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Oltre l’ossessione: Nuove metodologie di analisi delle opere di Kusama Yayoi

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Academic year: 2021

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Testo completo

(1)

Corso di Laurea magistrale

in Lingue e Civiltà dell’Asia

e dell’Africa Mediterranea

Tesi di Laurea

Oltre l’ossessione

Nuove metodologie di analisi

dell’opera di Kusama Yayoi

Relatrice

Ch.ma Prof.ssa Silvia Vesco

Correlatore

Ch. Prof. Bonaventura Ruperti

Laureanda

Chiara Gramaccioni Matricola 852428

Anno Accademico

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“Everyone is an artist. I am going to fight for the world without nuclear bombs, war and terrorism. Let’s fight together.”

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要旨

草間彌生は3月22日1929年に長野県松本市で生まれた現代芸術家であり、日本 人の芸術家の中で世界で最も有名である。子供の頃から絵を描くのが好きで、 1948年に京都美術工芸学校で日本画のテックニックを勉強してから60年時代に ニューヨークに移り、そこで彼女独自の芸術活動の原型を創出し、様々な個展 やグループ展を開いた。ニューヨークの滞在の後、1975年に日本へ帰国し、 今でも個展や回顧展を開催したり新しい芸術作品を作ったりし続けている。 草間彌生の芸術作品は絵画からインスタレーションやハプニングに至る。作品 は水玉などのモチーフの反復が絵画の画面や彫刻の表面を覆うことが主な特徴 であり、草間は合わせ鏡を用いて光やオブジェを無限に広がるように見せるイ ンスタレーションや男根のオブジェを日用品などに張り付ける立体作品も制作 する。さらに、花やカボチャをモチーフにした芸術作品もよく制作する。その 芸術作品は美術評論家や学者から主に草間の精神状態に関して研究されている。 なぜかというと、彼女は子供の頃から幻覚、幻聴やノイローゼに襲われている からであり、そのノイローゼはニューヨークの滞在中強くなったので1977 年に自分の意思で新宿の晴和病院に入院することにした。 本論文ではまず、第1章で草間彌生の伝記を概観し、彼女の芸術作品と精神状 態の関係を簡単に紹介したい。草間の芸術作品はオブセッション・パターンの 反復・自己消滅の概念に基づいており、その理由で自分の芸術のことをオブセ ッショナル・アート、あるいはサイコソマティック・アートと呼んでいる。草 間によると、芸術は自分の幻覚とノイローゼを軽くしたりコントロールしたり する唯一の方法であり、その悩みから逃れるために幻覚を絵にし始めたそうで

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ある。しかし、そのような解釈は不正確で不完全である可能性がある。なぜか というと、草間の芸術は実際に複雑な主題であり、精神状態だけの研究に限定 することはできないからである。それゆえに、本論文の目的は既成の研究に反 対する2つの異質の研究を提示する。つまり、精神状態と関係がない解釈を紹 介し深く考察したい。 論文の第2章では、まず同志社大学の研究者パウェウ・パチャシアレク (Paweł Pachciarek)が切り出した論文を深く研究したい。Pachciarekの論文に よると、草間彌生の芸術作品は土佐派の絵画や「本朝画法大伝」の著者・土佐 光起の画論と関係があるそうだ。この章ではまず土佐派の歴史、特に土佐光信 と土佐光起の伝記や絵画技術を取り上げる。それで、土佐光起の「本朝画法大 伝」に書いた画論を詳細に説明し、草間彌生の芸術作品と土佐光起の画論の関 係について研究する。土佐派の巨匠と、草間は画材の簡素や芸術作品の図式を 共有し、その特徴により芸術家、この場合には草間は、知覚可能な自然とは異 なる現実の真の本質を表現するようになる。 そのプロセスの最終的な目標は、 芸術の精神の解放である。 最後に第3章では、草間の芸術作品をパラレルな現実・世界と結びつく、ピク セルまた仮想現実(バーチャルリアリティー)の概念と関連して考察する。2 つの概念は特に「Infinity Mirrored Rooms」と水玉で覆われたインスタレーシ ョンや彫刻に見られる。バーチャルリアリティの歴史を紹介した後、AVARプ ロジェクトのことを簡単に評する。AVARプロジェクトというのは仮想現実経 験の定義で芸術にその信用を与えることを目指すことである。そのプロジェク トの中で、草間の芸術作品も研究された。その研究は、草間の芸術を、体験の デザインと仮想現実アプリケーションの美学に影響を与える非デジタル仮想環 境の実装として説明している。

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さらに、草間の水玉とピクセルという概念についても考察する。ピクセルはコ ンピューターでの画像を扱う時の最小の画素であり、同じように草間による と、水玉はすべての世界と宇宙の最小の画素だそうである。したがって、草間 の特徴的な水玉はコンピューターのピクセルと似ている概念である。

(6)

I

Indice

Introduzione

i. Scopo dell’elaborato II

ii. Divisione in capitoli III

iii. Biografia critica e fonti mediche IV

Capitolo 1. Ossessione, ripetizione e self-therapy

1.1. Biografia generale 6

1.2. Infanzia a Matsumoto 14

1.3. Kyōto, accademia e nihonga 18

1.4. La svolta: New York 23

1.5. Una nuova prospettiva 29

Capitolo 2. Kusama Yayoi e Tosa Mitsuoki: tra arte e realtà

2.1. La scuola Tosa 36

2.2. Tosa Mitsuoki e lo Honchō gahō taiden 42

2.3. Kusama e Mitsuoki a confronto 47

2.4. Liberare lo spirito dell’arte 56

Capitolo 3. Realtà virtuale, pixel e mondi paralleli

3.1. Introduzione alla virtualità 64

3.2. Arte, realtà virtuale e aumentata: il Progetto AVAR 69 3.3. Kusama Yayoi, antesignana della virtual reality 72

3.4. Pixel, pois e l’origine dell’Universo 81

Conclusione 94

Bibliografia 96

Sitografia 100

Lista dei termini giapponesi 105

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II

Introduzione

i. Scopo dell’elaborato

Kusama Yayoi, nata il 22 marzo 1929 a Matsumoto, nella prefettura di Nagano, è una degli artisti giapponesi più noti a livello mondiale. Amante del disegno già da bambina, nel 1948 decide di studiare pittura in stile 日本画 nihonga presso l’Istituto Municipale d’Arte di Kyōto, dove è entrata in contatto anche con le correnti del simbolismo e dell’espressionismo europee. Successivamente, negli Anni Sessanta si è fatta strada nel panorama dell’arte contemporanea newyorkese, città in cui sviluppò la base del suo particolare stile artistico e iniziò a presentare le proprie opere in numerose mostre personali e collettive. Dopo il periodo di soggiorno a New York Kusama decide nel 1975 di tornare in Giappone, dove ancora oggi continua a tenere mostre individuali, retrospettive e a creare nuove opere d’arte.

Le opere di Kusama Yayoi comprendono diversi generi e tecniche; spaziando da dipinti a installazioni, durante la sua carriera l’artista ha lavorato anche nel campo della moda e organizzato diversi happening di protesta pacifista. Elementi principali delle sue opere sono il pois e le reti, entrambi reiterati all’infinito e utilizzati per rivestire tele e sculture. Celebri sono anche le Infinity Mirrored Rooms, stanze ricoperte da specchi al cui interno vengono posti sculture e sistemi di illuminazione a LED in modo da creare ambienti multisensoriali in cui la luce e gli oggetti si moltiplicano all’infinito. I temi comuni a queste opere sono basati sui concetti di ripetizione, ossessione e obliterazione, che così facendo vanno a costituire un fil-rouge che collega tutte le opere del vasto repertorio dell’artista giapponese.

I lavori di Kusama, proprio in relazione ai loro temi portanti, sono solitamente studiati e analizzati da accademici e critici d’arte in funzione della condizione psichiatrico-neurologica dell’artista, essendo affetta fin da bambina da allucinazioni visivo-uditive e da nevrosi; inoltre, nel corso della sua carriera è stata Kusama stessa ad aver più volte sottolineato la stretta correlazione tra il suo processo artistico e le allucinazioni di cui soffre da quando era bambina. Tali condizioni di salute sono peggiorate durante il soggiorno a New York, tanto da portare l’artista a ricoverarsi volontariamente nel 1977 al Seiwa Hospital di Shinjuku, dove risiede tutt’ora, e a continuare il proprio lavoro in un atelier situato nelle vicinanze della struttura ospedaliera.

Tuttavia, questa interpretazione rischia di risultare imprecisa e incompleta; l’opera di Kusama può essere letta anche attraverso diverse metodologie analitiche non relazionate

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III

necessariamente allo stato mentale dell’artista. Lo scopo di questa Tesi è pertanto quello di dimostrare l’esistenza nell’opera di Kusama di tematiche slegate dall’analisi classica che riconduce la produzione dell’artista alla propria condizione mentale, proponendo due esempi di metodologie diverse di analisi in modo da offrire degli spunti per allargare l’orizzonte di indagine; la prima relaziona la tecnica di Kusama con la pittura giapponese della scuola Tosa (土佐派 Tosa-ha), in particolare con i precetti di Tosa Mitsuoki, mentre la seconda teoria analizza l’opera dell’artista giapponese in riferimento ai concetti di pixel e virtual reality, con cui condivide il tema della creazione di realtà parallele.

ii. Divisione in capitoli

Il primo capitolo dell’elaborato propone una ricerca approfondita sullo Stato dell’Arte. Verrà innanzitutto presentata una biografia generale di Kusama Yayoi e la relazione tra la sua arte e la sua condizione mentale. L’arte di Kusama si fonda sui concetti di ossessione, ripetizione e auto-annullamento (self-obliteration), e per questi motivi l’artista è solita riferirsi al proprio stile come “Obsessional art” o anche “Psychosomatic Art”. Per Kusama l’arte è l’unico modo di controllare e alleviare le proprie nevrosi e allucinazioni, ed è per sfuggire a questi tormenti che ha iniziato a imprimere su carta le proprie visioni allucinatorie. In questo primo capitolo verranno quindi analizzate le varie fasi della vita dell’artista per rintracciare come nel tempo è cambiato il suo approccio nei confronti della malattia e dell’arte, fino al ricovero volontario del 1977, grazie anche alle approfondite ricerche condotte da Megan Dailey.

Nel secondo capitolo verrà invece esaminata una teoria introdotta da Paweł Pachciarek, ricercatore presso l’Università Dōshisha, e ripresa anche da Agnieszka Smigiel. Secondo Pachciarek, l’opera di Kusama Yayoi può essere rapportata alle teorie di Tosa Mitsuoki, pittore membro della scuola Tosa e autore dello 本朝画法大伝 Honchō Gahō Taiden (“Compendio completo delle regole di pittura”). Nel capitolo verrà quindi inizialmente illustrata la nascita e lo sviluppo della scuola Tosa, ponendo particolare attenzione alle tecniche pittoriche di Tosa Mitsunobu e Tosa Mitsuoki. Successivamente verranno presentate in dettaglio le teorie artistiche di Mitsuoki contenute nello Honchō Gahō

Taiden, messe infine a confronto con le opere di Kusama. Analizzando alcuni passi

fondamentali dello Honchō e relazionandoli con alcune opere dell’artista si può evidenziare come, con il Maestro della scuola Tosa, Kusama condivida infatti una semplicità dei mezzi e uno schematismo delle opere che la portano a rappresentare la vera

(9)

IV

essenza della realtà, diversa dalla natura percettibile; il fine ultimo di questo processo è la liberazione dello spirito dell’arte.

Il terzo e ultimo capitolo proporrà l’opera di Kusama in relazione ai concetti di virtual

reality e pixel, entrambi legati alla creazione di realtà e mondi paralleli. Questi concetti

possono essere rintracciati in particolare nelle Infinity Mirrored Rooms e nelle installazioni e sculture rivestite di pois. Dopo aver presentato origine e sviluppo della

virtual reality verrà brevemente illustrato il Progetto AVAR (Art in Virtual and Augmented Reality), il quale mira a dare credito all'arte nella definizione delle esperienze

di realtà virtuale. All’interno del progetto sono state studiate anche le opere di Kusama, considerate dalla ricercatrice Agata Marta Soccini come un’implementazione di ambienti virtuali, seppur non digitali, che influenzano l’esperienza e l’estetica tipica degli ambienti delle applicazioni in virtual reality.

Secondo una teoria introdotta da Fabriano Fabbri in Lo zen e il manga. Arte

contemporanea giapponese, verrà infine studiata la connessione tra il pois, elemento

tipico dell’arte di Kusama, e il concetto di pixel; mentre il pixel è l’unità minima di gestione delle immagini digitali, allo stesso modo il pois è per Kusama l’unità minima che costituisce il mondo e l’intero universo, e in quanto tale racchiude in sé la visione del mondo kusamiana che emerge dalle opere dell’artista. Per tali motivi, si vuole tentare di assimilare i due concetti per quanto provenienti da due diversi ambiti.

iii. Biografia critica e fonti mediche

Le fonti bibliografiche riportate all’interno dell’elaborato sono state per la maggior parte ricavate dall’autobiografia dell’artista Infinity Net. La mia autobiografia, pubblicata in Italia nel 2013 da Johan & Levi Editore; ciò non costituisce in realtà una vera e propria problematica, in quanto secondo la critica il testo è da considerarsi come fonte attendibile di informazioni bibliografiche nonostante Yamamura Midori faccia notare alcune divergenze tra le date riportate nell’opera e quelle effettive. Altre informazioni bibliografiche su Kusama Yayoi sono state per questo motivo rintracciate in ulteriori testi accademici e non, tra cui l’articolo 花園に舞う永遠の魂 Hanazono ni mau eien no

tamashi scritto da Shibutami Akira e raccolto nel catalogo della mostra 永遠の永遠の永 遠 Eien no eien no eien e il saggio Yayoi Kusama: Biography and Cultural Confrontation,

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V

estrapolate dalla monografia Yayoi Kusama, curata da Tatehata Akira, Laura Hoptman, Udo Kultermann e Catherine Taft ed edita da Phaidon.

Una problematica riscontrata nell’elaborato attiene all’utilizzo di alcune fonti nel primo capitolo. Poiché in esso verrà trattata in dettaglio la relazione tra l’arte di Kusama Yayoi e la sua nevrosi, argomento maggiormente discusso dalla critica internazionale, per meglio esporre la tesi di analisi verranno riportate anche alcune fonti di ambito medico-psichiatrico, in particolare derivanti dallo Indian Journal of Psychiatry, dal sito web della Mayo Clinic e dal testo Psychological Concepts and Dissociative Disorder scritto da Raymond M. Klein e Benjamin K. Doane. Si ritiene pertanto corretto specificare che tali fonti verranno adoperate esclusivamente a carattere illustrativo e non rispecchiano quindi la visione dei fatti posta in essere all’interno di questo elaborato; si tratta infatti di un argomento che esula completamente o in parte dal campo artistico e di cui pertanto non si giudica possibile poter esprimere un parere autorevole in merito.

(11)

6

Capitolo 1

Ossessione, ripetizione e self-therapy

1.1 Biografia generale

Considerando la stretta relazione tra le vicende che hanno segnato la vita dell’artista e le tematiche affrontate nelle sue opere, ritengo sia doveroso riportare una biografia generale per meglio comprendere la relazione tra i due elementi.1

Kusama Yayoi (草間彌生 Kusama Yayoi) nasce il 22 marzo del 1929 a Matsumoto, nella prefettura di Nagano, ultima figlia di Kusama Shigeru e Kamon; al momento del matrimonio il padre ereditò il nome della famiglia della madre.2 Si trattava di una

famiglia borghese che, come spiega l’artista stessa nella sua autobiografia, aveva gestito per oltre un secolo piantagioni di fiori su vasti appezzamenti di terra; una famiglia conservatrice che offriva di tanto in tanto supporto economico agli artisti locali, ma che allo stesso tempo si mostrava fermamente contraria al desiderio della giovane Kusama di diventare artista a sua volta, cercando invece di convincerla a sposarsi con un altro esponente della stessa classe sociale.3

Gli appezzamenti di terra di proprietà della famiglia hanno avuto un ruolo fondamentale nell’infanzia di Kusama, fornendole sia momenti di gioco e svago sia un luogo sicuro in cui potersi dedicare in tutta tranquillità al disegno; a questo proposito è interessante evidenziare un breve estratto da 花園に舞う永遠の魂 (hanazono ni mau eien no

tamashi, “The Eternal Spirit Dancing in the Flower Garden”), introduzione di Shibutami

Akira alla mostra itinerante Eternity of Eternal Eternity (in giapponese 永遠の永遠の 永遠 eien no eien no eien) tenutasi tra il 2012 e il 2014 presso numerosi musei giapponesi.4 In questa introduzione Shibutami condivide un aneddoto raccontatogli

direttamente da un’amica d’infanzia dell’artista, secondo la quale le bambine erano

1 Per un approfondimento sui riferimenti bibliografici, si veda KUSAMA Yayoi, Infinity net. La mia

autobiografia, Johan & Levi Editore, Milano, 2013. Il testo, scritto in realtà da un ghost writer, viene

considerato dalla critica come fonte attendibile di informazioni bibliografiche, nonostante Yamamura Midori faccia notare alcune divergenze tra le date riportate nell’opera e quelle effettive. Segnalo inoltre che determinati eventi della vita di Kusama, utili ad analizzare le sue opere, verranno ulteriormente approfonditi nei paragrafi successivi.

2 KUSAMA Yayoi, Infinity net. La mia autobiografia, Johan & Levi Editore, Milano, 2013, p. 21. 3 KUSAMA, Infinity…, pp. 21-62.

4 In particolare, Shibutami risulta tra i curatori della mostra al Matsumoto City Museum of Art tenutasi

dal 14 luglio al 4 novembre 2012. Tra gli organizzatori della mostra figurano invece: Matsumoto City Museum of Art, The Asahi Shinbun, Asahi Broadcasting Nagano Co., Ltd e The Shimin Times Co., Ltd.

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7

solite giocare al “giardino segreto”; il gioco consisteva nello scavare piccole fosse sulla riva del fiume Susuki, situato vicino all’abitazione di Kusama, raccogliere con cura dei fiori dalle serre di proprietà della famiglia e ricoprirli con frammenti di vetro presi dall’edificio, per poi iniziare a modellarvi attorno la terra fino a quando la polvere formata dai fiori e dal terreno iniziava a inglobare i pezzi vetro e nascondere così le piante.5 L’aneddoto viene riportato da Shibutami poiché considerato interessante come

punto di partenza per analizzare la produzione artistica di Kusama, basata soprattutto sulle esperienze di vita dell’artista.6

Come accennato in precedenza, i campi fioriti fornivano alla giovane Kusama anche un riparo dove potersi rifugiare e dedicarsi al disegno senza essere vista da sua madre, colei che più di tutti le aveva vietato questa attività; è proprio in questo contesto che iniziarono a manifestarsi allucinazioni uditive e visive.7 Il primo importante episodio risale al 1941,

anno in cui Kusama si iscrisse alla scuola superiore femminile di Matsumoto e il Giappone entrò ufficialmente nella Guerra del Pacifico, dopo il propagarsi degli scontri in atto già da diversi anni.8 Il clima di guerra non risparmiò neppure Kusama e i suoi

compagni di classe; nel 1944, con la revisione dello Student Mobilization Act gli studenti furono reclutati in una fabbrica tessile in cui venivano prodotti tessuti per paracaduti e uniformi militari, dove Kusama si ammalò per le dure condizioni di lavoro.9

Ciò non le impedì di continuare a disegnare una volta tornata a casa per la convalescenza, producendo diversi schizzi raccolti in un album da disegno.10

Sfidando il divieto della sua famiglia di dedicarsi all’arte, Kusama continuò a disegnare e a partecipare ad alcune mostre e concorsi locali, riuscendo anche a qualificarsi tra i finalisti;11 questo portò i genitori ad acconsentire alla sua decisione di frequentare una

scuola d’arte. Dopo il rifiuto alla 京都市立美術専門学校 Kyōto Shiritsu Bijutsu

5 SHIBUTAMI Akira, “Hanazono ni mau eien no tamashi” (Lo spirito eterno che danza nel giardino

fiorito), in Eien no Eien no Eien (Eternità dell’eterna eternità), Asahi Shinbun-sha, Tōkyō, 2013, p. 147.

6 Ibid. Nello stesso paragrafo Shibutami illustra come il gioco possa essere interpretato come una visione

subconscia delle bambine sui temi di vita e morte, nonché sul senso di colpa causato dall’aver derubato i fiori della loro vita. Quest’ultima considerazione si basa tuttavia su congetture personali del curatore, e allo stato attuale della ricerca non vi sono ulteriori fonti a supporto di questa tesi.

7 Uno studio più approfondito sull’origine delle visioni allucinatorie sarà affrontato nel paragrafo

successivo.

8 KUSAMA, Infinity…, pp. 41-42.

9 YAMAMURA Midori, Yayoi Kusama: Biography and Cultural Confrontation, 1945–1969, ProQuest

Dissertations and Theses, 2012, pp. 35-36.

10 YAMAMURA, Yayoi…, p. 36. Yamamura sottolinea inoltre come l’album sia stato probabilmente

reperito illegalmente, poiché secondo la Legge di Mobilitazione Nazionale (国家総動員法 Kokka Sōdōin

) stabilita nel 1938 lo Stato aveva il potere di controllare tutte le risorse umane e materiali; gli album da disegno venivano pertanto forniti in quantità limitate solamente a pochi artisti professionisti.

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8

Senmon Gakkō (Università di Belle Arti di Kyōto),12 nel 1948 Kusama si iscrisse al 京

都美術工芸学校 Kyōto Bijutsu Kōgei Gakkō (Istituto municipale d’Arte di Kyōto).13

Durante questi anni iniziò quindi a studiare la pittura in stile 日本画 nihonga14 della

quale si era già occupata in maniera amatoriale per i concorsi e le mostre a cui aveva partecipato; tuttavia, proseguendo gli studi reputò questa forma d’arte troppo conservatrice e totalitaria, finendo per distaccarsene completamente.15 Nello stesso

periodo entrò in contatto con l’arte contemporanea occidentale e, volendo trasferirsi a New York, intraprese una consistente corrispondenza con la pittrice statunitense Georgia O’Keeffe, chiedendole anche consigli su come entrare e stabilirsi nel mondo dell’arte nella Grande Mela.16

Il punto di svolta arrivò nel 1957 quando Kusama, dopo un considerevole numero di riconoscimenti ottenuti grazie ai concorsi e alle mostre personali tenutisi in Giappone, contro la volontà dei genitori decise di emigrare negli Stati Uniti trasferendosi ufficialmente a New York nel 1958.17 Nonostante le difficoltà, il periodo a New York

fu piuttosto prolifico per l’artista, la quale per affermarsi nel campo delle arti visive e performative cominciò a dedicarsi a numerose tecniche diverse. Partendo nel 1960 con la creazione delle Infinity Nets, iniziò a dedicarsi anche alle sculture di stoffa nell’anno successivo, per poi giungere ai primi happenings18 e performance pubbliche incentrate

sul pacifismo e sul tema della libertà dei corpi; la prima, tenutasi al The Black Gate Theatre nell’East Village di New York, risale al 1967.19 Negli Stati Uniti la produzione

di Kusama divenne talmente prolifica e variegata da renderla una artista a tutto tondo, interessata agli ambiti più disparati non solo dell’arte ma anche della moda. Durante la sua permanenza negli USA si consolidarono anche le tematiche che continuano tutt’oggi

12 Ibid.

13 KUSAMA, Infinity…, p, 48.

14 Il termine, coniato in periodo Meiji, indica letteralmente la “pittura giapponese” in contrapposizione

con la pittura 洋画 yōga, di stampo occidentale. Per approfondimenti si veda il paragrafo 1.3.

15 YAMAMURA Midori, “Re-Viewing Kusama, 1950-1975: Biography of Things”, in KUSAMA Yayoi,

Jaap GULDEMOND, Franck GAUTHEROT, Seung-Duk KIM, Diedrich DIEDERICHSEN,

YAMAMURA Midori, Lily STOKKER (a cura di), Yayoi Kusama, Mirrored Years, Les Presses du Réel, Dijon, 2009, pp. 69-70.

16 KUSAMA, Infinity…, pp. 55-57.

17 Laura HOPTMAN, “The Return of Yayoi Kusama”, in MoMA, vol. 1, n. 4, 1998, p. 7.

18 Forma d’arte contemporanea focalizzata non sull’opera ma sull’evento organizzato. Michael Kirby la

definisce come “una forma di teatro in cui diversi elementi alogici, compresa l'azione scenica priva di matrice, sono montati deliberatamente insieme e organizzati in una struttura a compartimenti”. Per approfondimenti si veda SANDFORD Mariellen R, Happenings and Other Acts, Routledge, Londra, 2005.

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a caratterizzare le sue opere; per citare Laura Hoptman, curatrice della sezione pittura e scultura al MoMA,

“the decade during which she used New York City as a base for her artistic practice was one of tremendous personal hardship and professional struggle as well as enormous creative output. It was here that, within eighteen months, she transformed what had been small-scale motifs into a signature style, played out large in endless variation across miles of canvas, houses full of objects, clothes and even people (on film and in real time), in discos, public parks and museums, in the press and even once or twice in television.”20.

Ripetizione, ossessione, sesso, libertà e diritti civili sono i principali temi caratteristici delle opere di questo periodo.

In questi anni Kusama sfruttò molto la sua immagine per scopi pubblicitari, assumendo diversi fotografi professionisti i quali si occuparono degli scatti che la ritraggono al lavoro sulle sue opere; tali fotografie non sono soltanto un reperto pubblicitario, ma forniscono anche una consistente fonte di ricerca per poter analizzare gli sviluppi dell’arte di Kusama a New York21 e la connessione tra artista e opera d’arte.22

Agli anni dello sperimentalismo di tecniche innovative risalgono inoltre i prototipi delle installazioni che successivamente prenderanno il nome di Infinity Mirrored Rooms;23

tutto ebbe inizio nel 1965 con la realizzazione di Infinity Mirror Room: Phalli’s Field, opera costituita da una stanza di 25 metri quadri dalle pareti riflettenti, sul cui pavimento erano state poste centinaia di sculture di stoffa rappresentanti figure falliche ricoperte di pois rossi. L’anno successivo riprese il motivo della stanza di specchi aggiungendo l’elemento della luce, tramite lampadine la cui luce intermittente veniva riflessa dagli specchi creando così un gioco di luci simili a infinite stelle e pianeti nell’Universo; L’opera è conosciuta con i nomi di Kusama Peep Show o Endless Love Show.

Mostre ed esposizioni non si fermarono agli Stati Uniti ma furono organizzate anche in Europa, solitamente in gruppo con artisti provenienti dal movimento della Nouvelle

20 Laura HOPTMAN, “Yayoi Kusama: a reckoning”, in Laura HOPTMAN, Udo KULTERMANN,

TATEHATA Akira, Catherine TAFT (a cura di), Yayoi Kusama, Phaidon, Londra, 2000, p. 36.

21 YAMAMURA, Yayoi…, p. 99. 22 HOPTMAN, “Yayoi…”, p. 45.

23 “When Yayoi Kusama created her first ever Infinity Room”, in Phaidon,

https://de.phaidon.com/agenda/art/articles/2017/october/19/when-yayoi-kusama-created-her-first-ever-infinity-room/, ultimo accesso 24/11/19.

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Tendance24 durante gli anni Sessanta;25 tuttavia è importante sottolineare come,

nonostante Kusama frequentasse e organizzasse mostre con artisti provenienti dai più disparati movimenti artistici, i suoi lavori sono sempre stati caratterizzati da un certo individualismo e quindi difficilmente inseribili in una determinata corrente artistica. A tal proposito l’artista si esprime così in un’intervista condotta dal direttore del 国立国 際美術館 Kokuritsu Kokusai Bijutsukan (Museo Nazionale di Arte) di Osaka Tatehata Akira:

“Nowadays, some people in New York call me a ‘Surrealist-Pop’ artist. I do not care for this kind of labelling. At one time, I was considered to share the sensibility of the monochrome painters of the early 1960s; at another time I was regarded as a Surrealist. People are confused and don’t know how to understand me. Regardless, some want to call me a Surrealist, trying to pull me to their side, others want me in the camp of minimal art, pushing me in the other direction. […] All I did was do what I liked.”26

Sin dagli albori della sua carriera Kusama ha continuato a rifiutare qualsiasi tipo di etichetta, considerando la sua arte e le sue performance puramente personali e legate alle sue esperienze di vita.

Durante i sedici anni passati a New York, Kusama Yayoi riuscì a consolidare il suo nome nel panorama dell’arte d’avanguardia, ma non senza difficoltà. Lo stress causò un peggioramento delle sue condizioni di salute, costringendola nel 1975 a tornare temporaneamente in Giappone per essere seguita da una clinica di Shinjuku; tuttavia, quello che doveva essere un ricovero temporaneo si trasformò in una permanenza fissa a Tōkyō, a causa di alcuni problemi di salute dei quali i medici non riuscirono a trovare la causa.27 In questo periodo l’artista allestì un atelier di fronte all’ospedale in cui era

ricoverata, potendo così continuare a dedicarsi all’arte usufruendo allo stesso tempo delle cure necessarie per le sue condizioni di salute. Iniziò quindi una nuova prolifica fase in

24 Movimento fondato nel 1961 dal critico d’arte Matko Meštrović e dagli artisti Almir Mavigner e Božo

Bek. Per approfondimenti si veda POPPER Frank, Origins and Development of Kinetic Art, Studio Vista, Londra, 1968.

25 HOPTMAN, “Yayoi…”, p. 41.

26 TATEHATA Akira, KUSAMA Yayoi, “Akira Tatehata in conversation with Yayoi Kusama”, in Laura

HOPTMAN, Udo KULTERMANN, TATEHATA Akira, Catherine TAFT (a cura di), Yayoi Kusama, Phaidon, Londra, 2000, p. 10.

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cui sperimentò nuove tecniche, a cominciare dai collage del 1975 per poi giungere gradualmente a stampe, serigrafie, litografie e acqueforti.28 Con il ritorno in Giappone

Kusama non si dedicò solamente alle arti visive, ma riprendendo una passione nata già quando era bambina tornò a dedicarsi alla scrittura, arrivando a pubblicare nel 1978 la sua prima opera dal titolo Tentati suicidi serali a Manhattan; diede dunque il via a una prolifica produzione anche nel mondo della letteratura, che la portò a vincere numerosi premi e a frequentare scrittori come Murakami Ryū e Nakagami Kenji.29

Se fino agli Anni Settanta la percezione di Kusama Yayoi in Giappone era principalmente caratterizzata da scandali e pettegolezzi, negli Anni Ottanta l’opinione pubblica cambiò gradualmente, grazie anche all’organizzazione di mostre personali e retrospettive, fino a giungere al 1993 quando l’artista venne scelta per rappresentare il Giappone alla XLV edizione della Biennale d’Arte di Venezia; tuttavia non fu la prima volta che Kusama partecipò all’evento. Nel 1966 il Giappone rifiutò di farle esporre i propri lavori nel padiglione nazionale,30 ma l’artista si presentò comunque con l’opera Narcissus Garden

(figura 1).

Figura 1.

28 KUSAMA, Infinity…, p. 126.

29 KUSAMA, Infinity…, pp. 127-128. Il rapporto con Murakami Ryū si estese anche alla versione

cinematografica del libro Tōkyō Decadence, in cui Kusama recitò una parte.

30 James STERNGOLD, “Japan is represented by an artist it once rejected”, in The New York Times, 10

giugno 1993, https://www.nytimes.com/1993/06/10/arts/japan-is-represented-by-an-artist-it-once-rejected.html, ultimo accesso 22/11/19.

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12

Si trattava di un’installazione costituita da circa millecinquecento sfere di plastica dalla superficie riflettente, realizzate grazie all’aiuto dell’artista italiano Lucio Fontana con cui Kusama era in buoni rapporti.31 Le sfere furono posizionate attorno a tre lati del

Padiglione del Libro D’arte, progettato da Carlo Scarpa e patrocinato dalla famiglia Cardazzo, la quale contribuì ad invitare ufficialmente Kusama alla Biennale. 32

L’esposizione dell’opera fu permessa regolarmente dalle autorità che invece intimarono Kusama di smettere solo quando l’artista, come critica alla mercificazione dell’arte, iniziò a vendere le sfere a circa duemila lire l’una.33

Alla luce di questi avvenimenti è interessante notare come, quasi trent’anni dopo, Kusama non solo sia stata invitata ufficialmente a rappresentare il suo paese in uno dei più importanti eventi artistici mondiali, ma divenne anche la prima artista ad avere una mostra personale nel padiglione del Giappone.34

La ritrovata fama fu accentuata da Love Forever: Yayoi Kusama 1958-1968, retrospettiva itinerante che diede inizio alla cosiddetta “Moda Kusama” o “Kusama Reinassance”;35

un fenomeno che ritengo sia popolare ancora oggi, considerando il numero di mostre e collaborazioni portate avanti dall’artista in questi ultimi anni. Tra le più celebri compare la collaborazione con la casa di moda francese Louis Vuitton, portata avanti nel 2012, che consolidò la visione che Kusama aveva della moda, strettamente legata al mondo dell’arte.36

Una delle ultime esposizioni si è tenuta alla 46esima edizione del FIAC - Foire

Internationale D’Art Contemporain (Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea) di

Parigi, dal 17 al 20 ottobre 2019. In quella occasione Kusama ha presentato una nuova

31 Per un’analisi approfondita dell’opera e del rapporto tra Kusama e Fontana, si veda Marin R.

SULLIVAN, “Reflective Acts and Mirrored Images: Yayoi Kusama’s Narcissus Garden”, in History of

Photography, vol. 39, n. 4, 2015, pp. 405-423.

32 Marin R. SULLIVAN, “Reflective Acts and Mirrored Images: Yayoi Kusama’s Narcissus Garden”, in

History of Photography, vol. 39, n. 4, 2015, p. 409.

33 Danielle SHANG, “Yayoi Kusama, Narcissus Garden”, in Khan Academy,

https://www.khanacademy.org/humanities/ap-art-history/later-europe-and-americas/modernity-ap/a/yayoi-kusama-narcissus-garden, ultimo accesso 04/12/19.

34 STERNGOLD, “Japan…”. 35 KUSAMA, Infinity…, pp. 141-142.

36 Ella ALEXANDER, “Vuitton and Kusama”, in Vogue, 9 luglio 2012,

(18)

13

opera basata sulla sua iconica zucca gialla a pois neri, intitolata Life of the Pumpkin

Recites, All About the Biggest Love for the People e situata a Place Vendôme (figura 2).37

Figura 2. Foto di Rebecca Anne Proctor.

La zucca gonfiabile che costituisce l’opera è stata realizzata in collaborazione con Ota Fine Arts, Victoria Miro e David Zwirner.38 Inoltre, l’8 e il 9 novembre hanno segnato il

ritorno di Kusama anche nella sua amata New York, con due mostre inaugurate rispettivamente alla Mucciaccia Gallery39 e alla David Zwirner Gallery; quest’ultima è di

particolare importanza poiché per l’occasione è stata presentata Dancing Lights That

Flew Up To The Universe, l’ultima aggiunta alla celebre serie di Infinity Mirrored Rooms.40

37 Par Manon GARRIGUES, “FIAC 2019: Yayoi Kusama will present her remarkable works at Place

Vendôme”, in Vogue, 4 ottobre 2019, https://www.vogue.fr/fashion-culture/article/fiac-2019-yayoi-

kusama-will-present-her-remarkable-works-at-place-vendome?fbclid=IwAR3EopwpkhUDzX81JvjbCOkPCyeAkqBEJ3acUbmXlV-Pd51ngkIEFfvpEMw, ultimo accesso 22/11/19. Purtroppo, a causa delle avverse condizioni metereologiche la scultura è stata rimossa dopo il primo giorno di fiera.

38 Rebecca Anne PROCTOR, “Yayoi Kusama’s Gigantic Inflatable Pumpkin Makes A Statement At

Paris’ Place Vendôme”, in Harper's BAZAAR Arabia, 20 ottobre 2019,

https://www.harpersbazaararabia.com/art/news/yayoi-kusamas-gigantic-inflatable-pumpkin-makes-a-statement-at-paris-place-vendôme, ultimo accesso 22/11/19.

39 Cesare BIASINI SELVAGGI, “Yayoi Kusama inaugura la nuova sede di Mucciaccia a New York”, in

Exibart, 8 novembre 2019,

https://www.exibart.com/arte-contemporanea/yayoi-kusama-inaugura-la- nuova-sede-di-mucciaccia-a-new-york/?fbclid=IwAR2OqwJvWF-4xe7SX8HM3ATYWDVolunZlrX-LTd-Ee5nwghIU1TQ-x6MW-Q, ultimo accesso 22/11/19.

40 “EVERY DAY I PRAY FOR LOVE, la nuova installazione di Yayoi Kusama”, in Collater.al, 11

(19)

https://www.collater.al/yayoi-kusama-every-day-i-pray-for-love-14

Ormai novantenne, Kusama Yayoi continua a risiedere volontariamente nell’ospedale di Shinjuku, frequentando il suo atelier per creare nuove opere d’arte. Questa totale immersione nel processo creativo, senza distrazioni dall’esterno, le permette di proseguire i suoi lavori quasi senza sosta stimolando la sua creatività:

“Credo che l’impulso creativo nasca dalla contemplazione tranquilla e solitaria, che spicchi il volo dal silenzio dell’anima, avvolto da una luce di mille colori. […] Il mio destino è creare opere per la mia stessa anima, opere che diano un senso alla morte, che esprimano la bellezza dei suoi colori e dei suoi spazi, i suoi passi silenziosi, il ‘nulla’ che le farà seguito. […] Sento che la vita è meravigliosa, tremo per l’eccitazione che sempre sa darmi il mondo dell’arte il solo in grado di regalarmi speranza e per il quale valga la pena di vivere. Nessun dolore mi potrà mai scoraggiare. È così che sono nata e vissuta, è così che continuerò a vivere.”41

1.2 Infanzia a Matsumoto

Il primo episodio allucinatorio riportato nell’autobiografia risale al 1941, anno di iscrizione alla scuola superiore femminile di Matsumoto, mentre Kusama stava disegnando in un campo di violette; all’improvviso iniziò ad avere strane visioni e a sentire strani suoni provenienti dai fiori stessi. Per citare l’artista,

“[…] alzando gli occhi mi accorsi che ogni violetta aveva una propria fisionomia, ciascuna una sua individualità, mi parlavano come esseri umani. Le loro voci si moltiplicavano, sempre di più, fino a farmi dolere le orecchie. […] mi meravigliai che le violette usassero il nostro linguaggio per comunicare. Erano come tanti volti umani che mi guardavano. Cominciarono a tremarmi le gambe per la paura, non sapevo che cosa fare.”42

Questa prima “conversazione” colpì particolarmente la giovane Kusama, lasciando un segno indelebile e profondo nella sua psiche.43 In seguito le allucinazioni si fecero più

frequenti e Kusama trovò un modo per non lasciarsi sopraffare e confondere da esse,

installation/?fbclid=IwAR3sVMFHSvW06e8rPIkoLGJJoJFQWMz55DJCm3-XWFkZH9uu-xVdHKZeOQ0, ultimo accesso 22/11/19.

41 KUSAMA, Infinity…, pp. 145-146. 42 KUSAMA, Infinity…, p, 42.

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15

ovverosia imprimerle su carta non appena esse si manifestavano. Nella sua autobiografia il processo viene così descritto:

“[…] Dopo quelle apparizioni correvo subito a casa e mi affrettavo a disegnare sul mio album ciò che avevo visto. Disegnavo tutto, una cosa dietro l’altra. Era come ritrovarsi in un mondo parallelo, volevo immortalare in immagini le scene appena viste. Avevo decine di album piene di quelle allucinazioni: mi aiutavano a placare lo stupore e la paura. Era così che nascevano i miei disegni.”44

L’unico modo per convivere con le visioni e non farsi sopraffare da esse era quindi ridipingerle e ridisegnarle. Piuttosto che cercare di dimenticare questi episodi allucinatori, Kusama preferì sopprimere la paura dentro di sé attraverso la propria creatività45; iniziò

quindi a tenerne traccia per poter dare una forma tangibile a ciò che provava. Nonostante il primo episodio riportato ufficialmente sia risalente al 1941, tramite l’analisi di ulteriori fonti scritte e opere è possibile tracciare una prima manifestazione dei fenomeni allucinatori già a partire dagli anni Trenta; a sostegno di questa tesi può essere utilizzato uno schizzo datato 1939 (figura 3).

44 KUSAMA, Infinity…, p. 44.

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16

Figura 3.

Il disegno è considerato essere uno dei primi lavori della giovane Kusama, realizzato all’età di dieci anni. Si tratta di uno schizzo a matita realizzato su un foglio di carta comune, probabilmente proveniente da uno dei blocchi da disegno che Kusama era solita portare con sé nei campi; vi è raffigurata una donna in kimono mentre posa davanti a quella che sembra essere una bufera di neve46, resa non solo dai pois di sfondo ma anche

dal tratteggio rapido e violento della matita, che sembra indicare la direzione dalla quale provengono i fiocchi di neve. I pois dello sfondo si estendono (seppur con dimensioni e densità diverse) anche al personaggio in primo piano; l’artista afferma essere un ritratto di sua madre Shigeru. Particolare attenzione è data alle connotazioni facciali della donna, che assume un’espressione malinconica ma allo stesso tempo austera e severa. I pois la ricoprono completamente, dai capelli fino alla parte superiore del kimono.

A lungo psicologi ed esperti hanno condotto studi sulle cause scatenanti dei problemi neurologici di Kusama, ma tutti sono d’accordo nello stabilire l’origine dei disturbi

46 A sostegno di questa interpretazione si può segnalare la posizione geografica di Matsumoto, situata in

prossimità delle Alpi Giapponesi e pertanto comunemente soggetta a questa condizione metereologica. La stessa Kusama nella sua autobiografia ricorda con malinconia il paesaggio innevato di Shinano (antico nome di Matsumoto).

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17

dissociativi, la depersonalizzazione e l’allucinosi di cui soffre l’artista47 nell’ambiente

familiare rigido e conservatore in cui è vissuta; particolare attenzione è data al controverso rapporto con la madre,48 che oltre a essere una figura violenta mandava

Kusama a spiare il padre durante i suoi numerosi rapporti extra-coniugali, causandole l’avversione per il corpo maschile e l’ossessione per la sessualità che hanno caratterizzato gran parte delle opere realizzate durante il soggiorno a New York.49

I disturbi dissociativi, i quali comportano l’esperienza di una disconnessione e mancanza di continuità tra pensieri, ricordi, ambiente, azioni e identità50, sono infatti riconducibili

a traumi psicologici e per questo utilizzati da chi ne è affetto come una sorta di meccanismo di difesa;51 Anche lo stress e le situazioni vissute durante il periodo bellico

hanno contribuito ad alimentare i disturbi della giovane Kusama.52 Allo stesso modo

Kusama scelse come in passato di replicare le visioni nei suoi disegni per poterle controllare e addomesticare:

“L’unico modo per sfuggire a tutto ciò era ricrearlo sulla carta con la matita o con i colori: era un modo per decifrarlo, controllarlo riportandolo alla mente, cercavo di disegnare quella specie di apparizione […] All’epoca la psichiatria non era accettata come oggi, quindi dovetti lottare da sola contro l’inquietudine e le allucinazioni da cui di tanto in tanto ero sopraffatta.”53

Le prime allucinazioni dell’artista erano costituite da lampi di luce, aure, o dense distese di punti54, elementi che prendevano improvvisamente vita iniziando a obliterare oggetti

47 Laurie Collier HILLSTROM, Kevin HILLSTROM, Contemporary Woman Artists, St. James Press,

1999, p. 371.

48 Megan DAILEY, Yayoi Kusama: Art as an escape, SOAS University of London, 2016, p. 12.

49 KV SUMA, Suhas CHANDRAN, Rao TS SATHYANARAYANA, “The princess of polka dots: Using

art as a medium to cope with hallucinations”, in Indian Journal of Psychiatry, vol. 60, n. 1, 2018, p. 157. Il tema dell’ossessione per il sesso verrà approfondito successivamente nel paragrafo 1.4.

50 “Overview: Dissociative Disorders”, in Mayo Clinic,

https://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/dissociative-disorders/symptoms-causes/syc-20355215, ultimo accesso 24/11/19.

51 Raymond M. KLEIN, Benjamin K. DOANE, Psychological Concepts and Dissociative Disorder,

Taylor and Francis, Hoboken, 2013, pp. 1-384.

52 Alexandra MUNROE, “Obsession, Fantasy and Outrage: the art of Yayoi Kusama”, in Bhupendra

KARIA (a cura di), Yayoi Kusama: a retrospective, Center for International Contemporary Arts, New York, 1990, pp. 12-13.

53 KUSAMA, Infinity…, p. 45.

54 Priscilla FRANK, “Japanese Artist Yayoi Kusama Is About To Make 2017 Infinitely Better”, in

Huffpost, 02 settembre 2017,

https://www.huffpost.com/entry/yayoi-kusama-retrospective_n_589c8b55e4b0c1284f2af521?guccounter=1&guce_referrer=aHR0cHM6Ly93d3cuZ29vZ 2xlLmNvbS8&guce_referrer_sig=AQAAAFTr9zzUEf722CA9Aipo37YG05e5HKLzaTCR1khJr2PtO7O

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18

e persone allo stesso modo; traccia di questi motivi si può individuare già nei disegni e nei collage realizzati durante la propria infanzia, andando a mano a mano a divenire gli elementi portanti della sua arte.

La figura 3 in particolare è stata oggetto di studio approfondito da parte di Megan Dailey55, che ne ha tratto un’interpretazione che collega il soggetto rappresentato

all’obliterazione attuata tramite i pois di cui è ricoperto. Secondo la studiosa, così come i pois sono simbolo di obliterazione nelle allucinazioni di Kusama, delle quali il rapporto conflittuale con la madre sembra essere la causa, l’artista ha voluto inconsciamente utilizzare lo stesso simbolo come meccanismo di difesa per obliterare, ovvero eliminare la principale causa dei propri malesseri.56

1.3 Kyōto, Accademia e nihonga

Il primo contatto con la pittura nihonga avvenne nel gennaio del 1942, quando a causa dello spirito nazionalista il governo giapponese promosse questa forma d’arte come unica permessa nelle scuole e nelle accademie; anche la scuola di Kusama dovette adattarsi alla direttiva sostituendo Matsumoto Noboru, docente specializzato in yōga, con Hibino Takei, pittore di nihonga.57

Quello della pittura 日本画 nihonga è un genere nato negli Anni Ottanta dell’Ottocento. Inizialmente basato sull’unione delle tecniche tipiche delle scuole Tosa e Kanō, venne successivamente influenzato anche dalla tradizione della scuola Rinpa; questi tre influssi principali vennero inoltre adattati a temi e tecniche derivati dalla tradizione artistica occidentale, tra cui la prospettiva.58 Si tratta quindi di una pittura contemporanea ma con

caratteristiche tecniche e stilistiche di derivazione tradizionale.

Nella biografia critica in riferimento all’artista, la professoressa Yamamura Midori, specializzata in arte asiatica del post-Seconda Guerra Mondiale in contesti transnazionali, femminismo e teoria critica, analizza un album da disegno datato 1945, in cui sono conservati quelli che possono essere considerati disegni preparatori per quello che sarà l’incontro ufficiale con la pittura nihonga durante gli anni dell’Accademia.59 L’album

PpH5YIE0d-8cC308-kt1DVMBwy9ruvsQmyIKj4X8W0h9sb- szkQGtXPIumL3AVYt9dELPi3yfyHndOUW1CtqIBQPMhL9aHtCnWVJ7qu-npmMz3EucE63HnlJDpoex, ultimo accesso 24/11/19.

55 alumna alla SOAS University of London. 56 DAILEY, Yayoi…, pp. 13-14.

57 YAMAMURA, Yayoi…, pp. 22-27.

58 Penelope MASON, History of Japanese Art, Pearson College Div, 2004, p. 345. 59 YAMAMURA, Yayoi…, pp. 30-37.

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19

risale al periodo trascorso alla fabbrica tessile, durante il quale peggiorarono le condizioni di salute della giovane Kusama che si ammalò di polmonite a causa delle esalazioni tossiche e della scarsa alimentazione; ciò portò l’artista a tornare a casa per la convalescenza e potersi dedicare al disegno, rendendo l’album la raccolta più prolifica di quel periodo.60 All’interno si possono trovare numerosi schizzi a matita raffiguranti

peonie rovinate da morsi d’insetti; il primo aspetto che colpisce l’osservatore è il contrasto tra la natura del fiore, considerato uno dei più belli e delicati, e la scelta di Kusama di raffigurarli rovinati o deformati a causa degli insetti.61 Si può considerare il

tema dei fiori in decomposizione come una metafora dell’esperienza durante il periodo bellico, in quanto l’evento ha contribuito a creare pesanti turbamenti all’artista così come alla terra stessa; inoltre il realismo della raffigurazione può considerarsi derivante dal primo incontro con la nihonga del 1942.

Dedicarsi alla pittura nihonga era per Kusama l’unico modo per convincere i genitori a farle intraprendere la carriera artistica; per questo tra il 1945 e il 1947 cercò di partecipare con le sue opere nihonga a numerosi concorsi dedicati, per poi giungere all’iscrizione al Kyōto Bijutsu Kōgei Gakkō nel 1948.62 La logica conservatrice della scuola e delle

tecniche insegnate erano in contrasto con le idee di Kusama, più orientata verso un’arte moderna e d’avanguardia di stampo europeo e americano, tanto che l’artista iniziò a saltare le lezioni per poter dipingere nel dormitorio; inoltre, lo stress causato in questo periodo portò l’artista ad avere diversi esaurimenti nervosi.63

Nonostante questa avversione nei confronti della nihonga, le nozioni apprese a scuola hanno comunque finito per influenzare l’arte di Kusama, anche se in maniera indiretta. Purtroppo risulta complicato effettuare un’analisi approfondita del periodo, poiché Kusama distrusse la maggior parte dei suoi dipinti nihonga prima di partire alla volta di New York, affermando che una volta negli Stati Uniti ne avrebbe dipinti di migliori64.

Una delle opere superstiti è Lingering Dream (figura 4), risalente al 1949.

60 KUSAMA Yayoi, Lettera a Yamamura Midori, 1 marzo 2007. 61 YAMAMURA, Yayoi…, p. 30.

62 YAMAMURA, “Re-Viewing…”, p. 69.

63 Grady TURNER, KUSAMA Yayoi, “Yayoi Kusama”, in Bomb, n. 66, New Art Publications, 1999, p.

65.

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20

Figura 4.

Realizzato con pigmenti su carta, il dipinto misura 136.5 × 151.7 cm e rappresenta un campo di girasoli rossi che si contorcono a terra appassiti, probabilmente a causa della fine della stagione estiva. L’intero dipinto è diviso in tre diversi piani prospettici; i fiori, i quali creano una sorta di cornice che occupa l’angolo sinistro del foglio, costituiscono il primo piano, mentre il piano di mezzo e lo sfondo sono occupati rispettivamente dal terreno e dal cielo azzurro. Inoltre, il colore e la posizione dei fiori ricordano non troppo velatamente gli organi umani, pertanto possono essere considerati simbolo di dolore umano legato all’esperienza della Seconda Guerra Mondiale.65 Il dipinto risulta perciò

essere permeato da un’aura cupa e tetra, data non solo dai soggetti rappresentati ma anche dalla scelta cromatica.

L’uso della prospettiva e la tecnica di realizzazione sono elementi chiaramente riconducibili alla pittura nihonga, che in questo caso si mescolano con tecniche e motivi di ispirazione europea; tuttavia, appiattendo i vari spazi Kusama ha volontariamente

65 “Watch & Listen: Yayoi Kusama, Lingering Dream, 1949”, in Whitney Museum of American Art,

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alterato le norme stilistiche di origine europea, nel modo in cui erano soliti fare i pittori di 大和絵 yamato-e.66

Osservando il dipinto è chiaro come esso abbia alcuni elementi in comune con le opere surrealiste di Salvator Dalì e con il simbolismo di Vincent Van Gogh; le tonalità utilizzate e la posizione dei fiori ricorda molto le opere dell’artista spagnolo, mentre la scelta di raffigurare il girasole può essere stata influenzata dai dipinti di Van Gogh. Yamamura Midori spiega come Kusama sia entrata in contatto con l’arte europea durante gli anni a Kyōto grazie allo studio delle opere di Hayami Gyōshu (1894-1935) e Murakami Kagaku (1888-1935)67; questi due artisti, nonostante fossero anch’essi pittori nihonga, nelle loro

opere erano soliti sperimentare anche varie tradizioni pittoriche europee mescolandole alle tecniche della pittura giapponese tradizionale.68

L’interpretazione che affianca Lingering Dream al Surrealismo e al simbolismo europei è supportata dalle analisi dell’opera effettuate da Tatehata e Yamamura. In particolare Tatehata definisce l’opera come il primo e il più vicino approccio di Kusama al Surrealismo69, mentre la vicinanza con il simbolismo può essere rilevata dal modo in cui

Kusama riversa nell’opera i suoi sentimenti attraverso un uso codificato dei colori, delle linee tracciate e del soggetto selezionato.70

66 YAMAMURA, Kusama…, p. 54.

67 TATEHATA Akira, “Spontaneous Surrealism”, in Thomas FRICK (a cura di), Love Forever: Yayoi

Kusama, 1958-1968, Los Angeles County Museum of Modern Art, Los Angeles, 1998, p. 61.

68 YAMAMURA, Kusama…, p. 52. 69 TATEHATA, “Spontaneous…”, p. 62. 70 YAMAMURA, Yayoi…, p. 50.

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22

Figura 5.

Un altro esempio di come le opere di questo periodo fossero influenzate anche dal Surrealismo è fornito dall’opera Accumulation of the Corpses (Prisoner Surrounded by

the Curtain of Depersonalization), realizzata nel 1950 (figura 5). Quest’opera, ancor

prima di essere analizzata, mostra già nel titolo la stretta connessione con le condizioni psichiche dell’artista e, in particolare, all’episodio di depersonalizzazione avuto durante la realizzazione del dipinto stesso.71

Questa volta si tratta di un quadro dipinto ad olio, tecnica tipica della pittura 洋画 yōga, raffigurante un campo arato che in una sorta di allucinazione visiva si ripete all’infinito in un vortice che tende verso il centro. I temi principali dell’opera sono i fenomeni psicologici e i concetti di deformità e orrore, tipici delle opere surrealiste del periodo.72

Ritengo che Accumulation of the Corpses sia importante ai fini della ricerca perché, analizzando l’opera, si evincono diversi particolari stilistici che costituiranno la colonna portante dell’arte di Kusama a partire dal soggiorno a New York. Come analizzato anche da Alexandra Munroe, in questa specifica opera si nota già la ripetizione di un pattern

71 MUNROE, “Obsession…”, p. 15. 72 Ibid.

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formato da una singola unità e la necessità di dare una forma tangibile alle proprie visioni, entrambe caratteristiche delle successive Infinity Nets.

Durante il soggiorno a Kyōto si fa strada nell’arte di Kusama un altro elemento, che diventerà simbolo dell’artista stessa: la zucca. Per Kusama le zucche erano simbolo di carisma e saggezza, degne di essere rappresentate proprio per la loro natura non pretenziosa; Dailey associa questa predilezione al senso di sicurezza e al possibile aiuto che davano all’artista nel far fronte alla propria malattia, probabilmente a causa di determinate associazioni che la mente registrava tra gli oggetti e le allucinazioni positive e negative.73

Analizzando la relazione tra Kusama e correnti artistiche come Surrealismo e Simbolismo è interessante sottolineare, come accennato in precedenza, il modo in cui Kusama ha sempre evitato di accomunarsi a determinati gruppi o generi artistici,74 pur tuttavia

mantenendo con questi degli stretti legami dai quali l’analisi delle sue opere non possono prescindere. La conclusione che se ne può trarre è che, pur realizzando un’arte personale priva di etichette e mossa dalle proprie esperienze e dai propri disturbi psichici, durante il processo di creazione del proprio stile l’artista abbia comunque cercato nuovi modi per esprimersi tramite l’influenza di diverse correnti artistiche, che ne hanno inevitabilmente contagiato l’arte.

1.4 La svolta: New York

Il periodo del soggiorno a New York è particolarmente importante poiché è negli Anni Sessanta che Kusama definì il suo stile personale; inoltre, analizzando il legame tra le sue opere e i disturbi neurologici si evince come l’arte sia stata la causa di tali disturbi ma anche l’unico modo per alleviarli e convivere con essi.75

Le prime opere realizzate in questo periodo furono quelle che diventeranno capostipiti della serie Infinity Nets, considerate affini al movimento dell’Espressionismo astratto76 e

di cui possiamo vedere un esempio in figura 6.

73 DAILEY, Yayoi…, p. 17.

74 YOSHIMOTO Midori, “Women Artists in the Japanese Postwar Avant-Garde: Celebrating a

Multiplicity”, in Woman's Art Journal, vol. 27, n. 1, 2006, p. 27.

75 DAILEY, Yayoi…, p. 10-20. 76 MUNROE, “Obsession…”, p. 17.

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Figura 6.

Le Infinity Nets erano costituite da tele di vaste dimensioni, solitamente variabili, caratterizzate da un’assenza di composizione dello spazio e punti focali. Un’ottima analisi è stata condotta da Donald Judd, critico d’arte ed esponente del Minimalismo americano, che nel 1959 le descrive così in una recensione pubblicata su Art News:

“[…] The five white, very large paintings in this show are strong, advanced in concept and realized. The space is shallow, close to the surface and achieved by innumerable small arcs superimposed on a black ground overlain with a wash of white. The effect is both complex and simple. Essentially it is produced by the interaction of the two close, somewhat parallel, vertical planes, at points merging at the surface plane and at others diverging slightly but powerfully. The merger is achieved by whitening the interstices of the arcs; the divergence by enlarging the breadth of the strokes somewhat and leaving the grey plane untouched. When the size of the arcs is diminished sections of the white plane retreat slightly, and

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vice-25

versa. Yet frequently small, dense arcs maintain the surface; the relationships are subtle and depend on the surrounding area. There is a remarkable variety of configuration and expression from point to point across the surface; the small curves coalesce into longer arcs, swell or shift slightly, or form amorphous patterns or partial vertical bands. The strokes are applied with a great assurance and strength which even a small area conveys. The total quality suggests an analogy to a large, fragile, but vigorously carved grill to a massive, solid lace.”77

L’analisi di Judd, seppur riferita a un’opera specifica, può essere estesa a tutto il gruppo delle Infinity Nets di Kusama. In tutte le opere della serie, infatti, ritroviamo gli elementi citati da Judd: reticolati monocromatici realizzati con pittura densa che si diramano su tutta la superficie della tela, anch’essa costituita da una sola tinta piatta; assenza di composizione, interazione tra due piani tramite un complesso gioco di fusione e differenziazione.

Le prime Infinity Nets vennero create durante i primi mesi del soggiorno a New York, in cui le dure condizioni di vita determinarono un enorme stress nell’artista, provocando al contempo il peggioramento delle sue allucinazioni;78 questa condizione la portò a un

ritmo lavorativo frenetico grazie al quale arrivò tuttavia a dipingere quasi cento tele in singole giornate.79

Da questi episodi allucinatori si delinearono i temi principali dell’arte di Yayoi Kusama: ossessione e ripetizione. Questi elementi sono ben evidenti nelle Infinity Nets che, come evidenzia anche Munroe, hanno un’origine psicologica e psicosomatica, costituendo un divisorio tra l’artista e la realtà dovuto alle allucinazioni che hanno portato alla loro creazione.80 Tuttavia, lo storico dell’arte Udo Kultermann analizza come il tema

dell’ossessione fosse già presente nei lavori realizzati durante gli anni dell’Accademia, in cui le forme e gli oggetti rappresentati venivano espansi al di fuori della tela, espandendo così anche la percezione del mondo.81 Alla luce di questi studi si può quindi affermare

come le esperienze vissute a New York non abbiano portato alla nascita di un nuovo

77 Donald JUDD, “Reviews and previews: new names this month”, in ARTnews,

https://www.artnews.com/art-news/retrospective/from-the-archives-donald-judd-on-yayoi-kusamas-first-new-york-solo-show-in-1959-7823/, ultimo accesso 04/12/19.

78 DAILEY, Yayoi…, p. 20.

79 Frances MORRIS, KUSAMA Yayoi, Yayoi Kusama, Volume 1, Tate Publishing, 2012, pp. 1-208. 80 MUNROE, “Obsession…”, p. 18.

81 Udo KULTERMANN, “Focus. Driving Image, Essen, 1966”, in Laura HOPTMAN, Udo

KULTERMANN, TATEHATA Akira, Catherine TAFT (a cura di), Yayoi Kusama, Phaidon, Londra, 2000, p. 85.

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26

pensiero artistico, bensì abbiano sviluppato e ampliato tendenze già presenti da tempo nei lavori di Kusama, avviandole a una maturazione.

“Arte psicosomatica” è dunque la definizione che meglio descrive il genere delle opere di Kusama Yayoi, coniato dall’artista stessa e condiviso dai critici d’arte; si tratta di un’arte in cui il tempo si integra con una ripetizione ossessiva basata su esperienze personali.82 La ripetizione si basa non solo sugli elementi rappresentati ma anche sul

processo creativo, dove le pennellate e le azioni compiute dall’artista diventano parte di un processo monotono che si ripete quasi all’infinito, realizzato allo scopo di esternare le proprie turbe.83 Questa doppia concezione dell’arte, vista sia come prodotto che rifugio

dalla malattia, non riguarda solamente il tema delle allucinazioni, ma anche quello dell’ossessione per il cibo e per il sesso.

Figura 7.

La figura 7 mostra la prima opera della serie Accumulation, presentata nel 1963 a una mostra collettiva tenutasi alla Green Gallery di New York. Si tratta di una poltrona in legno, dipinta di bianco e interamente rivestita da sculture morbide (soft sculptures) di

82 MIKAMI Mariko, “Kusama Yayoi to minimarizumu: kanshōsha to jikan” (Kusama Yayoi e il

minimalismo: spettatore e tempo), in Bigaku (Estetica), vol. 55, n.4, 2005, pp. 76-79.

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diverse dimensioni, realizzate in stoffa e alludenti a protuberanze falliche. Mikami Mariko, in 草間彌生とミニマリズム : 鑑賞者と時間 Kusama Yayoi to minimarizumu:

kanshōsha to jikan (Yayoi Kusama and Minimalism: viewer and time) analizza come

Kusama, partendo da un oggetto di scarto, ne modifica la superficie in maniera convessa tramite l’aggiunta delle sculture di stoffa, inscenando una sensazione di materiale diversa da quello originale.84

Come per le Infinity Nets, Kusama iniziò una produzione in serie di altri oggetti ricoperti da protuberanze falliche, andando a creare vere e proprie installazioni. Quella per il sesso e gli organi genitali maschili è un’ossessione nata nel periodo dell’infanzia, quando la madre Shigeru costringeva la giovane Kusama a spiare suo padre durante i rapporti extra coniugali. Questi episodi portarono l’artista ad associare l’idea del sesso a qualcosa di sbagliato, e così come nel caso delle allucinazioni la sua arte divenne il modo per mostrare e allo stesso tempo controllare questa paura.85 Questo tema delle opere di Kusama,

riconducibile sia alle sculture che agli happenings e ai Body Festivals86 organizzati negli

Anni Sessanta, viene analizzato nel dettaglio da Mignon Nixon in Infinity Politics in

Yayoi Kusama. Secondo l’analisi di Nixon le sculture falliche di Kusama sono

caratterizzate da una dialettica psicoanalitica, che consente all’artista di rivolgersi a un pubblico culturale e psicosomatico più vasto.87 In altre parole la ripetizione di queste

figure viene utilizzata come espediente per ripudiarle e annullare così l’effetto che queste hanno sull’artista, tramite un linguaggio e una rappresentazione che le rende accessibili e comprensibili non solo all’artista ma anche al pubblico.

Altro concetto centrale dell’arte di Kusama è quello della self-obliteration, tema portante di tutte le opere di New York ma particolarmente significativo in quelle che andarono a inaugurare e successivamente consolidare l’insieme delle Infinity Mirrored Rooms; il “prototipo” Infinity Mirror Room: Phalli’s Field venne realizzato nel 1965, ma fu

Kusama’s Peep Show or Endless Love Show (figura 8) a stabilire i canoni tecnici di questa

serie di opere.

84 MIKAMI, “Yayoi Kusama…”, p. 72. 85 DAILEY, Yayoi…, p. 23

86 Manifestazioni artistiche simili agli happening, in cui gli artisti erano soliti dipingere sui corpi nudi di

ballerini e attori. I Body Festivals venivano spesso utilizzati come forma d’arte di protesta.

87 Nixon MIGNON, Frances MORRIS (a cura di), Infinity Politics in Yayoi Kusama, London Tate

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Figura 8.

L’opera è composta da una stanza esagonale, le cui pareti sono completamente ricoperte di specchi. Al suo interno compaiono numerose luci colorate a intermittenza, il cui gioco è sincronizzato ad un sottofondo musicale rock and roll.88 La stanza non presenta punti

di accesso, e l’unico modo per poterne ammirare i giochi di luce riflessi all’infinito dalle superfici riflettenti è tramite delle finestrelle poste all’altezza degli occhi; l’insieme di questi elementi provoca nei visitatori un effetto di straniamento e annullamento dell’io, che diventa un tutt’uno con l’ambiente circostante. Quello delle Infinity Mirrored Rooms è un mondo estremamente soggettivo, in cui Kusama vuole metterci a confronto con la propria condizione: possiamo infatti considerare la musica di sottofondo e i giochi di luce come simboli che indicano in realtà le allucinazioni visivo-uditive dell’artista stessa. È dunque quest’opera a fornirci la miglior chiave di lettura del concetto di self-obliteration, ovverosia l’atto di estraniamento, o per meglio dire annullamento, dell’artista dalla sua stessa opera. Yoshimoto Midori descrive il concetto come “a creative hybrid of Buddhist thought infected with New Age spiritualism, the rhetoric of sexual liberation, and her

88 “When Yayoi Kusama created her first ever Infinity Room”, in Phaidon,

https://de.phaidon.com/agenda/art/articles/2017/october/19/when-yayoi-kusama-created-her-first-ever-infinity-room/, ultimo accesso 29/11/19.

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semi-autobiographical narrative”89. Si tratta di un fenomeno di cui il pois costituisce il

fulcro portante, in quanto elemento da cui l’obliterazione del sé ha origine; questo concetto funge da base anche per i Body Festivals in cui Kusama era solita dipingere pois policromatici sui corpi nudi di ballerini e attori, che tramite l’obliterazione divengono un tutt’uno con la natura e l’universo.90 Un volantino del 1967 riassume così il concetto:

“Become one with eternity. Obliterate your personality. Become part of your environment. Forget yourself. Self-destruction is the only way out!”91

Il concetto di self-obliteration è strettamente individuale, e per questo motivo ritengo sia naturale che la vita travagliata di Kusama sia intrinsecamente collegata alle sue opere; come afferma anche Agnieszka Smigiel92, si tratta di un’artista a tutto tondo “in grado di

coinvolgere ogni elemento della sua vita per creare un’opera originale e unica, e soprattutto autentica nella sua forza espressiva”93. Dal testo del volantino riportato, si può

tuttavia evincere un sotto testo negativo del concetto di Kusama, in cui la distruzione del sé sembra essere l’unico modo per porre fine alle proprie sofferenze.94

Alla luce di quanto affermato, risulta chiaro come il periodo di soggiorno negli Stati Uniti abbia fornito un punto di svolta per l’arte di Kusama, delineandone i temi e le tecniche principali. Inoltre, in questi anni l’arte è stata per Kusama sia valvola di sfogo che motivo delle proprie turbe psichiche, portandola a frequenti ricoveri in ospedale e infine al ritorno in Giappone per motivi medici, perdendo quindi parte del concetto di self-therapy delineato nei paragrafi precedenti.

1.5 Una nuova prospettiva

Kusama tornò in Giappone nel 1975. Il ritorno in patria fu fonte di ulteriore stress che aggravò le condizioni di salute dell’artista,95 costringendola nel 1977 a trasferirsi

89 YOSHIMOTO Midori, Kusama saves the world through self-obliteration, 2011, p. 3. 90 YOSHIMOTO, Kusama saves…, pp. 4-5.

91 KUSAMA Yayoi, flyer for Self-Obliteration at The Gate Theater, New York, 16-17 giugno 1967.

CICA/YK/6200.47. Kusama Archive.

92 storica dell’arte e dottoranda in Storia, Beni Culturali e Studi Internazionali presso l’Università di

Cagliari.

93 SMIGIEL, “The Unreal…”, p. 6.

94 Questo aspetto può essere direttamente collegato alla depressione maturata negli anni, che ha portato

Kusama a tentare più volte il suicidio.

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