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Academic year: 2022

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Giancarlo Comi

Medico neurologo, Direttore del Dipartimento di Neurologia e dell’Istituto di

Neurologia Sperimentale presso l’Istituto San Raffaele di Milano, insegna Neurologia all’Università Vita - Salute San Raffaele. È considerato uno dei massimi esperti al mondo di Sclerosi Multipla.

È nato a Carvico, in provincia di Bergamo, il 15 dicembre del 1947. Ha frequentato il liceo scientifico Lussana di Bergamo, conseguendo la maturità nel 1967. Iscritto all’università di Milano, ha conseguito la laurea in Medicina e chirurgia nel 1973 con la votazione di 110/110 e lode. Nella stessa università si è specializzato in Neurologia nel 1977 con la votazione di 70/70 e lode.

Dal 1974 al 1986 è stato assistente ospedaliero di ruolo presso la Clinica Neurologica IV dell’Università di Milano, diretta dal professore Nicola Canal.

Nel 1980 e nel 1984 ha ottenuto rispettivamente l’idoneità di Aiuto e quella di Primario ospedaliero di neurologia.

L’interesse per la medicina ha avuto per lui una radice emozionale. Comi ricorda ancora con nitidezza quando, a cinque anni, vide arrivare il medico che portava la penicillina per curare la sorella malata di polmonite. Quando varcò la soglia di casa il piccolo Giancarlo lo percepì come “il salvatore”. Quello era senz’altro il lavoro che voleva fare da grande: anche lui voleva essere un “salvatore”.

Nei primi anni degli studi all’università il suo interesse si concentrò sulla neurologia.

Ebbe come insegnante di neuroanatomia il professor Bairati: il suo corso era per due terzi neuroanatomia e per un terzo anatomia del corpo umano. Questo approccio fu potenziato anche dal professore di fisiologia, Margari, che mise in luce la complessità del sistema nervoso e la necessità di comprenderla alla luce delle connessioni con il resto del corpo.

La sua tesi di laurea fu incentrata sulla sindrome delle apnee morfeiche. A

quell’epoca aveva cominciato ad interessarsi di elettroencefalografia e registrava il sonno notturno. In seguito cominciò ad occuparsi anche dei potenziali evocati, il cui studio esplodeva in Inghilterra e in Francia.

Appena laureato si iscrisse subito alla scuola di specializzazione in neurologia.

Negli anni ‘70 era cambiata la politica in materia di formazione universitaria e si erano creati nuovi poli. Nel 1972 nasceva proprio il San Raffaele e Comi entrò a farne parte nel 1974. Chiamato dal professor Canal, si ritrovò, già al primo anno di

specialità, ad essere assistente di neurologia e praticamente già assunto.

Allora l’unità di neurologia funzionava con solo quattro medici, mentre oggi ne conta più di sessanta. Questo incredibile sviluppo è da attribuire in primo luogo alla

qualifica di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico che aveva il San Raffaele

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e, in secondo luogo, all’estrema competenza del personale assunto, Comi compreso.

Don Luigi Verzè, fondatore dell’ospedale e rettore dell’Università Vita e Salute, era infatti alla ricerca di figure esperte, che interpretassero la sua la sua idea di una medicina che dovesse essere allo stesso tempo clinica e fortemente improntata alla ricerca.

Nel 2000 Comi divenne direttore di questa struttura. Appena raggiunta la carica di dirigente cominciò ad apportare alcune modifiche strutturali. La sua intuizione vincente fu quella di adibire una metà dei letti di neurologia alla degenza di pazienti che intraprendessero un percorso neuroriabilitazione. In questo modo diede spazio alla medicina del recupero, oltre alla medicina dell’acuto; troppo poco era lo spazio lasciato al monitoraggio e ancora meno quello lasciato all'intervento per modificare l'evoluzione e il decorso clinico.

Non meno importante e connessa alla precedente, era l'idea di dover avere un ciclo completo di osservazione perchè in futuro sarebbe stato molto importante spostare il focus verso una osservazione longitudinale.

Il San Raffaele cominciò a fare ‘medicina traslazionale’. Di solito, per far partire un’attività traslazionale, è necessario mettere insieme figure con competenze molto diverse. Così fu anche al San Raffele, ma con un decisivo vantaggio: queste figure erano coordinate da un unico vertice; si evitava così la burocrazia dispersiva:

conseguenza inevitabile della partnership tra centri diversi.

La nuova struttura consentiva di utilizzare al meglio tutti i materiali biologici, dal letto al laboratorio e viceversa.

Negli anni ‘70 i suoi interessi erano ancora rivolti allo studio del sistema nervoso in tutti i suoi aspetti. Verso l'inizio degli anni ‘80 cominciò, invece, un nuovo interesse, ancora una volta proveniente dagli studi con i potenziali evocati. Questi ultimi, infatti, sono di particolare utilità nello studio della conduzione nervosa dei pazienti con la sclerosi multipla. Qui nacque il suo interesse per la sclerosi multipla, che era una malattia del tutto priva di qualsiasi terapia, considerata da tutti qualcosa di

assolutamente “fastidioso”. “Fastidioso” perché purtroppo erano pazienti per i quali non si poteva fare nulla e che erano destinati ad andare incontro ad un progressivo deterioramento e una crescente disabilità.

Nel 1983 portò i primi risultati sulla dimensione epidemiologica della sclerosi multipla ad un convegno, in seguito al quale nacque la società per lo studio della sclerosi multipla.

Alla fine degli anni ‘80 Comi mandò uno dei suoi giovani ricercatori del San Raffaele a Londra, dove da pochi anni funzionava il primo centro di ricerca che utilizzava la risonanza magnetica per lo studio della sclerosi multipla. In quegli anni la medicina, in particolare in Inghilterra, aveva cominciato ad avvalersi, a scopo diagnostico e di ricerca, della Risonanza Magnetica Nucleare.

Lo sviluppo di questa nuova tecnica era stato reso possibile dai progressi matematici.

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Erano nati codici capaci di ricostruire le immagini, basati sulla trasformata di Fourier:

si potevano così descrivere visivamente tutti i distretti anatomici e il loro

funzionamento. La tecnica era stata utilizzata inizialmente, e senza successo, per l’individuazione di cellule tumorali. Ma se ne stavano scoprendo incredibili

applicazioni.

Con le competenze acquisite dal ricercatore inviato a Londra, nel ‘90-’91, Comi entrò in contatto con l'Associazione dei malati e li convinse che la macchina per la RMN era indispensabile per capire la malattia. Il San Raffaele, quindi, anche grazie al

contributo dell’Associazione dei malati (se pur marginale), acquistò l’apparecchio.

Questo investimento nella tecnologia potenziò enormemente la capacità di studio della sclerosi multipla.

Intorno agli anni ’95-’96 giunsero i risultati del primo studio al mondo sull’interferone nella sclerosi multipla, fatto dal gruppo americano di Johnson e colleghi. Al dottor Comi la notizia non suonò nuova: con il suo gruppo di ricerca, alla fine degli anni ’80, aveva già cercato di fare una sperimentazione clinica sull’interferone beta, un

interferone naturale. Purtroppo, il farmaco era molto costoso e la ricerca non trovò nessun finanziamento. Sei anni dopo la conferma della positività della sua intuizione.

Dopo la ricerca di Johnson, propose allora l’uso precoce del farmaco, ma fu accusato di favorire le case farmaceutiche: anche in una riunione dell’OMS la sua proposta venne scartata. L'idea diffusa era il paziente andava trattato quando presentava un certo livello di disabilità. Al contrario, Comi proponeva di iniziare la terapia quando i sintomi erano ancora in una fase iniziale , o addirittura assenti (ma in presenza di una diagnosi): in questo modo si incrementavano notevolmente le possibilità di successo nel contrastare la malattia.

Comi ebbe il merito di non cedere e, con un collega olandese, si mise in contatto diretto con una casa farmaceutica, che finanziò la sperimentazione, ma, per problemi di spesa, ridusse di un terzo la dose di interferone per trattare i pazienti. Lo studio dette comunque risultati positivi. Le evidenze sperimentali erano due: la prima era che il trattamento precoce era corretto, perché riduceva il rischio degli attacchi e rallentava l'evoluzione della malattia; la seconda era che l’evidenza della risposta assicurava che la malattia era infinitamente più responsiva se trattata precocemente e in modo più massiccio. Tuttavia, ci vollero ancora 10 anni prima che il concetto di trattamento precoce si consolidasse e, ancora oggi, non è condiviso da tutti.

Comi, oggi ritenuto uno dei massimi esperti mondiali di sclerosi multipla, ha

influenzato la politica della ricerca, spingendo a concentrare i finanziamenti sui poli di eccellenza e sulle ricerche sottese a grossi piani strategici, che diano garanzie di risultato.

Di lui ricordiamo anche le numerose cariche scientifiche ricoperte negli anni:

Presidente dell’European Charcot Foundation, Vice presidente e membro del

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Comitato Direttivo Scientifico de “International Progressive Multiple Sclerosis Alliance (PMSA)” e membro del Comitato Scientifico della “Fondazione Umberto Veronesi”.

Nel 2012 ha ricevuto il premio onorario “Gh. Marinescu” della Società Neurologica della Romania e gli è stata conferita la carica di socio onorario dell’Accademia Neurologica Russa. Nel 2014 gli è stato assegnato il titolo di Membro onorario di ECTRIMS (European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis) e nel 2015 ha ricevuto “Charcot Award for MS research” da parte di MS International Federation (MSIF). Recentemente gli è stata assegnata la Medaglia d’Oro di

Benemeranza civica dal Comune di Milano ed è diventato socio onorario della Società Spagnola di Neurologia.

Di lui è necessario ricordare ancora l’opera di divulgazione: ha partecipato nel 2014 a

“Brain in Italy: I cervelli che non fuggono”, nel 2017 a “Cervello e cinema” e nel 2018 a “La scienza e noi”.

Bibliografia essenziale

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