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the VOICE GIORNALE DEL LICEO CLASSICO STATALE UMBERTO I

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Academic year: 2022

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l’INTERVALLO

the VOICE

GIORNALE DEL LICEO CLASSICO STATALE UMBERTO I

ANNO III - Nº16 - DICEMBRE 2019

STRETTI COME LE SARDINE | CORI DA RIGORE | AUTORITRATTO O SELFIE? | FILTRI O MASCHERE?

| NAZRA PALESTINE SHORT FILM FESTIVAL | UNA PANCHINA ROSSA IN MEMORIA DI TIZIANA CAN- TONE | 1969: UN ANNO INDIMENTICABILE |

immagini scelte d

a Marialuisa Di Fiore III C

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M

attia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappo- loni e Andrea Garreffa: sono questi i nomi dei quattro ragazzi che il 14 novembre 2019, a Bolo-

gna, hanno portato in piazza Maggiore circa 15.000 persone. È nato così il movimento delle

“sardine”: in una notte insonne uno dei ragazzi, Mattia Santori, stava leggendo i proclami di Salvini e ha capito che si doveva fare qualcosa. C’era bisogno di un segnale di speranza:

tanta gente criticava e basta senza fare nulla. Proprio il 14 novembre Salvini avrebbe tenuto una serata di propaganda politica e i quattro ragazzi hanno provato a portare in piazza l’altra faccia di Bologna: quella che, con un doppio senso, “non si Lega”. L’obiettivo era di essere anche uno solo in più dei sostenitori di Salvini al Paladozza (che ha una capienza di circa 5.500 persone). Obiettivo non solo raggiunto, ma anche abbondantemente superato!

I bolognesi sono scesi in piazza a tre condizioni: nessun simbolo, nessun partito, nessun insulto. E un’icona, quella delle “sardine”, che nasce dall’idea di essere in tanti, stretti, proprio come le sardine. Vicini e silenziosi per contrapporsi agli “urlatori” dei comizi politici. E se da una parte il movimento ha ottenuto apprezzamenti dalla sinistra italiana, dall’altra non sono mancate le polemiche da parte della destra. Mattia Santori ha risposto così alle critiche: “siamo partiti dal basso ed è per questo che siamo vulnerabili. I nostri avversari lo hanno capito e hanno già attivato la macchina del fango”. Ma nonostante le critiche le “sardine” nuotano “al largo”: dopo Bologna il movimento è arrivato anche a Modena (dove sono scesi in piazza in 7.000 nonostante la pioggia) e in molte altre città italiane per dire no a questa politica offensiva e aggressiva e per ricordare che non siamo una terra di odio ma di pace e di tolleranza.

Stretti come le Sardine

di Teresa Laviano Saggese

III C

SARDINES © Magrikie

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l’INTERVALLO - the VOICE

Il 14/12/2018, all’insegna della beneficienza, 500 “coloriti” spettatori hanno assistito alla storica sfida di calcio tra licei, organizzata dall’Associazione Telethon presso il campo sportivo Denza di Posillipo. Quella che doveva essere un’occasione di ritrovo intorno ai temi della solidarietà e della con- divisione verso le persone che soffrono, si è trasformata in un “duello” ora verbale, talvolta anche fisico, che ha coinvolto tutti i presenti. Purtroppo, negli ultimi anni, questi incontri hanno perso il loro valore caratteristico di solidarietà “studiata” e sono diventati veri e propri scontri. Non sarebbe meglio recuperare il senso di coesione e solidarietà sul quale si basa questa competizione? L’accanimento che spesso mostriamo lì dove c’è un confronto tra diverse opinioni (politiche, ideologiche, sportive…) negli stadi si esalta. E si trasforma in offese agli avversari e in atteggia- menti razzisti, diventati comuni nella dialettica da stadio. Ne è un esempio ciò che è successo a Verona il 3 novembre presso lo stadio Bentegodi: Balotelli, attaccante del Brescia,

durante la partita ha scagliato il pallone verso le

“poltrone est” dalle quali erano arrivati, indirizzati a lui, ululati e cori razzisti: il calciatore ha voluto così esprimere il proprio dissenso. Alla domanda se la tifoseria veronese fosse razzista, il leader degli Ultras, Luca Castellini, ha fornito una risposta agghiacciante: <Ce l’abbiamo anche noi un negro in squadra, che ha segnato ieri, e tutta Verona gli ha battuto le mani.> e continuando: <Ci sono pro- blemi a dire la parola negro? Mi viene a prendere la Commissione Segre perché chiamo uno negro?

Mi vengono a suonare il campanello?>. Queste le parole che hanno dato il via a ciò che è diventato un caso anche politico. Già negli anni Novanta la curva veronese diventa una casa per i militan- ti delle principali formazioni dell’estrema destra cittadina. Come scrive Giulia Siviero sul Post (1/05/2018) “quelli furono gli anni delle mozioni omofobe mai abolite e mai sconfessate, della prima edizione delle ronde padane, dei concerti finanziati dal Comune per le band “nazirock” e delle fiere della cosidetta “editoria non conforme” al ricono- scimento dell’esistenza dei campi di sterminio. E’

da tenere presente che la curva del Verona è solo l’epicentro di un “sisma” che coinvolge tutto il paese da tempo: sono passati 30 anni da quando l’israeliano Rosenthal fu tagliato fuori dall’Udine-

se in quanto ebreo; 27 da quell’interrogazione parlamentare in cui si chiedeva al governo di fare qualcosa affinché casi come quello occorso a Aaron Winter non si verificassero più; 24 da quando la vittima fu Ince; 23 da quando la curva del Verona esponeva un manichino nero impiccato; 18 passati dal caso di Omalade al Treviso; 14 dagli insulti a Zoro. La lista potrebbe continuare ancora per molto, proprio perché la bolla del razzismo negli stadi ha continuato a gonfiarsi anche per via di una legislazione eccessivamente morbida, con gli stessi giudici sportivi che ogni volta tendono a minimizzare l’accaduto. Respon- sabili sono anche la società, i media e le istituzioni, troppe volte conniventi con le tifoserie. Il razzismo è un grande problema con cui gli stessi giocatori si stanno confrontando, iniziando a farsi sentire. Ma non basta, le società calcistiche e le istituzioni sportive potrebbero prendere provvedimenti, combattere e mettere un punto ad eventi di questo genere, anche quando sono esterni agli stadi. Al momento è come se ci trovassimo in una serie tv distopica in attesa del prossimo episodio di razzismo.

Se iniziassimo a mettere noi il punto a questa storia infinita che sembra protrarsi da un’eternità e non riesce mai a trovare un suo capitolo finale?

ATTUALITÀ. STRETTI COME LE SARDINE | CORI DA RIGORE

Cori da Rigore

di Maria Pia Augiero

V C

Maria Chiara Galdo

IV G

Vanessa Beecroft, “Madonna With Twins,” 2006. Photographed by Matthu Placek.

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L

a differenza tra l’autoritratto pittorico o fotografico e il selfie riguarda sia il soggetto autore, nel primo caso l’artista e nel secondo caso l’uomo “comune”, sia l’intenzione tec- nica, formale e stilistica. Spesso si riconosce nell’autoritratto una manifestazione di tipo artistico e nel selfie un fenomeno di moda.

Tale differenza sottolinea soprattutto gli aspetti negativi del selfie, visto come attività superficiale e connessa ad un eccesso di narci- sismo, non riconoscendo in esso un’attività di tipo sociale che di per sè non sarebbe negativa.

L’autoritratto e il selfie sono un modo di rac- contarsi attraverso l’immagine, ma le loro origini appartengono a mondi molto diver- si. L’autoritratto fotografico esplode nel XX secolo come strumento per generare un lega- me diretto tra l’opera creata e l’Io dell’auto- re. Questi osserva se stesso nell’obiettivo per mettere a nudo la propria personalità mediante un percorso di “autoconoscimento” e analisi interiore. Ciò che conta è il rapporto tra autore e opera, mentre il mondo che la osserverà non è parte dell’atto creativo. Il fine non è raggiungere l’osservatore e, se tale fine è contemplato, ci si aspetta di far riflettere l’osservatore senza riceverne direttamente un riscontro.

Il selfie è invece un fenomeno esploso nell’ultimo decennio con la commercializzazione degli smartphone dotati di fotocamera anteriore. Il fine è quello di stupire e piacere agli altri e, dunque, l’atto della condivisione diventa importante quanto l’autoscatto.

Dal coinvolgimento dell’osservatore, anzi di tantissimi osserva- tori, ci si aspetta un riscontro. Va riconosciuta quindi nel selfie un’attività di tipo sociale, di per sè non negativa poichè finaliz- zata a suscitare negli altri quella reazione che noi vorremmo provocare, raccontando come vorremmo essere.

Au to rit ra tto o s elfi e? Co m e c am bi a i l m od o d i r ac co nt ar si a ttr av er so l a p ro pr ia i m m ag in e di G ior gio F us co

V C

Fi ltr i o m as ch er e? di M or ga na A ut ier o

IV A

immaginedisfondo: selfie @geTTY images 1. gran duchessa anasTasiadi russia, 1914

2. unadonnaedoardiana, confoTocamera KodaK Brownie, 1900.

3. annemarie heinrich, auToriTraTToconfiglio. 4. sTanleY KuBricK, auToriTraTTo, 1949.

1. 2. 3. 4.

I

l 14 agosto 2019 Facebook ha dichiarato la possibilità, attraverso il software Spark AR, di creare “filtri” personalizzati da poter utilizzare sia sulla sua stessa applicazione che su Instagram. Già dall’autunno 2016 Instagram aveva permesso di sovrapporre sul volto dell’utente muso ed orecchie di animali per rendere i propri scatti fotografici più divertenti ma ora i filtri più usati sono quelli che permettono un radicale

“perfezionamento facciale”.

Così nasi sottili, zigomi alti e labbra a canotto “sovrapponibili” sono la nuova moda del momento. Usati quotidianamente da molte influencer, questi filtri hanno avuto un grande successo su Instagram, dove eli- minare le occhiaie o rimpolparsi le labbra è possibile

con un click rapido e indolore. I filtri più usati sono

“Holy Natural”, che di naturale non ha proprio niente e “Plastica”, che di nome e di fatto rimanda alla chi- rurgia estetica.

La situazione è incontrollabile: sembra che gli utenti usino questi effetti per “filtrare” le proprie insicurez- ze e nascondere quelli che considerano difetti e che vorrebbero eliminare nella vita reale con la chirurgia

estetica. Al riguardo, a dicembre 2018 l’artista Mat Maitland ha ritoccato i ritratti di celebri star del cinema per dimostrare come sarebbero i volti di queste icone se fossero costrette a rispettare gli attuali canoni di bellezza. Daniel Mooney, il cre- atore irlandese del filtro “Fix Me”- letteralmente “aggiustami”- ha dichiarato che in origine lo scopo di questi filtri era una critica sottile alla chirurgia estetica e un invito a comprendere la fragilità della condizione pre-intervento in cui si trovavano i pazienti per capire come il concetto di perfezione fosse sopravvalutato.

A ottobre 2019, un portavoce di Facebook ha dichiarato sul blog della rivista Vogue che i filtri in questione sarebbero stati rimossi da Instagram perché “non garantiscono un’esperienza positiva per la community”, anzi possono essere dannosi alla salute mentale! In merito, l’Accademia Americana di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ha dichiarato che il 55% delle persone che si reca dal chirurgo lo fa solo per apparire più bella nei “selfie”!!

Perché preoccuparsi delle imperfezioni agli occhi degli altri impercettibili, invece di andare a migliorare le cose che il tempo non andrà a peggiorare? La bellezza esteriore, apparentemente così saliente, è dove uno sguardo superficiale si ferma; i più saggi ricercano l’unicità andando oltre.

Dunque in una società che ci vuole tutti uguali come fotocopie di un modello di bellezza stereotipata, è meglio omologarsi o fare della nostra unicità una ricchezza?

l’INTERVALLO - the VOICE

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APPROFONDIMENTO. AUTORITRATTO O SELFIE? | FILTRI O MASCHERE?

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NAZRA PALESTINE SHORT FILM FESTIVAL | UNA PANCHINA ROSSA IN MEMORIA DI TIZIANA CANTONE |

Nazra Palestine Short Film Festival intervista e film vincitore

di Lorenzo de Juliis

III G

E’ Roof Knocking il cortometraggio vincitore del Nazra Palestine Short Film Festival, cui la Giuria-giovani ha conferito il premio di miglior ritratto della condizione palestinese oggi, descrivendo la situazione in cui versa questo popolo succube del perenne conflitto con Israele. E’ una questione di cui, spesso, i media veicolano dati inattendibili e scorretti, che non rappresen- tano adeguatamente i crimini e le violenze di cui i palestinesi sono fatti oggetto. E’ il cinema che, nella sua massima umiltà e con opportuni mezzi, ci trasmette il grande dolore, soffocato ed asfissiato, che fuoriesce con tutto il suo sangue in un mare di lacrime, raccon-

tando una realtà contorta e ricca di contraddizioni.

Il Nazra Pale- stine Short Film Festival, manife- stazione nata per rivelare i drammi del popolo pale- stinese, si è tenu- ta nell’arco di tre giorni, dal 23 al 25 ottobre, al PAN di via dei Mille.

E’ stata una grande opportu- nità “in primis”

per i ragazzi dei vari istituti sco- lastici che hanno potuto visionare una serie di corto- metraggi e hanno avuto il privilegio di poter interagire

e confrontarsi con i registi. Un’ opportunità unica è stata poi riservata al gruppetto di “giudici” che, dopo un acceso dibat- tito, ha stabilito, in modo imparziale, quale fosse la miglior rappresentazione della Palestina oggi. Vince Roof Knocking, letteralmente “bussare sul tetto”, un tipo di tecnica militare adoperata dagli stessi Israeliani soprattutto negli ultimi anni:

si scaglia un missile più o meno offensivo sul tetto di una casa per “avvertire” gli occupanti, a cui pochi minuti dopo seguirà una vera e propria bomba in grado di demolire l’intero edificio.

Mercoledì 23 ottobre, alle ore 10.00, presso il PAN di Napoli, si è tenuta la III edizione del Nazra Palestine Short Film Festival.

Anche grazie alla collabo- razione delle organizzazioni

Restiamo Uniti con Vik, Ecole Cinèma e Centro Italiano di Scambi Culturali-VIK, il festival Nazra (“sguardo” in arabo), già presentato alla celebre Mostra del Cinema di Venezia ed al 72mo Festival del Cinema di Cannes, è arrivato a Napoli, dopo Venezia, Trento, Padova, Siena, Torino e Roma. Infine, al termine del viaggio in Italia, l’evento sarà ospitato anche in Spagna, e tornerà infine in Palestina, in particolare nella Striscia di Gaza.

Patrocinato dal Comune di Napoli - Assessorato alla Cul- tura e da Amnesty International, si pone in difesa della libertà e della giustizia e dei diritti più elementari dell’uomo. Sono lieto di annunciare che abbiamo avuto la splendida occasione di interloquire con la referente del progetto, la prof.ssa Sabrina Innocenti, la quale, molto disponibile, ci ha concesso un’inter- vista ricca di spunti e curiosità.

Buongiorno professoressa.

Buongiorno a voi. Sono entusiasta di potervi presentare il Nazra Short Palestine Film Festival, ormai giunto alla sua terza edizione e vi ringrazio per questa occasione.

Quanto è importante oggi, dal suo punto di vista, comuni- care attraverso il cinema questioni così delicate quali quella israelo-palestinese?

Il cinema non è solo intrattenimento ma è uno strumento educativo e formativo importantissimo, in quanto ci avvicina a mondi diversi con un linguaggio semplice e trasparente.

Oggi occorre istruire la sensibilità dell’individuo, che deve cimentarsi anche in queste esperienze per comprendere al meglio la realtà che lo circonda e le complesse tematiche globali come quella che stiamo affrontando.

Quanto conta la partecipazione di Napoli in questo Festi- val itinerante?

E’ un’occasione di rilancio per l’intera città. Pensa che, grazie al contributo di Amnesty International, anche le detenute del carcere di Pozzuoli potranno assistere alla serie di cortometraggi proprio all’interno dell’istituto penitenziario. E così verranno a conoscere realtà diverse dalla loro ma altrettanto o forse anche più difficili e problematiche di quelle che hanno vissuto.

Quale invito si sente di rivolgere ai giovani che si accin- geranno alla visione dei cortometraggi?

Il mio appello è di aver più curiosità, per affrontare tali argomenti con un piglio differente e un maggior desiderio di conoscere.

Senza approfondire le tante tematiche che ci circondano, rischiamo di sprofondare nei consueti pregiudizi e stereotipi, sfuggendo alla meravigliosa strada dell’inclusione e rintanan- doci nel nostro ego.

Grazie professoressa, è tutto!

Nell’ambito delle iniziative promosse per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, martedì 26 novembre i ragazzi del Laboratorio di Teatro Classico del nostro Liceo hanno partecipato alla manifestazione “Una panchina rossa in memoria di Tiziana Cantone”, organizzata dalla Consulta per le pari Opportunità della I Municipalità del Comune di Napoli. La cerimonia si è svolta in piazzetta Augusteo dove è stata inaugurata una panchina rossa in memoria della ragazza che si tolse la vita dopo aver subìto una orrenda gogna mediati- ca sui social a causa di un video, pubblicato a sua insaputa, che la riprendeva in un momento di intimità con il suo fidanzato.

Alla presenza di Mariateresa Giglio, madre di Tiziana, del Sindaco De Magistris e di altri esponenti del Comune e della Regione, ma soprattutto di altri giovani e giovanissimi studenti di altre due scuole, il Liceo Mazzini e la Scuola Media Tito Livio, e di numerosi intervenuti, i nostri ragazzi, guidati dalle prof.

sse Iannuzzi e Laudisa, hanno offerto il loro contributo corale, dedicando a Tiziana Cantone e alla sua mamma la recitazione del testamento spirituale di Reyhaneh Jabbari con le ultime parole dirette alla madre. Era una ragazza iraniana di soli 26 anni quando fu giustiziata per impiccagione, per aver difeso la propria dignità di donna violata e la verità dei fatti in un contesto a lei profondamente ostile.

Un’occasione per riflettere con i nostri studenti su temi cru- ciali della nostra società, quali l’uso improprio e illecito dei social, le ingiustizie processuali che talora si aggiungono alla violenza e al dolore.

E il dolore è il filo rosso che unisce tutte le donne del mondo di qualunque latitudine, lingua o cultura. La performance dei nostri giovani attori, che ha destato la viva commozione della signora Giglio e di tutti i presenti è stata preceduta da un breve movimento di una Sonata di Paganini, eseguito al violino da Federico Bombace (III G).

I ragazzi del Laboratorio Teatrale:

Annaviola Gambardella e Alessandro Paolo (V H); Chiara De Luca e Elessia Perrelli (IV A), Gemma Angrisani, Caterina Lupi, Pietro Rossi, Filippo Sanità e Mariachiara Valentín (III G); Giordana Cappuccio e Erica Arpaia (II H); Iluavi Cossu e Rosa Di Liberto (I G) e Roberta Raimo (I L).

Nella foto: al centro la madre Corifea, Annaviola Gambardella (V H), la donna seduta a destra sulla panchina la madre di Tiziana Cantone.

A sostegno del giudizio dato, si nota come a dispetto degli altri

“corti”, questo offra, in primo luogo, un’esperienza audiovisiva completa in cui lo stesso spettatore si ritrova immerso quasi fosse parte integrante della storia; in secondo luogo c’è da dire che non si limita al racconto dei fatti ma offre una riflessione e delle non facili conclusioni. Si tratta pertanto di uno sforzo

“partecipativo” a cui noi stessi siamo chiamati.

Inoltre, è da elogiare il modo in cui questa violenza psico- logica dell’”avviso” ci viene mostrata: avvertire dell’arrivo di un imminente ordigno sem- bra quasi defilarsi da ogni colpa, sfuggire alle pro- prie responsabilità come se questa fosse di qualcun altro ma non mia che sto per distruggerti. Infine c’è un dubbio irrisolto, un pun- to interrogativo che anco- ra non ha trovato risposta:

ma perchè proprio loro?

ma perchè proprio loro che hanno conosciuto nel corso della loro storia patimenti e strazi ancor più grandi?

ma perchè proprio loro che hanno visto i propri bam- bini sterminati dalle malat- tie, le proprie madri sfinite dalla fatica, i propri padri uccisi da un colpo di pisto- la? ma perchè proprio gli Israeliani?

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE UNA PANCHINA ROSSA IN MEMORIA TIZIANA CANTONE

segue da pagina precedente

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Il 1969 è stato un anno eccezionale per il progresso dell’uomo. La prima connessione web viene stabilita, l’uomo va sulla Luna, esce Easy Rider nei cinema…

1969. Un anno così pieno di cambiamenti che a stento riusciamo a ricordarli tutti. Il più famoso e il più emozionante è sicuramente quello del 20 Luglio. Una data così significativa, che ha visto tutta l’Italia incollata al televisore. Di cosa sto parlando? Della prima volta che l’uomo è andato sulla Luna!

Ebbene sì, questo evento strabiliante è stato interamente documentato dalla RAI, che ha descritto quella sera come “la notte più lunga della televisione italiana”. E io penso sia stato proprio così. Tito Stagno, conduttore della trasmissione, dopo vari momenti di ansia, annuncia alle 22:15 che l’Apol- lo 11, capitanato da Neil Armstrong ha toccato il suolo lunare. Alle 22.17, solo due minuti dopo, i motori si spengono, i piloti scendono e le emozioni che milioni e milioni di persone hanno provato in quelle ore penso siano tutt’ora indescrivibili.

Già nel 1959 vediamo che l’uomo aveva provato ad intercettare il suolo lunare, e, infatti, una sonda lanciata dall’Unione Sovietica ci riesce. Che dire… Rivedendo oggi i video di quella vecchia diretta RAI mi sono emozionata. Per quanto abbiamo ormai raggiunto un notevole livello di progresso scientifico, penso che quella dell’allunaggio sia stata e continui ad essere un’emozione più unica che rara.

1969: UN ANNO INDIMENTICABILE.

19 69 : U n a nn o i nd im en tic ab ile di Lucre zia C ale nd a

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