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Intervista a Alexander S.Dawson, autore di Il sogno del primo mondo. Il MESSICO dal 1989 tratta dal sito dell’editore: http://www.edt.it/

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Academic year: 2021

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Intervista a Alexander S.Dawson, autore di

Il sogno del primo mondo. Il MESSICO dal 1989 tratta dal sito dell’editore: http://www.edt.it/

Il sogno del Messico di entrare a far parte del cosiddetto primo mondo, lasciandosi alle spalle decenni di instabilità politica ed economica, sembra essersi finalmente avverato. Ma quali sono gli effetti del libero mercato e della globalizzazione sul tenore di vita dei messicani e, in parti- colare, sul divario tra ricchi e poveri e sulla condizione delle donne? E qual è lo stato di salute della democrazia del paese?

Sono alcuni dei temi affrontati da Alexander Dawson, docente di Storia del continente latino- americano alla Simon Fraser University (British Columbia, Canada), nel volume Il sogno del primo mondo. Il Messico del 1989. Abbiamo rivolto all’autore questa intervista, per introdurci alla lettura e per presentare i temi di fondo del volume.

Quali sono gli interrogativi di fondo a cui il suo libro cerca di rispondere?

Questo libro è la storia delle trasformazioni alle quali il Messico è andato incontro nell’ultimo quarto di secolo. La società messicana, che un tempo era definita “dittatura perfetta”, è diven- tata in poco tempo una chiassosa e caotica democrazia, con un sistema economico relativa- mente aperto. Il libro spiega le dinamiche di questo cambiamento, ne considera i possibili svi- luppi, ma anche i limiti.

Che tipo di democrazia ha il Messico oggi? Chi sono i perdenti e i vincitori della crescita eco- nomica avvenuta nell’ultimo decennio? Pensa che il rispetto dei diritti umani sia ancora una questione aperta?

La democrazia messicana è un fenomeno complesso. Nell’ultimo decennio il paese ha assistito ad alcune delle tornate elettorali più trasparenti del continente americano (almeno quanto quelle degli Stati Uniti). Il sistema elettorale è molto efficiente e ha consentito un importante e pacifico cambiamento di regime. Detto questo, saremmo ingenui se pensassimo che in Messico non accadano brogli. Le presidenziali del 2006 evidenziarono questi problemi. Alla fine la vitto- ria andò a Felipe Calderón, ma non senza duri attacchi da parte dei suoi oppositori, che accu- sarono il PAN di frode diffusa.

Il divario tra ricchi e poveri e la violenza restano una sfida aperta per la democrazia messica- na. Ma questi problemi impallidiscono se confrontati alla crescita dei prezzi delle derrate. Se il prezzo del grano salirà ancora, insieme a quello dei generi alimentari, la crisi potrebbe destabi- lizzare il paese.

Un problema che riguarda soprattutto i “perdenti” della globalizzazione, quella fetta della socie- tà nota come “Messico del peso”. Piccoli agricoltori che non riescono a partecipare all’economia delle esportazioni, operai impreparati alla competizione globale e milioni di messicani che lavo- rano nella cosiddetta “economia informale”. Oltre la metà dei messicani non si considera “vin- citrice” nel processo di globalizzazione e per questo molti sono in cerca di nuove opportunità, anche se si tratta di emigrare.

Quella dei diritti umani è una questione complessa. Non è in gioco solo la libertà politica, ma anche la sicurezza dalla minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata o da gruppi pa- ramilitari. Oggi le violazioni perpetrate dal governo sono più evidenti rispetto al passato, e gli ufficiali che si macchiano di questa colpa sanno che possono essere incriminati per le loro azio- ni. La violenza è causata anche dalla guerra condotta dal governo contro i narcotrafficanti. De- cine di poliziotti hanno perso la vita in questa lotta nell’anno passato, compreso il capo della polizia. I messicani non si sentono sicuri, ma l’opinione pubblica continua a sostenere la lotta di Calderón contro i cartelli della droga.

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Nel libro lei ricorda che la globalizzazione, in Messico, è iniziata nel 1968, ben prima del fatidi- co 1989, con il massacro di Tlateloco, quando polizia ed esercito spararono sugli studenti. Qual è il motivo di questo “anticipo”?

Il 1989 è una data cruciale per la storia degli ultimi decenni e questo libro, non a caso, fa parte di una collana dedicata ai fatti che ci separano da quell’anno. Secondo me, però, per la storia messicana contemporanea non è sufficiente fare riferimento al solo 1989. Per il Messico sono molto più importanti gli eventi che sconvolsero il paese nel 1968. Per due motivi: perché quel- l’anno segnò una svolta nella storia del paese e perché in quel periodo molti dei fermenti che portarono alla globalizzazione erano già in atto nella società messicana. Per “globalizzazione”

non si deve intendere solo l’apertura degli scambi economici, ma anche cambiamenti significa- tivi nella tecnologia, nella scala dei valori e nei comportamenti umani.

Qual è il ruolo del Messico negli equilibri nel Nord America? L’emigrazione è ancora un proble- ma?

Vorrei considerare l’emigrazione come un fenomeno, non come un problema. Gli italiani che emigrarono nelle Americhe tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo contribuirono a ridisegnare profondamente la fisionomia del luogo di origine e di quello di partenza.

Allo stesso modo, oggi sarebbe sciocco ricorrere alla nozione di “buono” o “cattivo” per descri- vere l’emigrazione messicana. In genere, gli emigranti lasciano una terra povera di risorse e opportunità per raggiungere un luogo dove vivere meglio. La storia dell’umanità funziona così e chi cerca di arginarla con i soldati o con le armi dimostra in modo tragicamente comico di i- gnorare la propria stessa origine.

Riguardo al ruolo del Messico nell’equilibrio nordamericano, non si può assumere un unico pun- to di vista. Il Messico è molto esteso, così come lo sono il Canada e gli Stati Uniti. Alcune aree del paese hanno acquisito notevole importanza come centri manifatturieri per il mercato del Nord America. Altre zone forniscono lavoro, prodotti agricoli e materie prime. Il Messico è un fornitore stretegico di petrolio per l’economia statunitense, ma è anche un’importante meta tu- ristica e culturale.

La sua storia, poi, è quella di un paese post-coloniale e, per questo, non può essere nettamen- te separata da quella del suo ricco vicino settentrionale. Alcune distinzioni che usiamo per co- modità, come quella tra Texas e Chihuahua, sono in qualche modo arbitrarie.

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