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IMPRESA MATTEO MICHELACCI 1

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Academic year: 2022

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MATTEO MICHELACCI 1

IMPRESA

Cosa si intende per impresa? L’impresa è quell’attività economica organizzata, svolta professionalmente, al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi è L’imprenditore.

Il lavoratore subordinato all’imprenditore è colui che si prende l’obbligo mediante retribuzione di collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Affinché un’attività sia considerata un’impresa, deve essere Economica, ovvero l’output deve poter essere oggetto di scambio su un mercato, e d avere quindi valore economico. Professionale, ovvero svolta

abitualmente, ed Organizzata, liberamente dall’imprenditore, e con strutture addite alla gestione di risorse umane, finanziarie e tecnologiche.

Nella terminologia comune, impresa, società, azienda e ditta vengono impropriamente utilizzate come sinonimi, ma occorre ricordare che non tutte le imprese sono società; quest’ultima infatti è da intendersi come contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. L’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Ditta invece è il nome commerciale scelto dall’imprenditore per esercitare

l’impresa, ha carattere distintivo e valore commerciale, a cui è garantito l’uso esclusivo.

L’impresa in pratica utilizza come input beni, quali materie prime e servizi, utilizzando risorse pratiche e nozionistiche trasforma tali input in output. Output che poi deve essere venduto ai consumatori finali o ad altre imprese così da ricavarne un utile.

Naturalmente l’impresa non segue una logica matematica di buon funzionamento, il contesto sociale in cui opera è un protagonista nella vita di un’impresa, non esiste quindi impresa senza rischio. Tra i fattori di rischio dell’impresa vi è la logica temporale, ovvero, l’imprenditore prende oggi decisioni i cui risultati si vedranno domani. L’impresa ha una determinata rigidità strutturale, ovvero gode di un’organizzazione non immediatamente modificabile (non è sempre possibile licenziare personale in caso di diminuzione della domanda).

Il rischio dell’impresa se lo prende l’imprenditore, ovvero esso si appropria dei profitti se positivi, e risponde delle perdite se i profitti sono negativi. Come ne risponde è determinato dall’assetto

proprietario/forma giuridica: l’impresa può essere a responsabilità illimitata e in tal caso l’imprenditore e/o i soci ne rispondono con tutto il loro patrimonio personale, oppure può essere a responsabilità limitata quando l’imprenditore e/o i soci rispondono con i soli capitali conferiti.

In linea di principio per fondare un’impresa non è necessario che l’imprenditore entri con campitale

proprio. Esso infatti potrebbe raccogliere capitale da soci esterni (capitale di rischio) e/o credito (capitale di debito) sulla base della sua idea di business. Tuttavia la presenza di capitale proprio dei fondatori garantisce i creditori da rischio di insolvenza e segnala credibilmente il valore dell’idea di business a finanziatori esterni. Il fatto che l’attività proposta meriti fiducia di investimento da parte di terze persone è dimostrabile attraverso il Business plan.

Tale prodotto conterrà informazioni circa il servizio che intenda offrire, il mercato in cui l’impresa andrà ad operare, la strategia e le annesse previsioni finanziarie, ed infine presentare il gruppo dirigente.

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Se però un’impresa non realizza profitti, rischia di “morire” e dunque di non riuscire a remunerare fattori produttivi (in Italia le imprese vivono in media 12 anni). In che modo muore un’impresa?

Per fallimento, o scioglimento coatto, ovvero un’impresa è sciolta per ordine del tribunale ed i suoi beni vengono venduti (tramite asta giudiziaria).

Per liquidazione con scioglimento volontario e quindi vendita dei beni da parte dei soci, ed infine per acquisizione o fusione, in cui un’impresa minore viene assorbita da una maggiore.

Tipologia di impresa

La proprietà di un’impresa può essere privata (del singolo o della società) oppure pubblica, ove un ente pubblico può essere lo stato, che si differenziano in Profit o No profit, quindi con obiettivo socialmente rilevante. Dimensionalmente le aziende si differenziano in grandi, con più di 250 addetti e fatturato superiore a 50 mln annui, medie con addetti da 50-249 e fatturato da 10 mln a 50 mln di euro annui, ed infine piccole imprese con numeri inferiori.

Come tipologia di output vi sono imprese che producono beni materiali come le imprese agricole e le imprese industriali/manifatturiere, ed imprese di servizi come quelle di trasporto, telecomunicazione, forniture banche ed assicurazioni.

Un punto di differenziazione è il numero di output. Le imprese monoprodotto sono imprese che producono o vendono un solo prodotto, le imprese diversificate producono/vendono vari prodotti/servizi da qualche punto di vista imparentati tra loro, ed infine i conglomerati, ovvero imprese che producono prodotti non imparentati tra di loro, spesso seguendo un core business (prodotto ritenuto più importante).

Un’impresa viene distinta inoltre dal tipo di consumatore, ad esempio vi sono imprese (wholesale) che producono e vendono prodotti intermedi ad altre imprese, che a loro volta, li utilizzano nel loro processo produttivo. Oppure vi sono imprese retail che vendono direttamente il prodotto al consumatore in in mercato finale.

Un’ultima distinzione a livello qualitativo è infine tra le aziende che hanno interessi economici e attività produttive in più di una nazione, e chi invece è localizzata nel piccolo territorio (multinazionali & nazionali).

Un settore è l’insieme di tutte le imprese che producono beni o erogano servizi che i consumatori

considerano sostituiti. In italia la divisione e classificazione dei diversi settori è attuata dall’ Ateco, messa a punto dall’istat.

Forme giuridiche

Alcuni esempi di diritti dell’impresa sono il diritto di proprietà su beni o servizi utilizzati per l’esercizio dell’attività, il diritto di affittare un immobile ed il diritto di difendersi in tribunale in caso di controversie.

Alcuni esempi di doveri dell’impresa sono il dover redigere il bilancio, rispettare le leggi a tutela dei lavoratori e il rispetto della normativa ambientale.

Per forma giuridica si intende la tipologia giuridica del soggetto a cui fa capo l’attività e le norme ad essa conseguenti, la scelta di tale forma giuridica è importante poiché va a determinare una serie di obblighi civili, amministrativi e fiscali dell’impresa.

Sono distinte in due grandi gruppi dal codice civile, sostanzialmente in imprese individuali costituite da un’unica persona fisica, e le imprese collettive, costituite da una società di persone.

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Nell’impresa individuale il titolare è illimitatamente responsabile delle obbligazioni dell’impresa con tutto il suo patrimonio personale (commercialista, ingegnere, medico, …). Tra le imprese individuali sono

un’estensione le imprese familiari, ovvero quando l’imprenditore si avvale in modo continuativo della prestazione lavorativa dei familiari. Tra i pro vi è la facilità burocratica nella costituzione e nello

scioglimento dell’impresa, non è richiesto un versamento di capitale, gli obblighi contabili sono limitati e vi è un’autonomia e velocità decisionale. Tra i contro vi è il concetto di responsabilità illimitata, ovvero, l’imprenditore andrà a rispondere con tutto il suo patrimonio personale per le obbligazioni assunte nel corso dell’attività, e le imposte crescono in caso di forti guadagni, ovvero vengono applicate aliquote progressive previste dall’irpef.

Nelle imprese collettive i soci hanno responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali se stiamo parlando di società di persone. Nel caso di società di capitale i soci hanno responsabilità limitata e

circoscritta ai loro rispettivi conferimenti sociali. Un altro tipo di società è la cooperativa dove anche qui i soci hanno responsabilità limitata e circoscritta ai loro rispettivi conferimenti sociali.

Tra le società di persone posso distinguere le società semplici (s.s.), categoria riservata ad attività economiche non commerciali quali ad esempio le attività agricole e società per la gestione di patrimoni immobiliari. Società in nome collettivo (s.n.c.), sono le società che possono esercitare sia attività di impresa commerciale, sia attività economiche non commerciali, ed infine possiamo distinguere anche le società in accomandita semplice (s.a.s.) che sono quelle società in cui si riconoscono i soci accomandatari i quali si assumono in forma illimitata e solidale le responsabilità connesse all’esercizio dell’impresa, ed i soci accomandanti, ovvero coloro che affidano in gestione i loro capitali ad altri soci e sono responsabili solo del capitale conferito.

Tra i pro vi è una tenuta della contabilità relativamente semplice, così come le procedure fiscali contabili e tributarie, inoltre non è obbligatorio il versamento di un capitale minimo.

Tra i contro vi è il fattore della responsabilità illimitata e solidale, infatti in caso di fallimento, i creditori possono rivalersi sul patrimonio privato di ciascun membro della società.

Facenti parte le imprese collettive vi sono le società di capitali, tra cui le società a responsabilità limitata (s.r.l.) ove il capitale sociale (proprietà) è divisa in quote [tali quote non possono essere oggetto di sollecitazione all’investimento del pubblico risparmio]; capitale minimo pari a 10k euro.

Le società a responsabilità limitata semplificata (s.r.l.s.) differiscono dalle prime solo dal fatto che sono introdotte dalla legislazione per favorire l’imprenditorialità, infatti il capitale minimo è di solo 1 euro.

Le società per azioni (s.p.a.) sono infine imprese ove il patrimonio sociale è costituito da azioni. Tali azioni sono quote di partecipazione liberamente trasferibili, è possibile la quotazione in borsa, ed il capitale minimo è di 50k euro.

Tra i pro vi è la responsabilità limitata alla quota di capitale conferita, ovvero, il patrimonio privato dii ogni socio è inattaccabile dai creditori (a meno che non si siano commessi illeciti). La gestione dell’impresa può essere affidata anche a non soci, e gli utili possono essere distribuiti ai soci nei momenti fiscalmente più convenienti.

Tra i contro, gli adempimenti burocratici e fiscali sono numerosi e complessi, il conferimento del capitale iniziale è obbligatorio e vi sono maggiori obblighi di trasparenza e di governance.

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Per scegliere la forma giuridica gli elementi da considerare sono:

. Responsabilità patrimoniale . Convenienza fiscale

. Obblighi di natura amministrativa e contabile . Eventuale trasferibilità della partecipazione

. Prospettive economiche e finanziarie dell’attività aziendale

Contabilità esterna

La contabilità è quel processo di individuazione, misurazione, analisi, interpretazione, comunicazione di informazioni che consentono di esprimere giudizi e valutazioni economiche sull’impresa. E’ inoltre un sistema di rilevazione continua di qualunque evento di rilevanza economico-finanziaria dell’impresa.

In particolare nella contabilità generale o esterna includiamo informazioni pubbliche redatte da imprese e altri soggetti (come enti pubblici), secondo criteri omogenei stabiliti dalla legge per ragion di efficacia e trasparenza. Le informazioni di contabilità esterna sono:

. accertate (documentate secondo rigide regole formali) . sintetiche (vengono riportate entrate/uscite)

. storiche (sono relative ad eventi avvenuti in un dato periodo di tempo)

Possono infatti essere diversi i soggetti interessati direttamente od indirettamente all’andamento della gestione d’impresa [la proprietà – shareholders e i cosiddetti stakeholders, tra cui vi sono finanziatori, fornitori, clienti, … ].

La contabilità esterna, attraverso lo strumento del bilancio, offre una descrizione ad uso pubblico dell’impresa, tra cui possono essere incluse informazioni circa la capacità dell’impresa di far fronte alle obbligazioni assunte, la sostenibilità finanziaria del modello di business e altri quesiti che shareholders e stakeholders si pongono a riguardo.

Il bilancio d’esercizio è un documento redatto con la finalità di informare i diversi stakeholders sulla situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa in un determinato periodo (esercizio), è un insieme di documenti che lo rendono pubblico, obbligatorio, sintetizzante di operazioni di gestione condotte dall’impresa nel corso di un esercizio contabile, ed infine soggetto a regolamentazione.

Se l’impresa è parte di un gruppo il bilancio consolidato è la rappresentazione del gruppo come se fosse un’unica entità.

L’esercizio è generalmente il periodo che intercorre tra il 1.1 e il 31.12, ma può variare a seconda dei settori produttivi, ha comunque durata di 12 mesi.

Il bilancio deve comunicare se e quanto l’impresa è in equilibrio reddituale, ovvero se la gestione dell’impresa da parte del management è stata in grado di generare un reddito “sufficiente” e se ciò che resta dei ricavi delle vendite e degli altri proventi dopo aver sostenuto i costi è all’altezza delle aspettative di remunerazione dei proprietari. Deve comunicare se l’impresa è in equilibrio finanziario, ovvero se le entrate dell’impresa permettono di far fronte nei tempi richiesti agli obblighi sottoscritti nei confronti di terzi.

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I principi contabili sono criteri che stabiliscono i fatti da registrare, le modalità attraverso le quali contabilizzare le operazioni di gestione ed i criteri di valutazione e di esposizione dei valori di bilancio.

Le informazioni offerte devono essere complete, veritiere e comparabili tra diverse imprese (eventualmente di diversi settori).

Il bilancio civilistico tradizionale è normato dalla IV direttiva della commissione europea, e dal codice civile italiano. Il bilancio redatto in accordo ai principi IFRS/IAS (international financial reporting standards / international accounting standards) è normato dal regolamento CE n. 1606/2002 e da specifiche leggi nazionali che recepiscono tali direttive. Quest’ultimi principi sono obbligatori per le società quotate, per le banche e intermediari finanziari soggetti a vigilanza, per le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, per le imprese assicurative (bilancio consolidato, bilancio d’esercizio solo se sono quotate), e tutte le società con obbligo di redazione del consolidato o incluse in un consolidato.

Tra le principali ragioni dell’armonizzazione contabile vi è la globalizzazione dei mercati e dei movimenti di capitali: necessità di predisposizione di bilanci comparabili nel tempo e nello spazio attraverso regole chiare, il più possibile uniformi e condivise. I pro di tale gestione sono una maggiore interpretabilità dei dati e minori oneri per ottenere informazioni comparative, ma di contro viene adottato un modello contabile talvolta difforme dalle prassi consolidate presenti in un determinato paese, e la necessità di transizione dal vecchio al nuovo modello di riferimento.

Documenti che costituiscono il bilancio IFRS/IAS

. Stato patrimoniale (SP): descrive la situazione patrimoniale dell’impresa in un determinato istante (la mezzanotte del 31.12)

. Conto economico (CE): riassume i flussi di ricavi e costi avvenuti nell’esercizio

. Prospetto delle variazioni delle voci di patrimonio netto: specifica ulteriormente le operazioni che hanno interessato questa voce di bilancio

. Rendiconto finanziario: schema di cash-flow, presenta i flussi di cassa che hanno interessato l’impresa nell’esercizio

. Nota integrativa: contiene le regole, le ipotesi e le convenzioni utilizzate dall’impresa per redigere Stato Patrimoniale e Conto Economico

Inoltre secondo la normativa italiana, le grandi imprese devono redigere anche

. Relazione degli amministratori: riporta le considerazioni del management in merito all’andamento dell’impresa

. Relazione dei sindaci: relazione a carico dell’organo preposto al controllo di legalità

. Relazione della società di revisione: attesta l’oggettiva correttezza del bilancio, la rispondenza ai principi contabili utilizzati per la redazione del bilancio, la veridicità delle informazioni in esso contenute

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Limiti:

A causa della sua valenza esterna e dei tempi necessari alla sua predisposizione, il bilancio manca di analiticità e tempestività

Le informazioni riportate nel bilancio sono assai sintetiche e aggregate e risultano disponibili anche dopo settimane o addirittura mesi dalla chiusura dello stesso ( i tempi di approvazione ordinari sono entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio)

Perciò tali informazioni non costituiscono un supporto adeguato per le singole decisioni del management, per le quali è necessario disporre di indicazioni molto più puntuali e tempestive (contabilità interna).

Stato patrimoniale

Descrive la situazione patrimoniale dell’impresa (come entità giuridica, distinta quindi dai soggetti che la possiedono) in un dato istante, normalmente il 31/12 di ciascun anno.

Il documento di bilancio presenta le risorse a disposizione dell’impresa per produrre e vendere (le così dette attività come impianti, terreni, fabbricati, brevetti e licenze … ), i diritti vantati sull’impresa da parte dei finanziatori (come il patrimonio netto per proprietari/azionisti, o le passività per finanziatori di debito).

Risorse e diritti vengono “fotografati” alla data di chiusura dell’esercizio.

. Attività: risorsa controllata dall’impresa, risultato di operazioni svolte in passato, dalla quale ci si attende un afflusso di benefici economici futuri

. Passività: obbligazioni effettivamente assunte dall’impresa in relazione ad operazioni e altri fatti verificatisi in passato, ossia impegni irrevocabili a tenere un certo comportamento per effetto di disposizioni

contrattuali, di leggi o di prassi consolidate

. Patrimonio netto: valore residuo delle attività dell’impresa dopo aver dedotto tutte le passività Tot. Attività = Tot. Passività + Patrimonio Netto

L’insieme delle risorse dell’impresa coincide con i diritti che i finanziatori dell’impresa hanno sull’impresa.

Se le risorse venissero liquidate una parte spetterebbe ai creditori in misura del capitale conferito all’impresa (passività o capitale di terzi), la parte residua invece spetta agli azionisti (patrimonio netto o capitale proprio).

La grandezza utilizzata per rappresentare sia le risorse sia i diritti è il valore monetario, esistono però risorse fondamentali per l’impresa che solitamente non compaiono tra le attività, le risorse umane (dipendenti, consulenti, …)

L’impresa ha solo alcuni diritti definiti nel contratto di prestazione di lavoro o di servizio, a fronte degli obblighi definiti nel contratto, su tali risorse nessuno dei soggetti che hanno conferiti o capitale può vantare diritti di controllo. In caso di liquidazione i contratti vengono sciolti ma non c’è un valore da distribuire ai finanziatori.

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Struttura dello stato patrimoniale secondo lo schema IFRS/IAS

. Criteri: le risorse (attività) e le fonti di finanziamento di pertinenza di terzi (passività9 sono classificate secondo la loro capacità di trasformarsi in risorse monetarie nel breve termine (nei successivi 12 mesi);

LE attività vengono riportate sulla base del criterio di liquidità, mentre le passività vengono riportate sulla base del criterio di esigibilità.

. Attività: si dividono in attività non correnti, ovvero le risorse utilizzate anche oltre l’esercizio contabile, con utilità pluriennale (basso grado di liquidità), attività correnti, qui beni dell’impresa che normalmente

vengono impiegati entro l’esercizio contabile (12 mesi) (alto grado di liquidità), e le attività cessate e/o destinate ad essere cedute, che sono oggetto della volontà esplicita di cessione da parte dell’impresa entro l’esercizio contabile (alto grado di liquidità).

. Passività: si dividono in passività non correnti, ovvero i diritti vantati da terzi ed esigibili oltre l’esercizio contabile (esigibili nel lungo termine), passività correnti, ovvero i diritti vantati da terzi ed esigibili entro l’esercizio contabile (esigibile nel breve termine), ed infine le passività correlate ad attività

cessate/destinate ad essere cedute, ovvero quelle passività riferite ad attività oggetto della volontà esplicita di cessione da parte dell’impresa (esigibili nel breve termine).

Attività

Attività non correnti, ovvero risorse utilizzate anche oltre l’esercizio contabile, con utilità pluriennale.

Si distingue tra attività non correnti a vita definita, ovvero quelle attività che hanno un effetto nel tempo limitato e stimabile, e le attività a vita non definita, ove non vi è un limite prevedibile al periodo durante il quale ci si attende che l’attività generi benefici economici.

Le attività non correnti possono essere aggregate in attività materiali, attività immateriali ed i altre attività non correnti.

Le attività materiali sono risorse aventi natura prevalentemente fisica ed il cui impiego naturale per l’impresa si estende oltre l’esercizio di riferimento, come ad esempio immobili, impianti e macchinari di proprietà, beni in locazione ed investimenti immobiliare. Per l’iscrizione a bilancio sono da mettere al costo di acquisto e la valorizzazione negli anni successivi dipende dalla vita utile.

Le attività immateriali sono attività prive di consistenza fisica, controllate dall’impresa e in grado di

produrre benefici economici, come brevetti, licenze e marchi. L’iscrizione a bilancio va al costo d’acquisto e la valorizzazione negli anni successivi dipende dalla vita utile.

Tra le attività non correnti vi sono partecipazioni, come azioni di altre imprese, e titoli, crediti finanziari ed altre attività finanziarie. L’iscrizione a bilancio va al costo d’acquisto e la valorizzazione negli anni successivi è tipicamente fair-value.

Nel caso di attività a vita utile definita si usa il metodo dell’ammortamento. L’ammortamento è il valore della quota della risorsa che viene consumata dalla produzione o deperisce per obsolescenza tecnologica.

Può essere a quote costanti, in parti uguali lungo la vita utile del bene, a quote decrescenti, dove il maggiore consumo dei beni viene associato nei primi anni, ed infine secondo le quantità prodotte, dove il consumo del bene è basato sull’utilizzo effettivo o sulla produzione ottenuta dal bene.

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Calcolo dell’ammortamento a quote costanti:

Vo = costo d’acquisto della risorsa

T = anni di vita utile e di permanenza nell’impresa Vf = valore presunto di cessione dopo T anni Valore della risorsa in ciascun anno t:

( ) = ( 1)

La valorizzazione delle attività materiali negli anni successivi è il costo d’acquisto al netto degli ammortamenti cumulati fino all’anno corrente.

L’impairment test è una valutazione periodica (una tantum), che avviene quando la risorsa mostra una perdita di valore giudicata durevole.

Nel caso di attività a vita utile non definita non è possibile utilizzare il metodo dell’ammortamento, ma si rende necessaria la stima del fair value.

Il fair value è il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti.

Valutazione annua:

( ) > ( 1) → ( ) < ( 1) →

Con FV(t) il prezzo che il potenziale acquirente è disposto pagare all’anno t.

Le attività correnti sono attività liquide o destinate a trasformarsi in liquidità entro l’esercizio successivo.

Tra le principali tipologie vi sono le rimanenze di magazzino, i crediti, i titoli/crediti finanziari, incluse tutte le attività finanziarie correnti, la cassa e le altre disponibilità liquide eventualmente presenti.

Le rimanenze di magazzino sono beni posseduti pronti alla vendita o impiegati nei processi produttivi o nella prestazione di servizi (materie prime, semilavorati, prodotti finiti).

Nell’iscrizione a bilancio il valore da inserire è il valore minimo tra costo e valore di realizzo. Il costo è il complessivo tra il costo d’acquisto ed eventuali costi di trasformazione e trasporto [metodo FIFO e metodo del costo medio ponderato], mentre il valore di realizzo è il prezzo di vendita stimato.

I crediti commerciali sono crediti verso clienti a cui si è accordata una dilatazione di pagamento. Per quanto riguarda l’iscrizione a bilancio si utilizza il presumibile valore di realizzo (al netto del corrispondente fondo rischi).

La voce che comprende crediti finanziario ed altre attività finanziari e correnti comprende titoli, e altre attività detenute per negoziazione o disponibili per la vendita, derivati di copertura relativi ad attività correnti, e l’iscrizione a bilancio prevede il metodo del fair value.

La cassa comprende valori contanti in cassa aziendale, depositi bancari e postali, titoli di stato di breve (e quindi facilmente liquidabili); l’iscrizione a bilancio avviene tramite il metodo prioritario, ovvero secondo il valore di realizzo (ammontare di denaro).

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Passività

Passività finanziarie, sono dritti vantati da soggetti terzi (non azionisti) che hanno finanziato l’impresa; si distinguono in correnti, ovvero che esauriscono il loro impatto all’interno dell’esercizio successivo, e non correnti, le quali non esauriscono il loro impatto all’interno dell’esercizio successivo.

Prevedono il pagamento di un interesse e si distinguono tra obbligazioni, debiti verso banche ed altre passività generiche.

Le obbligazioni sono titoli di credito emessi per la raccolta di capitale di debito, l’obbligazione è costituita da un certificato che rappresenta una frazione, di uguale valore nominale e con uguali diritti, di

un’operazione di finanziamento. La società emittente garantisce ai sottoscrittori la riscossione di un interesse ed il rimborso del capitale a scadenza, o sulla base di un piano di ammortamento predefinito. Per quanto riguarda l’iscrizione a bilancio, viene utilizzato il metodo prioritario, secondo il fair value (valore da riconoscere a chi oggi si assume il titolo di debito). Così come le obbligazioni, anche i debiti verso le banche prevedono un’iscrizione a bilancio secondo il fair value.

I debiti commerciali sono i pagamenti differiti verso i fornitori sorti per costi relativi all’acquisto di materie prime, servizi, costi per godimento di beni di terzi, in genere risultano passività correnti, ma qualora fossero non correnti rientrerebbero nella voce “debiti vari e altre passività non correnti”. L’iscrizione a bilancio è secondo il costo d’acquisto.

Il fondo TFR (trattamento di fine rapporto) e più in generale altri fondi relativi al personale, risultano obblighi verso i dipendenti d a liquidare all’interruzione del rapporto lavorativo (TFR) o alla data della pensione (fondo pensione). Sono fondi creati con accantonamenti annui e l’iscrizione a bilancio avviene tramite il metodo prioritario attraverso una stima attuariale di ente indipendente. Sono passività non correnti.

Tra le passività non correnti vi è anche il fondo rischi e oneri, che riguarda costi ed oneri di esistenza certa o probabile che alla data di chiusura dell’esercizio sono indeterminati nell’ammontare o nella data di

sopravvivenza. A portare un esempio è il fondo garanzia prodotti, contenziosi fiscali e fondi con accantonamenti annui. L’iscrizione a bilancio prevede il metodo prioritario secondo il fair value.

I debiti per imposte sono passività correnti e riguardano le imposte sul reddito dell’esercizio calcolate sulla base della stima del reddito imponibile. L’iscrizione a bilancio avviene secondo il metodo prioritario e osserva il valore che si prevede di pagare alle autorità fiscali applicando le aliquote e la normativa fiscale vigenti (o approvate alla data di chiusura dell’esercizio).

Patrimonio netto

Il patrimonio netto è il valore dei diritti vantati sull’impresa dagli azionisti per il capitale versato e/o maturati in seguito alle attività di funzionamento dell’impresa.

Ne fa pare il capitale emesso, ovvero il capitale conferito dagli azionisti all’impresa all’atto della sottoscrizione del capitale iniziale, degli aumenti di capitale (gratuiti o a pagamento con o senza

sovrapprezzo). L’iscrizione a bilancio avviene tramite metodo prioritario secondo la somma del valore di singole quote.

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La riserva sovrapprezzo azioni è il capitale aggiuntivo conferito dagli azionisti all’atto della sottoscrizione di aumenti di capitale a pagamento, e l’iscrizione a bilancio avviene tramite il metodo prioritario nel seguente modo:

( )

Vi sono poi due voci dello stato patrimoniale che possono assumere valore negativo, e sono gli utili portati a nuovo, ovvero la somma di tutti gli utili che l’impresa ha deciso di non distribuire agli azionisti (motivi di autofinanziamento interno), e l’utile di esercizio, che è il risultato economico di pertinenza degli azionisti maturato nell’esercizio cui si riferisce il bilancio [è pari al valore riportato alla fine del conto economico].

Conto economico

Documento di bilancio che presenta i flussi economici in entrata ed uscita dall’impresa nel corso dell’esercizio contabile, determina l’utile di esercizio dell’impresa come differenza tra i costi ed i ricavi dell’esercizio ed infine mostra se e quanto l’impresa remunera il capitale investito.

Secondo il principio di competenza economica, contribuiscono a formare l’utile di esercizio solo costi e ricavi di competenza dell’esercizio stesso.

I ricavi di competenza riassumono il valore dei beni alienati e/o dei servizi erogati nel corso di un esercizio, i ricavi vengono registrati in CE nell’anno in cui è avvenuta l’alienazione del bene/erogazione del servizio anche se l’entrata in cassa (incasso) è precedente o successiva.

I costi di competenza rappresentano il valore delle risorse utilizzate per produrre i ricavi, tali costi vengono registrati in CE nell’anno in cui contribuiscono alla produzione anche se l’uscita di cassa (esborso) è

precedente o successiva.

Applicando il principio di competenza economica possono verificarsi le seguenti situazioni per quanto riguarda i ricavi:

1. Il prodotto/servizio è stato consegnato e la controparte ha pagato

Un ricavo è registrato nel CE dell’esercizio e contestualmente aumentano le attività in SP (cassa) 2. Il prodotto/servizio è stato consegnato, ma la controparte non ha pagato

Un ricavo è registrato nel CE dell’esercizio e contestualmente aumentano le attività in SP (credito commerciale)

3. La controparte ha pagato per un prodotto/servizio che non è ancora stato consegnato

Non si registra un ricavo nel CE dell’esercizio, si avrà un aumento della cassa tra le attività in SP e contestualmente aumentano le passività in SP (anticipi da clienti)

Applicando il principio di competenza economica, possono verificarsi le seguenti situazioni per quanto riguarda i costi:

1. L’impresa ha usufruito di un bene/servizio e ha pagato la controparte

Un costo è registrato nel CE dell’esercizio e contestualmente diminuiscono le attività in SP (cassa) 2. L’impresa ha usufruito di un bene/servizio, ma non lo ha ancora pagato

Un costo è registrato nel CE dell’esercizio e contestualmente aumentano le passività in SP (debito commerciale)

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3. L’impresa ha già pagato, ma non ha ancora usufruito del ben/servizio

Non si registra un costo nel CE dell’esercizio, si avrà una riduzione della cassa tra le attività in SP e contestualmente si registra un aumento delle attività (di pari entità) in SP (costi anticipati).

Vi sono quindi due schemi alternativi.

Per natura, i costi sono aggregati secondo la loro natura (ad esempio acquisti di materiale, costi del personale).

Per destinazione o del “costo del venduto”, i costi sono aggregati secondo la loro funzione all’interno dell’impresa (parte del costo di realizzazione dei beni venduti, costi di distribuzione, costi amministrativi).

CE: conto scalare in cui ricavi/proventi e costi/oneri sono distinti per “gestioni”, può inoltre essere identificato il reddito generato incrementalmente dalle diverse gestioni

Gestione operativa: attività produttive funzionali al business

Gestione finanziaria: gestione del debito a titolo oneroso e degli investimenti finanziari (oneri e proventi finanziari)

Gestione fiscale: imposte

Gestione relativa a attività cessate/destinate ad essere cedute: si indica separatamente il risultato legato ad attività che non verranno continuate in futuro

I ricavi operativi sono ricavi derivanti dalla vendita di beni/erogazione di servizi, e ricavi dell’attività tipica e ordinaria dell’impresa. Vi sono altri proventi operativi come ricavi derivanti dall’utilizzo da parte di terzi di beni dell’impresa (ad esempio canoni d’affitto, royalties).

Tra i costi operativi vi sono invece il costo delle materie prime acquistate e dei materiali di consumo. Vi sono i costi del personale come salari e stipendi, oltre che oneri sociali e riferiti al trattamento di fine rapporto e più in generale ai piani di benefici per i dipendenti, e tutti gli altri costi operativi come i costi per l’energia, manutenzione e riparazioni ordinarie, distribuzione e affitti. Tra i costi per i lavori interni

capitalizzati vanno ad essere inseriti tutti i costi per le migliorie, come ammodernamento e trasformazione delle attività materiali.

Tra i costi operativi dobbiamo quindi andare ad inserire tutte le variazioni di rimanenze di materie prime, prodotti finiti, prodotti WIP e semilavorati indicando la differenza algebrica tra il valore delle rimanenze finali e quelle iniziali

L’ammortamento è anch’esso da includere tra i costi operativi, poiché rappresenta il valore della “quota”

delle risorse di utilità pluriennale (attività non correnti) che viene “consumata” dalla produzione o che deperisce per obsolescenza tecnologica.

(12)

MATTEO MICHELACCI 12

L’accantonamento (incluso tra i costi operativi) è un costo non cash, creato per far fronte a impegni incerti per il loro ammontare e/o per la loro scadenza come ad esempio l’accantonamento al fondo TFR che nel CE è incluso nel costo del personale dell’esercizio e corrisponde ad un aumentare delle passività di SP.

Nella gestione operativa includiamo ciò che riguarda plusvalenze/minusvalenze da realizzo di attività non correnti, ovvero la differenza tra il ricavo ottenuto a seguito della cessione di un’attività non corrente ed il valore iscritto a bilancio. Dobbiamo anche tener di conto di eventuali ripristini/svalutazioni di valore di attività non correnti, tale voce andrà ad includere gli effetti dell’applicazione del criterio del fair value su tali attività.

Per quanto riguarda la gestione finanziaria si distinguono principalmente due voci, quali gli oneri finanziari e i proventi finanziari. I primi includono principalmente gli interessi passivi maturati sui finanziamenti, mentre tra i proventi finanziari sono inclusi i proventi sulle disponibilità liquide, i dividendi, gli utili derivanti da strumenti finanziari ecc.

Le voci di imposte calcolate su esercizio corrente fanno parte della categoria inerente alla gestione fiscale.

Tra queste vi è l’IRES, o meglio, imposta sul reddito della società, calcolata sul risultato ante-imposte, e l’IRAP che rappresenta l’imposta sul reddito delle attività produttive, calcolata invece sul valore aggiunto. Vi sono però provvedimenti ad hoc secondo cui sono previste riduzioni delle imposte per incentivare le imprese a sostenere specifici costi.

Vi è poi una specifica voce conclusiva che va a comprendere eventuali utili o perdite derivanti da attività cessate o destinate ad essere cedute così che il lettore di bilancio possa eventualmente isolarla dato che presumibilmente tale voce sarà destinata a non ripresentarsi negli anni successivi.

Nella voce di Patrimonio Netto in SP viene inoltre obbligatoriamente riportato il risultato residuale delle gestioni o per meglio dire, l’utile relativo al tale periodo. Un utile maggiore di zero va ad aumentare i diritti di competenza degli azionisti, mentre un utile minore di zero rappresenta una perdita, e viene quindi eroso valore per gli azionisti in caso di utili maggiori di zero l’assemblea dei soci in sede di approvazione del bilancio deciderà quale quota distribuire ai soci (dividendi) e quale quota invece reinvestire. La quota reinvestita andrà ad incrementare il Patrimonio Netto e in ogni caso resta di competenza degli azionisti, potrà quindi essere reinvestita negli esercizi futuri.

Analisi di bilancio

L’analisi di bilancio consiste in una serie di elaborazioni dei prospetti di bilancio, inteso come fonte di fatti e di notizie sulla struttura e sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa al fine di ricavarne degli indicatori numerici indici di performance dell’impresa. Si concretizza in confronti tra voci riportate nel bilancio (prese in larga parte in SP e CE), che danno origine a indici, tipicamente calcolati in forma di rapporti.

L’analisi di SP e CE consente a d osservatori esterni di valutare la capacità di generare reddito per i

finanziatori tramite gli indici reddituali, far fronte agli impegni finanziari di breve periodo, tramite gli indici di liquidità, ed osservare la sopravvivenza in un lungo periodo, tramite gli indici di solidità patrimoniale.

Con tali indici riesco quindi a confrontare le performance di imprese diverse in uno stesso esercizio, o per esercizi diversi della stessa impresa.

(13)

MATTEO MICHELACCI 13

ROS ROI RA ROE ROD

D/E

ROE è l’indice reddituale di return on equity

=

è l’indicatore della profittabilità complessiva dell’impresa, risultante dall’insieme di gestione operativa, finanziaria, fiscale e in conclusione della gestione delle attività cessate/cedute. Rappresenta la

remunerazione percentuale del capitale conferito dagli azionisti (capitale proprio).

ROI è l’indice reddituale di return on investment

=

= à + = +

è l’indicatore della redditività della gestione operativa, misura la capacità di generare profitti nell’attività di trasformazione degli input in output rispetto alle risorse complessive dell’impresa.

ROD è l’indice reddituale di return on investment

= =

= à + à

è l’indicatore della gestione finanziaria, ed indica il costo medio del capitale di debito (onere percentuale medio che l’impresa paga per reperire capitali presso fonti di finanziamento esterne).

Identità della leva finanziaria:

= (1 ) + ( )

Con = , e =

Vi sono poi ipotesi semplificatrici, ovvero che proventi finanziari e utili da attività destinate alla cessione non sono presenti.

Come si arriva a tale risultato?

(14)

MATTEO MICHELACCI 14

= = ( )

= =

= = ( + )

= = [ ( + ) ]

= (1 ) [ ( + ) ] =

Ipotizzando t=0, la remunerazione per gli azionisti è tanto più elevata quanto più ROI > ROD o D/E è grande.

Immagine slide 13 capitolo 5 -economia-

Avere ROI > ROD significa che:

. La gestione delle risorse operative è efficace ed efficiente

. L’impresa individua opportunità di investimenti “uniche”, non accessibili a finanziatori esterni, e le utilizza in maniera appropriata

. 1 euro di debito rende ROI euro, più di quanto richiesto dai finanziatori (ROD euro) In questo caso conviene quindi indebitarsi, poiché il debito crea valore aggiunto.

Avere ROI < ROD significa che:

. La gestione delle risorse operative è inefficace od inefficiente

. I finanziatori esterni vedono l’impresa come rischiosa o l’impresa non sa negoziare tassi di interesse convenienti

. 1 euro di debito rende ROI euro, meno di quanto richiesto dai finanziatori (ROD euro) In questo caso non conviene indebitarsi, il debito distrugge continuamente il valore prodotto.

Inoltre non conviene aumentare oltre ad una certa soglia il livello di indebitamento D/E poiché in tale situazione è probabile che ROD aumenti, poiché aumenta il rischio percepito dai finanziatori. Aumentando D/E possono insorgere problemi di liquidità.

Scomposizione del ROI:

= = =

=

(15)

MATTEO MICHELACCI 15

Il ROS esprime la redditività operativa per ogni utilità di prodotto realizzato, ed è la percentuale del valore dell’output che non viene consumata dalla remunerazione dei fattori produttivi (materie prime, lavoro, capitale immobilizzato).

=

Misura la produttività del capitale e rileva la capacità dello stock di risorse dell’impresa di generare un output il cui valore è più o meno elevato.

Indici di liquidità

Misurano la capacità dell’impresa di far fronte agli impegni che ha verso terzi nel breve periodo. L’analisi fa riferimento agli indicatori di Rapporto Corrente e Test Acido.

= à

à

Indica se l’impresa potrà pagare i debiti da liquidare (esigibili) entro 12 mesi, è desiderabile avere CR > 1, se invece CR>>1 si avrebbero troppe risorse lasciate liquide, se si investissero a lungo termine probabilmente si avrebbe un reddito superiore.

= à

à

È una misura più prudente del CR. Tra le risorse correnti, le rimanenze sono le meno liquidabili, si

trasformano in prodotto solo probabilisticamente e (soprattutto per i semilavorati) il loro valore di mercato è incerto. È desiderabile avere AT > 1.

Indici di solidità patrimoniale

Misurano la solvibilità a medio-lungo termine, indicano quindi la capacità dell’impresa di durare nel tempo facendo fronte a tutte le obbligazioni con finanziatori esterni.

Con tali indici viene analizzata in misura puntuale la struttura dei finanziamenti a disposizione dell’impresa.

D/E, valori troppo alti indicano sottocapitalizzazione (ovvero la presenza di un rapporto squilibrato tra patrimonio netto e capitale di debito.

E/capitale sociale indica invece la capacità dell’impresa di aumentare il patrimonio netto senza ulteriori contributi d a parte dei soci. Per finire vi è il rapporto cash flow operativo / debiti finanziari, che indica la capacità dell’impresa di autofinanziarsi a fronte dei debiti che generano oneri finanziari.

Tra i pro di tali indici vi è la completezza e la misurabilità, ma di contro vi è una ridotta tempestività ed un basso orientamento nel lungo periodo.

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MATTEO MICHELACCI 16

Lettura ed interpretazione del bilancio (Nota Riassuntiva) Documenti che costituiscono il bilancio:

SP stato patrimoniale, descrive la situazione patrimoniale dell’impresa in un determinato istante (mezzanotte del 31.12)

CE conto economico, riassume i flussi di ricavi e costi avvenuti nell’esercizio

Rendiconto finanziario (o schema di cash flow), presenta i flussi di cassa che hanno interessato l’impresa nell’esercizio

Prospetto delle variazioni delle voci di patrimonio netto, specifica ulteriormente le operazioni che hanno interessato questa voce di bilancio

Nota integrativa, contiene le regole, le ipotesi e le convenzioni utilizzate dall’impresa per redigere SP e CE.

Inoltre secondo la norma italiana, le grandi imprese devono redigere la relazione degli amministratori, la relazione dei sindaci visti come organo preposto al controllo di legalità, e la relazione da parte di una società di revisione.

Costi e sistemi per la rilevazione dei costi

Il principale limite della contabilità esterna sta nell’incapacità di fornire informazioni disaggregate, di evidenziare le responsabilità specifiche delle unità organizzative elementari dell’impresa.

La contabilità interna fornisce informazioni e supporto decisionale alla direzione e ai manager di un’impresa.

Il sistema di rilevazione dei costi è, nell’ambito della contabilità interna, un insieme di regole per ripartire i costi complessivi dell’impresa tra diversi oggetti di costo, che sono tipicamente singole unità organizzative, e/o specifici prodotti/servizi. Ciò è importante poiché permette di misurare le performance delle unità organizzative, valutare la profittabilità dei prodotti e servizi, valorizzare le scorte ed infine ma non meno importante, per prendere decisioni come ad esempio definire i prezzi di vari prodotti/servizi.

Classificazione dei costi

Vi sono diverse classificazioni di confronto tra le principali categorie di costo:

. Costi diretti vs indiretti

. Costi di prodotto vs di pericolo . Costi fissi vs variabili

. Costi evitabili vs non evitabili (costi “differenziali “).

Il costo diretto può essere attribuito in modo univo ed inequivocabile ad un determinato oggetto di costo, come ad esempio uno specifico prodotto o una unità organizzativa. Esempio: costi per materia prima

“legno”, oggetto di costo “scrivania”.

Il costo indiretto invece manca di relazione univoca con l’oggetto di costo considerato (costi comuni a più oggetti di costo). Esempio: costi di amministrazione e contabilità, spese di manutenzione di un impianto che produce più prodotti.

I costi di prodotto o costi inventariabili, rappresentano il valore delle risorse utilizzate per la trasformazione fisica dell’input in output nella realizzazione di un prodotto o servizio. Tra di essi possiamo osservare quindi

(17)

MATTEO MICHELACCI 17

la divisione tra costi di prodotto diretti, come materiali utilizzati specificamente su quel prodotto, e lavoro applicato al prodotto stesso, e costi di prodotto indiretti che sono costi non imputabili singolarmente ai singoli prodotti, sebbene siano associabili comunque al processo di trasformazione/produzione, come ammortamenti, energia, affitti di macchinari.

I costi di periodo o non inventariabili, stanno a rappresentare il valore delle risorse impiegate in attività non direttamente associabili alle operazioni di trasformazione fisica dell’input in output, ma sostenuti per il funzionamento dell’azienda nel suo complesso. Possiamo osservare che larga parte di tali prodotti è riferibile a costi per il personale, più amministrazione, finanza, vendita ecc…

Andando ad osservare se e come il costo varia, al variare del livello di attività dell’impresa, come il volume di produzione, possiamo dividere in costi variabili e costi fissi. I primi indicano i costi che variano in modo direttamente proporzionale alle variazioni del livello di attività, in un intervallo significativo, nel breve periodo. Il costo fisso invece nell’ambito di una variazione del livello di attività in un intervallo significativo, nel breve periodo, rimane invariato.

Attenzione a non associare le definizioni di costi diretti di un prodotto con i costi variabili, i due concetti sono significativamente separati, “diretto” significa che è oggettivamente attribuibile, mentre “variabile”

significa dipendente dai volumi produttivi. Allo stesso modo sebbene molti dei costi indiretti sono fissi, i due concetti sono manche qua distinti. “Indiretto” significa che non è direttamente riconducibile ad un solo oggetto del costo (ad esempio un prodotto o un reparto ), mentre “fisso” significa semplicemente che non è dipendente dai volumi produttivi.

Un’ ultima classificazione dei costi può essere espressa osservando se un costo risulta evitabile o meno in riferimento ad una specifica decisione. I costi evitabili sono quei costi influenzati da una decisione

(differenziali rispetto alle alternative considerate), mentre i costi non evitabili sono costi non dipendenti da una specifica decisione (verranno sostenuti indipendentemente da scelte imprenditoriali).

Rilevazione dei costi

Il sistema per la rilevazione dei costi è l’insieme delle regole attraverso le quali la contabilità analitica ripartisce i costi complessivi dell’impresa tra gli specifici oggetti di costo.

. Full costing, ovvero la contabilità a costi pieni, è la rilevazione (e allocazione/attribuzione agli oggetti di costo) di tutti i tipi di costo (anche quelli di periodo) ed indica quindi il costo pieno aziendale

. Absorption costing, ovvero la contabilità per assorbimento, è a rilevazione di tutti i costi di produzione, ed indica quindi il costo pieno industriale

. Direct costing, indica la rilevazione dei soli costi diretti . Variable costing, indica la rilevazione dei soli costi indiretti

L’allocazione dei costi secondo un principio di causa-effetto è effettuata secondo il principio causale, mentre seguendo il principio proporzionale, l’allocazione dei costi avviene proporzionalmente rispetto ad una base di allocazione.

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MATTEO MICHELACCI 18

Process costing

Tutte le tipologie di costo sono allocate utilizzando un criterio di tipo proporzionale. Il process costing viene prevalentemente utilizzato per le produzioni omogenee con processi produttivi di tipo a flusso, di cui possono essere esempi le industrie petrolifere, chimiche, del vetro e della carta (…) .

Per imprese monoprodotto e con invarianza di work in progress (wip in = wip fin), il costo pieno industriale risulta essere:

= + +

md. materiali diretti ld. lavoro diretto ovh. overheads

Nel caso in cui esista una variazione dei semilavorati, si introducono i concetti di grado di completamento, ed unità equivalente.

Il grado di completamento è una frazione dei costi (α) che il semilavorato ha già accumulato. Il parametro α indica la percentuale di completamento medio del processo di lavorazione subito dai semilavorati, viene mantenuta l’ipotesi secondo cui i costi siano assorbiti con andamento lineare durante il processo. Le unità equivalenti sono il numero di unità che sarebbe stato possibile produrre se tutte le risorse fossero state impiegate per la produzione dii soli prodotti finiti.

= α Nwip Passi logici del process costing:

1. Individuare il flusso fisico dell’output nei vari reparti/processi

2. Calcolare l’output (sia per prodotti finiti che per WIP) in termini di UE (unità equivalenti) 3. Calcolare i costi totali da attribuire ai vari prodotti

4. Calcolare il costo per unità equivalente

5. Allocare i costi alle unità di prodotto finito e d WIP

Secondo la logica FIFO, si ipotizza che le unità di prodotto finito vengano realizzate a partire da quelle in corso di lavorazione all’inizio del periodo (WIP iniziale)

= α(1) Nwip(1) + α(2) Nwip(2)

=

(2) = α(2) Nwip(2)

= + (1) (2)

Secondo la logica del costo medio si prendono in considerazione anche i costi del WIP iniziale per calcolare il CPI (in questo caso il valore del WIP iniziale viene inglobato anche nel valore del WIP finale)

= + α(2) Nwip(2)

= + 1

(19)

MATTEO MICHELACCI 19

2 = α(2) Nwip(2)

=

In caso di assorbimento non omogeneo delle risorse, occorre calcolare un numero di UE ed un costo per ogni risorsa (con profilo di immissione differente)

Job Order Costing

Tipologia di allocazione dei costi tipicamente utilizzata in organizzazioni in cui l’output in termini di prodotti è chiaramente quantificabile in unità/lotti (detti job), ed in cui ciascun reparto si occupa di più lotti nel periodo in esame. È un metodo adatto quando costi di materie prime e lavoro diretto rappresentano una componente preponderante dei costi di produzione, risulta quindi un metodo tipico per imprese che operano su commessa singola o ripetuta, con lotti di produzione piccoli, al limite unitari come aerei.

Il job order record è un documento in cui vengono annotate tutte le voci di costo associabili al job durante la sua lavorazione (che rappresenta il momento in cui tali costi sono sostenuti).

I costi di materiali diretti e di lavoro diretto sono registrati nel momento in cui tali costi vengono sostenuti. I costi indiretti invece non sono direttamente imputabili al lotto di produzione e vengono allocati in modo proporzionale ad una certa base di allocazione [vengono infatti misurati gli overheads realmente verificatisi nel periodo in esame e si allocano tali costi sulla base del valore della base di allocazione assunto ad ogni job a consuntivo]. Passi:

1. Nel job order record, ad ogni lotto di produzione j è associato il consumo della base di allocazione ( ba(j) )

2. Si determina quindi il coefficiente di allocazione K:

=∑( ) ( )

3. Ad ogni lotto di prodotto j vengono quindi allocati gli overhead secondo l’effettivo consumo della base di allocazione da parte del lotto considerato

( ) = ( )

(20)

MATTEO MICHELACCI 20

Decisioni di breve periodo

Sono decisioni che presentano effetti limitati nel tempo e che non coinvolgono una modifica sostanziale della risorsa dell’impresa. Riportando esempi, possono essere decisioni riguardanti variazioni nel volume di produzione, accettare piccoli ordini, o make or buy (prodotto all’interno dell’azienda o acquistato

esternamente) per operazioni non critiche.

Tra le principali caratteristiche vi è il fatto che si possano considerare trascurabili le distribuzioni temporali degli impatti economico finanziari, come se tali eventi avvenissero tutti in modo coincidente, non vi sono variazioni di debiti o crediti commerciali e non sono presenti investimenti in capitale fisso.

Tali decisioni inoltre non concorrono a modificare la struttura organizzativa e produttiva dell’impresa, l’impatto economico – finanziario è limitato. Sono definite decisioni tattiche, per essere contrapposte alle decisioni strategiche di portata e livello superiore.

Nella scelta delle alternative possibili, che prendono parte nelle decisioni di breve, dovrebbero essere considerati solo gli elementi differenziali alla decisione. I costi differenziali, sono tutti quei costi che varierebbero in funzione di una precisa scelta imprenditoriale. Assume quindi importanza la classificazione tra costi eliminabili e non.

Mantenendo la logica secondo cui le decisioni di breve periodo non vanno ad impattare la struttura della nostra impresa, per arrivare a prendere una decisione, si sceglie un caso base rispetto a cui andremo a calcolare ricavi e costi differenziali, e riterremo corretta l’alternativa per la quale l’EBITDA (utile prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento de degli ammortamenti) differenziale è più alto.

=

= +

= ( )

Inoltre dato m. come margine di contribuzione (profitto sulla vendita di un bene senza considerare i costi fissi) unitario e M. come margine di contribuzione totale (margine di un bene per la quantità di beni venduti):

=

=

Si può definire un margine di contribuzione medio (totale/unitario): si definisce nel caso di impresa multi- prodotto. È definito come una media pesata dei margini di contribuzione (tot/unitario) di ogni prodotto, utilizzando come pesi le quantità di quel prodotto.

Tra le principali decisioni di breve periodo vi sono le scelte di make or buy, le analisi di break-even e la scelta del mix produttivo.

Make or buy

Sono decisioni inerenti la scelta tra produrre un determinato prodotto all’interno dell’azienda (make) o acquistare tale prodotto sul mercato (buy). I passi della scelta sono principalmente l’identificare le alternative di make or buy, adottare quindi una delle due alternative come caso base, calcolarne ricavi e costi differenziali rispetto al caso base ed infine preferire l’alternativa che crea il maggior valore economico.

(21)

MATTEO MICHELACCI 21

Nelle scelte di make or buy potrebbe essere necessario tenere conto di costi opportunità. Tali costi sono una misura del beneficio al quale si rinuncia quando una determinata scelta implica l’esclusione di un corso d’azione alternativo. Tali scelte di make or buy prescindono però da considerazioni di tipo qualitativo come la qualità dell’eventuale fornitore, affidabilità e tempi di consegne, riservatezza a livello tecnologico e maggiormente non tengono conto dei costi di transizione (organizzazione e gestione degli scambi).

Break-even

Comprendono valutazioni relative a quanto è necessario produrre per coprire i costi e quindi riuscire ad ottenere un certo profitto. Il modello di riferimento in entrambi i casi è il calcolo del punto di pareggio (BEP). Vengono effettuate ipotesi semplificatrici sull’andamento dei costi, in particolare osserviamo come costanti i costi variabili unitari, infatti nel breve periodo la variazione della quantità è piccola e quindi consideriamo semplicemente il costo variabile con la quantità.

Ipotesi sui ricavi è tale per cui i ricavi sono realizzati immediatamente (non sorgono crediti), ed inoltre non vi sono scorte invendute; la quantità prodotta è pari alla venduta, ed immediatamente pagata.

Infine viene effettuata l’ipotesi di prezzo costante rispetto al volume di vendita.

= 0

= =

Ciò è applicabile ad imprese multi prodotto, e non solo per la ricerca di un punto di BE ma anche per il raggiungimento di un target prestabilito.

La quantità di BE consente inoltre all’impresa di valutare il proprio margine di sicurezza

=

Con Qmax capacità produttiva, ovvero il volume massimo che l’impresa è in grado di produrre, e se Qbe è molto vicino a Qmax si riduce molto il margine di sicurezza.

In caso di alti costi fissi, la gestione di impresa è sottoposta a rischi elevati

à =

In caso di elevata rigidità, aumenta conseguenzialmente l’indice di BE.

Scelta del mix produttivo

Comprende decisioni relative a quale prodotto è opportuno realizzare e quanto convenga produrre

ciascuno dei prodotti dell’azienda qualora esistano vincoli relativi al consumo delle risorse, contrattuali e di mercato. Si calcola dapprima il margine di contribuzione di ciascun prodotto e si verifica che sia positivo.

Andiamo poi a prendere in esame i vari vincoli in caso vi siano, se non sono presenti si produce

semplicemente il prodotto con margine di contribuzione maggiore. In presenza di vincoli sul consumo di risorse si massimizza il margine di contribuzione per risorsa scarsa, se i vincoli sono di tipo contrattuale si soddisfano eventuali vincoli di minimo di produzione e si massimizza il margine di contribuzione. Infine, in presenza di vincoli di mercato, si va a massimizzare il margine di contribuzione tenendo conto del limite superiore imposto dalla domanda.

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MATTEO MICHELACCI 22

Valutazione degli investimenti

Andando adesso a considerare le decisioni di lungo periodo, le precedenti ipotesi di trascurabilità della distribuzione temporale dei CF, no investimenti in capitale fisso e vendite = incassi & acquisti = esborsi, valide per le decisioni di breve periodo, non sono più valide. Tali decisioni vanno di pari passo con il concetto di progetto di investimento, di cui riportati alcuni esempi.

. Espansione, cui può essere indicativo l’acquisto in aggiunta a quelli già disponibili . Sostituzione, ovvero pensare se può convenire sostituire impianti già esistenti

. Ampliamento dell’offerta, aggiungendo un nuovo prodotto o tecnologia all’attuale gamma

Formalmente un progetto di investimento, è tale se a fronte di un’immobilizzazione iniziale di risorse, genera reddito nel futuro, tale da remunerare i finanziatori in misura sufficiente a giustificare il rischio. I benefici futuri incerti e rischiosi possono essere associati ad un investimento solo se effettivamente

“valgono” gli sforzi iniziali.

Calcolo dei flussi di cassa

Il conto economico si basava sulla logica economica, secondo cui solo costi e ricavi di un tale esercizio contribuiscono a formarne l’utile di esercizio. Nella valutazione degli investimenti viene però valutata la logica finanziaria, essa infatti considera unicamente i flussi di liquidità indipendentemente dal momento in cui si è manifestato il fatto aziendale che li ha generati. I principali fattori di distacco tra la logica economica e la logica finanziaria sono la rilevanza monetaria dei componenti di reddito come gli ammortamenti e il disallineamento temporale. Le entrate e uscite di cassa differiscono temporalmente dai relativi costi e ricavi. Seguire una logica finanziaria, significa quindi determinare i flussi di cassa generati dall’investimento (NCF). NCF indica i Net Cash Flow, che è il flusso di cassa al netto degli investimenti.

=

Costi che si dividono in monetari, e non monetari (ammortamenti, plus/minus-valenze, accantonamenti)

= + =

= 1

NCFop è il flusso di cassa potenziale della gestione caratteristica generato dall’investimento

=

Con F che sta ad indicare il fatturato, CL è il costo del lavoro per stipendi o salari (non TFR) e ACQ è l’acquisto di materie prime. Poiché in assenza di tasse:

= = =

Allora: = +

L’investimento comprende due termini principali, il primo è l’investimento in capitale fisso ed il secondo è l’investimento in capitale circolante netto operativo

=

Se il CCNO aumenta, conseguenzialmente il CF diminuisce, tipico esempio è un cliente che mi pagherà a 60 giorni, non ho dei soldi che dovrei avere.

(23)

MATTEO MICHELACCI 23

Gli NCF devono essere calcolati in maniera incrementale rispetto ad un caso banale. Bisogna ignorare tutti i benefici e i costi affondati, cioè conseguenti a decisioni passate dell’impresa. Nel corso del tempo benefici e costi affondati cambiano. Andando a considerare quindi ora le imposte:

=

=

=

= ( ) (1 ) + ( + ) = + +

Con IMP vengono indicate le imposte incrementali dovute all’investimento.

Lo scudo fiscale degli ammortamenti è tale poiché essi riducono la base imponibile con conseguente riduzione delle imposte e aumento del NCFop.

Plusvalenze e minusvalenze si manifestano nel caso di operazioni di disinvestimento, ed in particolare si parla di plusvalenze se il valore di realizzo > valore di SP, e minusvalenze se viceversa. Al lordo delle imposte, CF generato dal disinvestimento è uguale al valore di realizzo del bene. Al netto delle imposte bisogna tenere conto delle maggiori imposte dovute alla plusvalenza

= Δ

Δimposte = (valor edi realizzo valore di bilancio) f

Valore del denaro nel tempo

La valutazione dei progetti di investimento deve considerare il valore del denaro nel tempo

Il principio di base è che 1000$ di oggi non hanno lo stesso valore che avranno il prossimo anno. Infatti ricevendo 1000$ oggi, posso investirli ad un anno ad un tasso di interesse, ad esempio all’1% ed ottenere 1010$ fra un anno.

In generale il valore futuro di un capitale iniziale C al tempo T(anni), supponendo che il tasso di interesse sia K(in centesimi) è:

( , , ) = (1 + )

Ed il valore attuale di una somma C ricevuta fra T anni, supponendo un tasso di interesse pari a K (costante tutti gli anni):

( , , ) =

(1 + ) Criteri deterministici

Possiamo calcolare il valore del progetto di investimento come:

=

( ) (1 + )

Questa grandezza prende il nome di NPV o Net Present Value del progetto di investimento.

(24)

MATTEO MICHELACCI 24

Il criterio di accettazione dell’investimento è che NPV>0, tra due investimenti alternativi andiamo a scegliere quello con NPV superiore. Da notare è che per un’impresa, investire in un progetto con NVP = x è del tutto equivalente a ricevere oggi una somma di denaro pari a x.

Tra i vantaggi di tale parametro vi è il fatto che ci viene fornita un’indicazione della convenienza economica dell’investimento rispetto al costo del capitale prescelto, tiene conto del diverso valore del denaro nel tempo. Tra i contro vi è il fatto che necessiti del calcolo del costo del capitale, non perviene ad un tasso preciso di redditività ed è un indicatore assoluto, ovvero rende difficile il confronto tra investimenti caratterizzati da scale diverse.

Profitability index

=

( ) (1 + ) + 1

È un indicatore relativo, e la condizione di PI >= 1 equivale alla condizione di NPV >= 0. Nel caso di più investimenti alternativi, si va a selezionare quello con PI più alto. Possono sorgere contrasti con l’NPV nella selezione tra più investimenti alternativi, poiché l’NPV è un criterio assoluti mentre il PI è un criterio relativo.

Internal rate of return

Comunemente chiamato anche tasso interno di rendimento (TIR o IRR), lè il tasso di attualizzazione che annulla il valore dell’NPV associato all’investimento

0 =

( ) (1 + )

È un’equazione di ordine T, ma ha senso solo se ha una sola radice reale positiva (per il criterio di Cartesio)

 Il massimo numero di radici reali positive di un polinomio è dato dal numero di variazioni di segno fra coefficienti consecutivi, trascurando eventuali coefficienti nulli

Criterio di accettazione dell’investimento è che IRR > K, e nel caso di investimenti alternativi vado a selezionare quello con IRR superiore.

L’IRR corrisponde alla remunerazione annua sul capitale ancora immagazzinato nell’investimento e per quanto riguarda il confronto con l’NPV, investimenti con stesso IRR hanno NPV tanto superiori maggiore è la quantità di capitale impiegato. A parità di IRR, l’NPV è più basso per l’investimento con ritorni più rapiti e al crescere della vita utile, aumenta T e di conseguenza l’NPV.

Pay back time

Il PBT risponde alla domanda “ Quanto tempo è necessario all’impresa per rientrare del denaro che ha investito nel progetto? “

( ) =

( ) (1 + )

Criterio di accettazione dell’investimento: PBT < t (cut-of)

(25)

MATTEO MICHELACCI 25

Controllo di gestione

L’oggetto di controllo è un’impresa o una sua componente, ed il controllo risulta essere un sistema per la programmazione dei risultati di una serie di azioni, la ,misura dei risultati di queste azioni, la verifica degli scostamenti tra risultati pianificati ed effettivi e quindi l’introduzione di azioni correttive. Gli obiettivi del controllo di gestione sono supporto decisionale ed apprendimento, finalizzati alla pianificazione (budgeting) e all’analisi di risultati e scostamenti.

Budgeting

Il sistema di budget rappresenta l’espressione formalizzata di un complesso processo avente come scopo in fase preventiva, di allocare in modo ottimale le risorse disponibili coerentemente alla strategia aziendale, ed in fase consuntiva, è quello di verificare l’andamento della gestione e il grado di perseguimento degli obiettivi prefissati.

Il master budget è un documento che sintetizza il sistema di piani compilati dall’impresa nell’ambito della programmazione. Il master budget è composto da budget operativi, che vanno a rappresentare la

pianificazione della gestione operativa, dal budget degli investimenti, che va ad indicare nuovi impegni di risorse finanziarie e umane, ed infine i budget finanziari, con obiettivo la gestione della liquidità a

disposizione dell’impresa. Il confronto tra tali valori previsionali e gli obiettivi determina l’approvazione del master budget, la sua revisione o addirittura una ridefinizione degli obiettivi quando non venga individuato alcun piano in grado di assicurarne il conseguimento.

. Budget delle vendite è una stima con cadenza mensile di volumi e prezzi di vendita programmati.

. Budget della produzione mi da definizioni sulla quantità di output da produrre (semplicemente calcolata come la somma tra le vendite di prodotto e la differenza tra le scorte iniziali e finali), e una verifica della congruenza tra risorse richieste e risorse disponibili.

. Budget del venduto è una verifica delle implicazioni di carattere economico del piano di produzione attraverso la determinazione di quantità complessiva di materie prime e semilavorati, entità delle

lavorazioni esterne e costi di conversione relativi alla trasformazione di input in prodotti finiti destinati alla vendita.

. Budget dei costi di periodo può seguire diversi approcci. Primo tra tutti è l’approccio incrementale dove i nuovi dati sono ricavati moltiplicando i valori passati per un coefficiente che tiene conto di inflazione e di eventuale espansione dell’impresa (ciò ipotizza però una relazione lineare che può tendere ad amplificare inefficienze). ZBB o zero based budget, viene riportato dai responsabili delle unità organizzative i quali identificano ogni anno le risorse minime per il funzionamento della propria unità, ma è un lavoro molto oneroso. OVA o overhead value analysis dove le risorse, al costo di una complessa organizzività [che in italiano non si dice ma Mancuso si] vengono allocate alle attività e non alle unità organizzative.

. Budget di cassa stanno ad indicare varie entrate ed uscite . Budget vari…

Analisi degli scostamenti

L’analisi degli scostamenti si basa sul confronto tra i dati consuntivi e i dati preventivi (derivanti dal budget).

Tale analisi mira a verificare se i risultati raggiunti sono allineati alla strategia programmata, identificare le cause delle differenze tra valori consuntivi e preventivi, ed individuare interventi correttivi necessari per il proseguimento degli obiettivi dell’impresa. L’analisi degli scostamenti trova svolgimento in report da indirizzare ai diversi manager operativi.

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MATTEO MICHELACCI 26

Si parla di budget flessibile quando facciamo riferimento a dei budget intermedi.

Vengono distinti quattro tipologie di centri di responsabilità [centri di spesa, centri di ricavo centri di costo, centri di profitto].

Per quanto riguarda i centri di spesa, l’output è difficilmente valorizzabile in termini monetari, e soprattutto risulta difficile definire quante risorse sono teoricamente necessarie per ottenere un livello di output prestabilito. Vi è quindi una verifica sui centri di spesa per controllare la coerenza tra le risorse destinate al centro e la sua importanza rispetto ala raggiungimento di obiettivi complessi dell’impresa.

Il livello degli output per i centri di costo non è stabilito da loro in maniera autonoma, ma sono responsabili delle risorse impiegate per ottenerlo. Il controllo sui centri di costo avviene con un confronto tra i costi effettivamente sostenuti e i costi che il centro avrebbe dovuto sostenere in condizioni standard.

I centri di ricavo determinano il livello di vendita sul mercato in termini monetari in base alle informazioni provenienti dai due livelli precedenti. Il controllo su tali centri avviene con un’analisi del fatturato o del margine di contribuzione totale.

Infine i centri di profitto si attivano nel controllo diretto delle scelte relative agli output, quindi vanno a verificare le scelte connesse con le risorse da impiegare per realizzare un determinato prodotto.

Tale riassunto prevede di esporre gli argomenti trattati a lezione senza la pretesa di voler spiegare o introdurre concetti nuovi.

Fine.

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