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TABLOID. Un a pagina 8. Mai come in queste settimane ci si SPESE MILITARI AL MASSIMO, COOPERAZIONE AL MINIMO: LA SCELTA DI CAMPO DEL GOVERNO DRAGHI

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TABLOID

www.lindipendente.online

DRAGHI CONOSCE L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA?

di Michele Manfrin

D

ovremmo accettare, sostanzial- mente, che difendiamo il pa- ese aggressore, non intervenendo.

Dovremmo lasciare che gli ucraini perdano il loro Paese e che accettino pacificamente la schiavitù? È un ter- reno scivoloso che ci porta a giusti- ficare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito paesi inermi, a cominciare da Hitler e Mussolini».

Queste sono le parole di Mario Draghi in risposta a Vittorio Sgarbi durante la discussione alla Camera sulla de- cisione del governo di inviare armi all’Ucraina. Draghi forse non cono- sce l’articolo 11 della Costituzione e il perché di tale articolo costituzionale.

L’articolo 11 della Costituzione italia- na recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liber- tà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie inter- nazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limita- zioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni interna- zionali rivolte a tale scopo”.

Se non ci attenessimo a tale...

a pagina 5

Primo Piano

27 Marzo 2022

18

EDITORIALE

Il

Governo italiano ha approvato l’aumento della spesa milita- re dall’1,4 al 2% del PIL, in linea con quanto stabilito dagli altri Paesi dell’U- nione europea nel contesto dell’in- vasione russa dell’Ucraina. Tuttavia mentre la spesa militare continua a sa- lire vertiginosamente, non si può dire che valga lo stesso per gli stanziamenti pubblici per lo sviluppo internazionale, i quali hanno toccato il minimo storico dello 0,22%. Nei prossimi anni lo stato italiano spenderà più per la difesa che non per le misure di contrasto alla po- vertà dei cittadini italiani e per gli aiuti ai paesi poveri messi insieme.

Con l’approvazione del Decreto Ucrai- na l’Italia porterà la propria spesa mi- litare dall’1,4% del proprio PIL al 2%,

passando dai 26 miliardi di euro attuali a 38 miliardi di euro circa all’anno. Il decreto è stato votato con 391 voti fa- vorevoli su 421 deputati presenti. La tendenza ad aumentare le spese per la difesa era già evidente ben prima che scoppiasse il conflitto russo-ucraino:

un aumento del 5,4% rispetto al 2021, pari a 1,3 miliardi di euro, era infatti già stato decretato alla fine dello scorso anno, portando le spese militari ai li- velli più alti di sempre.

Tuttavia, parallelamente, i fondi per l’aiuto pubblico allo sviluppo sfiorano i valori più bassi mai registrati. Questi non superano infatti lo 0,22% del red- dito nazionale lordo (Rnl), circa unde- cimo della spesa prevista per...

continua a pagina 2

SCIENZA E SALUTE

ABBIAMO CALCOLATO MALE:

LA SURREALE AMMISSIONE USA SUI NUMERI DEI

BAMBINI MORTI DI COVID

di Raffaele De Luca

Un

errore nell’algoritmo ha por- tato a classificare in maniera...

a pagina 8

AMBIENTE

L’ITALIA PUÒ LIBERARSI DI FONTI FOSSILI E

DIPENDENZA ENERGETICA, BASTA VOLERLO

di Simone Valeri

M

ai come in queste settimane ci si sta rendendo conto...

a pagina 9

SPESE MILITARI AL MASSIMO,

COOPERAZIONE AL MINIMO: LA SCELTA DI CAMPO DEL GOVERNO DRAGHI

di Valeria Casolaro

(2)

INDICE

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Progetto grafico e illustrazioni: Enrico Gramatica Impaginazione: Giaocmo Feltri

Redazione: Valentina Casolaro, Raffaele De Luca, Gloria Ferrari, Walter Ferri, Eugenia Greco, Michele Manfrin, Francesca Naima, Iris Paganessi, Salvatore Toscano, Simone Valeri

Hanno collaborato: Giorgia Audiello, Gian Paolo Caprettini, Salvatore Maria Righi, Giampaolo Usai

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Spese militari al massimo, cooperazione al minimo: la scelta di campo del governo Draghi (pag.1)

Italia: l’esercito chiede al Parlamento di armare i droni (pag.2)

M5S contro l’aumento delle spese militari, Governo a rischio crisi (pag.3)

Obbligo vaccinale ai sanitari: sollevata la questione di costituzionalità (pag.3) Il Comune di Fidenza introduce la patente a punti per le case popolari (pag.5) Draghi conosce l’articolo 11 della Costituzione italiana? (pag.5)

L’Arabia Saudita sta facendo tremare il sistema del petrodollaro (pag.5) Ucraina: Zelensky abolisce la libertà dei media e mette fuorilegge l’opposizione (pag.6) In Spagna la protesta degli autotrasportatori paralizza il settore del commercio (pag.6) Dopo 17 mesi l’Etiopia vede la pace:

i combattenti del Tigrè accettano la tregua (pag.7)

Abbiamo calcolato male: la surreale ammissione USA sui numeri dei bambini morti di Covid (pag.8) Scoperta una proteina in grado di riparare le cellule cerebrali (pag.9) L’Italia può liberarsi di fonti fossili e dipendenza energetica, basta volerlo (pag.9) In Europa le navi scaricano illegalmente inquinanti oltre tremila volte l’anno (pag.10)

Escherichia coli, ammonio e glifosato: le preoccupanti condizioni del Tevere (pag.10) Ciò che era emergenziale diventerà ordinario: Draghi tratteggia il green pass del futuro (pag.11)

Il New York Times e il caso Hunter Biden:

quando i giornali si autocensurano (pag.12) Cibo cotto e cibo crudo: i segreti per ottenere il meglio dalla nostra dieta (pag.13) La condizione umana (pag.15)

continua da pagina 1

la difesa, corrispondente alla cifra esi- gua di 3,67 miliardi di euro.

Gli aiuti pubblici allo sviluppo (Aps) fanno parte della cooperazione allo svi- luppo perseguita con risorse pubbliche:

in pratica si tratta di fondi che vengono stanziati per contribuire a progetti con Paesi a basso tasso di sviluppo. Se si esamina il rapporto tra Aps e Rnl, l’Ita- lia risulta collocarsi al ventesimo posto su 30 Paesi che compongono il comi- tato dell’Ocse che coordina le politiche pubbliche. Il tutto nonostante in sede internazionale l’Italia, insieme ad altri Paesi, si sia impegnata a raggiungere l’obiettivo dello 0,7% di rapporto Aps/

Rnl entro il 2030, ovvero più del triplo delle cifre attuali.

Inoltre, anche il contributo per l’ac- coglienza viene contabilizzato come aiuto pubblico allo sviluppo, rendendo di fatto alcuni Paesi occidentali tra i percettori principali del proprio stesso investimento in cooperazione. Que- sta impasse ha portato numerosi Paesi membri a rivalutare le proprie priorità nell’ambito della crisi ucraina, rivalu- tando in quali contesti di crisi inviare gli aiuti e quali sospendere.

Inoltre, se si effettua poi un paragone con l’erogazione del Reddito di citta- dinanza, inteso come misura di con- trasto alla povertà, si può notare che nel complesso, da marzo 2019 (al qua- le risalgono le prime elargizioni del- la misura) a dicembre 2021 siano stati spesi a questo fine 19,8 miliardi, circa la metà dei 38 miliardi di euro previsti per la spesa militare dopo l’aumento al 2% del valore del PIL. Se al Reddito di Cittadinanza volessimo aggiungere an- che l’intera somma erogata dal governo per misure di varia natura di sostengo a famiglie, imprese e cittadini in difficol- tà per la crisi scaturita dalla pandemia da Covid-19 arriveremmo a 27 miliar- di. Insomma, l’Italia nei prossimi anni destinerà più soldi al comparto militare che non al contrasto della povertà dei propri cittadini, alla crisi delle imprese e al sostegno allo sviluppo dei paesi po- veri messi insieme.

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ATTUALITÀ

ITALIA: L’ESERCITO CHIEDE AL PARLAMENTO DI ARMARE I DRONI

Di Salvatore Toscano

L

’esercito ha chiesto al Parlamento italiano l’autorizzazione ad arma- re i droni in dotazione, il che vorrebbe dire trasformarli da strumenti di osser- vazione e ricognizione a vere e proprie armi, dotate di potenza di fuoco. Secon- do un’indiscrezione riportata da Il fat- to quotidiano, la richiesta sarebbe stata avanzata in via informale dal Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, il ge- nerale Luca Goretti, che sin da subito si è mostrato favorevole ad aumentare la spesa per la Difesa fino al 2% del PIL, passando dall’attuale 1,4%. In questo modo, infatti, «si potrebbe inverti- re una tendenza che negli ultimi venti anni ha visto la riduzione drastica del numero di velivoli in dotazione, facen- do avviare l’Italia verso una condizione di svantaggio numerico rispetto ad altri Paesi», ha affermato il generale Goretti.

Per il momento i droni dell’Aeronautica di classe MALE, in grado di volare fino a 15km di altezza con un’autonomia di circa 2000km, sono disarmati. Sul punto si è espresso lo stesso generale Goretti durante un intervento alle com- missioni di Camera e Senato: «Vorrei stimolare una nuova riflessione anche in tema di velivoli a pilotaggio remoto, circa l’opportunità di riavviare il pro- cesso autorizzativo volto ad armarli, per dotarli finalmente di una compo- nente d’ingaggio al suolo. Questi, qua- lora l’autorità politica e il Parlamento ne autorizzino successivamente l’uso, potranno essere impiegati con l’obiet- tivo di ridurre il rischio di perdite di vite umane», nonostante i fatti dicano che i droni armati siano coinvolti nel-

la morte di diversi civili, come nel caso denunciato da Amnesty International della Somalia, dove negli ultimi anni vari attacchi statunitensi effettuati con velivoli a pilotaggio remoto hanno cau- sato decine di vittime fra la popolazione civile.

L’idea di armare i propri droni ha ra- dici profonde, che vanno oltre l’attuale contesto geopolitico dovuto al conflit- to fra Ucraina e Russia. Già sul finire dello scorso anno, infatti, il Documento programmatico pluriennale della Di- fesa per il triennio 2021-2023 annun- ciava un aggiornamento riguardante i MALE Reaper capace di introdurre “una nuova opzione di protezione sia diret- ta alle forze sul terreno sia a vantaggio di dispositivi aerei durante operazioni ad elevata intensità/valenza”, lascian- do intendere di voler seguire la stra- da tracciata da altri Paesi, tra cui Stati Uniti, Cina e Turchia, circa l’adozione dei droni armati. Nello stesso periodo si inserisce la richiesta avanzata al Parla- mento dallo Stato maggiore, l’insieme degli ufficiali collocati al vertice degli organismi militari più complessi, di poter acquistare gli Hero-30 israeliani, cioè piccoli velivoli a pilotaggio remoto, armati con una testata esplosiva, dun- que kamikaze.

M5S CONTRO L’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI, GOVERNO A RISCHIO CRISI

Di Salvatore Toscano

G

iuseppe Conte ha affermato ai mi- crofoni de La Stampa che il Mo- vimento 5 Stelle «non potrebbe asse- condare un voto che individuasse come prioritario l’incremento delle spese mi- litari a carico del nostro bilancio nazio- nale. In questo caso il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro».

Una posizione del genere potrebbe ge- nerare una spaccatura nella maggio- ranza e portare a una crisi di governo.

Sulla questione, Conte ha aggiunto che

«ognuno farà le sue scelte», scate- nando l’immediata reazione dei partiti di maggioranza, tra cui il Pd che attra- verso le parole del leader Enrico Letta ha rassicurato circa una soluzione fu- tura. La decisione di Giuseppe Conte

arriva a pochi giorni dall’approvazione da parte della Camera di un ordine del giorno (O.d.G.) che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il 2% del Prodotto ln- terno Lordo (PIL). Lo stesso leader del M5S ha citato tale soglia, frutto di un accordo informale (non ratificato dal- le Camere) in ambito NATO, definen- dola un «impegno non cancellabile», nonostante non costituisca un obbligo vincolante per il bilancio dello Stato.

Tuttavia, Conte non è il solo a preoccu- parsi di tale soglia, visto che secondo il Pd “il No all’aumento della spesa mi- litare rischierebbe di trascinare l’Italia fuori dalla NATO” e lo stesso Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha definito le indicazioni come «un obiettivo pro- messo all’Alleanza», ribadendo la vo- lontà di «creare una difesa europea» e quindi di adeguarsi alla soglia del 2%.

In netta contrapposizione a tale dire- zione appare il leader del M5S, che se da un lato non ha rinnegato l’obietti- vo tracciato dall’Alleanza, dall’altro ha affermato che «in un momento come quello attuale di caro-bollette, dopo due anni di pandemia, e con la reces- sione che si farà sentire sulla pelle di famiglie e imprese, non si capisce per quale motivo le priorità debbano essere le spese militari».

OBBLIGO VACCINALE AI SANITARI: SOLLEVATA LA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITÀ

di Raffaele De Luca

Il

Consiglio di giustizia amministra- tiva (Cga) per la Regione siciliana ha sollevato davanti alla Consulta la questione di legittimità costituziona- le relativa alla disciplina che impone l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid per il personale sanitario. Il massimo organo della giustizia ammi- nistrativa operante in Sicilia, infatti, tramite un’ordinanza pubblicata nella giornata di ieri ha ritenuto che il decre- to-legge con cui l’obbligo è stato intro- dotto potrebbe essere in contrasto con diversi articoli della Costituzione. Nello specifico, all’interno dell’ordinanza si legge che il Cga ha ritenuto “rilevan- te e non manifestamente infondata la

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questione di legittimità costituziona- le dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n.

44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vacci- nale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costi- tuzione”.

Spiegando poi, nel dettaglio, quali sa- rebbero i profili di incostituzionalità, il Cga ha posto la lente di ingrandimento sul “numero di eventi avversi”, sulla

“inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva”, sul “mancato coin- volgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale” e sulla “mancan- za nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di posi- tività/negatività al Covid”. Tali aspetti, infatti, non consentirebbero di “ritene- re soddisfatta, allo stadio attuale di svi- luppo dei vaccini anti Covid e delle evi- denze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non inci- da negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e pertanto tollerabili”. Non vi sarebbe prova, dunque, della esclusiva presenza di rischi che rientrino in un normale margine di tollerabilità.

Proprio riguardo quest’ultimo pun- to, non ci si può non soffermare sulla spiegazione data dal Cga, il quale sot- tolinea che nel novero dell’elencazio- ne degli effetti collaterali “rientrano evidentemente anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’in- validità o, nei casi più sfortunati, il de- cesso”. Certo, come precisato dall’or- gano amministrativo “le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente se- gnalati”, ma ciò non toglie che “il cri- terio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario ob- bligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’impo-

sizione di obbligo vaccinale median- te preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità”. Ciò dun- que non sembrerebbe “lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla po- polazione vaccinata”, anche perché, tra l’altro, seguire tale criterio “impliche- rebbe delicati profili etici (ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili”)”.

Oltre a tutto questo, poi, il Cga ha dichia- rato “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale anche “dell’art.1 della l.

217/2019 nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizio- ne del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori” e, sempre relativamente al decreto-leg- ge sull’obbligo vaccinale per i sanitari, dell’articolo 4 dello stesso “nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscri- zione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione”.

Volendo infine contestualizzare tale provvedimento, bisogna ricordare che l’ordinanza ha fatto seguito alla valuta- zione da parte del Cga dell’appello pro- posto da un tirocinante, iscritto al terzo anno del corso di Laurea infermieristica presso l’Università di Palermo, contro quest’ultima, in quanto non ammes- so – tramite un provvedimento datato 27 aprile 2021 – ad un corso formati- vo all’interno delle strutture sanitarie perché non vaccinato. Nello specifico, l’appellante ha impugnato l’ordinanza del Tar della Sicilia che aveva respinto la domanda cautelare nel ricorso pro- posto contro tale provvedimento. In Si- cilia, infatti, in primo grado vi è il Tar, le cui decisioni possono essere appella- te davanti al Cga, che svolge nell’isola le funzioni proprie del Consiglio di Sta- to e che, come anticipato, è il massimo organo della giustizia amministrativa operante in Sicilia. Quest’ultimo, dun- que, ha deciso di sollevare la questione di legittimità, con la Corte Costituzio- nale che adesso, stando alla sua con- solidata giurisprudenza, potrebbe avere qualche difficoltà a decidere nel senso della legittimità dell’obbligo vaccinale.

IL COMUNE DI FIDENZA INTRODUCE LA PATENTE A PUNTI PER LE CASE POPOLARI

Di Salvatore Toscano

Il

consiglio comunale di Fidenza ha deliberato lo scorso 17 febbraio il nuovo regolamento unico comunale in materia di edilizia residenziale pubbli- ca (E.R.P.). Il documento introduce, ai sensi dell’articolo 8, Titolo III, Parte II dello stesso, un sistema a punti per chi abita nelle case popolari che, ricordan- do il sistema dei crediti sociali cinesi, attribuisce a ogni nucleo familiare la

“Carta dell’assegnatario”, riportante un punteggio iniziale di 50 punti. At- traverso il comportamento dei residenti il credito potrà lievitare o diminuire: nel caso in cui si esaurissero tutti i punti a disposizione, gli assegnatari sarebbero costretti a lasciare l’alloggio.

All’interno del documento vengono ri- portate le tabelle “dei divieti e degli ob- blighi legati all’alloggio e agli spazi ac- cessori”, entrati in vigore dal 19 marzo scorso. Tra i divieti, figurano “l’utilizzo di barbecue e griglie sul balcone” (pena la perdita di 10 punti) o l’ospitare “per- sone estranee al nucleo senza la pre- ventiva autorizzazione del Comune e/o dell’Ente gestore”, comportamento che si tradurrebbe in una multa di 50 euro e nella decurtazione di 25 punti dalla

“Carta dell’assegnatario”. Per quan- to riguarda, invece, gli spazi comuni è vietato consumare alcolici o “distribui- re cibo alle popolazioni libere di colom- bi e volatili in genere”, pena la perdita di 10 punti. Nel caso di segnalazioni e quindi di possibili “comportamenti il- leciti”, il nuovo regolamento approvato dal Comune di Fidenza prevede l’inter- vento di un “agente accertatore” for- mato da ACER, la società che gestisce gli alloggi popolari in Emilia-Romagna.

Al funzionario è assegnata la facoltà di ispezionare gli alloggi e sanzionare i nuclei familiari.

Secondo il comma V del sopracitato ar- ticolo 8, “agli assegnatari che, per un periodo consecutivo di tre anni, non incorrono in sanzioni è attribuito au- tomaticamente un incremento di punti

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5, fino al raggiungimento del punteggio massimo di punti 65”, ricalcando dun- que il modello della patente di guida.

All’interno del nuovo regolamento ven- gono poi citati altri due modi per otte- nere un punto da aggiungere al proprio credito: “sistemando un danno provo- cato” o partecipando alle iniziative per

“imparare a vivere bene insieme”. La misura, che ha già provocato diversi malumori nella popolazione locale, se- gue la strada tracciata da altre ammi- nistrazioni italiane, come nel caso dei cinque Comuni del Parmense (Felino, Sala Baganza, Collecchio, Traversetolo e Montechiarugolo) che nel 2019 escogi- tarono il sistema degli alloggi popolari a punti “per incentivare gli inquilini a comportarsi bene”, attraverso però rigide regole che minano la discrezio- nalità degli individui, obbligandoli a optare per determinate scelte compor- tamentali, pena la perdita dell’alloggio.

EDITORIALE

DRAGHI CONOSCE L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA?

di Michele Manfrin

D

ovremmo accettare, sostanzialmen- te, che difendiamo il paese aggresso- re, non intervenendo. Dovremmo lascia- re che gli ucraini perdano il loro Paese e che accettino pacificamente la schiavitù?

È un terreno scivoloso che ci porta a giu- stificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito paesi inermi, a co- minciare da Hitler e Mussolini.

Queste sono le parole di Mario Draghi in risposta a Vittorio Sgarbi durante la discussione alla Camera sulla decisione del governo di inviare armi all’Ucraina.

Draghi forse non conosce l’articolo 11 della Costituzione e il perché di tale ar- ticolo costituzionale.

L’articolo 11 della Costituzione italiana recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli al- tri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; con- sente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assi- curi la pace e la giustizia fra le Nazioni;

promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Se non ci attenessimo a tale articolo e se Draghi avesse ragione e dessimo se- guito a quanto esposto dal presidente del Consiglio, l’Italia dovrebbe conti- nuamente entrare in guerra nei vari conflitti che scoppiano nel mondo, al di là di tutti i discorsi sulla pace e la di- plomazia. Ad esempio, avremmo dovu- to entrare in guerra al fianco del povero Yemen, aggredito dai paesi del Golfo capitanati dall’Arabia Saudita. In que- sto specifico caso, quindi, avremmo do- vuto sostenere militarmente lo Yemen contro l’aggressore saudita che, invece, nonostante sia un regime autoritario, abbiamo armato e da cui acquistiamo senza problemi il petrolio.

Questo semplice esempio, che vale per tutti gli altri, dimostra l’ipocrisia del non detto, ovvero che dietro ai conflitti e allo schierarsi in essi ci sono interessi, c’è la realpolitik, non l’etica e la mora- le. Per questo e mille altri motivi l’arti- colo 11 della Costituzione va preservato e attuato, rifiutando la guerra (e il suo incitamento) come mezzo di risoluzio- ne delle controversie internazionali.

ESTERI E GEOPOLITICA

L’ARABIA SAUDITA STA FACENDO TREMARE IL SISTEMA DEL PETRODOLLARO

di Giorgia Audiello

L

’Arabia Saudita è in trattative avan- zate con la Cina per la vendita di alcuni quantitativi di petrolio in yuan cinesi invece che in dollari USA, come riferito recentemente dal Wall Street Journal. Si tratta di un’iniziativa che – qualora si concretizzasse – potrebbe comportare lo sgretolamento del siste- ma del petrodollaro su cui si basa da più di mezzo secolo il sistema finanziario internazionale e il mercato delle ma- terie prime, in seguito ad un accordo stipulato tra l’amministrazione Nixon e il Regno saudita nel 1973. Ciò avrebbe serie ripercussioni sull’impianto eco- nomico globale e su Washington che, in questo modo, perderebbe gran parte della sua centralità e del suo dominio con una progressiva de-dollarizzazio- ne dell’economia mondiale. La Cina, infatti, è il più grande importatore di greggio al mondo, mentre l’Arabia Sau- dita è uno dei principali Paesi esporta- tori: secondo i dati dall’Amministrazio- ne generale delle dogane della Cina, nel 2021 l’Arabia Saudita è stata il primo fornitore di greggio del colosso asiatico con una vendita di 1,76 milioni di ba- rili al giorno, seguita dalla Russia con 1,6 milioni di barili al giorno. Se questi scambi dovessero avvenire in yuan, l’e- gemonia del dollaro come valuta di ri- ferimento internazionale subirebbe un duro colpo: del resto, già la Russia – a causa delle sanzioni Occidentali – sta usando la moneta cinese come valuta di riserva per i suoi scambi commerciali con l’India.

La decisione dell’Arabia Saudita di fare

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a meno del dollaro negli scambi inter- nazionali dipende dal deterioramento dei rapporti con il suo storico alleato – gli USA – sotto l’amministrazione Bi- den, da imputarsi a diverse circostan- ze di natura diplomatica e geopolitica:

innanzitutto, i sauditi non tollerano l’idea di un possibile accordo con l’I- ran sul nucleare e, in secondo luogo, lamentano la mancata difesa militare da parte di Washington contro gli at- tacchi dei ribelli Houthi yemeniti. Ol- tre a ciò, i rapporti sono peggiorati da quando, nel 2020, Biden ha insultato il Regno saudita, definendolo uno “Stato paria”, per via dell’uccisione del gior- nalista Jamal Khashoggi, ostile alla Casa reale. Secondo l’intelligence USA l’uccisione sarebbe stata ordinata dal principe Mohammed bin Salman: per questo, lo stesso principe si rifiuta da giorni di rispondere al telefono al Pre- sidente americano, il quale sollecita un aumento della produzione di petrolio.

Al contrario, L’Arabia Saudita intende incrementare le sue relazioni col Dra- gone nella speranza di convincere Pe- chino a ridurre il suo sostegno all’Iran sciita, nemico dei sauditi.

Ma la volontà di rafforzare i legami eco- nomici e geopolitici con la Cina, adot- tando lo yuan come valuta di scambio, è anche da ricondurre al sistema di sanzioni messo in atto da Washington contro Mosca: Riyad, infatti – come del resto anche Pechino – vuole smarcarsi dall’orbita finanziaria statunitense per evitare che in futuro possa andare in- contro allo stesso tipo di sanzioni, ma anche per allinearsi al nuovo polo eco- nomico emergente orientale: proprio il triangolo Russia-Cina-India segna del resto uno spostamento dell’asse dell’e- conomia globale verso l’Asia a cui ha contribuito in modo determinante la crisi ucraina. Infatti, non solo molti Paesi asiatici – tra i quali proprio In- dia e Cina – si sono astenuti sulla ri- soluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina approvata dall’ONU, ma hanno anche resistito alle pressioni che Washington ha esercitato per fare applicare le sanzioni a Mosca. Come ha riportato un funzionario del governo indiano, ad esempio, l’India è inten- zionata ad aumentare le importazioni di gas russo a prezzi scontati pagando-

lo in rupie e vanificando così gli sfor- zi statunitensi di compattare il mondo contro il Cremlino. Al contrario, ciò che si sta verificando è una “de-occidenta- lizzazione” dell’economia globale che, evidentemente, l’Arabia Saudita non ha mancato di cogliere e di sfruttare, spinta anche dai suoi risentimenti ver- so l’amministrazione Biden.

Dal canto loro, gli Stati Uniti – per tra- mite di un alto funzionario – hanno definito l’idea dei sauditi di vendere petrolio alla Cina in yuan “altamen- te volatile e aggressiva” e “non molto probabile”. È necessario sottolineare, infatti, che non è la prima volta che l’Arabia Saudita “minaccia” i suoi al- leati “storici” di abbandonare il dolla- ro e che il passaggio da una valuta di riferimento all’altra richiederebbe co- munque tempi lunghi, in quanto, ad oggi, i due terzi delle riserve di liqui- dità globali sono denominate in dollari.

Allo stesso tempo però va rilevato come l’inizio della fine del sistema del petro- dollaro sia inevitabile – proprio a cau- sa dell’utilizzo strumentale del dollaro come “arma finanziaria” – così come l’emergere di un nuovo centro econo- mico alternativo a quello occidentale, ricchissimo di materie prime, metalli preziosi, minerali e terre rare, rappre- sentato dall’Eurasia e da buona par- te dei Paesi arabi. In questo contesto, la posizione dell’Arabia Saudita – ma anche dell’India – può segnare un’ac- celerazione determinante verso nuovi equilibri commerciali e geopolitici in- ternazionali che presuppongono il ridi- mensionamento della valuta americana all’interno del sistema economico glo- bale e, di conseguenza, anche del domi- nio unipolare occidentale.

UCRAINA: ZELENSKY ABOLISCE LA LIBERTÀ DEI MEDIA E METTE FUORILEGGE L’OPPOSIZIONE

di Salvatore Toscano

O

ltre che con le armi, il conflitto tra Ucraina e Russia continua a essere combattuto da ambo le parti a colpi di censura. Dopo la decisione dell’Unione europea di interrompere l’informazione fornita da RT e Sputnik, media accusati

di fare propaganda per conto del Crem- lino, e la nuova legge varata in Russia contro le fake news legate alla guerra, sembra sia arrivato anche il turno di Volodymir Zelensky. Ieri sera il pre- sidente ucraino ha, infatti, firmato un nuovo decreto con cui ha accorpato tutti i canali tv ucraini per creare “un’unica piattaforma informativa” per “una co- municazione strategica”. Nella stessa misura è prevista la limitazione delle attività condotte da 11 partiti politici ucraini d’opposizione, alcuni dei quali accusati di avere legami diretti con Mo- sca. Il decreto avrà validità fino a quan- do resterà in vigore la legge marziale, rinnovata fino al 25 aprile.

Sulla prima disposizione è intervenuto Mykhailo Podolyak, consigliere di Ze- lensky, che a Bruxelles ha assicurato:

«Le reti verranno unificate, ma non chiuse». Ciò non toglie che in Ucraina andrà in onda giorno e notte un con- tenuto singolo, che consisterà «prin- cipalmente in programmi informativi e analitici». Per quanto riguarda, in- vece, la seconda misura, il Consiglio nazionale della difesa si è appellato alla “tutela della sicurezza” del Paese e ha deciso così di sospendere l’attività di 11 partiti d’opposizione. Tra questi, emerge “Piattaforma d’opposizione – per la vita”, organizzazione partitica che occupa 44 seggi (su 450) alla Rada, il Parlamento ucraino. Silenziare par- te dell’opposizione di Kiev è «un altro errore che dividerà il Paese», ha com- mentato Vyacheslav Volodin, presiden- te della Duma di Stato russa.

IN SPAGNA LA PROTESTA DEGLI AUTOTRASPORTATORI PARALIZZA IL SETTORE DEL COMMERCIO

di Valeria Casolaro

E

ntra oggi nel suo nono giorno la protesta degli autotrasportatori spa- gnoli che si è diffusa a macchia d’olio in tutta la Spagna paralizzando il set- tore alimentare e comportando perdite stimate intorno ai 600 milioni di euro.

A partire da lunedì 14 marzo gli auto- trasportatori hanno infatti cominciato a bloccare le strade in varie province spagnole, principalmente per protestare

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contro il caro prezzi del carburante, che ha subito un’impennata con lo scoppio della guerra in Ucraina. Nella giornata di ieri, lunedì 21 marzo, anche le asso- ciazioni che inizialmente avevano preso le distanze dalle proteste hanno lanciato un ultimatum al governo: o soddisferà le rivendicazioni dei trasportatori o pren- deranno anche loro parte agli scioperi.

Da più di una settimana gli autotraspor- tatori spagnoli paralizzano alcune città e bloccano la distribuzione delle merci. Tra le proprie rivendicazioni, la principale riguarda la proibizione dell’appalto dei servizi di trasporto su strada con stime al di sotto dei costi operativi. In segui- to all’aumento del costo del carburante, schizzato alle stelle in seguito all’inva- sione russa dell’Ucraina, i trasportatori stanno infatti subendo ingenti perdite.

Ciò a cui mirano è il raggiungimento un accordo come quello siglato dall’ese- cutivo francese, che prevede sussidi ai trasportatori per i prossimi 4 mesi nella misura di 15 centesimi al litro per ogni rifornimento. La misura, secondo quan- to richiesto, dovrà avere carattere retro- attivo e prevedere sanzioni per il man- cato pagamento di queste settimane. Tra le altre misure richieste vi sono anche il divieto di carico e scarico da parte dei camionisti e 400 milioni di euro di aiu- ti pubblici da distribuirsi tra gli addetti ai lavori in misura differente a secon- da della grandezza del mezzo, dai 300 euro ai conduttori di furgoncini ai 1300 euro per coloro alla guida di camion per il trasporto di carichi pesanti.

Inizialmente agli scioperi e ai picchetti aveva aderito solamente la Piattafor- ma spagnola per la difesa del settore del trasporto merci su strada, mentre le maggiori associazioni del settore, rap- presentate dal Comitato Nazionale del Trasporto su Strada (CNTC), ne avevano preso le distanze. Questo perché dopo gli scioperi di Natale la CNTC aveva già negoziato alcune misure con il governo:

tra queste, attive dal 17 marzo scorso, vi erano il divieto di carico e scarico da par- te degli autisti e l’obbligo di aggiornare le tariffe del trasporto in base alle varia- zioni del prezzo del carburante. Tutta- via le compensazioni non tengono conto dell’ingente aumento dei prezzi dovuto allo scoppio della guerra tra Ucraina e

Russia. Per tale motivo nella giornata di ieri CNTC ha voluto sollecitare azioni concrete da parte del governo lanciando un ultimatum: se gli aiuti diretti per far fronte all’aumento del costo del carbu- rante non arriveranno entro breve anche gli associati di CNTC potranno aggiun- gersi alle proteste.

Per tale motivo, e in seguito all’infrut- tuoso incontro tenutosi la scorsa set- timana con la ministra dei Trasporti, nella giornata di ieri lunedì 21 marzo le associazioni hanno incontrato la vi- cepresidente e ministro dell’Economia, Nadia Calviño, e la ministra delle Fi- nanze, María Jesús Montero, per dare il via a una nuova sessione di negoziati. Il Governo si è impegnato a concedere 500 milioni di euro in aiuti diretti per l’ac- quisto di carburante a partire dal primo di aprile, dopo che la misura sarà resa concreta dal Consiglio dei Ministri del 29 marzo, ma senza applicare riduzioni di IVA. La proposta non ha soddisfat- to tutti i gruppi del settore, che l’han- no ritenuta poco concreta, motivo per il quale gli scioperi proseguiranno e vi prenderanno parte anche alcuni gruppi afferenti al CNTC.

Nel frattempo, un comunicato delle as- sociazioni del settore dei consumi stima le perdite legate agli scioperi intorno ai 600 milioni di euro. Nei supermercati alcuni beni di prima necessità, come fa- rina, olio e latte, iniziano a scarseggia- re per l’effetto congiunto degli scioperi e della crisi ucraina. Paralizzata anche la distribuzione di automobili, mentre l’Associazione Nazionale delle Stazioni di servizio Automatiche (Aesae) ha fatto sapere che gli scioperi stanno causan- do la mancanza di carburante in alcune stazioni di rifornimento.

La reazione del governo spagnolo, il quale fatica a mantenere il control- lo sulla situazione, è stata di crimina- lizzare coloro che hanno aderito alle proteste, etichettandoli come violenti dell’estrema destra sostenitori di Putin.

Nei giorni scorsi sono stati mobilitati 24 mila membri delle forze dell’ordine per garantire il funzionamento dei trasporti, ma non si è dimostrata una misura suf- ficiente a porre rimedio alla mancanza di rifornimenti. I negoziati non hanno

avuto per ora esito positivo e le prote- ste minacciano di assumere un carattere ancora più vasto: si vedrà nei prossimi giorni se e in che modo il governo riu- scirà a gestire la crisi.

DOPO 17 MESI L’ETIOPIA VEDE LA PACE: I

COMBATTENTI DEL TIGRÈ ACCETTANO LA TREGUA

di Valeria Casolaro

Il

Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè ha accettato l’appello del governo etiope per una “cessazione delle ostilità” che permetta alle orga- nizzazioni umanitarie di portare gli aiu- ti alla popolazione. La decisione segue l’annuncio, da parte del governo, di una

“tregua umanitaria indefinita”. Dopo 17 mesi di guerra che ha visto opposti il go- verno centrale e i combattenti del Fronte Popolare e ha portato a una gravissima crisi umanitaria per oltre nove milioni di persone, il conflitto sembra ora giunto a un importante punto di svolta. La spe- ranza è infatti, come afferma lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che l’attuale tregua si traduca in una permanente cessazione degli scontri.

Nella mattinata di venerdì 25 marzo i membri del Fronte Popolare di Libera- zione del Tigrè (TPLF) hanno inviato una comunicazione ad AFP nella quale si dichiaravano “impegnati in una ces- sazione delle ostilità con effetto im- mediato”. Solamente un giorno prima il generale Abiy aveva annunciato una

“tregua umanitaria a tempo indeter- minato”, motivata dal fatto che mi- gliaia di individui avevano comincia- to a riversarsi dal Tigrè nelle regioni circostanti per cercare di fuggire dal conflitto. Nell’annunciare la tregua, il presidente Abiy si era detto speranzoso che la mossa potesse aprire “la strada alla risoluzione del conflitto“, invi- tando a tal fine il TPLF a “desistere da ogni atto di ulteriore aggressione” e a

“ritirarsi nelle aree che hanno occupato nelle regioni vicine”. Dal canto loro, i membri del TPLF hanno esortato le au- torità etiopi a concretizzare le proprie promesse e ad accelerare la consegna nel Tigrè degli aiuti umanitari, resa

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impossibile negli ultimi mesi a causa dell’intensità degli scontri in corso.

Il conflitto nel Tigrè è in corso da ormai quasi 17 mesi e vede coinvolte le for- ze governative leali al primo ministro Abiy e il TPLF, gruppo che rappresenta la comunità tigrina presente in Etiopia.

Nel novembre 2020, a poca distanza dalle elezioni governative non autoriz- zate tenutesi nella regione che avevano visto la vittoria schiacciante del TPLF, il primo ministro Abiy Ahmed Ali (già premio Nobel per la Pace nel 2019) ave- va guidato l’esercito in un attacco con- tro la regione nel tentativo di sottomet- tere i ribelli. All’attacco da parte delle truppe governative sono seguiti quelli messi in atto dal TPLF, che ha esteso gli scontri anche alle vicine province di Amhara e Afar. In poco più di un anno, il conflitto ha causato migliaia di morti, 2,5 milioni di rifugiati e portato quasi un milione di persone alla carestia.

Nel gennaio di quest’anno il World Food Programme (WFP) dell’ONU ave- va dovuto fermare le operazioni a cau- sa dell’intensificarsi dei combattimenti nella regione, che avevano bloccato il passaggio di carburante e cibo. Que- sto aveva comportato l’esaurimento di alcune scorte di generi alimentari. In quell’occasione, Michael Dunford, Di- rettore Regionale del WFP per l’Africa orientale, aveva dichiarato la necessi- tà di “garanzie immediate da tutte le parti coinvolte nel conflitto per corridoi umani sicuri, attraverso tutte le strade del nord dell’Etiopia”, poiché la man- canza di cibo e carburante aveva per- messo di raggiungere “solo il 20%”

della popolazione bisognosa, portando la situazione “a un passo dal disastro umanitario”. La stima, secondo l’ONU, è che circa 9,4 milioni di persone ab- biano bisogno di assistenza umanitaria, con un aumento di 2,7 milioni di perso- ne in appena 4 mesi. A contribuire alla crisi vi è la mancanza senza precedenti di finanziamenti al WFP.

Secondo quanto riferito dal suo porta- voce, il segretario generale delle Nazio- ni Unite Antonio Guterres “spera che questa tregua si traduca in effettiva cessazione delle ostilità, rispettata da tutte le parti in questo conflitto”. Sarà

chiaro nelle prossime settimane quali saranno gli sviluppi.

SCIENZA E SALUTE

ABBIAMO CALCOLATO MALE:

LA SURREALE AMMISSIONE USA SUI NUMERI DEI

BAMBINI MORTI DI COVID

di Raffaele De Luca

Un

errore nell’algoritmo ha por- tato a classificare in maniera sbagliata i decessi che non erano cor- relati al Covid-19”, motivo per cui “il 14 marzo scorso i dati sulla mortalità legata al virus sono stati modificati”: è quanto comunicato dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention), ovve- ro l’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti. Quest’ultimo, ha fatto sapere che tale correzione ab- bia “comportato la rimozione di 72.277 decessi precedentemente segnalati in 26 Stati Usa” ed inoltre, tramite alcu- ne dichiarazioni rilasciate all’agenzia di stampa Reuters, ha specificato che tra i decessi rimossi 416 fossero “pe- diatrici“: un dato alquanto rilevante, in quanto in tal modo sarebbe stata ridotta del 24% la stima delle morti nei bam- bini.

I più piccoli, del resto, stando ai dati statunitensi attuali hanno una possibi- lità di morire a causa del virus molto bassa. Infatti, come riportato in questi giorni dalla American Academy of Pe- diatrics – un’associazione professiona- le americana di pediatri che riassume i dati comunicati dagli Stati Usa – il 19% dei casi di Covid registrati negli Stati Uniti dall’inizio della pandemia è stato attribuito ai bambini, tuttavia i più piccoli hanno rappresentato solo lo 0,00% – 0,27% del totale delle persone decedute a causa del coronavirus. Inol- tre, solo lo 0,00% – 0,01% del totale dei

bambini contagiatisi è deceduto.

L’errore ammesso da parte del CDC rappresenta senza dubbio un argomen- to estremamente rilevante arrivando esso dal più grande centro di verifica dei dati sanitari in Occidente, e non è di certo un azzardo affermare che tale sbaglio abbia contribuito in maniera importante alla diffusione di un certo tipo di informazioni da parte dei media mainstream. Sicuramente anche grazie ad esso, infatti, gran parte della stampa aveva potuto affermare che la varian- te Omicron fosse alquanto pericolosa nei bambini spingendo in questo modo a convincere i genitori circa la neces- sità di vaccinarli. Ad esempio, proprio poco prima della correzione da parte del CDC, il New York Post aveva comunica- to che un terzo dei decessi nei bambini degli Stati Uniti fosse “avvenuto du- rante l’ondata Omicron”. Ma non solo, perché andando a ritroso nel tempo ci si rende conto che se i dati del CDC fos- sero stati corretti in partenza, proba- bilmente i media non avrebbero parlato così tanto dei presunti rischi maggio- ri della variante Omicron nei bambini proprio nel periodo in cui, tra l’altro, si discuteva molto della reale necessità di vaccinarli. Una campagna di stampa che anche in Italia coinvolse tutte le te- state principali, con La Repubblica che, ad esempio, il 9 gennaio scorso titolò

“Salgono i ricoveri tra i bambini, Omi- cron li colpisce di più” citando proprio i dati sbagliati del CDC come dimostra- zione.

Ora che il CDC ha fatto sapere di aver riportato i dati in maniera sbagliata, i media mainstream non hanno dedicato nemmeno una riga all’argomento no- nostante fino ad ora avessero ampia- mente parlato della pericolosità della variante Omicron nei più piccoli. Ep- pure si tratterebbe di un errore su cui porre, in maniera critica, la lente di in- grandimento, in quanto appunto pro- veniente direttamente dall’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, quello direttamente prepo- sto ad autorizzare le vaccinazioni e che, anche in base a dati calcolati in modo scorretto, ha improntato politiche pub- bliche che poi sono state seguite anche in Europa.

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SCOPERTA UNA PROTEINA IN GRADO DI RIPARARE LE CELLULE CEREBRALI

di Eugenia Greco

È

stata scoperta una molecola in grado di riparare le cellule cere- brali. Secondo un gruppo di ricercatori australiani è stato raggiunto un tra- guardo scientifico importantissimo, che potrebbe aprire nuove strade nella cura delle lesioni del sistema nervoso, una delle più grandi sfide nella medicina.

Le principali cellule del sistema nervoso sono i neuroni, i quali comunicano tra loro e con i muscoli attraverso una pic- cola porzione sottile e allungata chia- mata assone. L’assone, infatti, funge da cavo elettrico nella trasmissione di segnali e impulsi lungo tutto il siste- ma nervoso per garantirne il funziona- mento. È scontato, dunque, specificare quanto gli assoni siano delicati e che, se lesionati, potrebbero causare seri dan- ni, se non addirittura disabilità perma- nenti. Fortunatamente, però, una le- sione all’assone non è necessariamente sinonimo di traumi irreversibili, in quanto le cellule possiedono la capacità di auto-ripararsi. Un aspetto che si ri- scontra specialmente in alcuni animali i quali, rispetto a noi umani, riescono a riparare i propri neuroni ripristinando le funzioni cerebrali anche dopo lesioni estese.

Per questo motivo, i ricercatori austra- liani hanno condotto la ricerca su un invertebrato, precisamente un verme nematode della specie Caenorhabditis elegans, il quale è noto alla scienza per la sua efficienza nel riparare le cellule nervose tramite un metodo particolare chiamato la fusione dell’assone. Nello specifico, si tratta di un processo che vede la parte dell’assone ancora attac- cata al neurone colpito dal danno, ri- crescere e fondersi con la parte rima- sta recisa, ripristinando così le capacità della cellula, la quale sarà nuovamente in grado di trasmettere i segnali. Gli scienziati, quindi, dopo aver studiato l’invertebrato al microscopio ed essersi serviti di tecniche di genetica e biologia molecolare, hanno scoperto che la pro- teina Adm-4 è la principale responsa-

bile della fusione dell’assone. Più pre- cisamente, gli esperti hanno capito non solo che senza questa specifica proteina la riparazione del neurone non potrebbe avvenire, ma anche che aumentandone l’espressione, i vermi riescono ad au- to-riparare le cellule nervose in manie- ra ancora più efficiente.

Ciò che rende la scoperta sensazionale è che Adm-4 risulta essere simile a una proteina risiedente nei mammiferi, e questo apre la possibilità di poter sfrut- tare un giorno lo stesso processo ne- gli esseri umani. Gli scienziati sperano che, agendo su essa, si arrivi ad avere un maggior controllo sull’auto-ripara- zione delle cellule nervose o a trovare sostanze farmacologiche che attivino questa proteina.

AMBIENTE

L’ITALIA PUÒ LIBERARSI DI FONTI FOSSILI E DIPENDENZA ENERGETICA, BASTA

VOLERLO

di Simone Valeri

M

ai come in queste settimane ci si sta rendendo conto di quanto la dipendenza dalle fonti fossili e dall’e- stero rappresenti un limite tutt’altro che trascurabile. L’Italia, però, può liberarsi dal gas e per farlo dovrebbe puntare la maggior parte degli sforzi nelle energie rinnovabili. Basti pensare che se il Bel Paese avesse portato avan- ti uno sviluppo delle fonti pulite con lo stesso incremento annuale medio re- gistrato nel triennio 2010-2013 (pari a 5.900 MW), oggi avrebbe potuto ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, riducendo le im- portazioni di gas dalla Russia del 70%.

A dirlo, sono i dati elaborati dall’inge- gner Alex Sorokin, membro del comita- to scientifico della Lega Ambiente. Se-

condo la sua visione, inoltre, gli ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili sarebbero tutti ampiamente superabili e l’Italia, svincolandosi dalle fonti fossili, po- trebbe raggiungere presto la sovranità energetica.

Innanzitutto – precisa l’ingegnere – l’intero fabbisogno energetico italia- no richiede circa 350 Gw (gigawatt) di potenza installata. Sole, vento e acqua abbondano nella nostra Penisola e, in particolare, l’idroelettrico, coprendo il 10% del fabbisogno, darebbe stabili- tà alla rete in quanto fonte program- mabile, in assenza di eolico e solare.

Da quest’ultimo deriverebbe, invece, il 45% dell’energia senza che il paesaggio venga necessariamente deturpato. Allo scopo servirebbero pannelli fotovoltai- ci per venti metri quadri di superficie per abitante. Considerando che quel- la cementificata copre oggi circa 350 metri quadri per abitante, basterebbe installarli nelle più che abbondanti su- perfici impermeabilizzate senza nuovo consumo di suolo. Dall’eolico, poi, un altro 40% del fabbisogno grazie a 10 mila turbine, di cui 3 mila offshore.

Biomasse, geotermia e rifiuti soddisfe- rebbero, infine, il restante 5%. Sempli- ficare gli iter burocratici e smetterla di trovare problemi inconsistenti, in de- finitiva, porterebbero quindi l’Italia a un passo dalla transizione e sovranità energetiche. Tanto più alla luce della situazione geopolitica attuale la quale ha messo in evidenza le fragilità del si- stema energetico italiano. «L’esplosio- ne della guerra in Ucraina e l’aumento delle bollette impone di accelerare la transizione energetica del nostro Paese come unica soluzione per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello della Russia». Così le principali asso- ciazioni ambientaliste italiane – Gre- enpeace, Legambiente e Wwf – hanno commentato la situazione energetica attuale. Con l’occasione, hanno quindi avanzato al governo Draghi 10 proposte

«per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero per l’approvvi- gionamento del gas». In primo luogo, suggeriscono che, entro giugno 2022, si aggiorni il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) valu- tando di puntare ad una produzione di energia elettrica totalmente da rinno-

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vabili entro il 2035. Entro aprile 2022 – aggiungono – bisognerebbe poi fissare un tetto ai profitti delle aziende legate al fossile e autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di auto- rizzazione. Questo sviluppo – precisano nella terza proposta – andrà poi ac- compagnato con quello degli accumuli e della rete che deve essere potenziata per poter ricevere e scambiare i flussi ener- getici. Entro giugno 2022, propongono che si attivi il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata e che si incentivi la produzione di biometano da scarti agricoli, fanghi di depurazio- ne e reflui zootecnici, programmando, parallelamente, una riduzione dei capi allevati. Per liberarci dalle fonti fossi- li – scrivono – sarà necessario inoltre escludere, entro aprile 2022, l’autoriz- zazione paesaggistica per il fotovoltai- co integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici e rivedere i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas.

E ancora, anticipare al 2023 l’elimina- zione dell’uso di quest’ultime nei nuovi edifici e istituire, entro giugno 2022, un fondo di garanzia per la costituzio- ne delle comunità energetiche. Infine – concludono – attivare, entro mag- gio 2022, una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.

IN EUROPA LE NAVI

SCARICANO ILLEGALMENTE INQUINANTI OLTRE TREMILA VOLTE L’ANNO

di Simone Valeri

U

na recente inchiesta di Lighthouse Reports ha fatto luce su un pro- blema tanto comune quanto potenzial- mente disastroso: lo scarico in mare, da parte delle navi transitanti nelle acque europee, di reflui oleosi altamente in- quinanti. La ong SkyTruth, sulla base di dati satellitari dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa), ipo- tizza che i casi di sversamenti siano almeno tremila all’anno. I numeri reali però non si conoscono ed è molto pro-

nicano pochi dati sulle proprie attività e lasciano pensare che non sia sempre possibile effettuare una corretta verifi- ca».

I rischi per l’ecosistema marino sono perlopiù sconosciuti ma non per questo trascurabili. Anzi, secondo i ricercato- ri, anche in piccole quantità, le acque con tracce di idrocarburi possono cau- sare seri danni ai microrganismi marini con conseguenti effetti a catena su tutti gli altri esseri viventi. Gli sversamen- ti “di sentina” tendono a non ricevere la stessa attenzione delle grandi fuo- riuscite perché più piccole e meno vi- sibili, ma gli esperti sostengono che la frequenza con cui si verificano sta già avendo un drammatico effetto sulla vita marina. Uno studio del 2016, condotto proprio sugli effetti delle fuoriuscite di petrolio di breve durata, ad esemio, ha confermato “effetti biologici avversi immediati” sugli organismi acquatici, tra cui un calo nel numero di plancton nel mare, microrganismi alla base della catena alimentare.

babile che le valutazioni siano sottosti- mate. Infatti, da un lato, i satelliti non monitorano ogni istante tutte le acque europee e, dall’altro, è verosimile che gli scarichi vengano effettuati di notte proprio per eludere eventuali verifiche.

Ad essere sversate sarebbero le cosid- dette ‘acque di sentina’, una miscela inquinante, che si accumula natural- mente sul fondo delle imbarcazioni, di oli combustibili, lubrificanti, solventi per la pulizia e metalli come piombo e arsenico. Trattare questi reflui oleosi per rimuovere le sostanze inquinanti, o scaricarli in porto, è costoso. Così, al- cune navi optano per sversarle diretta- mente in mare, dove possono costituire una seria minaccia per la vita marina.

In Europa, le fuoriuscite di petrolio e di altre sostanze sono monitorate dall’Emsa attraverso la sua iniziativa CleanSeaNet, lanciata, nel 2007, pro- prio allo scopo di analizzare le imma- gini satellitari per rilevare potenziali scarichi illeciti o incidentali. Nel 2020, l’agenzia ha registrato 7.672 potenziali fuoriuscite ma ha ricevuto un riscontro solo per un terzo di queste, di cui 208 sono state confermate come chiazze di petrolio o suoi derivati. E ancor più basso è il numero di casi effettivamente sanzionati. SkyTruth ha così calcolato quanti sversamenti potrebbero sfuggire al sistema di monitoraggio a causa di lacune nella copertura satellitare e in funzione della velocità con cui le chiaz- ze si dissipano. La conclusione è stata che gli sversamenti effettivi potrebbero essere fino a dieci volte di più rispetto a quelli ufficializzati. Senza contare poi – come ha dichiarato un informatore – la facilità con cui è possibile scaricare queste acque in mare. «Puoi montare una pompa portatile in cinque minuti – ha spiegato – e poi rimuoverla rapida- mente se arriva qualcuno». Tra l’altro, i registri cartacei su cui vanno annota- te le quantità di oli trasferiti a bordo e processati per la corretta consegna nei porti sono facilmente falsificabili. «La possibilità di trovare i colpevoli dipen- de inoltre molto dalle tempistiche – ha aggiunto IrpiMedia che ha collaborato all’indagine – entro tre ore dalla se- gnalazione c’è una maggiore probabili- tà di individuare ancora le sostanze, ma le autorità dei vari stati membri comu-

ESCHERICHIA COLI, AMMONIO E GLIFOSATO:

LE PREOCCUPANTI CONDIZIONI DEL TEVERE

di Raffaele De Luca

E

scherichia coli ed ammonio, nonché tracce di glifosato, sono stati trovati all’interno delle acque del fiume Te- vere, che versa in condizioni preoccu- panti: è quanto emerso da un rapporto basato sulle analisi condotte – con il coordinamento scientifico dell’ecolo- ga fluviale Bruna Gumiero – dall’As- sociazione A Sud insieme a cittadine e cittadini di Roma ed al Coordinamen- to Romano Acqua Pubblica. Il dossier, intitolato “Giù al Tevere: monitoraggio civico ambientale partecipato a Roma”, sottolinea che i valori di ammonio e del noto batterio fecale Escherichia coli si- ano molto elevati, ma che a preoccupa- re sia certamente anche la presenza del glifosato, un erbicida che la Fondazione per la ricerca sul cancro (AIRC) classifi- ca come probabile cancerogeno.

Dal rapporto, frutto di un un anno di lavoro in cui è stato monitorato men-

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TECNOLOGIA E CONTROLLO

CIÒ CHE ERA EMERGENZIALE DIVENTERÀ ORDINARIO:

DRAGHI TRATTEGGIA IL GREEN PASS DEL FUTURO

di Michele Manfrin

M

entre tutti sono stati catapultati sul fronte ucraino, ci sono ma- novre che sulla scia dell’emergenza Covid-19 si stanno compiendo e che andranno ad incidere profondamen- te sull’assetto sociale e antropologi- co del nostro Paese. La “guerra al vi- rus” è mediaticamente sparita mentre si protraggono gli strascichi di misure restrittive che hanno diviso il paese tra chi è cittadino di prima classe e chi di seconda. Il Primo Ministro italiano, già manager Goldman Sachs e banchiere centrale d’Europa, Mario Draghi, du- rante la conferenza stampa in occasione della presentazione del Decreto riaper- ture, ha candidamente espresso quella che sarà la nuova normalità: ciò che era emergenziale diventerà ordinario. Il Ministro dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale, Vittorio Co- lao, già CEO di Vodafone e nel Consiglio di amministrazione di Verizon, Uni- lever e General Atlantic, in audizione alla Commissione Affari costituziona- li della Camera, ha invece prospettato il prossimo futuro digitale italiano. Le due esternazioni prese assieme danno il quadro del futuro imminente che ci aspetta.

Alla conferenza stampa in questione, Mario Draghi, con a fianco il Ministro della Salute Roberto Speranza, rispon- dendo alle domande del giornalista de Il Messaggero, Marco Conti, spiega che la struttura emergenziale sarà tra- mutata in struttura ordinaria. Infatti, cambiata la missione del generale Fi- gliuolo e messo da parte il Comitato

Tecnico Scientifico, l’apparato di sicu- rezza, controllo e gestione adottato du- rante l’emergenza pandemica rimarrà per sempre. In altre parole, una volta smussati gli angoli e gli spigoli (Fi- gliuolo e il CTS) con la fine dello “stato di emergenza” tutto il restò sarà la nuo- va normalità. Il Primo Ministro Draghi risponde: «Uno degli scopi del provve- dimento di oggi è proprio quello di non smantellare tutta la struttura esistente, anche perché noi siamo consapevoli del fatto che un’altra pandemia potrebbe rivelarsi importante anche tra qualche tempo, quindi vogliamo costruire una struttura permanente di preparazione a reagire a questi fenomeni; impegno che abbiamo preso in sede nazionale e internazionale». Poi Draghi aggiunge:

«Gradualmente questa struttura per- de i caratteri di emergenza e acquista quello di ordinarietà». Insomma, seb- bene finisca il tempo emergenziale, gli strumenti dell’emergenza non saranno eliminati ma solamente messi nel cas- setto. Evidentemente, a questo rispon- de il fatto che il Green Pass non venga abolito e cancellato ma solo sospeso, ovvero non più richiesto al momento, data la proroga di validità del medesimo strumento fino ad un totale di 3 anni.

Se alle parole di Draghi uniamo quelle pronunciate dal Ministro Colao, il qua- dro diviene più chiaro. Durante l’audi- zione alla Commissione Affari costitu- zionali della Camera, in cui il Ministro ha esposto i progressi del PNRR per quanto attiene al proprio ministero, Colao ha fatto affermazioni che fanno il paio con quelle pronunciate da Draghi.

La disamina del Ministro è molto lunga e articolata ed espone i quattro pilastri su cui si basa l’azione del suo ministero per quanto concerne lo stato di avan- zamento del PNRR, per cui dispone di circa 20 miliardi di euro. Il primo pi- lastro è la struttura della rete internet e la connessione veloce; in altre parole, stiamo parlando di rete 5G. Il secondo pilastro, quello di cui andremo a par- lare, è quello della digitalizzazione dei servizi pubblici. Gli altri due pilastri che formano l’azione globale del ministero guidato da Colao riguardano le compe- tenze e l’imprenditoria innovativa oltre che quelle spaziali, che entrambe han- no carattere interministeriale.

silmente il fiume in 8 postazioni piaz- zate da Roma nord a Roma sud, è emer- so nello specifico che nel 79,8% dei campioni la concentrazione di Esche- richia coli fosse al di sopra del limite per l’idoneità alla balneazione dei corsi d’acqua dolci. Inoltre, come anticipato, i valori di ammonio sono risultati esse- re “generalmente molto elevati” anche se, si legge nel report, “in considera- zione del fatto che è stato usato un kit da campo di cui non si conosce ancora l’affidabilità si ritiene necessario pro- seguire questo campionamento con uno strumento di maggior precisione prima di fare affermazioni che potrebbero non essere del tutto corrette”. Infine, per quanto riguarda il glifosato, non solo la sua presenza e quella del suo meta- bolita AMPA è stata “rilevata in alcune circostanze”, ma in un caso essi sono stati “trovati in quantità molto rilevan- ti”. “Il 21 giugno 2021 sono stati regi- strati valori molto elevati di glifosato ed AMPA”, si legge infatti nel dossier, nel quale si precisa però altresì che essi do- vranno essere ulteriormente verificati poiché “dopo solo un mese dal campio- namento hanno subito una riduzione di 1 su 1000”.

Ad ogni modo, si tratta comunque di dati che preoccupano in quanto, come sottolineato all’interno del report, se- condo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “l’inquinamento dell’ac- qua è un aspetto ambientale determi- nante per la salute umana, assieme all’inquinamento atmosferico o ai cam- biamenti climatici e, insieme a questi ultimi ed alla perdita di biodiversità, è da considerarsi la terza emergenza pla- netaria”. Proprio a tal proposito, infine, non si può non ricordare che – stando alle ultime evidenze scientifiche emer- se in Italia – nel nostro Paese il pro- blema dell’inquinamento dell’acqua è ampiamente presente. Non solo infatti, come sottolineato da tale rapporto, il fiume Tevere risulta essere inquinato, ma come rilevato da un recente studio anche i fiumi lombardi sono letteral- mente avvelenati a causa della elevata presenza di glifosato, la cui concentra- zione nelle acque in alcuni casi supera di 8 volte il limite previsto dalla legge.

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Il tema che qui riteniamo importante riguarda la digitalizzazione dei servizi pubblici. Lo strumento fondamentale per l’attuazione di questo è l’identità digitale che permetterà di accedere ad ogni servizio pubblico. L’intenzione del ministero, dice Colao, è quella di esten- dere l’identità digitale chiamata SPID anche ai minorenni, per poter usufruire dei servizi scolastici. L’identità digita- le servirà per accedere ad ogni cosa e sarà implementata sempre di più il pa- gamento con valuta elettronica grazie allo strumento chiamato IDpay. Dove tutto questo voglia andare a parare lo capiamo perfettamente dalle paro- le pronunciate dal Ministro Colao: «Il grande tema è l’interoperabilità del- le piattaforme digitali abilitanti che è molto importante per ampliare i servi- zi ma anche per renderne la fruizione semplice attraverso il così detto prin- cipio del One’s only, cioè il principio in cui il cittadino una sola volta deve mettere le proprie informazioni dentro il sistema e poi è lo Stato da solo che lo va a cercare e lo vede». E qui arri- viamo al punto dolente. Colao aggiun- ge: «Questo è molto importante perché ci sono degli esempi recenti di grande benefico che abbiamo avuto da questo:

il Green Pass è un grande esempio di interoperabilità, e che tra l’altro adesso sta facendo venire a mente tante altre possibili applicazioni meno drammati- che e meno di emergenza in cui si po- trebbe creare un sistema che permette in maniera istantanea di conoscere lo

“stato”, il “diritto”, di attivazione o di fruizione di un servizio».

Dunque, il Green Pass, strumento di discriminazione che istituisce cittadini di prima e di seconda classe, che non viene eliminato ma solo messo nel cas- setto, viene considerato come strumen- to innovativo e come guida per il fu- turo sociale e pubblico di questo Paese.

Un’identità digitale a cui tutte le nostre informazioni verranno collegate, quelle sanitarie, fiscali, economiche, giuridi- che etc., permetterà – oppure no – di accedere ai servizi pubblici, dietro pa- gamento elettronico da effettuare con IDpay direttamente collegato all’iden- tità digitale stessa. A questo punto, le possibilità che si tracciano sono molte- plici. Cosa accadrà se un cittadino non

avrà pagato una multa, o se il suo stato vaccinale non sarà ritenuto idoneo, o se in qualche altro modo avrà contravve- nuto la norma? In fondo, come spiega lo stesso Colao, una volta che le informa- zioni ci sono si tratta solo di metterle insieme e, in base a quelle, decidere se il cittadino possa o meno accedere ad un servizio pubblico e/o ad un suo di- ritto. Oltre a questo c’è anche un serio pericolo di sicurezza dei dati e di ri- schio collegato a potenziali malfunzio- namenti o manomissioni del sistema di gestione e controllo che potrebbe- ro negare l’accesso anche a coloro che sarebbero in regola con le disposizioni del momento; per questo motivo sarà infatti istituita l’Agenzia Nazionale di Cybersecurity e l’istituzione del Polo Strategico Nazionale (PSN). Eppure lo stesso Colao conferma che buona par- te dei nostri dati vagheranno nel Cloud commerciale, ovvero quello gestito e controllato dalle aziende private.

Qualcuno chiama tutto questo utopia e progresso, altri distopia e controllo.

Quel che sembra certo è che se la reto- rica che si accompagna a tutto questo rimane Occidentale, il sistema sociale sembra subire una metamorfosi cine- se. L’idea della cittadinanza a punti, del credito sociale, sembra pervadere sempre di più le menti italiane. Piccolo esempio pratico di questa mentalità ci- nese di Draghi & Co., accaduto in questi giorni, arriva dal Comune di Fidenza.

Il piccolo Comune, che si trova nella Provincia di Parma, con l’adozione del sistema a punti per chi abita nelle case popolari sembra essere entrato nella provincia di Shanghai.

INSIDE MEDIA

IL NEW YORK TIMES E IL CASO HUNTER BIDEN:

QUANDO I GIORNALI SI AUTOCENSURANO

di Salvatore Maria Righi

N

el disco rigido di un laptop abban- donato tra gli scaffali di un centro assistenza del Delaware c’era, forse, la notizia che avrebbe potuto cambia- re le elezioni americane del 2020 e la corsa alla Casa Bianca. Se gli americani e, in particolare, gli elettori di Joe Bi- den avessero conosciuto il contenuto delle email conservate in quella me- moria, avrebbero potuto cambiare idea sul proprio voto e quindi sul risultato elettorale che ha detronizzato Donald Trump. Questo, almeno, è quello che si evince dal pezzo che il New York Times ha pubblicato nei giorni scorsi, con 17 mesi di ritardo sulla vicenda. Un col- pevole e ingiustificato ritardo, per una testata del prestigio e dell’influenza del NYT, che lascia appunto molti dubbi e perplessità sul modus operandi della blasonata redazione americana: l’8%

degli elettori dem, secondo un sondag- gio, ha dichiarato che non avrebbe vo- tato Biden, se avesse avuto queste noti- zie per tempo.

Ma cosa ha tenuto nei cassetti il NYT tutto questo tempo, tanto da rafforzare una volta di più le critiche per essersi schierato a suo tempo a favore di Bi- den nella competizione contro Tru- mp? Una serie di email che riguardano Hunter Biden e più in generale tutta la famiglia. Messaggi di posta elettronica saltati fuori nell’ambito di un’inchiesta della procura federale che ha per ogget- to il figlio del presidente e i suoi affari con soci e società stranieri. L’impren- ditore Hunter Biden, chiacchieratissimo in questi giorni anche per le vicende

Linee con spessore

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