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I SOGGETTI IRPEF DEVONO RICALCOLARE L ACE PER IL 2016?

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INFORMATIVA N. 292 – 12 OTTOBRE 2017

IMPOSTE DIRETTE

I SOGGETTI IRPEF DEVONO RICALCOLARE L’ACE PER IL 2016?

• Art. 1, DL n. 201/2011

• Art. 1, commi da 550 a 552, Legge n. 232/2016

• Decreto MEF 3.8.2017

Nel mese di agosto è stato pubblicato sulla G.U. il Decreto attuativo delle nuove disposizioni in materia di ACE.

In particolare, oltre ad alcune “integrazioni” alle regole di determinazione dell’agevolazione per i soggetti IRES, il citato DM:

− contiene la disciplina “aggiornata” per le imprese individuali / società di persone alla luce delle novità introdotte dalla Finanziaria 2017 applicabili già per il 2016;

− prevede 2 specifiche clausole di salvaguardia che fanno salvi i comportamenti non coerenti con le nuove disposizioni introdotte dal Decreto.

Le predette clausole non sono applicabili ai soggetti IRPEF e pertanto le disposizioni del Decreto ad essi riferite risultano operative già dal 2016.

Ciò si riflette sulla verifica del comportamento assunto nel mod.

REDDITI 2017.

Alla complessità della situazione in esame si aggiunge la mancanza di chiarimenti da parte dell’Agenzia.

(2)

Come noto, l’agevolazione ACE (Aiuto alla Crescita Economica) è stata oggetto di numerose modifiche nel corso del 2017. In particolare con la Finanziaria 2017:

• sono state profondamente modificate le disposizioni in materia di determinazione del rendimento nozionale per le imprese individuali e le società di persone (in contabilità ordinaria) passando al regime c.d. “incrementale” già previsto per i soggetti IRES. Dette novità hanno avuto effetto già dal 2016;

• è stata rivista la misura dell’aliquota del rendimento nozionale, ulteriormente modificata dal DL n.

50/2017, con la conseguente fissazione della stessa all’1,6% per il 2017 e all’1,5% dal 2018. Tale intervento ha effetto ai fini della rideterminazione degli acconti soltanto per le società di capitali;

• è stata introdotta una specifica ipotesi di “sterilizzazione” della variazione in aumento del capitale proprio in presenza di incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31.12.2010.

Con riferimento all’agevolazione ACE per i soggetti IRPEF le numerose questioni operative irrisolte connesse con la nuova modalità di determinazione del rendimento nozionale sono state in gran parte chiarite dal MEF con il Decreto 3.8.2017, pubblicato sulla G.U. 11.8.2017, n. 187, con il quale sono state “sostituite” completamente le “vecchie” disposizioni attuative contenute nel DM 14.3.2012 (Informativa SEAC 9.8.2017, n. 241).

Va evidenziato che, relativamente ad alcune previsioni del citato Decreto, operano specifiche clausole di salvaguardia, volte ad evitare di penalizzare i comportamenti alle stesse difformi, che

“posticipano” l’applicazione delle stesse. Dette clausole possono essere “invocate” con riguardo alle disposizioni applicabili ai soggetti IRPEF?

DETERMINAZIONE DELL’ACE SOGGETTI IRPEF

Come accennato, la modalità di determinazione dell’ACE per le imprese individuali / società di persone in contabilità ordinaria è stata equiparata a quella applicabile ai soggetti IRES, introducendo un “criterio incrementale”. Per tali soggetti, infatti:

• fino al 2015 l’agevolazione era determinata considerando il patrimonio netto esistente al 31.12, incluso l’utile / perdita dell’esercizio e al netto dei prelevamenti in conto utili dei soci / imprenditore;

• dal 2016 assumono rilevanza gli incrementi ed i decrementi del capitale proprio.

In particolare, per effetto di quanto disposto dall’art. 8 del citato Decreto, la variazione in aumento del capitale proprio “effettuata negli esercizi di applicazione del regime di contabilità ordinaria” è determinata dalla somma algebrica, se positiva, tra:

• gli elementi positivi (incrementi) e negativi (decrementi) rilevati negli esercizi in regime di contabilità ordinaria a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015 (ossia, dal 2016);

• la differenza positiva tra il patrimonio netto al 31.12.2015 ed il patrimonio netto al 31.12.2010 (comprensivi dell’utile del relativo esercizio).

VARIAZIONE CAPITALE PROPRIO DAL 2016

La variazione del capitale proprio è rappresentata dalla somma algebrica, se positiva, tra gli incrementi ed i decrementi intervenuti dal 2016.

VARIAZIONE

CAPITALE PROPRIO DAL 2016 Incrementi – Decrementi x aliquota

ACE patrimonio netto

31.12.2015 Variazione capitale

proprio dal 2016 patrimonio netto

31.12.2010 –

+

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Le riduzioni di capitale proprio rilevanti a decorrere dal 2016 incidono sulla differenza, positiva, dei patrimoni netti (2015 – 2010). Di fatto, quest’ultima, come evidenziato nella Relazione illustrativa al citato Decreto, “risulta assorbibile da futuri decrementi di base generati dal 2016”.

Incrementi / decrementi Momento di rilevanza

Incrementi

• conferimenti in denaro da parte dei soci / imprenditore, compresa la rinuncia incondizionata alla restituzione di crediti vantati nei confronti della società

• accantonamenti di utili a riserva, con esclusione degli utili destinati a riserve non disponibili

• conferimento in denaro  dalla data di versamento

• rinuncia ai crediti  dalla data dell’atto di rinuncia

• accantonamento di utili a riserva  nell’esercizio di maturazione dell’utile, al netto dei prelevamenti in c/utile dello stesso esercizio

Decrementi prelevamenti di utili dall’inizio dell’esercizio in cui si è verificata la riduzione di patrimonio netto PASSAGGIO DALLA CONTABILITÀ SEMPLIFICATA ALL’ORDINARIA

Qualora l’impresa adotti, in uno o più anni, la contabilità semplificata, la variazione del capitale proprio, rilevante al termine dell’esercizio in cui è “ripristinata” la contabilità ordinaria, è ridotta dell’eventuale differenza negativa tra il patrimonio netto desumibile dal prospetto delle attività e passività ex DPR n. 689/74 relativo a detto esercizio ed il patrimonio netto dell’ultimo esercizio in contabilità ordinaria.

Passaggio alla contabilità ordinaria nel 2016 o anni successivi

Gli incrementi / decrementi rilevano dall’anno del passaggio alla contabilità ordinaria.

Contabilità ordinaria in almeno uno degli anni del quinquennio 2011 –

2015 e dal 2016 in poi

Rilevano gli incrementi / decrementi verificatisi dal 2016 in poi, che vanno sommati alla differenza di patrimoni netti, determinata con le regole di seguito esaminate.

Contabilità ordinaria in tutte le annualità

I successivi periodi in contabilità semplificata rilevano, nel periodo di rientro alla contabilità ordinaria, solo se e nella misura in cui hanno ridotto il patrimonio netto, come diminuzione della base ACE.

DIFFERENZA PATRIMONIO NETTO 2015 – 2010

La differenza positiva tra il patrimonio netto al 31.12.2015 e quello al 31.12.2010, come evidenziato nella citata Relazione illustrativa “costituisce una base ACE «di partenza» … che sostituisce il calcolo degli incrementi e decrementi di capitale proprio (secondo le regole dettate per i soggetti IRES) realizzati dall’esercizio 2011 al 2015.

Non rileva l’eventuale differenza negativa tra il patrimonio al 31.12.2015 e il patrimonio al 31.12.2010 e, pertanto, per il calcolo della base ACE va assunto un valore pari a “zero”. Di fatto, la base ACE è costituita dalla sola variazione del capitale proprio.

Ai fini dell’individuazione del patrimonio netto alle predette date va ricompreso, rispettivamente, l’utile 2015 e l’utile 2010.

In presenza di alcune particolari fattispecie, in luogo della predetta differenza va considerato quanto segue.

CONTABILITÀ SEMPLIFICATA NEL 2010 (E ANNI SUCCESSIVI DEL QUINQUENNIO 2011 - 2015) Nel caso in cui non è possibile calcolare la differenza tra il patrimonio netto al 31.12.2015 e quello al 31.12.2010, in quanto l’impresa era in contabilità semplificata nel 2010 (ed eventualmente in alcuni degli anni successivi del quinquennio 2011 – 2015), va considerata la differenza tra il patrimonio

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netto dell’ultimo esercizio del quinquennio (2011 – 2015) in contabilità ordinaria e il patrimonio netto desumibile dal prospetto delle attività e passività ex DPR n. 689/74 esistenti all’inizio del periodo d’imposta di prima applicazione della contabilità ordinaria in detto quinquennio.

Di conseguenza, le variazioni del patrimonio netto verificatesi in contabilità semplificata non influenzano la base ACE considerato che rilevano esclusivamente gli incrementi / decrementi verificatisi in contabilità ordinaria. Di fatto, “i periodi in contabilità semplificata vanno sempre esclusi dal computo”.

Ai fini dell’individuazione della differenza in esame, al patrimonio netto al 31.12 dell’ultimo anno del quinquennio 2011 – 2015 in contabilità ordinaria va quindi sottratto quanto segue.

Contabilità ordinaria nel 2010 Va sottratto il patrimonio netto al 31.12.2010.

Contabilità semplificata nel 2010

Va sottratto il patrimonio risultante dal prospetto delle attività e passività esistenti all’inizio del periodo d’imposta di prima applicazione (nel quinquennio 2011 – 2015) della contabilità ordinaria.

La base ACE è determinabile anche per i soggetti in contabilità ordinaria per un solo anno nel predetto quinquennio ed è pari alla differenza tra il patrimonio netto al 31.12 di quell’anno e il patrimonio netto all’1.1 del medesimo anno.

IMPRESA COSTITUITA DAL 2011

Qualora l’impresa sia stata costituita successivamente al 31.12.2010, va considerato il patrimonio netto dell’ultimo esercizio del quinquennio 2011 – 2015 in contabilità ordinaria.

LIMITE ALLA VARIAZIONE IN AUMENTO DEL CAPITALE PROPRIO

L’importo rappresentato dalla somma tra la variazione del capitale proprio e la differenza di patrimonio netto 2015 – 2010 è soggetta al limite del patrimonio netto. Infatti, la variazione in aumento del capitale proprio in ciascun esercizio non può essere superiore al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio.

Di conseguenza, va considerato:

• l’incremento del capitale proprio se inferiore al patrimonio netto;

• il patrimonio netto se inferiore all’incremento del capitale proprio.

ECCEDENZA ACE

L’ACE non può eccedere, nel periodo d’imposta di riferimento, il reddito d’impresa. L’eventuale eccedenza può essere riportata ai successivi periodi d’imposta, senza limiti temporali ovvero trasformata in un credito d’imposta (utilizzabile solo ai fini IRAP).

Impresa individuale

L’ACE eccedente il reddito d’impresa, al netto delle perdite, può essere:

− portata ad incremento dell’importo deducibile per i periodi d’imposta successivi;

− trasformata in credito d’imposta IRAP.

Impresa familiare Azienda coniugale

L’ACE eccedente il reddito d’impresa è imputata all’imprenditore e ai collaboratori familiari (o al coniuge dell’azienda coniugale) in proporzione alle quote di ripartizione del reddito.

BASE ACE

Variazione capitale proprio +

incremento patrimonio netto 2015 - 2010

Patrimonio netto

Minore tra e

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Sas / snc

L’ACE eccedente il reddito d’impresa è attribuita a ciascun socio proporzionalmente alla relativa quota di partecipazione agli utili ovvero è trasformata in credito d’imposta IRAP utilizzabile dalla società.

La quota attribuita al socio concorre a formare la relativa ACE, è ammessa in deduzione dal relativo reddito d’impresa ovvero è trasformata in credito d’imposta IRAP utilizzabile dallo stesso.

Si rammenta che per la determinazione dell’IRPEF nonché delle detrazioni spettanti ex artt. 12, 13, 15 e 16, TUIR, l’ACE concorre alla formazione del reddito complessivo della persona fisica / socio di società di persone.

ENTRATA IN VIGORE DELLE NUOVE DISPOSIZIONI

Come sopra accennato, il DM 3.8.2017 è stato pubblicato sulla G.U. in data 11.8.2017. Considerato che il Decreto non prevede una specifica decorrenza, lo stesso è entrato in vigore il 26.8.2017 (15°

giorno dalla pubblicazione sulla G.U.).

Da tale data, come previsto dall’art. 13, è abrogato il DM 14.3.2012, contenente le “vecchie”

disposizioni attuative.

CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA

Al fine di evitare di penalizzare i comportamenti non coerenti con le nuove previsioni, il Legislatore ha previsto una clausola di salvaguardia la cui applicabilità è collegata all’entrata in vigore del Decreto in esame (26.8.2017).

La clausola di salvaguardia, contenuta nell’art. 12, DM 3.8.2017, prevede che:

1. “Con riferimento ai periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte sui redditi sono scaduti anteriormente alla medesima data, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della variazione del capitale proprio, relativa ai medesimi periodi d'imposta, derivante dall'applicazione delle disposizioni emanate in attuazione dell’art. 13-bis ... anche se non coerenti con le stesse.

2. Con riferimento ai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010 e fino a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della variazione del capitale proprio, relativa ai medesimi periodi d’imposta, derivanti dall’applicazione delle disposizioni diverse da quelle emanate in attuazione dell’art.

13-bis del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 convertito … dall’art. 1, comma 1, legge 27 febbraio 2017, n. 19, anche se non coerenti con le stesse”.

Secondo la Relazione illustrativa, “per meglio comprendere la portata di tali norme”, è opportuno considerare che gli interventi operati dal Decreto in esame possono essere così classificati:

a) revisione delle disposizioni ACE per gestire gli effetti delle nuove previsioni in materia di bilancio;

b) aggiornamento delle disposizioni per le persone fisiche / società di persone a seguito delle novità introdotte con la Finanziaria 2017 e con il DL n. 50/2017;

c) necessità di chiarire aspetti incerti della disciplina ACE;

d) rivisitazione delle disposizioni antielusive.

Come evidenziato nella stessa Relazione:

• con la prima clausola di salvaguardia (comma 1) il Legislatore fa salvi i comportamenti adottati dai soggetti IAS adopter in modo non coerente con le disposizioni del Decreto contenute nell’art.

5, commi 4 (azioni proprie), 5 (finanziamenti infragruppo), 7 (rilevazioni operate in sede di prima applicazione dei Principi contabili) e 8 (Valutazione a fair value degli strumenti finanziari derivati), per i periodi d’imposta precedenti a quello di entrata in vigore del Decreto, i cui termini di versamento a saldo delle imposte sui redditi sono scaduti anteriormente al 26.8.2017.

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Di fatto, per tali soggetti le nuove disposizioni non incidono sulla determinazione della base ACE relativa ai periodi d’imposta precedenti alla relativa entrata in vigore. Tuttavia le stesse devono essere considerate per la determinazione degli incrementi del capitale proprio a partire dai periodi d’imposta successivi, “anche in relazione ai fenomeni rilevati nei periodi d’imposta precedenti”;

• la seconda clausola di salvaguardia (comma 2), risulta applicabile alle disposizioni di cui alla suddetta lett. d). In particolare

“Sulla base del comma 2 dell’articolo 12 … con riferimento ai periodi d’imposta di vigenza della disciplina ACE e fino a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto [2017]

sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione della variazione del capitale proprio, relativa ai medesimi periodi d’imposta. Anche in tal caso, quindi, le nuove disposizioni non incidono sulle modalità di determinazione della base ACE relativa ai periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore.”

Da quanto sopra si può desumere che per le disposizioni individuate alle lett. b) e c) non si possa applicare alcuna clausola di salvaguardia.

Si pone quindi la questione dell’operatività delle disposizioni sopra esaminate, ossia se le stesse abbiano effetto già per la determinazione dell’ACE 2016.

Va evidenziato che in merito alla decorrenza delle nuove regole di determinazione dell’ACE per i soggetti IRPEF in dottrina non si rinviene una linea interpretativa uniforme, posto che:

• secondo una parte della stessa è applicabile la clausola di salvaguardia di cui al comma 2, con la conseguenza che le predette novità risulterebbero operative soltanto dal 2018;

• secondo un’altra parte, le nuove previsioni sono applicabili già dal 2016.

L’applicazione dal 2016 sembra essere possibile, in quanto nella predetta Relazione è affermato che

“Tra le disposizioni di cui alla lettera b) si inseriscono quelle dell’articolo 3, comma 3 (gestione delle eccedenze ACE trasformabili in credito d’imposta IRAP), dell’articolo 5, comma 3 (sterilizzazione della base ACE fino a concorrenza dei titoli o valori mobiliari), dell’art. 8 del decreto (per i soggetti IRPEF) la cui decorrenza è stabilita dalle norme di rango primario.”

Alla luce di ciò si ritiene che la decorrenza delle nuove regole di calcolo del rendimento nozionale ACE per i soggetti IRPEF, ivi incluse le disposizioni attuative dell’art. 8, DM 3.8.2017, è fissata, come stabilito dall’art. 1, comma 552, Finanziaria 2017, al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015, ossia dal 2016.

Ciò si riflette sulla necessità di rivedere quanto calcolato in sede di predisposizione del mod.

REDDITI 2017. Si ritiene comunque possibile invocare l’applicazione dei principi dello Statuto del contribuente (in particolare della “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente”

di cui all’art. 10) e quindi la non applicazione delle sanzioni in caso di comportamenti “difformi” alle nuove regole.

Merita sottolineare che alla data attuale l’Agenzia delle Entrate non è ancora intervenuta a commentare le novità sopra esaminate. 

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