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LA COMUNITÀ SCIENTIFICA PARLA DI SÉ: DALLA VISIONE COMMERCIALE ALL’OPEN ACCESS

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Academic year: 2021

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Se pensiamo al processo di ricerca, a come si è sviluppato nel corso dei secoli e a come si sta evolvendo oggi, non è poi così difficile immaginare scenari completamente diversi dall’attuale modello di comunicazione scientifica. È da prima degli anni novanta che si discute, in letteratura, sull’impatto che la cosiddetta e-scienza o cyber-scienza può avere sui tradizionali processi di ricerca.

Già nel 1999, Michael Gibbons [1] esplicitava la necessità di un nuovo contratto sociale tra ricerca e società, in quanto la premessa che sta alla base della loro relazione è la generazione di incentivi per entrambe le parti. In altre parole i risultati prodotti dalla ricerca che concorrono alla trasformazione sociale devono caratterizzarsi da mutue interazioni entro un modello di conoscenza scientifica “socialmente robusta”. Ma ancora nel 1957 il sociologo Robert Merton [2] parlava di scienza come istituzione sociale, intuendo che la verità nella scienza non nasce in modo astratto, ma è un risultato accertabile in modo razionale tramite osservazioni e sperimenta-zioni e quindi trova le sue radici all’interno della cultura più vasta in cui la scienza stessa si inserisce [3]. È il con-cetto di ambiente sociale inteso come mondo esterno ai ricercatori, un ambiente dinamico e in movimento che può includere soggetti esterni di altre istituzioni, apparati governativi e settori industriali.

È nell’integrazione con l’ambiente sociale che la ricerca diviene imprenditoriale, laddove è la ricerca stessa che indirizza e trasforma l’ambiente tramite la creazione della domanda di prodotti scientifici a uso sociale, piut-tosto che limitarsi alla mera erogazione di prodotti creati per sopperire di volta in volta alla domanda dell’am-biente. Riflettere sul posizionamento strategico di chi fa ricerca, definire il segmento di mercato e identificarne il valore della catena, equivale a identificare i guadagni, i costi strutturali e i potenziali profitti, in un processo in cui la priorità intellettuale sta al centro. Il valore propositivo nel modello economico di editoria scientifica risiede nel condividere l’informazione scientifica, come parte integrante della ricerca: essa non è il risultato finale, ma un prodotto intermedio accettato – tramite il processo di pubblicazione e le sue regole – dalla comunità scientifica. Senza questa premessa, già formulata da Karl Popper nel 1963 [4], l’editoria scientifica non può posizionarsi nella catena di valore di un lineare processo di comunicazione scientifica. Sempre Merton, nel 1973 [3], parlava di conoscenza scientifica come proprietà comune che, per esistere, deve essere condivisa, proprio perché la condivisione dell’informazione fa parte dell’ethos scientifico del ricercatore in accordo con il concetto di univer-salità della scienza. Per questa ragione il modello tradizionale su cui si fonda l’editoria scientifica, basato su forme di abbonamento, non solo è obsoleto, in quanto nato per la stampa e poco adatto per il digitale, ma Una visione d’insieme dell’evoluzione che l’editoria

scien-tifica in rete ha avuto nelle ultime due decadi non può prescindere da un’analisi prospettica di come l’editoria serve la ricerca mentre quest’ultima evolve nel tempo. Senza ombra di dubbio, le tecnologie dell’informazione hanno avuto un forte impatto non solo sulla gestione del-l’informazione, ma anche sul modo stesso di fare ricerca. Alla luce di ciò in questo articolo analizzeremo i cambia-menti tecnologici nell’editoria ma soprattutto lo stretto rapporto tra tecnologia e ricerca, ovvero il significato che le evoluzioni tecnologiche hanno avuto e avranno sul modo di “fare scienza” oggi e domani.

LA COMUNITÀ SCIENTIFICA PARLA DI SÉ:

DALLA VISIONE COMMERCIALE ALL’OPEN ACCESS

Antonella De Robbio

[email protected] Centro di Ateneo per le Biblioteche Università degli Studi di Padova

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genera anche separatezza nella catena di valore, sbilanciando guadagni, incentivi e motivazioni entro un quadro distorto di proprietà intellettuale.

Il modello Open Access (OA), nato nel 2000 per for-nire un’alternativa strategica alle comunità scientifiche, non ha ancora individuato un modello economico otti-male che possa incontrare i requisiti degli autori e for-nire i giusti incentivi ai diversi stakeholder della catena produttiva. Nell’editoria scientifica quindi qualsiasi mo-dello economico dovrebbe essere commensurato con l’ambiente di ricerca e appropriato a servirla. In altri termini esso dovrebbe essere sovrapponibile con i mo-delli propri dell’ambiente di ricerca, sia differenziando i flussi di processo generati dai prodotti della ricerca,

sia individuando i momenti e i passaggi correlati alla titolarità della proprietà intellettuale e ai soggetti che ne detengono i diritti. La produzione di conoscenza scientifica richiede un’organizzazione specifica utile a creare le condizioni per attuare la ricerca, tra le quali la trasparenza del sistema di condivisione e pubblicizzazione dei risultati. Ma è proprio nel momento in cui i risultati della ricerca vengono divulgati che gli studiosi cedono la proprietà intellettuale facendola diventare merce di scambio con l’editore e guadagnandone riconoscimenti in termini di reputazione.

Uno degli aspetti sottolineati da Hilf e Watjen al primo Workshop OAI tenutosi al CERN nel 2001 [5] fu la ne-cessità di individuare, indagando sui processi allora emergenti di peer-review, nuovi modi per selezionare lavori di qualità, che fossero diversi dal sistema di branding ancora in uso per iniziativa degli oligopoli editoriali. In quegli stessi anni, uno studio di Tenopir e King [6] mise anche in evidenza che almeno il 10% del tempo lavoro di un ricercatore è speso nel fondamentale processo di acquisizione e selezione dell’informazione necessaria alla propria ricerca. Valutazione della ricerca e proprietà intellettuale sono quindi i due pilastri nei processi di comunicazione scientifica, motivo per cui i modelli dell’OA dovranno necessariamente tener conto delle questioni correlate alla gestione dei diritti e alle forme di valutazione non esclusivamente basate su indicatori bibliometrici.

L’affidabilità garantita dal modello OA, che prevede la pubblicazione aperta del processo con il quale un espe-rimento o un risultato è stato raggiunto, da solo non basta a risolvere l’attuale incoerenza, ambiguità e ridondanza dei dati e delle informazioni sul web. Ecco allora che una tracciabilità delle annotazioni consente di esplicitare la reale performance degli esperimenti effettuati e descrivere un modello di comunicazione scientifica che si innesta in modo dinamico entro le comunità. Questo nuovo modello si chiama “nano-pubblicazione”, temine coniato da Barend Mons1. Le nanopubblicazioni sono nuove pratiche che scardinano il vecchio schema entro geografie inedite

che collegano concetti a oggetti e aggregano dati secondo le logiche del data mining e text mining [7]. La morfo-logia lineare del paper scientifico tradizionale è rimasta immutata nel tempo: rilevanza scientifica del contributo, stato dell’arte, narrazione dell’esperimento e conclusioni. Laddove la struttura narrativa «crea una relazione causa/effetto tra un insieme di elementi inizialmente scollegati» [8], nella struttura a database è l’utente che da spettatore diviene attore, intervenendo direttamente sui contenuti, come avviene entro le reti sociali.

Per alcuni ambiti scientifici, come la ricerca biomedica, tracciare l’intero processo scientifico, cercando di in-capsulare le produzioni della ricerca entro canali e protocolli descritti e tra loro connessi, richiede modalità di agire completamente nuove. Se l’OA prevede la disseminazione dei risultati della ricerca in produzioni intellettuali intese come pubblicazioni ad accesso aperto, è necessario costruire luoghi ove i workflow dei processi creino digital knowledge2.

Da diversi anni il CASPUR fornisce servizi, a supporto della ricerca, relativi alla comunicazione scientifica ed è direttamente coinvolto nella disseminazione dell’accesso aperto sia delle pubblicazioni sia dei dati della ricerca a livello nazionale ed europeo [9,10]. Ed è proprio in questi contesti che consorzi come il CASPUR possono giocare un ruolo chiave, come nel caso del progetto DepositMO3, consentendo una fluida gestione degli interi

processi di ricerca tramite workflow utilizzabili nel lavoro quotidiano dei ricercatori, che siano anche conservabili e ri-usabili.

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Stimolare e-scienza è perciò la sfida di un’editoria scientifica di nuova concezione: come Roosendaal et al. ci dicono [11], fare e-scienza oggi significa aggiungere un ulteriore passaggio nell’integrazione dell’informazione entro i processi di ricerca, richiedendo nuove strategie e nuovi modelli economici che si muovano dall’attuale editoria di vanità a una nuova editoria di strategia.

NOTE

1 Per la presentazione di Mons vedere http://indico.cern.ch/contributionDisplay.py?sessionId=13&contribId=

38&confId=103325 per approfondimenti vedere http://laikaspoetnik.wordpress.com/2010/06/23/ will-nano-publications-triplets-replace-the-classic-journal-articles/

2 Si rimanda alla presentazione di Sean Bechhofer a OAI7

http://indico.cern.ch/getFile.py/access?contri-bId=36&sessionId=13&resId=0&materialId=slides&confId=103325

3 Per un approfondimento consultare:

http://www.jisc.ac.uk/whatwedo/programmes/inf11/jiscdepo/depo-sitmo.aspx

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

[1] Gibbons, M. (1999). Science’s new social contract with society. Nature, 402: C81–4.

[2] Merton, R.K. (1957). Priorities in Scientific Discovery: A Chapter in the Sociology of Science. American Socio-logical Review 22(6), 635-659.

[3] Merton, R.K. (1973). La sociologia della scienza.

[4] Popper, K.R. (2003). Conjectures and Refutations: The Growth of Scientific Knowledge, Routledge.

[5] De Robbio, A. (2001). Workshop on the open archives initiative (OAI) and peer review journals in Europe. AIB Notizie 13(5), 14-15.

[6] Tenopir, C. and King, D.W. (2000). Towards electronic journals: Realities for scientists, librarians and publishers, Washington, DC: Special Libraries Association.

[7] Groth, P., Gibson, A., Velterop, J. (2010). The Anatomy of a Nano-publication. [8] Riva, G. (2010). I social network, Il Mulino.

[9] Gargiulo, P. (2008). Open Access: nuove prospettive nel campo degli strumenti di ausilio al mondo della ricerca scientifica. CASPUR Annual Report, 58-60.

[10] Fava I., Gargiulo P. (2011). L’Europa della conoscenza: il ruolo dell’Open Access e il progetto OpenAire. CA-SPUR Annual Report, 77-79.

[11] Roosendaal, H.E., Zalewska-Kurek, K., Geurts, P.A., Th. M., Hilf, E. R. (2010). Scientific Publishing: from Vanity to Strategy, Chandos Publishing.

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