa che il costante “stato di guerra” (o pace armata) tra le diverse nazioni europee, abbia portato al concentrarsi nelle città della manifattura, dove cioè c’era meno
probabilità di essere attaccati da eserciti invasori e dove i salari dei lavoratori erano più alti.
Ricerca di tecnologie che risparmiassero lavoro.
La grande divergenza
Divisioni in diversi stati;
Sistema bancario e finanziario;
Conflitti e guerre.
L’oppio
Il contrabbando di oppio, prodotto nel Bengala dalla Compagnia delle Indie orientali, assunse un ruolo
fondamentale per vincere la resistenza della Cina al commercio con l’Occidente. La facilità con la quale si diffuse il consumo di oppio in ogni ceto sociale creò una
seria piaga sociale (aumento della corruzione) ed economica (fuga di argento dalle casse di Stato) tanto da costringere la Cina a intensificare i divieti sulla droga (1796, 1814, 1815).
Nel giro di pochi anni le importazioni di oppio si
moltiplicarono a dismisura, passando dalle 18.956 casse del 1821 alle 30.204 del 1831.
Guerra dell’oppio (1839-42; 1856-60)
L'importazione dell'oppio aveva delle ricadute pesantissime sull'economia cinese e soprattutto sulle casse dello stato: le importazioni dovevano essere pagate in argento, e la Cina aveva accumulato un deficit calcolabile in 3 miliardi di chili d'argento (100 milioni di once), il cui peso ricadeva
soprattutto sulla popolazione rurale, che veniva pagata in monete di bronzo ma costretta a versare i contributi
all'imperatore in argento, il quale - data la sua scarsa reperibilità - era cresciuto di valore.
Guerra dell’oppio (1839-42; 1856-60)
All'inizio del XIX secolo, la Gran Bretagna aveva un passivo nelle esportazioni con la Cina pari ad uno
contro sei (dovuto soprattutto dalla grande richiesta in Europa di tè, seta e tessuti preziosi e la scarsa
presa che avevano i prodotti inglesi sul mercato cinese). La massiccia vendita di oppio doveva
servire proprio a riequilibrare questa situazione.
Guerra dell’oppio (1839-42; 1856-60)
Trattato di Nanchino del 29 agosto 1841, in cui
vennero sanciti 4 punti fondamentali: cessione alla corona britannica di Hong Kong, indennità agli
inglesi di 21 milioni di dollari (messicani), rapporti cino-inglesi su basi paritarie (e quindi fine del
vassallaggio dei mercanti europei nei confronti
dell'imperatore), liberalizzazione del porto di
Canton a apertura di Fuzhou, Amoy, Ningbo,
Shanghai.
Guerra dell’oppio (1839-42; 1856-60)
Nel 1856, scoppiò infatti una seconda guerra tra Cina e Gran Bretagna (anche se molti considerano impropria la definizione "seconda guerra dell'oppio"). La scintilla che fece scoppiare il conflitto fu l'attacco di una nave britannica nel porto di Canton. Dopo solo 4 anni dal precedente conflitto, la Gran Bretagna, questa volta coadiuvata dalla Francia, fece capitolare di nuovo la Cina.
Con i trattati di Tianjin, prima, e di Pechino, poi, l'impero asiatico si vide costretto ad aprire i propri porti, marittimi e fluviali, al commercio europeo e statunitense e stabilire rapporti di equità con gli stati
stranieri. In compenso l'oppio continuava a dilagare in tutto il paese.