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Intervista a Pedraic Kenney, autore di Il peso della libertà. L’EUROPA DELL’EST dal 1989 tratta dal sito dell’editore: http://www.edt.it/

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Intervista a Pedraic Kenney, autore di

Il peso della libertà. L’EUROPA DELL’EST dal 1989 tratta dal sito dell’editore: http://www.edt.it/

1989: cade il muro di Berlino. Due anni dopo, sarà la volta dell’Unione Sovietica. A partire dalla disgregazione dell’impero comunista, inizia il duro e impegnativo cammino delle ex repubbliche socialiste verso la libertà e la democrazia.

Abbiamo rivolto a Padraic Kenney, docente di Storia all’Indiana University e autore del volume Il peso della libertà. L’Europa dell’Est del 1989, alcune domande per aiutarci a focalizzare i momenti cruciali del periodo e introdurci alla lettura.

Quali sono gli interrogativi a cui il suo libro cerca di rispondere?

La questione principale, per me che sono cresciuto in una democrazia ma che ho trascorso par- te della mia vita studiando gli stati dell’Europa comunista, è: “Che cosa è stata veramente l’e- poca post-comunista?” Fu davvero il trionfo della democrazia e della libertà, o piuttosto un’era di false speranze, opportunità sprecate e, in definitiva, di un progressivo ritorno al comunismo?

Sono convinto che il post-comunismo sia davvero finito con l’ingresso, nel maggio 2004, di ot- to paesi dell’ex blocco orientale nell’Unione Europea. Ma se è così, e a maggior ragione, occor- re chiedersi quali furono le caratteristiche principali di quel periodo.

Il suo libro è dedicato alla storia di 15 paesi europei dal 1989 a oggi. È possibile individuare una specifica via “orientale” alla democrazia? O sarebbe meglio cambiare paradigma e abban- donare il termine “orientale” per indicare questo corso politico?

Ogni nuovo sistema democratico è il risultato di un processo ben preciso e porta i segni dell’era della quale è figlio. La democrazia tedesca, per esempio, è ancora caratterizzata dalla necessi- tà, cogente dopo il 1945, di escludere e scongiurare eventuali derive estremistiche. Anche le democrazie dell’est europeo hanno una loro peculiarità: sono ispirate dall’istanza di salvaguar- dare i diritti umani e la libertà individuale.

Credo che questa “impronta” continuerà ad agire per decenni. Inoltre, così come gli obiettivi perseguiti dalla democrazia tedesca hanno finito per influenzare anche il resto dell’Europa, allo stesso modo le democrazie dell’Est europeo eserciteranno un effetto positivo anche su quelle dei paesi vicini, che forse hanno un po’ perso lo slancio e le aspirazioni che ne accompagnaro- no la nascita.

L’integrazione europea è ancora una questione aperta?

Sono ottimista riguardo all’integrazione europea. Oggi visitare Budapest non è diverso che gi- rare per una città italiana. Non si può dire lo stesso, naturalmente, per Pristina, in Kosovo. Ma, d’altro canto, i cambiamenti avvenuti nell’Europa dell’est non sarebbero sembrati plausibili due decenni fa. Se, invece, volessi indicare l’aspetto negativo della questione, potrei dire: siamo davvero sicuri che le tensioni nazionalistiche presenti nell’Europa occidentale – dove gli immi- granti sono espulsi o schedati, e dove interi paesi sembrano in stallo di fronte al disaccordo tra gruppi etnici – siano così diverse da quelle in atto nell’est europeo?

In generale, non manca – tranne che, forse, in Serbia – una disposizione positiva verso gli abi- tanti dell’Europa occidentale. L’importante è che gli europei dell’ovest si liberino dall’assunzione di essere i maestri e la smettano di considerare gli europei dell’est i loro allievi. Gli allievi, in qualche modo, possono essere controllati e annessi – come fece la Germania dell’Ovest con la Germania dell’Est nel 1990. L’integrazione, invece, è possibile solo tra pari. In definitiva, la mia opinione è: sì, l’integrazione è in atto e, comunque, accadrà.

Facciamo un passo indietro, al periodo sovietico. Qual è la sua eredità più importante? E il ruo- lo di Gorbačëv fu davvero così decisivo nella transizione alla democrazia?

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Lo stesso Gorbačëv parlò di una “casa comune europea” e, probabilmente, cercò di realizzarla.

Il suo desiderio di guardare oltre i tradizionali antagonismi ha contribuito ad assicurare un du- plice obiettivo: la disgregazione pacifica dell’Unione Sovietica e la progressiva, e ancora una volta pacifica, democratizzazione dei paesi del blocco.

Ma non vorrei trasmettere il messaggio che Gorbačëv fu la figura più importante della transi- zione – anche se la mia attenzione è in qualche modo rivolta a persone legate all’epoca comu- nista. Vorrei semplicemente dire che la più importante eredità del comunismo è stata proprio l’opposizione anticomunista, portata avanti da milioni di persone in forme e modi diversi.

L’anticomunismo ha permesso ai paesi dell’est europeo di superare le eredità più negative dell’era sovietica.

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